sabato 15 settembre 2018

È SCOMPARSA "LA SALETTE". PECCATO, ERA COSÍ BELLA. Di Marco Bartesaghi

Per  più di centocinquant’ anni cascina “La Salette” ha dato   il benvenuto e l' arrivederci a tutti coloro che transitavano nelle sue vicinanze.
Era impossibile non notarla, per la sua maestosità e, soprattutto, per la particolarità delle sue due torri laterali, con i tetti in ardesia a falde che si intersecano e le eleganti bifore nei due timpani prospicienti la strada provinciale.


Se dicevi a qualcuno di essere di Verderio,  per prima cosa ti chiedeva se di Superiore o Inferiore e poi cosa fosse quel bell'edificio che si vedeva entrando: un palazzo? Un convento? – “Una cascina!” –“ Una cascinaaa?”
Penso sia sempre stato così, da quando è sorta, nel 1856. Ne sono certo per gli ultimi quarant’anni, da quando anch’io abito qui.  Anche quando era abbandonata e cadente sapeva sprigionare fascino e attirare l’attenzione. 


 
Foto Samuele Villa

Poi  è risorta e siamo tornati a vederla come forse la  videro gli abitanti di Verderio della metà dell’ottocento, consapevoli,certo, che le sue funzioni non potevano  più essere quelle di quel tempo.

Ho ricevuto da non ricordo chi, questa ed altre fotografie de La Salette restaurata. Se l'autore la riconosce me lo segnali, così, come è giusto che sia, gliela attribuisco.

Ora “La Salette” non si vede più, è scomparsa dietro una “siepe” lasciata crescere a dismisura.























Personalmente mi sento espropriato di un diritto, il diritto di godere  della sua bellezza.
Non contesto di certo il diritto di proprietà, sia dell’edificio che dell’area che lo ospita, dei suoi proprietari. Ma ritengo che il diritto di godere della bellezza di quell’opera non appartenga solo a loro, ma sia di tutti, anche mio.
Immaginatevi se domani le nostre due chiese parrocchiali venissero nascoste da alte barriere; immaginatevi  se sui cancelli di villa Gnecchi venisse saldato un foglio di lamiera: non vi sentireste espropriati di qualcosa che vi appartiene, qualcosa di impalpabile, certo, ma anche concreto, la loro bellezza ?
Non so se questa  pretesa di essere titolare di un diritto alla bellezza abbia un senso:
Se sì potrebbero intervenire  per tutelarlo il comune o la soprintendenza.
Se no,potremmo cercare di sensibilizzare la proprietà, chiedendogli di soddisfare questo nostro desiderio.
Io ci ho già provato, con una mail che ho scritto un paio di mesi fa,  ma non ho ricevuto risposta.
Magari qualcuno con più charme di me potrebbe avere più successo. 


Marco Bartesaghi

"VIBRATIONS".LE POESIA DI CRISTINA CARLOTTI E I RITRATTI DI MARIA POGGI CAVALLETTI, IN UN FILMATO REALIZZATO DA ILARIA FORTI.







 




Nel giugno del 2010 avevo presentato su questo blog la poesia “Ombra di luna”. L’autrice aveva preferito mantenere nascosta la sua identità e si era firmata “Cri" (1)



Sono passati un po’ di anni e ora quella poesia , insieme a diverse altre, è apparsa in un libro intitolato ”VIBRATIONS”   in cui il nome dell’autrice ovviamente compare per intero: Cristina Carlotti.

 
Cristina Carlotti


Cristina è nata a Verona ed è residente a Verderio, in un appartamento della villa che fu del suo bisnonno, il musicista Vittorio Gnecchi Ruscone. Diplomata alla Scuola di Restauro della Regione Lombardia a  Botticino, lavora come libera professionista e consulente nel restauro di opere d’arte su tela e tavola e di cornici. Le sue poesie hanno ricevuto alcuni significativi riconoscimenti.









“VIBRATION” è un libro particolare che raccoglie, oltre alle poesie di Cristina, una serie di ritratti ad olio realizzati dalla pittrice Maria Poggi Cavalletti.

Verrebbe da dire che a ogni poesia, nella pagina di destra, sia affiancato un ritratto su quella di sinistra. Ma la parola “affiancato” è poco adatta, poiché indica un legame diretto fra testi e dipinti, presente solo nel caso delle poesie e dei ritratti dedicati ai genitori di Cristina.






