sabato 27 febbraio 2010

NOTIZIE INTORNO A UNA LAPIDE INCONTRATA A VARENNA SUL "SENTIERO DEL VIANDANTE" di Marco Bartesaghi

A Varenna, sul "Sentiero del Viandante", nel tratto che dal cimitero, passando per la casa dei Padri Vocazionisti ai piedi dell'Eremo Gaudio, conduce a Vezio, una lapide recita:



Il personaggio cui l'iscrizione si riferisce era il Rabbino Moisè Lattes, che nacque a Venezia il 14 marzo 1846 da Abraham e da Elena Gentilomo.
Nella città lagunare frequentò il ginnasio-liceo Santa Caterina e in seguito conseguì la laurea rabbinica presso il Collegio Rabbinico di Padova.
Prima a Venezia e poi a Milano, dove si era trasferito nel 1876, si dedicò allo studio della lessicografia talmudica e della storia degli ebrei in Italia. Sul primo argomento scrisse due supplementi al Lessico Talmudico di Jacob Levy: nel 1879, Saggio di giunte e correzioni al Lessico Talmudico, pubblicato dall'Accademia delle Scienze di Torino; nel 1881, Nuovo saggio di giunte e correzioni al Lessico Talmudico, pubblicato dall'Accademia dei Lincei.
Suoi contributi sulla storia degli ebrei in Italia apparvero invece in diversi numeri della rivista "Archivio Veneto" e, dal dicembre 1878 al giugno 1880, nella rubrica Notizie e Documenti di Letterature e Storia Giudaica del dott. rabb. Moisè Lattes della rivista "Mosè - Antologia Israelitica", edita a Corfù a cura di una "società di amici della religione e del progresso". Collaborò inoltre a "Revue des Etudes Juives". Di altri suoi studi non pubblicati si ha notizia grazie a un articolo di Flaminio Servi, Moisè Lattes - Suoi studi inediti, scritto nel 1883, l'anno della morte, per la rivista "Vessillo Israelitico".
Nel 1878, in occasione della quarta riunione, tenutasi a Firenze, del Congresso Internazionale degli Orientalisti, fu pubblicato il volume Cataloghi dei codici orientali di alcune biblioteche d'Italia a spese del Ministero della Pubblica Istruzione: Moisè Lattes vi contribuì con il Catalogo dei codici ebraici della Biblioteca Marciana.
Nel 1869, ancora studente, aveva scritto in ebraico e dedicato al padre un breve saggio sulla vita e le opere di Elia Kapsali, talmudista e storico, nato a Candia in Grecia, vissuto tra il 1490 e il 1550, che aveva trascorso a Padova alcuni anni della sua vita.


A Varenna, dove morì, Moisè Lattes stava trascorrendo un periodo di convalescenza a seguito di una grave malattia , per la quale era stato in pericolo di vita e che l'aveva fortemente debilitato. La morte lo colse durante una salita solitaria al castello di Vezio; il suo corpo fu ritrovato solo dopo alcuni giorni di ricerche. Del fatto, prima che se ne conoscesse il tragico epilogo, parlò ampiamente una cronaca del quotidiano milanese "Il Pungolo", il 28 luglio 1883:
" Il dott. Moisè Lattes, giovane signore veneto villeggiante a Varenna, mercoledì mattina [25 luglio] verso le ore 6 ant. escì da casa per recarsi a fare una passeggiata al castello di Vezio che sovrasta al paese di Varenna. Fu visto verso le 7 ant. nelle vicinanze di detto castello diroccato, poi nessuno più lo vide, né di lui più si ebbero traccie o notizie.
La madre ed il fratello che lo attendevano alle ore 10 per la colazione, inquieti mandarono in cerca di lui, ma sopraggiunta la sera senza che egli avesse fatto ritorno a casa, e senza che si fosse potuto averne notizia, angosciati e giustamente temendo una sventura, fecero percorrere tutti i monti e i sentieri circostanti, promettendo generose ricompense a chi avesse rintracciato vivo o morto il loro diletto, o avesse potuto scoprirne qualche indizio.
Si può immaginare in quale stato d'animo ebbero a passare la notte quei poveri disgraziati.
E' escluso qualunque sospetto di suicidio o di omicidio, ed anche il dubbio che il povero dott. Lattes si sia recato lontano senza darne avviso in famiglia: tanto più che egli è di salute cagionevole e convalescente, e già era uno sforzo per lui salire fino al castello di Vezio. Bisogna dunque ritenere che egli sia scivolato in qualche burrone ove ha trovato la morte e vi giaccia estinto fra le macchie di spine e di alloro che lo nascondono agli sguardi di chi lo va cercando indefessamente da tre giorni."

Il corpo fu ritrovato il 28 luglio, la notizia della morte fu annunciata il giorno seguente attraverso i quotidiani, dalla madre e dai fratelli Elia e Alessandro. I funerali ebbero luogo a Milano il 30 luglio e si svolsero partendo dalla Stazione Centrale. Moisè Lattes è sepolto nel settore ebraico del Cimitero Monumentale di Milano; vicino alla sua tomba è quella della madre Elena Gentilomo, che gli sopravvisse per soli pochi mesi.

IL VOLTO DI MOISE' LATTES SCOLPITA SULLA SUA TOMBA, LA N° 66
DEL SETTORE EBRAICO DEL CIMITERO MONUMENTALE DI MILANO.
Nel 1875, alla morte del padre Abraham, Rabbino Maggiore di Venezia, Moisè ne aveva assunto per alcuni mesi le funzioni, insieme al Rabbino Moisè Coen Porto che poi diventerà titolare della carica.
Abraham Lattes era nato nel 1806 a Savigliano, provincia di Cuneo, dove fin dal '400 si ha notizia di un nucleo ebraico e, dal 1774 al 1848, fu presente un "ghetto" in cui le famiglie ebraiche erano costrette a vivere.



Nel 1839 divenne Rabbino Maggiore di Venezia, succedendo al nonno materno Elia Aron Lattes.
Durante la Repubblica Veneta di Daniele Manin (1848 - 1849) spronò i cittadini ebrei a partecipare alla sua difesa, invitandoli a far parte della Guardia Civile e rassicurandoli che l'operare in difesa della patria nella festività del Sabato non sarebbe stato contrario ai precetti della loro religione. Sempre a sostegno della resistenza contro la reazione austriaca, si impegnò a raccogliere fondi fra i membri della Comunità e, attraverso la Società Filotecnica, un'opera benefica da lui stesso fondata, elargì alla Repubblica un prestito di Lire 1000. Nell'Assemblea Permanente, che durante la Repubblica fu attiva dal luglio 1848 al febbraio 1849, fu eletto deputato con largo suffragio.
Abraham Lattes morì a Venezia il 13 novembre 1875.


LA TOMBA DI ELENA GENTILOMO, SITUATA NEI PRESSI DI QUELLA DEL FIGLIO MOISE'.
OLTRE ALLA SUA IMMAGINE E' SCOLPITA QUELLA DEL MARITO ABRAHAM, CHE PERO'
E' SEPOLTO A VENEZIA.

