venerdì 19 novembre 2010

"ASPETTANDO NATALE", MERCATINO A VERDERIO





CLICCA SULLE IMMAGINI PER INGRANDIRLE

"I PERCORSI DELLA FANTASIA" VIAGGIO NELL'ILLUSTRAZIONE PER L'INFANZIA presentazione di Stefano Forbice



Come le immagini aiutano i più piccoli a comprendere i racconti? 
Come il disegno può affiancarsi alla narrazione? 


Quali i cambiamenti dell’illustrazione in cento anni di storia? 
Sabato 27 novembre alle ore 17.00 verrà inaugurata la mostra 


I percorsi della fantasia. Viaggio nell’illustrazione per l’infanzia



L' iniziativa riunisce le riproduzioni di una serie di opere di Beatrix Potter, Bruno Munari e Dave McKean, autori che rappresentano tre epoche e tre stili diversi dell’illustrazione. 
Accanto a questi autori di fama internazionale verranno esposte le opere di Alessia Garofalo, illustratrice e artista 2D-3D. 



La mostra verrà introdotta dalla Dott.ssa Alessandra Gnecchi Ruscone, consulente editoriale Mondadori Libri Ragazzi. Tale iniziativa è l’occasione per avvicinare grandi e piccoli al mondo dell’illustrazione, arte al servizio del racconto.




L’iniziativa è promossa dalla consulta Cultura e partecipazione del Comune di Verderio Superiore in collaborazione con la Biblioteca Intercomunale.
27 novembre 2010 - ore 17.00
Sala civica

MUSEO "IL TEMPO DELLE RADICI" PRESSO LA SCUOLA PRIMARIA DI ROBBIATE di Carla Codara

BREVE STORIA
L'idea è nata durante gli anni scolastici 2006/2009 , quando i protagonisti della Scuola Primaria erano i ragazzi del '98 che ora frequentano la 2° classe della scuola  secondaria di primo grado.
Nei gruppi settimanali di attività facoltative hanno iniziato un lavoro di ritorno al passato, ma non come macchina del tempo,in modo fantastico, bensì come incontro di persone,come ricerca concreta di materiali e sperimentazione degli stessi, per capire il modo di vita, di lavorare,di giocare e di studiare dei nonni.Le attività hanno entusiasmato i giovani e hanno stimolato la loro curiosità, che si è trasformata in voglia di conoscere più a fondo, di "provare", di avere a disposizione i materiali proprio a scuola per riguardarli, per toccarli, per aggiustarli o pulirli...
E' nato quindi un rapporto particolare con le persone che si sono rese disponibili a raccontare e a raccontarsi e che hanno capito quanto fosse importante lasciare testimonianze concrete anche in termini di oggetti, così è iniziata una raccolta di attrezzi agricoli, sussidi scolastici, giochi, che sono rimasti a disposizione della scuola. Dagli stessi ragazzi è nata la proposta di allestire una mostra perché i loro compagni più piccoli potessero fare la loro stessa interessante esperienza.  A questo punto si è pensato di trovare uno spazio in cui collocare gli oggetti in mostra,ma la superficie necessaria era tanta e perciò è stato scelto un ampio spazio nel seminterrato della scuola stessa. Quando i ragazzi sono passati alla scuola media, la 
mostra sembrava un po' caduta nel dimenticatoio, ma , negli anni la raccolta si era fatta via via più ricca e il materiale ha cominciato ad essere "importante", tanto che l'Assessorato alla Cultura del Comune ha pensato di trasformare questo patrimonio storico in un museo "cittadino" cioè  di tutti , aperto alla popolazione e non solo a disposizione della scuola. E così lo scorso 24 settembre, in occasione della settimana della cultura, dopo una sistemazione e un riordino dovuto all'arrivo di altro materiale,la mostra è stata "promossa" ufficialmente a museo, a cui è stato dato un nome, che indica scopo e finalità ,ed è stato aperto al pubblico, invitati speciali sono stati i ragazzi che hanno dato il via al tutto.La visita di molti Robbiatesi ha mostrato interesse all'iniziativa: a molti è piaciuto rivedere oggetti o strumenti usati,è stato bello sentire nonni o papà che spiegavano ai loro figli come si utilizzava un attrezzo o  quale fatica ci fosse alla base di certi lavori o ancora quali fossero gli antenati di oggetti di  oggi di uso comune e ci sono state anche promesse di regalare materiale  che altrimenti andrebbe disperso.
Certo, col tempo, si dovrà cercare una collocazione diversa, più adatta e più accessibile, ma il Museo ha iniziato a vivere e sarà difficile fermarlo.
BREVE DESCRIZIONE
Intanto è stata inserita una sezione riguardante le fotografie, che vogliono testimoniare i vari momenti della vita : è interessante riconoscere qualche amico, qualche nonno, qualche personaggio incontrato tempo fa, vedere come ci si vestiva, come si facevano le feste, come si affrontavano le calamità, quali erano i momenti importanti della vita...
Numerosi sono gli attrezzi agricoli, alcuni dei quali ormai introvabili, sono quasi tutti funzionanti e ricordano le fatiche,ma anche i momenti di collaborazione e di solidarietà fra le famiglie.
I giochi di una volta fanno sorridere per la loro semplicità, ma anche meravigliare per la loro realizzazione, per i materiali usati, per la consapevolezza che i bambini, nel tempo,hanno, in fondo, gli stessi desideri...