Nelle altre pagine il legame è più tenue e frutto della comune sensibilità delle due autrici, che noi lettori possiamo solo cercare di intuire e indovinare.

 
 
Maria Poggi Cavalletti




Maria Poggi Cavalletti è nata a Bologna, ma cresciuta a Parigi e New York. Per molti anni ha lavorato nel campo della moda come creatrice, stilista free lance per Capucine, Diana d’Este, Anna Marchetti, l’Orangerie. I suoi ritratti sono stati presentati in diverse mostre tenutesi in varie località d’Italia.





Per presentare il libro avevo pensato a un’ intervista alle due protagoniste e alla pubblicazione di qualche poesia e qualche dipinto.
Loro però hanno proposto una cosa assai migliore e ben più originale: insieme a un’amica , Ilaria Forti, hanno realizzato questo filmato che con gioia  vi propongo.  









Ilaria Forti, laureata in Lingue e Letterature Straniere presso  presso l'Università degli Studi di Milano, lavora da molti anni nella realizzazione di programmi TV, come autrice e sceneggiatrice. Ora è libera professionista, in precedenza ha lavorato per Odeon TV, Mediaset e Antenna 3.







POESIA DI PRIMAVERA
C'è un'ora giusta per ogni cosa
come di notte la luce 
riposa,
a Maggio fiorisce la rosa
Noi pure uomini
Siamo nel Tutto
anime e corpo in alternanza
spesso piegati
quando ci prende
l'ansia.
Perché è qui nella Vita
e nel Cuore che ci vuole il sole
e tanto, tanto coraggio.
Solo la Fede ci tiene stretti
e con dio siamo al sicuro e protetti.
C'è sì un momento 
per ogni cosa
se questa cosa non hai voglia di farla
trova più tardi il momento di realizzarla.
Perché io in questa vita
male non ci voglio più stare
e solo alla vita ora e sempre voglio
Brindare
e così ogni giorno
saperla apprezzare.


Chi desiderasse acquistare una copia del libro,  può scrivere  a Maria - mariapoggicavalletti@gmail.com - o a Cristina - cristina.carlotti@alice.it - che provvederanno alla consegna. Il costo è di € 20,00.


NOTA :
(1) https://bartesaghiverderiostoria.blogspot.com/2010/06/ombra-di-luna-una-poesia-di-cri.html




giovedì 13 settembre 2018

MILLE RIME PER OGNI OCCASIONE, NEL LIBRO DI ALICE FRANCESCATTI di Marco Bartesaghi


Mille rime per ogni occasione,
scelgo le mie in base all’ispirazione!
Natale, anime, estate, ognissanti …/
Io scrivo così per tutti quanti!

così Alice si presenta nella dedica che ha apposto alla copia del suo libro che mi ha regalato .




“HO UNA RIMA IN TESTA. Poesie, indovinelli, filastrocche, conte e canzoni per tutte le occasioni” , è il libro di Alice Francescatti , pubblicato da AUDIOLUX COMMUNICATION di Merate.


Nata  a Verderio nel 1987, Alice, che è una grande lettrice, scrive storie fin dalle scuole elementari. Alla poesia si è avvicinata invece alle  medie, grazie alla professoressa Nerina Passoni.





La prima occasione di rendere pubblici i suoi testi le era  stata offerta dalla Biblioteca di Brivio, dove Alice ha svolto attività di volontariato. La bibliotecaria, che durante l’anno allestiva  “le vetrine”,  piccole mostre di libri a tema, la invitò a scrivere una poesia per ognuno dei temi proposti. Così sono nate, ad esempio,  “Natale”, “Shoah. La giornata della memoria”, “8 marzo. Donne forti del nostro tempo”,” Il viaggio e la fuga”, “ I gialli dell’estate”.
 
