sabato 27 giugno 2009

UN'ODE AL PONTE DI PADERNO di Maria Fresoli


Nel maggio del 1889 veniva collaudato il Ponte S. Michele, "Il Ponte di Paderno". Per l'occasione il parroco di Robbiate, don Alessandro Villa, dedicò all'opera un'Ode, stampata dalla tipografia Briantea di Merate in un opuscolo di quattro pagine.
Don Alessandro Villa, originario di Robbiate , nacque il 23 marzo 1816, fu "eletto" parroco il 21 agosto 1848 e morì il 21 novembre 1889.











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MARIA FRESOLI nota biografica

Maria Fresoli nasce nel 1949, si diploma segretaria d'azienda nel 1966.
Da sempre appassionata di storia locale, grazie all'aiuto dell'architetto Gianpiero Codara, che le ha fornito le notizie dai vari archivi di Milano e alla disponibilità prima di don Emanuele Merlini, poi di don Eugenio Folcio, ha potuto consultare l'archivio parrocchiale e curare la pagina di storia robbiatese nel notiziario parrocchiale dal 1989 al 1994.

CARTOLINE - 3 - PONTE DI PADERNO

Due cartoline rappresentanti il Ponte di Paderno.
Nella prima si stanno svolgendolavori alla diga.



La cartolina è stata spedita per Milano da Paderno probabilmente nel 1906





Questa seconda cartolina, che mostra in primo piano la diga,
è stata prodotta dalla tipografia CAIMI di Brivio nel 1900.
E' stata spedita a Ercole Gnecchi dalla figlia Pia nel 1903





sabato 13 giugno 2009

IL PLATANO DI VERDERIO di Giorgio Buizza




"IL PLATANO" DI VERDERIO SUPERIORE
IN ABITO ESTIVO


C'era una volta un platano....
Non vorremmo trovarci tra qualche anno ed iniziare così una vecchia storia.
La storia del platano vorremmo raccontarla "da vivo"
E' certamente una lunga storia.....
Il nostro platano ha probabilmente vissuto gli anni del risorgimento e dell'unità d'Italia: forse ha anche partecipato alle guerre di indipendenza ed alla cacciata degli Austriaci.
Il nostro platano è un monumento vivo!
Ogni anno rimette le foglie, cresce di qualche decimetro in altezza e di qualche millimetro in larghezza del fusto; le sue radici sono anche le nostre radici.
Ci siamo permessi di misurargli il "torace": la circonferenza del fusto, a petto d'uomo, è di 508 cm; l'altezza si può stimare attorno ai 30 metri.
I platani più grossi del Parco di Monza, tenuta Reale e parco recintato, misurano solo pochi centimetri in più di circonferenza.



Come ha potuto crescere e diventare così bello?

1) Ha avuto a disposizione tanta acqua. I platani crescono bene sulle sponde dei fossi, in riva ai corsi d'acqua e ai laghi, in zone dove l'acqua è a portata di radici senza sommergerle. Per quanto si vede ora, l'acqua alle radici non c'è più. In passato vi era un pozzo in vicinanza, c'era probabilmente un fosso o un fontanile. Anche il Rondò di platani che esiste al bivio delle strade per Paderno e Robbiate è molto significativo e conferma che le condizioni ambientali erano favorevoli allo sviluppo di questa specie. Pur non raggiungendo le dimensioni del platano isolato anche le piante del Rondò costituiscono una architettura vegetale di grande valore e ci pongono alcune domande. cosa c'era lì sotto? Perché un rondò proprio in quel punto? Era forse un luogo di ritrovo? Era un luogo di memoria storica?
Queste domande ci affascinano e vorremmo scoprire le ragioni per le quali oggi passiamo velocemente sotto quei platani senza accorgerci della loro imponenza, senza preoccuparci della loro salute: è per ignoranza? è per distrazione? I platani hanno le loro radici; e noi? Un platano senza radici muore; e noi?
Torniamo alla realtà. L'acqua è stata di importanza vitale per lo sviluppo di queste piante; lo sarebbe ancora se fossimo in grado di fornirla, possibilmente pulita e con continuità.