La sezione riguardante la scuola interessa particolarmente per i sussidi scolastici:dalle penne con i pennini, alle carte assorbenti, ai filmini...
C'è anche materiale che testimonia la vita quotidiana: macchine per cucire, vestiti, armadi, culle e perfino mattonelle che si usavano per il pavimento...
Inoltre sono stati trovati oggetti o strumenti che il progresso degli ultimi anni ha cancellato dalla nostra esperienza, ma che sono stati, non molti anni fa, di utilizzo comune come ad esempio il mangiadischi o i dischi in vinile...
MOTIVAZIONI
L'iniziativa del museo anche a Robbiate vuole mantenere vive le nostre radici: una pianta senza radici come può crescere? I nostri figli devono vivere pienamente il loro tempo, ma devono costruire la loro crescita facendo tesoro di come hanno vissuto i loro padri, i loro nonni ,per apprezzare nel giusto modo quello che li circonda e per capire quanti sforzi,quante fatiche stanno alla base dell'"oggi", che ,quindi ,deve essere valutato e apprezzato.
E' quindi tempo di conoscere le nostre radici anche con l'aiuto del Museo, perché "la memoria è il tesoro dell'anima".
Il tempo in cui il Museo colloca i reperti è il secolo scorso, in particolare la seconda metà del '900.
DOVE E QUANDO TROVARE IL MUSEO
-Museo "IL TEMPO DELLE RADICI" presso Scuola Primaria "G.Rodari"
                 Via S.Alessandro 45 (cancello grande)
-Apertura: prima domenica di ogni mese
                  dalle ore 10,00 alle 12,00 e dalle 15,00 alle 17,00
-Per informazioni  o per consegnare materiale rivolgersi a :
   Carla Codara  cell. 3334529139      e-mail: carla_co@alice.it

"SCAMPANATA " DURANTE IL MERCATINO DI VERDERIO.

Domenica 21 novembre alle ore 11 a Verderio Superiore, nell'ambito del mercatino "Aspettando il Natale, concerto di campane a cura della federazione campanari bergamaschi.
 Il concerto di domenica sarà di campane 'a carillon'. una tradizione entrata in Lombardia nel 1700 su probabile influsso dei carillon francesi.