Una fonte di ispirazione sono, per Alice, i cartoni animati  giapponesi – “Anime”  - a cui si è avvicinata grazie al fratello Alessandro:  “Yami e Sailor Moon”, “Le tartarughe Ninja”, “Quando il Ninja e la strega”, alcuni dei titoli di questo filone.
L’idea di pubblicare il libro, e così soddisfare un sogno coltivato fin dall’infanzia,  nasce nell’ambito della società presso cui Alice ha svolto un tirocinio aziendale, la  Audiolux Robotics & Communication di Merate.
Scrive Alice sul sito dell’Associazione Dentro & Fuori di Cernusco Lombardone:
“Il progetto è consistito nella realizzazione e pubblicazione su Internet di un libro per bambini da me ideato, scritto e redatto. Affiancata dalla mia tutor aziendale Fiammetta Ravot e con l’aiuto dei grafici di Audiolux, nell’arco di circa tre mesi il volume ha visto la luce”
(Per leggere l’intero articolo di Alice, da cui ho tratto la fotografia che vedete, potete andare al seguente indirizzo:
http://dentroefuori.it/news-cernusco/cernusco-alice-francescatti-presenta-ho-una-rima-in-testa/ )
Il libro, che mi auguro sia il primo di una lunga serie, è acquistabile rivolgendosi al sito internet  www.lulu.com.

 Come assaggio ecco alcune strofe, prese qua e là:

 
“Se apro i surgelati,
ho i minuti contati!
Lievita panino,
ti aspetta il salamino!”

 
da LA CUCINA MAGICA, pag. 18



“Pulcinella,  bianco e nero,
porta la pizza al mondo intero;
ma i tuoi segreti non gli rivelare,
perché poi a tutti li va a spifferare!”
da LE MASCHERE, pag. 12


 


 “Generale Pan di Spagna,
va nel tè ma non si bagna”

da GENERALE PAN DI SPAGNA, pag 32



“Un tempo in Germania, un ometto baffuto,
che era assai pazzo, ma qualcuno gli ha creduto,
si mise in testa un progetto assai strano:
purificare il gran popolo ariano.”

da SHOAH. LA GIORNATA DELLA MEMORIA,  pag. 6 


Marco Bartesaghi

 

mercoledì 12 settembre 2018

1889 - 1891. LE "PRIME POESIE" DI VITTORIO GNECCHI RUSCONE di Marco Bartesaghi



C'è una chicca in biblioteca comunale di Verderio, tra le carte della famiglia Gnecchi (1).
Un quaderno a copertina nera, con le prime poesie (così è dichiarato nel titolo) di Vittorio Gnecchi Ruscone, scritte fra il 1889 e il 1891, quando il futuro musicista, nato nel 1876, aveva fra i 13 e i 15 anni (2).
La raccolta di versi  è divisa in due periodi: il primo comprende quelli scritti fra il 1889 e '90, l'altro quelli del 1891. I testi sono ordinati con un’unica numerazione romana.




PRIMO PERIODO, 1889 –‘90

Nella primo periodo sono raccolti sette testi.

I primi cinque sono indirizzati “Alla signorina Teresa Brini in occasione dell'influenza”.

Vittorio scrive da solo il primo, il secondo, il terzo e il quinto componimento; il quarto lo scrive  con Antonia e Maria Brini.

Teresa era una cugina di Vittorio,  maggiore di lui di tre anni, figlia della zia Amalia, sorella del padre, e di Giuseppe Brini. Antonia era sorella di Teresa. Maria era una loro sorella o, forse, una cugina (3).

Teresa e Vittorio nella primavera del 1889 avevano contratto l'influenza e per consolarsi e informarsi reciprocamente sullo stato di salute si scambiavano lettere in versi. A questo “gioco”, se così si può dire, in un'occasione parteciparono anche Antonia e Maria.

La maggior parte delle poesie non sono a versi liberi, ma organizzate secondo le regole della metrica e della rima.


***

Le prime due sono composte da due ottave, di versi endecasillabi. Nei primi sei versi la rima è alternata, baciata negli ultimi due.

Questa la prima strofa della prima poesia:

Le nuove tue, carissima Teresa
Ancor non mi fur date sta mattina
E le aspetto con l'anima sospesa.
Hai preso una purgante medicina?
O un zic facesti, od altra parte hai offesa?
O sol guaristi coll'antipirina?
O forse ancor guarita tu non sei?
Ma sì ch'io sto tu stia io non vorrei.
...






 ***

Nella terza e nella quarta poesia, quella scritta a più mani, i versi sono di otto sillabe (ottonari) Le rime sono alternate nel terzo componimento, baciate nel quarto.