Nell'aprile del 1887, Elia e Alessandro Lattes donarono alla Biblioteca Braidense la raccolta di libri del fratello Moisè, iniziata dal bisavolo Elia Aron e arricchita dal padre Abraham e da Moisè stesso. Essa, che comprendeva circa tremila volumi di argomento ebraico - testi talmudici, di religione e di storia, in particolare di storia di alcune Comunità italiane,- costituisce oggi il fondo ebraico della Biblioteca Nazionale Braidense, intitolato a Moisè Lattes. Negli anni '70 del novecento, il professor Carlo Bernheimer ne ha redatto in forma dattiloscritta il catalogo. Come atto di riconoscenza per la donazione, i nomi dei tre fratelli vennero scolpiti fra quelli dei benefattori della Biblioteca, sulla lapide posta alla sinistra della porta d'ingresso.


LA TOMBA DI ELIA LATTES NEL SETTORE EBRAICO DEL CIMITERO
MONUMENTALE DI MILANO. L'ISCRIZIONE RECITA:

ELIA LATTES
NELL'INDAGARE
IL MISTERO ETRUSCO
NEL DONARE
CON LIBERALITA' SAPIENTE
BENE IMPIEGO'
LA LUNGA GIORNATA

Elia Lattes (Venezia 1843 - Milano 1925), il fratello maggiore cui Moisè e Alessandro espressero in alcuni scritti riconoscenza per il ruolo di guida avuto nei loro studi, si dedicò dapprima alla storia del diritto, con particolare attenzione all'epoca medioevale. Successivamente volse l'interesse all'antichità classica, diventando professore ordinario di Antichità Civili Greche e Romane, cattedra per lui stesso creata presso la Regia Accademia Scientifico - Letteraria di Milano. Per quasi cinquant'anni, infine, si dedicò alla civiltà e, soprattutto, alla filologia etrusca, meritando unanime riconoscimento per l'importante contributo dato all'approfondimento e allo sviluppo di questi studi. Membro della Società Storica Lombarda dal 1897, ne divenne, per primo, socio benemerito.
Alessandro Lattes (Venezia 1858 - Roma 1940) fu docente di Storia del Diritto in varie Università italiane, di Diritto Civile a Parma e di Procedura Civile a Genova. In quest'ultima città fu anche, per otto anni , preside della facoltà giuridica. I suoi studi di maggior rilievo riguardano la storia del diritto commerciale e marittimo italiano. Anch'egli, dal 1900, fece parte della Società Storica Lombarda.

Marco Bartesaghi


BIBLIOGRAFIA

"Sentiero del Viandante" è il nome con cui è indicata oggi l'antica mulattiera di collegamento fra Lecco e Colico: sulla sua storia e il tracciato si veda A. BORGHI, Sentiero del Viandante, Lecco, 1992.
Notizie su Moisè Lattes si trovano in: F. SERVI, Cenni necrologici e Moisè Lattes - Suoi scritti inediti, in "Vessillo Israelitico", 1883; Necrologio in "Mosè - Antologia Israelitica", n.9, settembre 1883; R. FULIN, Necrologio, in "Archivio Veneto", anno XIV, tomo XXVIII.
Le sue opere sono reperibili, a Milano, alla Biblioteca Nazionale Braidense; gli interventi sulla storia degli ebrei in Italia in "Archivio Veneto", voll. II - IV - V - VII; "Mosè - Antologia Israelitica", n.10, 1878; nn. 1, 2, 3, 5, 7, 8, 1879; nn. 4, 5, 6, 1880.
La cronaca della sua sparizioni si trova in "Il Pungolo", n.210, 28/29 luglio 1883.
Sul ruolo avuto da Abraham Lattes nella comunità ebraica di Venezia, si veda F. SERVI in "Vessillo Israelitico", 1875, pp. 361 - 362; per il contributo da lui dato alla Repubblica Veneta, A: OTTOLENGHI, Abraham Lattes nei suoi rapporti colla Repubblica di Daniele Manin in "La Rassegna Mensile di Israel", maggio 1930.
Sulla donazione della raccolta di libri di Moisè Lattes alla Biblioteca Nazionale Braidense si possono consultare: "Archivio Storico Lombardo", vol.4, fasc. 2, pp. 447 - 448; Catalogo dei fondi speciali della Biblioteca Braidense, pp. 83 - 85. Presso la Biblioteca si può consultare: BERNHEIMER, Catalogo della Collezione Lattes della Biblioteca Nazionale Braidense di Milano, 1970.
Per quanto riguarda Elia Lattes, in "Archivio Storico Lombardo", anno LII, 1925, è pubblicato il discorso che alla sua morte G. Bognetti pronunciò nell'ambito della Società Storica Lombarda. Un elenco dei suoi scritti più importanti si trova in Enciclopedia Italiana, vol. XX, 1949.
Notizie sulla vita di Alessandro Lattes e un elenco delle sue opere principali sono in Novissimo Digesto Italiano, UTET, vol. IX, 1957.

Questo articolo è stato pubblicato su Archivi di Lecco, N.4, Ottobre - Dicembre 2003

martedì 23 febbraio 2010

LE MASCHERE DI GIORGIO OGGIONI di Marco Bartesaghi

Questo articolo è stato pubblicato sul giornalino Ul Tapelon distribuito a Verderio Superiore nel dicembre 2008

Giorgio Oggioni, un abitante di Verderio Inferiore collaboratore di questo Blog, ha una passione, sconosciuta anche ad alcuni suoi famigliari: dal 1988 partecipa al carnevale di Venezia, confezionando ogni anno un costume diverso. Ne ha accumulati quindi venti, che conserva nel solaio della sua casa, in "Curt di Scarsitt" (1). Il 23 novembre scorso (2), durante il mercatino, ha esposto alcuni di questi costumi. Molti sono stati i visitatori che li hanno voluti ammirare.


Tra un carnevale e l'altro Giorgio prepara le sue maschere - "Prima le disegno nella mente, poi faccio un schizzo e infine le confeziono, con l'aiuto di alcune sarte di Verderio e delle vicinanze". Frequentando mercatini di cose vecchie, raccoglie i materiali - stoffe bigiotteria ed altro - per realizzarle.


Gli avvenimenti dell'anno che precede la festa servono anche ad individuare il tema della maschera: l'ultima volta (3) l'ispirazione gli è venuta da un personaggio che definisce "scomodo": Berlusconi. Non condividendo l'entusiasmo di tanti italiani per costui, ha deciso di dedicargli il costume: "La maggior parte della gente vede questa persona con i suoi soldi e la sua ricchezze, dimenticando tutto il resto: ho voluto così costruire la maschera dell'eleganza esagerata, dell'opulenza" Questa è rappresentata dai colori: il bianco, l'oro e un pochino di rosso - "in ricordo della sinistra che è stata costretta a lasciargli spazio e a corrergli dietro".



Il tema del prossimo anno sarà l'ecologia perché, dice, c'è molto menefreghismo, i rifiuti vengono abbandonati e il verde maltrattato...