La chiesa parrocchiale di Verderio Superiore ripresa dalla torre di villa Gallavresi (foto Fabio Oggioni)

IL CAMPANILE DELLA CHIESA PARROCCHIALE DI VERDERIO SUPERIORE di Marco Bartesaghi









Chiesa e campanile di Verderio Sup. in una cartolina spedita il 21 luglio 1933

Ancora oggi, nonostante lo sviluppo edilizio abbia reso il paesaggio più omogeneo e confuso, Verderio Superiore è individuabile, anche da considerevole distanza, grazie al suo campanile, che spicca per l'altezza e per la forma architettonica inusuale nella zona.
Alto 49,50 m, compresa la croce in ferro di 2 metri e 10 centimetri, è composto da una torre a base quadrata, 4,60 m di lato, e da una cuspide conica sormontata da una sfera.
Archivio Parrocchiale




La torre, complessivamente di 37,20 m, è in pietra fino a circa 5 metri da terra; il resto è in mattoni a vista.
La cuspide è formata da un tronco di cono in cotto alto 8 metri e 20 centimetri e da una punta di 1,5 m in pietra, la sfera, anch'essa in pietra, ha diametro di 50 centimetri (1).
Dall'interno del campanile si può raggiungere la camera delle campane attraverso una scala di gradini in beola, sporgenti dai muri perimetrali: sono 131 gradini, divisi in rampe di sei, salvo la prima di cinque. Per l'ultimo tratto ci si deve servire di una scala a pioli metallica, che sostituisce l'originale in legno. Tutto il percorso è protetto da una rassicurante ringhiera in ferro. Salendo si incontrano periodicamente i fori nei gradini per il passaggio delle corde: quelli più in basso sono ancora dotati dei rulli metallici che servivano da guida.
Dopo le prime sei rampe di scale si giunge ad un pianerottolo dove, adagiati sulla sabbia, giacciono i contrappesi dell'antico orologio e, da una bassa porta in legno, tramite un ponticello all'aperto, si arriva al sottotetto della parte posteriore della chiesa. Proseguendo nella salita, quasi in cima si incontra una struttura in legno che conserva ancora il meccanismo dell'orologio originale. Da una botola rettangolare, chiusa da un coperchio in lamiera, si esce nel vano delle campane.
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I contrappesi dell'antico orologio.
La torre della vecchia chiesa, assai più modesta, era dotata di quattro campane intonate in DO maggiore. Per la nuova la Fabbriceria pensò di rinnovare tutto il concerto, rifondendo quello esistente, e di aumentare il numero dei pezzi a cinque, mantenendo però la stessa intonazione. Il lavoro venne affidato alla ditta F.lli Barigozzi di Milano, "Fonderia di campane e costruzioni relative di castelli, ceppi, ruote, ecc.", nonché "Fonderia in bronzo e di oggetti d'arte" e "in ghisa d'ogni genere di lavori".
A sinistra di questa cartolina, che ha viaggiato nel 1903, si vede il campanile della vecchia parrocchiale
 
Nel preventivo presentato il 17 gennaio 1902 la ditta prevedeva che fossero necessari 5660 Kg di bronzo, più il 5% per pareggiare le perdite del processo di fusione; parte del metallo, 2500Kg, sarebbe stato recuperato fondendo le campane esistenti: la quantità da acquistare risultava perciò di 3443 Kg.