L'ALBERO IN ABITO INVERNALE


2) Il platano isolato ha goduto di tutto lo spazio di cui ha avuto bisogno. Non ha dovuto fare i conti con le case troppo vicine, i fili della corrente o del tram, non ha subìto condanne da parte delle Ferrovie, non è stato amputato dai giardinieri. Ha subito, è vero, alcuni tagli sui rami più bassi, rami molto grossi, per ragioni (probabilmente) di sicurezza stradale di visibilità. Prima passavano carretti e cavalli, oggi passano TIR e autogrù.
Ne è uscito, per ora, indenne ma i grossi tagli sono sempre un azzardo; il più delle volte si perde.
Spesso i cittadini invocano la potatura degli alberi perché qualcuno ha fatto credere loro che potando la pianta cresce meglio. Non è vero. Per dimostrarlo bisogna dare ora qualche spiegazione tecnica.
Ogni specie arborea ha un suo portamento naturale, caratteristico, genetico, una forma a cui tendere nella crescita progressiva. Se non vi sono ostacoli intorno o limitazioni di natura ambientale (case, fili, mancanza di luce, di acqua, presenza di altri alberi, interventi antropici) l'albero cresce liberamente dando la migliore espressione di sè, con la sola limitazione dei fenomeni naturali (vento, neve) che, per rovinare piante e sane e ben conservate, devono proprio essere eccezionali.
La riduzione della chioma ad opera dei potatori non fa che impoverire l'albero nei suoi organi di sviluppo; è come se a noi togliessero, ogni tanto, un pezzetto di polmone, o di stomaco, e dovessimo tutte le volte ricostruirlo.
Un po' diverso è il caso degli alberi da frutto, la cui finalità non è solamente estetica ma anche produttiva, non è la longevità ma l'intensità e la regolarità del raccolto.
I motivi per cui, quasi sempre, si è nella necessità di potare gli alberi sono gli errori e la paura.
Gli errori: per aver messo un albero nel posto sbagliato, troppo vicino alle case o ad altri alberi, per non aver calcolato lo sviluppo futuro o il peso dell'albero adulto, o per non aver dato sufficiente spazio alle radici.
La paura: si ha il timore che il vento possa spezzare la pianta o i suoi rami, che l'albero possa cadere, che qualcuno possa subire dei danni. Queste paure sono, il più delle volte, ingiustificate; quando sono giustificate l'albero è già stato maltrattato, amputato, reciso; è debole, presenta cavità, carie e marciumi frutto di precedenti interventi di giardinieri sprovveduti. Per rimediare agli errori e per tacitare la paura si compiono spesso azioni che condannano l'albero ad un invecchiamento precoce ed a moltiplicare i motivi per cui avere paura.

3) Quello che non si vede (le radici) ha la medesima importanza di ciò che si vede (fusto e foglie).
Spesso si interviene sulle radici degli alberi con troppa superficialità giustificando rotture, lacerazioni, riduzioni, con la scusa che "le radici sono tante".
La maggior parte degli alberi urbani muore per problemi fitosanitari alle radici o per insufficienza dell'apparato radicale mutilato dagli scavi; il taglio delle radici riduce l'ancoraggio al suolo e facilita il ribaltamento in caso di spinta trasversale; apre la via all'ingresso di funghi parassiti.


4) Altri pericoli oltre all'uomo
Un insetto, la Corithuca ciliata, che vive sulle foglie nella stagione primaverile-estiva indebolisce progressivamente l'apparato fogliare e ne provoca l'ingiallimento precoce. Potrebbe essere controllato con discreto esito essendo l'albero isolato e lontano da altri platani infetti. Un trattamento fino a 30 metri di altezza non è semplice ed è abbastanza costoso. Nella prima stagione è opportuno ripeterlo due/tre volte.
Il fungo killer del platano Ceratocistis fymbriata entra dalle lesioni alla corteccia e delle radici ed invade i tessuti vascolari. Al momento non esistono terapie Si può solo fare prevenzione evitando tagli e ferite. Spesso sono gli stessi potatori a diffondere questo fungo infettando gli alberi sani attraverso la diffusione della segatura di alberi ammalati.

Il platano di Verderio è sopravvissuto in prossimità di un incrocio stradale, ha subìto l'asfaltatura vicino al piede, la formazione di un parcheggio, dei marciapiedi, sopporta l'inquinamento da gas di scarico, probabilmente si sono eseguiti scavi per le tubazioni di acqua, gas, semafori, ecc. ecc. Merita un premio solo per essere riuscito a sopportare tutto ciò senza lamentarsi, senza scrivere lettere di protesta, senza costare alla collettività. Fino a quando sopporterà queste ingiurie e manomissioni?
Le radici hanno bisogno di acqua, di aria, di buona terra: evitiamo quindi di chiudere i fossi, di fare nuove asfaltature, di mettere macerie e sottofondi al posto della terra fertile; se ci sono asfaltature che possono essere sostituite con pavimentazioni permeabili sostituiamole.
Un giorno, forse, il Platano di Verderio diventerà famoso, richiamerà visitatori e studiosi, farà parlare di se; dobbiamo aiutarlo a mantenersi sano, a conservarsi in buona salute; dobbiamo essere un po' orgogliosi di avere un'eredità di cui nessun altro dispone. Abbiamo, nei suoi confronti, anche qualche responsabilità.
Molti cittadini sarebbero disposti per necessità, a barattare un platano grande e bello con 1 - 10 - 20 alberi piccoli e giovani. Barattereste una fotografia della vostra cara nonna con 10 - 20 fotografie di nonne altrui? Barattereste un grande quadro di Picasso con 10 - 20- 30 quadri di un anonimo pittorello? Il paragone è abbastanza sostenibile.
Perso questo monumento naturale non se ne rifarà uno uguale a meno che si voglia aspettare altri 150 - 200 anni, ed essere molto fortunati.

Lecco, 31 ottobre 1996 dr. agr. Giorgio Buizza


LA FONTANA DI NETTUNO RESTAURATA foto di Giorgio Oggioni

Queste fotografie sono state scattate da Giorgio Oggioni durante la biciclettata del 2 giugno. I restauri della fontana sono stati terminati pochi giorni prima.
Su questo blog trovate notizie sulla fntana e alcune fotografie prima del restauro cliccando sull'etichetta "Villa Gnecchi"