Giorgio ha vinto l'edizione del 1998 del concorso del Carnevale di Venezia. È una gara a cui non ci si deve iscrivere: i vincitori vengono scelti, fra centinaia di maschere, da alcuni giudici sparsi per la città. Un altro suo costume è finito su una brochure di Alitalia, prodotta per un'edizione della festa.


Il Carnevale di Venezia ha questa attrazione magica su Giorgio perché, lui dice, li c'è la capacità di trasmettere, attraverso le maschere, allegria e spensieratezza: "Non conosco un altro carnevale in cui ci sia tanta educazione e tanto rispetto per le maschere"


NOTE
(1) Trovate un articolo su questa corte cliccando sull'etichetta "edifici rurali".
(2) 2008.
(3) Carnevale 2008



Marco Bartesaghi, dicembre 2008

3 marzo 2010

CARNEVALE 2010.

Ho ricevuto da Giorgio le fotografie del costume che ha indossato quest'anno al carnevale di Venezia e a quello di Chivasso







IL BACO DA SETA O "CAVALEE" di Anselmo Brambilla - seconda parte




GELSO, VERDERIO INF.
SULLO SFONDO CASCINA BERGAMINA

La prima parte di questo articolo è stata pubblicata su questo blog il
10 febbraio 2010.


Non erano infrequenti casi in cui la foglia doveva essere comprata essendo insufficiente la quantità di gelsi presenti nel fondo di un coltivatore, la spesa per la foglia acquistata era normalmente divisa fra il proprietario e il contadino allevatore.

Per circa dieci giorni fino alla prima dormita durmida, il bacolino è nutrito con foglie tagliuzzate i più fortunati disponevano di apposito attrezzo chiamato taglia foglia taiaföia, gli altri si arrangiavano come potevano, poi si passava alle foglie intere servite incessantemente fino alla quarta dormita.


GELSO, VERDERIO INF
SULLO SFONDO IL CAMPANILE DI VERDERIO SUP.

Il ciclo vitale del baco da seta si esaurisce in circa 40 giorni, dal bigattino al bozzolo lo sviluppo s'interrompe quattro volte nelle quali il baco si addormenta per un certo periodo al risveglio delle quali cambia la pelle fa la müda, le dormite chiamate: de la prima, de la segunda, de la terza e de la quarta, erano identificate anche come la bruna, la bianca e la grossa (3)

Alla fine del ciclo, l'originario bigattino (scientificamente chiamato bombice) di 2 - 3 mm è diventato un grosso bruco di 8 - 9 centimetri pronto per produrre un bozzolo di circa 500 - 700 m di seta.

La müda era una mutazione,un cambio, le quattro dormite avvenivano in coincidenza con i cambi della pelle ul cavalee el fö la müda, non essendo la pelle del cavalee elastica non si adattava alla sua crescita quindi era cambiata e abbandonata, sostituita da una nuova pelle nel frattempo creatasi sotto il vecchio involucro.

Durante i periodi delle dormite, il contadino liberato momentaneamente dal lavoro d'approvvigionamento alimentare, si dedicava alla generale pulitura delle tavole e dei locali d'allevamento, si asportava la carta con i detriti e lo sporco e si ripristinava lo strato di canne dei graticci, l'operazione pulizia e riordino ambiente era chiamata mundo i cavalee e rifach ul lëc (4)

Alimento, pulizia ed una costante temperatura erano le condizioni basilari per ottenere buoni risultati, il baco da seta per maturare marüdo (5), cioè completare la sua metamorfosi fino al bozzolo, aveva bisogno di vivere in ambienti con condizioni d'umidità e calore costanti la temperatura considerata ottimale doveva mantenersi fra i 18 - 20 gradi centigradi.

Allo scopo i locali usati per l'allevamento, normalmente le abitazioni stesse delle famiglie contadine, disponevano d'appositi camini i quali mantenuti accesi giorno e notte garantivano il caldo necessario all'allevamento.

GELSI, VERDERIO INF

Per aumentare la capacità riscaldante non sempre sufficiente dei camini esistenti, erano costruiti dei piccoli vani fuoco detti franchït, in comunicazione diretta con l'esterno attraverso un buco nel muro (6).

La legna per far funzionare i camini era reperita nei boschi del padrone di solito al momento dell'uso, in sostanza il lavoro era tayloristicamente diviso fra uomini e donne, ai primi compiti d'approvvigionamento, legna da ardere e foglie di gelso, alle seconde mantenere costante l'alimentazione e curare la pulizia dei bachi.

Nei momenti di maggior consumo delle materie necessarie alla vita del baco, i Brianzoli usavano affermare che non avanzavano tempo neanche per dire le preghiere ul pater e che quando i bachi mangiavano, si sentiva un rumore paragonabile ad una forte pioggia battente.

Circa otto giorni dopo la quarta dormita, comincia a costruirsi il bozzolo la galeta, alle prime avvisaglie il baco diventava nervoso e smetteva di mangiare, il contadino predisponeva un intreccio di rami secchi chiamato bosco ul bösch.

Normalmente si utilizzavano i rami secchi di una pianta oleosa chiamata ravizzone etabi del ravüsciön (7), su questo intreccio i bachi da seta si attaccavano per costruire il bozzolo, almeno quelli che non morivano prima del fatidico momento per svariati motivi, ambiente non adatto,alimentazione non costante, malattie, ecc.

GELSO, VERDERIO INF.
SULLO SFONDO CASCINA ISABELLA

Anni particolarmente sfortunati vedevano la morte di più della metà dei bachi prima di arrivare a maturazione, al contadino non rimaneva altro che commentare l'annata con i cavalee on mia fa bël, i bachi da seta non sono andati bene, rassegnarsi e tirare la cinghia.

Quando tutto andava bene i cavalee on fa bël, si lasciavano sul bosco a completare la maturazione per circa otto giorni quindi erano raccolti, puliti e venduti ai grossisti o alle filande, la resa produttiva era di 40 - 50 Kg di bozzoli ogni oncia di seme.

Una parte era solitamente consegnata ai bigatee in pagamento della sumenza, il resto era diviso "equamente " fra padrone e contadino, il quale finalmente poteva godere (si fa per dire) con la sua famiglia i frutti del duro e sacrificato lavoro.

Il prodotto, ( bozzoli) era ripartito fra il contadino e il sciur padrün in vari modi secondo le zone, normalmente al 50% sumenza compresa, alcuni proprietari esigevano i 2/3, altri ancora il diritto di scelta sui migliori etc, come sempre più che le regole era l'arbitrio del prepotente a dettare le leggi.

Anche dove si ripartiva al 50% esistevano padroni spiritosi che diviso il prodotto equamente, trattenevano sul 50% spettante al contadino, il costo del seme, le spese della eventuale foglia di gelso acquistata etc.

Altri pretendevano il prodotto migliore come diritto, vista la benevolenza e la magnanimità con cui trattavano i propri coloni, il resto lo dividevano in modo ovviamente equo, alla fine della fiera la parte spettante al contadino diminuiva di molto anche se a lui rimaneva la soddisfazione di aver lavorato come una bestia per la gloria del Signore e dei Signori.