Ai piedi della chiesa in costruzione le campane ancora non issate sul campanile


Il prezzo, alla data del preventivo, fu fissato a 2,15 lire per chilogrammo: il costo totale della materia prima sarebbe pertanto ammontato a lire 7402,40. A questa cifra bisognava aggiungere il costo della manodopera - per la fusione e l'installazione sul campanile -, quello dei nuovi batacchi, delle corde e delle varie attrezzature necessarie e, infine, quelli del trasporto e della rimozione delle vecchie campane: totale 12369,40 lire. Presentato il preventivo, i Barigozzi invitarono più volte la Fabbriceria a decidere in tempi brevi, non potendo altrimenti garantire, data la flessibilità del mercato dei metalli, il mantenimento del prezzo concordato.
Particolare di campana (foto Fabio Oggioni)
Particolare di campana.
Nel contratto definitivo la ditta si impegnava a fornire "un concerto di N.5 Campane, nel tono di DO, del peso complessivo di 4988 Kg", campane che dovevano essere "sane, sonore, di voce chiara, robusta, dolce". Al committente era riconosciuta la facoltà di farle esaminare da un esperto di sua fiducia: se non fossero risultate della qualità convenuta, avrebbe potuto rifiutarle.
La Fabbriceria, per la posa in opera, doveva fornire "la forza manuale occorrente durante i lavori", preparare le opere murarie ed effettuare i trasporti.
Il costo della manodopera per la fusione fu fissato a 0,40 lire al chilogrammo; per la materia prima fu mantenuto quello concordato precedentemente di lire 2,15 al Kg.
Il 50% della somma da pagare doveva essere versato subito dopo l'installazione ed il collaudo; il saldo sarebbe avvenuto alla fine dell'anno di garanzia.
Il contratto reca le firme dei fabbricieri Ambrogio Oggioni, Lazzaro Cassago e Carlo Besana, del Parroco e dei fratelli Barigozzi (2).
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Per far fronte alla spesa si pensò in un primo tempo ad una sottoscrizione tra le famiglie della Parrocchia: ognuna avrebbe dovuto versare una cifra proporzionale al numero di pertiche coltivate. In Archivio Parrocchiale sono conservati due diversi documenti, in uno era stabilita, per ogni pertica, una quota di 50 centesimi, nell'altro di una lira.
Questo metodo, per le difficoltà riscontrate nella riscossione, venne presto abbandonato e si puntò invece sulle offerte spontanee. Al pagamento della prima metà del debito concorsero le Confraternite e la Fabbriceria con mille lire a testa, don Benvenuto Sala, sacerdote nativo di Verderio, e il ragionier Lissoni con cento, il Parroco con tremila (3). Per la restante parte Don Luigi concesse alla Fabbriceria un prestito di 5641,00 lire ad un tasso d'interesse annuo del 3%.
+.+.+.
Il 6 ottobre 1902, nelle officine Barigozzi, furono fuse le nuove campane (quelle vecchie erano state rimosse il 25 settembre , fra l'esultanza della popolazione). L'11 ottobre furono collaudate dal signor Gino Maggioni, amico del Parroco, medico e maestro di musica della Banda Filarmonica di Cassano d'Adda. Egli le giudicò "di buona lega, di timbro sonoro e ben intonate"; propose solo alcune modifiche per la "maggiore", per renderla "un po' crescente di tono".
Il giorno 12, su carri addobbati con "sandaline" e fiori, guidati da "cavallanti" del paese, le campane giunsero a Verderio, dove, appese ad una possente trave ai piedi del campanile, vennero battute a martello e a festa per l'intera settimana.
Prima di essere issate sul campanile vennero benedette dal Vescovo Monsignor Morgantiiv che, rivolgendosi ai fedeli spiegò il significato della semplice cerimonia: "Si tratta- disse -di spiritualizzare questi bronzi, che coi loro suoni, coi loro squilli devono giungere al vostro orecchio e al vostro cuore come la voce del vostro parroco, come la voce della vostra madre, la S .Chiesa". Dopo aver ricordato che "perfino Napoleone, quell'uomo terribile, si commuoveva nell'udire un concerto di campane", continuò confrontando il loro suono, che esorta a pensare al "pane spirituale", ai "fischi stridenti delle macchine, che chiamano gli operai agli opificii, per guadagnare il pane del corpo" (4).
Sulle campane, a ricordare (5) "oblatori, sacerdoti, fabbricieri, Confraternite, ed anche la benemerita Famiglia Gnecchi sebbene non vi abbia concorso per nulla", furono raffigurati ben 26 santi e, per ognuna, fu composta un'iscrizione:
TEMPLUM JOSEPHINAE GNECCHI, FILIORUM AERE AEDIFICATUM MEA VOCE EXORNO,MCMII, sulla maggiore;
ERUIT ME PAR. AL. GALBIATI UT A MORTE IMPROVISA ET PERPETUA LIBERET NOS DOMINUS, MCMII, sulla seconda;
EXTRUX ME ECCL.AE FABB.A UT A FULGURE ET TEMPESTATE LIBERET NOS DOMINUS, MCMII, sulla terza;
CONF.TRES SS. SACR.TI CONSTRUCTA SUM UT BENEDICAM D.NUM IN OMNI TEMPORE, MCMII, sulla quarta;
LAUDATE PUERI D.NUM LAUDATE NOMEN D.NI, MCMII, sulla quinta (6).
+-+-+-
Per un decreto del 1942 atto a far fronte alle necessità della guerra, diventarono soggette a requisizione le campane sparse sul territorio nazionale, per una quantità pari al 50% di quelle che risultavano disponibili in un censimento eseguito l'anno precedente; erano escluse le campane dichiarate di "pregio storico ed artistico" o appartenenti a Santuari e Cattedrali.
La Parrocchia di Verderio Superiore mise a disposizione le due maggiori, per un peso complessivo di 2620 chilogrammi; il prelievo avvenne il 15 aprile 1943. Durante i lavori di rimozione, effettuati da operai della ditta Ottolina di Seregno, la seconda campana fu fatta precipitare dal campanile e si frantumò.
Nell'aprile del 1944 la Parrocchia ottenne di riavere la campana maggiore e gli spezzoni della seconda: per questi ultimi furono dati in cambio due motori elettrici della ditta Marelli, acquistati al prezzo, ritenuto conveniente, di lire 4080; la campana maggiore fu invece ottenuta in deposito, con la possibilità di un'ulteriore requisizione, dietro una cauzione di 9000 lire. Arrivata a Verderio, trasportata da Vincenzo Colombo della famiglia soprannominata dei "Benedit", fu tenuta nascosta sotto una catasta di legna presso la cascina "La Salette".
Le due campane, la seconda rifusa dalla ditta Ottolina, furono ricollocate sul campanile il 5 settembre 1946.
NOTE
(1) Le dimensioni del campanile mi sono state suggerite dal signor Felice Colnaghi, che le ha rilevate in occasione di lavori di ristrutturazione da lui diretti.
(2) Preventivo, contratto e gli altri documenti cui si fa riferimento in questo paragrafo, si trovano in APVS, titolo VI, Chiesa e luoghi sacri, cl. 1-2-3-4, fasc. 4. Oggioni Ambrogio fu Ferdinando, Cassago Lazzaro fu Battista e Besana Carlo fu Giobbe erano stati nominati fabbricieri per il periodo 1902/1907 (APVS, titolo X, Fabbriceria, cl.1, fasc.1/1).
(3) Liber Cronicus 1897 - 1913, cit., pag.76
(4) Pasquale Morganti, nacque a Lesmo nel 1852. Ordinato sacerdote nel 1875, fu Vescovo di Bobbio (1902) e poi di Ravenna. Morì il 18 dicembre 1921.
(5) Cfr. Lega Lombarda, 20-21 ottobre, 1902.
(6) Cfr. Liber Cronicus 1897/1913, cit., pag. 75-76.
 