Della terza poesia vi presento l’ultima strofa. Piuttosto  comica, parla degli effetti dello “zic”, già citato nella precedente, che presumo  sia il clistere, a cui Vittorio si era dovuto sottoporre per un’indigestione da gnocchi di cui era rimasto vittima:








Ah! Che zic tremendo io feci!
Ah!che male ho mai provato!
E ne ho fatta poi per dieci;
O Dio quanto sono andato!






***
 
La quarta è una  lettera in versi che Antonia, Maria e Vittorio dedicano a Teresa. È  uno scherzoso canto d'amore, composto da otto quartine, ciascuna della quali in rima baciata. I tre “poeti” non firmano la lettera, ma la attribuiscono ad un’altra persona. Fra parentesi, alla fine del testo, scrivono infatti: “Gli autori fingono che questa lettera sia scritta dal  signor Mon ...”
 

Eccone l'ultima strofa, la più audace:






...
Nulla d'altro al mondo io bramo,
Che lei sola, e le richiamo
Se non troppo le son gramo.
Ah! Mi lasci dir che l'amo!

 














***


La quinta poesia è quasi un poemetto: sessantasei versi ottonari, in rima baciata a due a due, a partire dal secondo. Il primo verso - “O Teresa, mio tesor” - è in rima con l'ultimo - “Questo nodo in noi d'amor”.
Vittorio e Teresa si sono ripresi dalla malattia e lui, scrivendole, le ricorda il piacere e la consolazione che aveva provato nel ricevere le sue lettere.
Dal testo si scopre che i due cugini, in coppia,  erano impegnati a preparare un pezzo al pianoforte, a otto mani. L'altra coppia era composta dalla zia Maria, presumibilmente Bozzotti (4), sorella della mamma di Vittorio, e dalla cugina Pia, figlia dello zio Ercole Gnecchi.

Il riferimento alla musica può essere interessante, data la carriera di compositore poi intrapresa da Vittorio. Per questo  motivo, trascrivo il brano:



Vittorio Gnecchi Ruscone in costume da antico romano
Or la sorte o il caso volle
che a sonar (senza un bemolle
né anco un diesis) scelti siamo
Ché davvero ben suoniamo
Colla nostra zia Maria
Ed insieme colla Pia
Per la marcia ad otto mani
Facciam parte dei due piani.
Così tanto ben di spesso
Alla sera ci è concesso
Di trovarci noi due insieme
Per provar se viene bene
Quel gran pezzo, che mi pare
Finirem per non sonare.
Ma non credere per questo
Che si scioglierà sì presto
Questo nostro abbonamento
Fu la marcia il fondamento,
Fu essa il germe, essa fu il seme
Del suonare noi due insieme.
Speriam dunque ardentemente
che la sorte ponga mente
Od in caso sempre voglia
che in eterno non si scioglia
Questo nodo in noi d'amor.

 ***
 
La sesta poesia, meno precisa nella metrica e nella rima, è dedicata a Elena dai sedicenti poeti, Teresa, Maria, Rino e Vittorio.
Incontriamo così due nuovi personaggi: Elena, che dovrebbe essere la figlia di Ercole, coetanea del cugino Vittorio, e  Rino, ovvero Cesare Gnecchi, fratello minore di Vittorio.

Elena era partita per un periodo di vacanza sul Verbano e i cugini le dedicarono questa sentimentale ma ironica poesia, che alterna all'italiano espressioni in francese, in inglese e in dialetto milanese.

Questa la terza ed ultima strofa:

...
Comme podem connsoulass
Mentre où sei andata a spass?
A pensar que a noi non pensi
Comment donc ai nostri sensi
Podemm cred, o dear Eléna
Où sì bella, sì serena
Deh! Reviens qui presto a cà
Pour tuoi [?] consoulà.

 


***
L’ultima poesia della prima parte, la settima, non essendoci indicazioni di altri coautori, dovrebbe essere stata scritta dal solo Vittorio Gnecchi.
 

È composta da 11 versi, ottonari. Le rime seguono lo schema: ABAAB ABABAB.
Scritta in prima persona al femminile, parla degli stati d’animo della protagonista che attende l’arrivo dell’innamorato: l’ansia, quando lui ritarda – “io mi sento già morire” –, la gioia, quando finalmente arriva – “O che gioia; son consolata,/sento il sangue ribollire,/e mi sento innamorata”.
 

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