Per ottenere una buona resa nell'allevamento del baco da seta oltre alla pulizia e all'alimentazione bisognava prestare molta attenzione ad alcune, chiamiamole indicazioni esoteriche, ritenute molto importanti per ottenere un buon risultato, vediamone alcune di queste indicazioni molto diffuse un tempo nei nostri paesi e a cui pare i nostri avi davano abbastanza credito.


GELSO, VERDERIO INF.

Una serie di queste sono chiaramente indicazioni di matrice superstiziosa, altre invece sono legate al tipo di religiosità praticata dai nostri avi, per i quali qualsiasi cosa e quindi anche i cavalee per dare buoni risultati doveva ottenere la benedizione e la protezione di qualche Santo abilitato allo scopo.

I contadini della nostra zona erano convinti che solo facendo benedire i bigatti o il seme nel Santuario di Tassodine Tasöden, i cavalee avrebbero fa bël, questo Santuario si trova alle pendici del Monte Canto sopra Villa d'Adda, i contadini d'altre zone avevano altri riferimenti solitamente Santuari.

In ogni modo però, l'elemento legato alla superstizione è sempre presente anche dove sembra predominante il fattore religioso, un esempio di questo intreccio tra fede e superstizione è chiaramente presente nel rito, molto diffuso in Brianza, del Cristè Domini.

Nella Settimana Santa un gruppo di ragazzi gira il paese passando di casa in casa a propiziare un futuro buon raccolto di bachi da seta, uno del gruppo porta un bastone con in cima una croce crusön con gli emblemi della Passione, corona di spine, chiodi, etc.

Con questa tocca quattro volte il soffitto del locale in cui saranno allevati i bachi recitando nel frattempo una formula propiziatoria, un altro munito di un cesto raccoglieva quanto i contadini gli offrivano, uova, frutta, alimenti e a volte (raramente) soldi, il testo della strofa variava da paese a paese anche se il senso rimaneva sostanzialmente uguale:

Sem vegnü a cantò'' ul Cristè per fö nö bee i vost cavalee se me di un bel uvet farem nö be i vost galet se me di un quai palancön (8) farem nö bee onca i marciön (9).

(Siamo venuti a cantare il Cristè /per far andare bene i vostri bachi /se ci date un bel uovo/faremo andare a buon fine i vostri bozzoli/se ci date qualche moneta/ faremo andare bene anche quelli ammalati)


GELSO, VERDERIO INF.
CASCINA BICE


NOTE
(3) I riferimenti alla quarta o de la grösa dormita del baco da seta, la più importante prima di iniziare la costruzione del bozzolo, sono entrate nel linguaggio Brianzolo come sinonimo di sonno profondo al dormiglione si dice sovente : te dormet de la quarta o de la grösa.

(4) Pulire i bachi e rifargli il letto

(5) Maturato, termine utilizzato per indicare che il baco era arrivato alla costruzione del bozzolo

(6) Praticato dopo parere favorevole del sciur padron o del suo leccapiedi sciur fatur

(7) Ravüscion - Ravizzone - Pianta oleosa, dai semi si ricavava un olio dal sapore terribile usato come condimento dai contadini, secca si utilizzava fare il bosco ai bacchi da seta.

(8) Palancon - Moneta da 10 centesimi cosi chiamata per distinguerla dalla palanca, 5 centesimi di lira.

(9) Marciòn - Una delle tante malattie del baco, di fatto il bruco imputridiva, marciva, quando succedeva gli esemplari colpiti dovevano essere immediatamente eliminati altrimenti infettavano tutto l'allevamento.

Anselmo Brambilla,
15 marzo 2009


Le fotografie dei gelsi sono state scatatte a Verderio Inferiore il 25 febbraio 2010. M.B.

sabato 13 febbraio 2010

LA " CURT DI MESTE' " di Marco Bartesaghi

Questo articolo nasce da una lunga chiacchierata con Tarcisio Sala, fonte inesauribile di notizie su Verderio, a cui spero di poter attingere anche in futuro.


Tarcisio vive da sempre al civico 17 di via Principale, via che, fino a un anno imprecisato, si è chiamata, per la sua direzione est - ovest, "via Orientale".

LA FAMIGLIA SALA RIUNITA IN CORTE
FOTO ANNI 1930/'35


La corte al n. 17, per la varietà di "mestieri" che si sono susseguiti o hanno convissuto, era conosciuta come "Curt di Mesté".


A cavallo tra l'ottocento e il novecento la corte ha ospitato anche le prime tre classi delle scuole elementari. Le aule occupavano i locali sotto il portico del lato nord dell'edificio. In seguito, per molti anni, le scuole hanno avuto sede nel palazzo del Municipio, insieme agli uffici dell'amministrazione comunale.


GIOVANNI SALA


La famiglia di Tarcisio Sala gestiva, fin dalla seconda metà dell'ottocento, l'osteria detta dei "Lona", soprannome della famiglia stessa. L'attività ebbe probabilmente inizio con Giovanni, proseguì con Giuseppe, detto "Barbisét", e con Emilio, rispettivamente bisnonno, nonno e padre di Tarcisio.

L'OSTERIA DEI LONA NEL PARTICOLARE DI UNA CARTOLINA DEGLI
ANNI TRENTA DEL NOVECENTO. NELLA LUNETTA IL LOCALE E' DENOMINATO
"OSTERIA NUOVA"


Contemporaneamente Giuseppe (1868 - 1951) e Emilio (1915 - 1964) macellavano i maiali presso le famiglie che lo richiedevano. Nel 1936/37 l'osteria (1) fu trasformata in una salumeria, rimasta attiva fino al 1954. Dopo questa data Emilio ha continuato l'attività di salumiere in un negozio di Milano, zona Lambrate


EMILIO SALA


La corte è detta anche "Curt del Legnamé", perché qui lavorava, tra '800 e '900. il falegname Giovanni Stucchi, "Giuvanela", che nel 1902 costruì i serramenti della nuova chiesa parrocchiale.


GIOVANNI STUCCHI, "GIUVANELA", E
LA MOGLIE LUIGIA



Un suo dipendente, Emilio Bonanomi di Osnago, sposò sua figlia, Adelaide, conosciuta come "la sciura Stucchi". Emilio portò avanti la falegnameria dopo il suocero, ma non ebbe successori perché l'unico figlio che lavorò con lui, Giovanni, morì prima del padre.


EMILIO BONANOMI E LA MOGLIE,
ADELAIDE STUCCHI

In "Curt di Mesté" abitava anche il "sartèl", Felice Robbiati, sarto e parrucchiere.
Sua moglie Rachele Rebazzi era la levatrice del paese, "la cumà". Quando nei primi anni trenta


FELICE ROBBIATI, "SARTEL"


RACHELE REBAZZI, " CUMA' "

cessò di lavorare, fu sostituita da Lina Botta, un'ostetrica che proveniva da Lurate Caccivio e si era diplomata a Como. Lina rimase in carica fino al 1963. Di Felice e Maria Lina era diventata nuora, avendo sposato il figlio Francesco Robbiati, impiegato alla Marelli e primo presidente del Circolo S. Giuseppe (2).


LINA BOTTA, " CUMA' "

Nella corte ha avuto origine anche l'attività di produzione di dolci, tuttora esistente, della famiglia Ponzoni.

Per un altro mestiere che vi si svolse, la corte è ricordata anche come "Curt del murné". Qui infatti, nei locali già adibiti ad aule scolastiche, Attilio Villa, mugnaio (murné), nel 1949 trasferì l'attività di macinatura del grano dopo il crollo , in "Curt di Benedìtt", in fondo a via Fontanile, dei locali che la ospitavano in precedenza. Il mulino, portato avanti dopo la morte di Attilio dal figlio Angelo, coadiuvato dalla sorella Ines, è rimasto in funzione fino al 1968.

Le seguenti fotografie, con vari componenti della famiglia Sala, lasciano intravedere sullo sfondo scorci della corte come si presentava fino a qualche decennio fa.

TARCISIO E MARIA LUISA SALA DI FRONTE
AL LATO OVEST DELLA CORTE


MARIA SIRONI , NONNA DI TARCISIO,
CON UNA NIPOTE. ALLE LORO SPALLE IL GELSO
DELL'ANGOLO NORD OVEST DELLA CORTE


TARCISIO (a destra) E ADELIO SALA.
IL PORTICO DEL LATO NORD, ANCORA CON
LE COLONNE DI "MOLERA"


UNA CUGINA DI TARCISIO.
ALLE SUE SPALLE IL LATO EST DELLA CORTE, DOVE
SI NOTANO UN ALTRO GELSO E LA LATRINA

I lati che, pur modificati, hanno mantenuto maggiormente l'aspetto antico sono quello sud, con l'androne di accesso, e quello nord con il portico. Le colonne originali del portico, ritenute non più idonee a sostenere il peso dell'edificio sovrastante, sono però state incorporate negli attuali pilastri.
Nella corte erano presenti tre gelsi e due viti, una sul lato est e l'altra sul lato nord.


UN'ALTRA FOTO DEL LATO NORD
CON UNA DELLE COLONNE ORA
INCORPORATE NEI PILASTRI
(in primo piano il signor Raffaele)

(1) La licenza dell'osteria fu ritirata da Mario Gariboldi che, nella ex villa Pollastri (oggi ristorante "da Remo") aprì l' "Osteria Nuova".
(2) Le notizie su Lina Botta sono contenute in una lettera che il figlio Angelo inviò nel 1986 al giornalino "Verderio Oggi".

Marco Bartesaghi

Potete trovare qualche riferimanto a questa corte anche sotto l'etichetta "Maurizio Besana".
Oltre a Tarciso Sala hanno contribuito a questo articolo la signora Valentina Villa, per le notizie sul "murné", e la signora Luigia Bonanomi con le fotografie dei suoi genitori e i suoi nonni. Li ringrazio con affetto.
Questo articolo può essere corretto, precisato o arricchito da chiunque abbia notizie, o immagini, per poterlo fare. Come? Utilizzando lo spazio
COMMENTI (clicca, sotto l'articolo, sulla parola "commenti") o contattandomi all'indirizzo: marco.bartesaghi@libero.it
Grazie, M.B.

" CURT DI MESTE' " OGGI,

CURT DI MESTE'
lato sud


CURT DI MESTE'
lato est


CURT DI MESTE'
lato nord


CURT DI MESTE'
lato ovest

Queste fotografie sono state scattate l'11 febbraio 2009

mercoledì 10 febbraio 2010

IL BACO DA SETA O "CAVALEE" di Anselmo Brambilla

Il baco da seta o cavalee era allevato in quasi tutta la Brianza, in alcune zone fino al principio degli anni 50.

La coltivazione del baco coinvolgeva tutta la famiglia, specialmente le donne, in un lavoro faticoso e stressante della durata di circa 40 giorni.

Verso la fine d'aprile il contadino acquistava il seme, sumenza, le uova del baco da seta da cui sarebbero nati i piccoli bigatti, come recitava il proverbio a San Giorg se mët la sumenza al cöld a San Giorgio si mette il seme al caldo.
Le uova o seme erano vendute dai grossisti bigatee che li importavano dai paesi orientali normalmente dal Giappone o dalla Cina, o li producevano in proprio con l'accoppiamento delle farfalle parpaj uscite da bozzoli selezionati per la riproduzione.

I bigatee facendo schiudere le uova in apposite incubatrici, producevano e vendevano anche i piccoli bigatti, quindi i contadini allevatori potevano scegliere fra l'acquistare i bigatti già nati o le uova e farle schiudere in proprio.

Normalmente solo i grandi allevamenti utilizzavano l'incubatrice o compravano i bigattini già nati, i contadini che allevavano il baco a livello famigliare solitamente acquistavano le uova e attraverso mezzi molto singolari le facevano dischiudere in proprio.

Le incubatrici utilizzate dai grossi allevamenti e dai bigatee, erano degli armadietti di legno chiusi da ante, con piccoli cassettini nella parte superiore dove venivano poste le uova e di uno spazio vuoto nella parte inferiore dove si collocava un lume ad olio, ul l'öm, il quale forniva il calore necessario alla schiusa delle uova.

Le uova poste su pezzuole di tela , venivano scaldate dal calore prodotto dal lume ad olio regolato per produrre un calore graduale, da una temperatura iniziale di circa cinque gradi arrivava ai 24 gradi nel momento della schiusa.

L'operazione durava mediamente 8 - 10 giorni, l'incubazione era regolata in modo che la nascita dei primi bigatti coincidesse con il germogliare delle prime foglie di gelso.

Le uova dei bachi prima di metterle nelle incubatrici o in commercio, erano provate per verificarne la fecondità.

L'operazione consisteva nel porle in bacinelle riempite con acqua salata, quelle buone, le fecondate, qüei bön rimanevano a galla e quindi venivano tolte e utilizzate , le altre quelle non buone, qüei mia bön , affondavano ed erano eliminate attraverso un apposito rubinetto situato sull'estremità della bacinella.

All'origine di quanto descritto finora vi è il processo della produzione delle uova in altre parole l'accoppiamento, i migliori bozzoli come consistenza e come colore erano lasciati maturare fino alla sfarfallatura, cioè fino a quando la crisalide si trasformava in farfalla e usciva dal bozzolo.

Normalmente i bozzoli scelti per la riproduzione erano lasciati sul bosco circa 15 giorni in più di quelli destinati alla produzione della seta, il tempo necessario alla trasformazione della crisalide in farfalla.

I maschi più piccoli detti farfallini parpajt sono i primi a sfarfallare e ad uscire forandolo dal bozzolo, immediatamente vanno in cerca delle femmine le quali molto più grosse di loro li attendono senza muoversi più di tanto, l'accoppiamento dura mediamente 8 - 10 ore, alla fine la femmina depone dalle 400 alle 500 uova. (1)


Lasciato il nostro allevatore danaroso alla sua incubatrice o all'acquisto dei piccoli bigatti, torniamo al nostro contadino che un po' meno danaroso acquistava dal bigatee, (di solito a credito impegnandosi a pagare con il raccolto dei bozzoli) un'oncia o un'oncia e mezza di seme secondo la capienza del suo allevamento.

Ogni oncia, un'unza, di seme conteneva circa 50 mila uova e aveva un peso di circa 28 grammi se tutto andava per il verso giusto avrebbe prodotto circa 70 - 80 Kg di bozzoli galët, raramente si arrivava a questo risultato.

Prima di tutto doveva far schiudere le uova, non disponendo d'incubatrice era obbligato a trovare altre forme per produrre il calore necessario alla schiusa, qui ognuno si sbizzarriva come meglio poteva, alcuni ponevano i fagottini di tela con i semi nelle stalle, vicino ai camini, sotto il cuscino etc.

Il sistema più usato dai poveri contadini era quello di metterli nel letto sotto il materasso ul paiön per 8 - 9 giorni, alcuni addirittura ponevano i fagottini con i semi fra i seni delle donne più prosperose.

Tutti i mezzi erano buoni per creare il calore necessario a far nascere i bigatti nel periodo più propizio com'evidenziato dal detto: a San Giorg se mët la sumenza al cöld se i cavalee in ben metü a Santa Crus i bigat in nasü (2) quindi importante era la schiusa delle uova ma, in tempo utile e ben determinato.

Nel frattempo si preparava l'ambiente per l'allevamento, con tavole di legno tavul di cavalee veniva predisposto una specie di castello con una serie di ripiani sui quali si ponevano dei graticci costruiti con canne di lago canët de lag, sopra i graticci veniva messa una carta sulla quale erano posti i bigattini.

Per allevare in modo ottimale un'oncia di seme occorrevano 16 - 18 ripiani o graticci per una superficie di circa 50 metri quadrati, inoltre per poter attrezzare il bosco bösch su cui si sarebbero attaccati i bachi per fare i bozzoli, i graticci dovevano stare a circa 50 centimetri uno dall'altro.

Quasi tutte le famiglie disponevano, ovviamente in affitto, di un pezzo di palude vicino ai laghi o ai fiumi dove nei periodi invernali si approvvigionavano delle canne necessarie per costruire nuovi graticci o riparare i vecchi.

Predisposto il castello con i graticci, messa la carta sopra di essi si operava la cernita dei bacolini nati, visto che le uova non si schiudevano tutte contemporaneamente si rendeva necessaria una ulteriore operazione.


Si metteva un foglio di carta con piccoli fori sopra il panno dove era contenuto il seme in schiusa e sopra la carta si mettevano foglie di gelso tagliuzzate, i bacolini affamati salivano attraverso i buchini sulla carta attratti dall'alimento, rendendo facile la separazione dalle uova non ancora schiuse che erano rimesse nelle incubatrici, nei materassi o in altri luoghi.

La stessa operazione, con fogli di carta più grandi e buchi più grossi, si faceva anche per le pulizie periodiche, stendendoli sopra i graticci con la solita foglia di gelso sopra in modo che i bachi , salendo attraverso i buchi sul nuovo foglio, consentivano la pulizia delle tavole con la rimozione dei fogli posti in precedenza sui quali i bachi erano saliti piccoli e sui quali erano cresciuti.

I piccoli bigatti iniziavano immediatamente a mangiare, alimento base e unico di quest'animaletto le foglie del gelso murön pianta coltivata quasi esclusivamente per garantire l'alimentazione al baco da seta, la campagna Brianzola un tempo era costellata da innumerevoli filari di gelsi.

Per portare a maturazione la solita oncia di seme si calcolavano necessari circa un migliaio di Kg di foglie di gelso, ogni pianta di gelso produceva 20 - 25 Kg di foglia, immaginarsi la quantità di piante occorrenti per arrivare dai circa 28 grammi del seme ai 70 - 80 Kg di bozzoli.

NOTE
(1) Probabilmente il detto Brianzolo el gha un po' del parpajn, indirizzato ai giovanotti in perenne ricerca di femmine è originato dalla similitudine con il maschio del baco da seta.

(2) A San Giorgio si mette la semenza al caldo e se il seme è buono per Santa Croce i bachi sono nati

Anselmo Brambilla, 15 marzo 2009

Nelle fotografie, il gelso della rotonda del cimitero di Verderio Superiore nelle diverse stagioni. Manca, per ora, la primavera. L'albero è stato piantato nel corso della precedente amministrazione comunale (2004 - 2009) presieduta dal Sindaco Beniamino Colnaghi. M.B.

COSTITUZIONE ITALIANA E LIBERTA' RELIGIOSA di Ambrogio Cazzaniga - seconda parte


Seconda parte della "traccia" seguita dal professor Cazzaniga nella sua relazione sul tema COSTITUZIONE ITALIANA E LIBERTA' RELIGIOSA. La prima parte è stata pubblicata il 30 gennaio scorso.

3. LE DICHIARAZIONI DEI DIRITTI DELL'UOMO DEL '900
Dopo le terribili tragedie dei 'totalitarismi' della prima metà del '900, gli uomini dell' Occidente sono tornati a interrogarsi sulle ragioni di tali terribili disavventure e disastri della storia e hanno individuato nel non riconoscimento dei 'diritti' fondamentali dell'uomo la causa principale di tali disastri. Perciò, nei momenti fondanti delle nuove epoche storiche che si andavano via via ad aprire, è stato ripresa la tradizione della proclamazione dei 'diritti umani', ritenuti la base imprescindibile di ogni società che voglia essere veramente 'umana'. Due testi meritano di essere ricordati: la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo da parte dell' ONU nel 1948 e la Carta dei diritti d'Europa del 2000 posta a fondamento dell'edificio dell' Europa unita.



3.1. LA DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL' ONU [1948]
Preambolo - Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo; Considerato che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti dell'uomo hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell'umanità e che l'avvento di un mondo in cui gli esseri umani godano della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta aspirazione dell'uomo; Considerato che è indispensabile che i diritti dell'uomo siano protetti da norme giuridiche, se si vuole evitare che l'uomo sia costretto a ricorrere come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l'oppressione; Considerato che è indispensabile promuovere lo sviluppo di rapporti amichevoli tra le Nazioni; Considerato che i popoli delle Nazioni Unite hanno riaffermato nello Statuto la loro fede nei diritti fondamentali dell'uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nell'eguaglianza dei diritti dell'uomo e della donna, ed hanno deciso di promuovere il progresso sociale e un miglior tenore di vita in una maggiore libertà; Considerato che gli Stati membri si sono impegnati a perseguire, in cooperazione con le Nazioni Unite, il rispetto e l'osservanza universale dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali;
Considerato che una concezione comune di questi diritti e di questa libertà è della massima importanza per la piena realizzazione di questi impegni [...]
Articolo 2. Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.
Art. 18 Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti.
* Anche nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, la 'libertà religiosa viene inserita all'interno del quadro generale dei 'diritti' dell'uomo, il cui riconoscimento e il cui rispetto sono ritenuti il fondamento della giustizia sociale e della pace tra le nazioni del mondo
* La 'libertà religiosa' in particolare è così formulata all' art. 18: Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione. Tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti. La 'libertà di religione' è affiancata alla libertà di pensiero e di coscienza ovvero quelle forme di libertà che investono la 'interiorità' dell'uomo. Non solo, tale 'libertà' viene declinata anche come libertà di cambiare di religione o di credo -scelta non sempre pacifica all'interno delle tradizioni religiose e delle loro istituzioni; come libertà di manifestare isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo -impossibile in regimi totalitari e illiberali.


3.2. CARTA DEI DIRITTI D' EUROPA [2000]
Nel 2000, l' Unione europea ha deciso di far precedere la stesura di una 'Costituzione' europea -poi non entrata in vigore a causa della bocciatura da parte di alcune nazioni europee a cominciare dalla Francia- con una 'Carta dei diritti d'Europa', nel solco della tradizione dei 'diritti dell'uomo' nata proprio nell' Europa moderna. Tale Carta è strutturata intorno a grandi temi o aree relativi ai 'diritti' dell'uomo: dignità, libertà, uguaglianza, solidarietà, cittadinanza, giustizia
* Art. 10 Libertà di pensiero, di coscienza e di religione. [...] Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione. Tale diritto include la libertà di cambiare religione o convinzione, così come la libertà di manifestare la propria religione o la propria convinzione individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l'insegnamento, le pratiche e l'osservanza dei riti
* Il testo della Carta riprende, quasi alla lettera, l'art. 18 della Dichiarazione universale del 1948 e quindi intende confermare l'ampio riconoscimento alla libertà religiosa già presente in quest'ultima


ARTICOLI DELLA COSTITUZIONE RELATIVI ALLA RELIGIONE

Art. 1
L' Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro [...]
Art. 2
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale

Art. 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Art. 7
Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.
Art. 8
Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.

Art. 19
Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.
Art. 20
Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d'una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività.
Art. 29
La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare
Art. 33
L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.



ARTICOLO 1
L'articolo 1: "L' Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro".
* Il 'lavoro' è il 'fondamento' della Costituzione e della società italiana. Perchè proprio il 'lavoro'? Il 'fondamento' poteva essere costituito dalla 'libertà' o dalla 'uguaglianza' o dalla 'fraternità'
* Porre il 'lavoro' -a differenza della 'religione' come nello Statuto albertino- vuol dire prendere atto della 'laicizzazione' o 'secolarizzazione' della società, in seguito alle quali si devono assumere dei 'valori' non di tipo 'religioso'
* Il 'lavoro' non deve essere inteso come una attività per procurarsi i beni economici necessari per vivere, bensì come l'attività con cui l'individuo realizza la sua identità e le sue potenzialità
* L' art. 4: La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

ARTICOLI 2-3
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale
* Dire che la Repubblica riconosce e garantisce significa che esiste qualcosa che precede la Repubblica e quindi lo Stato: lo Stato non è 'totalitario' ed 'etico' cioè fonte e origine di diritti e valori
* Prima dello Stato, ci sono i diritti inviolabili dell'uomo ovvero quelle realtà ontologiche che sono costitutive di ogni individuo umano e che sono la premessa di ogni organizzazione sociale -diritto alla vita, diritto alla libertà, diritto alla salute ecc.
* Ogni uomo ha una personalità da sviluppare, sia a livello di singolo sia a livello di formazioni sociali, perchè nessun uomo è un' 'isola'
* Il 'diritto', per non degenerare in privilegio e prepotenza deve essere accompagnato dal relativo 'dovere' ovvero l' obbligo di agire secondo certe regole, la principale delle quali è costituita dall' adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. La solidarietà ovvero l'apertura all'altro è la condizione per il riconoscimento dei 'diritti'
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese
* È il grande articolo sulla 'uguaglianza' dei cittadini davanti alla legge ed è l'articolo in cui compare, per la prima volta, la parola 'religione'.
* Gli uomini sono differenti fra di loro -per sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali- ma hanno una sostanziale e fondamentale eguaglianza davanti alla legge ovvero relativamente alle regole basilari della società. L' 'uguaglianza' è la condizione della 'democrazia' come eguaglianza giuridica e politica e, prima ancora, eguaglianza 'ontologica'
* L'eguaglianza intesa in modo così generalizzato non è mai stata messa alla prova della storia concreta prima della grande migrazione degli ultimi 20 anni, che hanno messo in contatto uomini di religioni differenti, oltre che di razza e lingua differenti
* Una specificità della Costituzione italiana: non solo affermare l' 'uguaglianza' bensì anche impegnare a realizzarla, sulla base della constatazione fattuale che tale 'eguaglianza' non è quasi mai divenuta realtà effettiva nella storia : È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese


ARTICOLI 7-8
Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale
* L' anomalia di 'costituzionalizzare' un trattato con un altro 'Stato' per di più stipulato in epoca fascista, mentre la Costituzione ha alla base una cultura 'antifascista'. Ma questa anomalia si spiega con la particolare condizione dell' Italia, sede del papato e, all'epoca, società fortemente 'cattolicizzata', che spinse persino il Partito Comunista di Togliatti -ma non Il Partito Socialista di Nenni- a votare questo articolo.
* La formulazione del primo comma -lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani- non è molto felice e pertinente, perchè le due entità -Stato e Chiesa- sono eterogenei e quindi non possono avere dei medesimi attributi -indipendenti e sovrani: attributi proprio di uno Stato e non di una Chiesa
* Nel 1984, è avvenuta una 'revisione' dei 'Patti', con cui si è tolta al Cattolicesimo la figura di 'religione ufficiale' dello Stato italiano e si è reso non più obbligatorio l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole italiane -secondo il dettato del secondo comma dell'articolo: Le modificazioni dei Patti accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale
* Rimane l'idea di 'concordato' che implica un 'accordo' tra due 'potenze' che si pongono sul medesimo piano, mentre le due istituzioni sono eterogenee. La formula di Cavour: 'libera Chiesa in libero Stato' è quella che esprime meglio la concezione 'liberale' del rapporto tra Stato e istituzioni religiose, anche se qualcuno vorrebbe rovesciare la formula!
Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.
* Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Questa affermazione è di portata rilevante, per non dire 'rivoluzionaria', perchè, in un'Italia fortemente 'cattolica', in cui alla Chiesa cattolica sia lo Statuto albertino del 1848 sia il Concordato del 1929 riconoscono il privilegio di essere la sola religione dello Stato, per la prima volta viene pure riconosciuta apertamente la piena 'libertà' anche a tutte le altre 'confessioni' religiose e non più solo la 'tolleranza' -importante perchè, nel 1948, le altre confessioni religiose sono ancora fortemente minoritarie e si riducono a qualche migliaia di ebrei e di protestanti (Valdesi)
* La differenza tra Cattolicesimo e le altre 'confessioni' religiose è sottolineata dal fatto che, mentre con la Chiesa Cattolica lo Stato italiano ha varato un 'concordato' -un accordo da pari a pari- con le altre 'confessioni', pur riconosciute 'libere', si limita a stipulare delle 'intese', che è un 'accordo' di valore minore rispetto al 'concordato' -esistono 'intese' con i Valdesi, gli Ebrei, altre denominazioni protestanti, ma non ancora con gli Islamici

ARTICOLI 19-20
Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume
* Siamo nella Prima Parte della Costituzione intitolata Diritti e doveri dei cittadini e, precisamente, nel Titolo Primo intitolato Rapporti civili, che va dall'art. 13 all' art. 28 -gli altri Titoli: Rapporti etico-sociali, Rapporti economici, Rapporti politici
* I Rapporti civili riguardano i rapporti che si instaurano tra i cittadini nella 'società civile', nella società 'prestatuale' e si riferiscono sopratutto alle 'libertà' -sia negative (libertà da) sia positive (libertà di). Essi sono il portato della storia del 'liberalismo' moderno: libertà personale, di domicilio, di corrispondenza, di movimento, di riunione, di associazione, di pensiero, di stampa ed anche di 'religione'
* La storia della 'libertà religiosa' è strettamente intrecciata con la storia della 'modernità' europea. Da quando Lutero, nel 1517, ha rotto l'unità religiosa dell' Europa cristiana -la cosidetta 'Christianitas'- affermando il principio inalienabile della 'libertà di coscienza', si è imposta la questione della 'libertà religiosa': riconoscere ad ogni individuo la libertà di professare la 'fede' religiosa che ritenesse in coscienza più vera. Per affermare questa libertà -negata ad esempio dalla Chiesa Cattolica, che affermava, e forse afferma ancora, di possedere la verità totale ed ultima, che rende impossibile anche solo 'tollerare' altre verità o fedi- si sono combattute sanguinosissime 'guerre di religione': in particolare, le guerre religiose in Francia tra cattolici e calvinisti (1562-1598), la guerra dei Trent'anni in Germania (1618-1648), la guerra civile in Inghilterra (1642-1689)
* Nell'età dell' Illuminismo, viene attaccato frontalmente l' 'ancien régime' ovvero la stabile alleanza tra il trono e l'altare' -lo Stato e la Chiesa- ponendo una distinzione-separazione tra i due ambiti -posizione, quella dell' Illuminismo, vigorosamente criticata dalle gerarchie ecclesiastiche cattoliche, ma molto più in sintonia con il principio evangelico della distinzione tra Cesare e Dio propria dell' evangelo di Gesù. Il 'liberalismo' del sec. XIX si muove nel solco della impostazione illuministica della questione e, perciò, si scontra con la concezione 'integralista' della Chiesa cattolica -vedi la 'questione romana' in Italia, la 'Kulturkampf' in Germania, il conflitto sulla 'laicità' in Francia ecc.
* È nel sec. XX che si ritorna alla strategia, sopratutto con il papato di Pio XI, dei 'concordati' tra Chiesa e Stato, dove lo Stato è spesso uno Stato 'totalitario' -vedi i concordati tra la Chiesa Cattolica e lo Stato fascista (1929), lo Stato nazista (1933), lo Stato franchista (1953), lo Stato salazariano del Portogallo ecc. Lo scopo è quello di difendere, all'interno di regimi totalitari, uno spazio di libertà per la Chiesa cattolica, anche se è indubbia la preferenza per regimi di destra rispetto al totalitarismo comunista che si professava ateo ed antireligioso. I 'concordati' diventano strumenti ambigui, perchè da una parte proteggono l'azione della Chiesa cattolica, dall'altro però si configurano come riconoscimento, sia pure indiretto, di regimi illiberali e totalitari
* La 'libertà religiosa' riconosciuta dalla Costituzione -diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto- si può definire piena e totale, e le limitazioni poste ad essa -organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano (art. 8); purché non si tratti di riti contrari al buon costume (art. 19)- sono ristrette a fattori giuridicamente basilari ed elementari
Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d'una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività
* È un articolo che mostra, non solo la piena 'neutralità' dello Stato italiano di fronte ai fenomeni religiosi che si manifestano all'interno della società, bensì anche il 'rispetto' e persino il 'sostegno' dello Stato nei confronti di ogni associazione od istituzione che abbia il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto
* Le istituzioni religiose vengono sottratte non solo a speciali limitazioni legislative, ma anche a speciali gravami fiscali: norma, questa dell' art. 20, che mostra, appunto, una attenzione speciale dello Stato nei confronti delle manifestazioni di 'religiosità' all'interno della società

ARTICOLI 29 E 33
Questi due articoli non trattano in modo esplicito della 'religione': tuttavia, riguardano temi -la famiglia e il matrimonio e l'educazione e al scuola- che fanno riferimento, sia pure in modo indiretto, alla dimensione religiosa, almeno così come è tipica della tradizione storica italiana.

ART. 29

La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare
* Parlare di famiglia come società naturale fondata sul matrimonio significa far riferimento alla tradizione cristiano-cattolica, che concepisce la 'famiglia' appunto come società naturale fondata sul matrimonio. È una concezione di tipo 'monogamico', che entra in conflitto con altri modi di intendere la famiglia o il rapporto tra i sessi -si pensi alla poligamia ammessa da certe tradizioni islamiche oppure all'affermarsi di forme di convivenza non di tipo 'matrimoniale', che si è tentato di riconoscere mediante il progetto di legge chiamato 'Dico'
* Il secondo comma dell'articolo stabilisce l' eguaglianza morale e giuridica dei coniugi. Anche questa è un'affermazione di particolare rilevanza, se non religiosa, di certo 'morale'. Tuttavia, per arrivare a tradurre questo 'principio' in riconoscimento giuridico, si è dovuto aspettare il 1975 con il nuovo 'diritto di famiglia'. Il principio di 'eguaglianza' tra i coniugi potrebbe contrastare con alcune tradizioni, sempre di matrice islamica, che sembrano non accogliere la piena parità tra uomini e donne

ART. 33

L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.
* Cosa c'entra questo articolo con la 'religione'? C'entra in quanto la tradizione della 'scuola statale' o 'pubblica', in Occidente, non ha una lunga storia, perchè la sua origine deve essere fatta risalire al sec. XVIII grazie all'influsso dell' Illuminismo. Precedentemente -ma anche dopo- l'istruzione scolastica era controllata -talora in modo monopolistico, per riconoscimento-affidamento dello Stato- dalla Chiesa cattolica sopratutto. È stata necessaria una lunga battaglia culturale e politica per affermare il diritto dello Stato 'laico' di istituire, come dice il testo costituzionale, scuole statali per tutti gli ordini e gradi
* Quando la Costituzione riconosce che enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato, indirettamente, recepisce la lunga tradizione della scuola 'religiosa', che aveva monopolizzato l'attività scolastica, anche se le componenti 'laiche' della Costituente sono riuscite a introdurre un codicillo -senza oneri per lo Stato- con cui si voleva ribadire che lo Stato è tenuto a finanziare il suo sistema scolastico e non quello di 'privati' oppure di 'Enti' -dove 'ente' sta per Chiesa cattolica sopratutto. Attualmente, questo 'codicillo' è aggirato in varie forme: ma la Costituzione ancora in vigore lo prevede!


Le immagini di questo articolo sono tratte dall'opuscolo "COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA" distribuito dall'Amministrazione Comunale di Verderio Superiore, guidata dal sindaco Ferdinando Bosisio, in occasione del cinquantesimo 'anniversario della Costituzione.