Marco Bartesaghi, 2002

Questo testo è tratto dal capitolo secondo del libro :VERDERIO, La chiesa parrocchiale dei santi Giuseppe e Floriano , 2002

mercoledì 17 novembre 2010

IMMAGINI DAL CAMPANILE DI VERDERIO SUPERIORE fotografie di Fabio Oggioni

Alcune immagini scattate da Fabio Oggioni dal campanile di Verderio Superiore.
il tetto della chiesa di San Giuseppe e Floriano



Il campo di calcio dell'oratorio di Verderio Superiore



Grignetta e Grignone



Monterobbio, Magnodeno e Resegone



Gli edifici,partendo da quello in primo piano: Curt Nova, Curt di Fredric, Villa Gnecchi, 
Le montagne da sinistra: Grigne, Pizzo dei Tre Signori e Magnodeno

NOTTE DI LUNA PIENA fotografie di Samuele Villa















Immagini della chiesa parrocchiale di Verderio Superiore, scattate il 26 luglio 2010 da Samuele Villa.

sabato 6 novembre 2010

DISCORSO DEL SINDACO PER I 75 ANNI DEL MONUMENTO AI CADUTI di Ferdinando Bosisio

Discorso pronunciato dal sindaco di Verderio Superiore, Ferdinando Bosisio, il 16 novembre 1997, in occasione del settantacinquesimo anniversario dell'inaugurazione del monumento ai caduti.Bosisio è stato sindaco dal 1995 al 1999.
Sulla destra della cartolina, in primo piano il monumento ai caduti


Su questo monumento, di cui oggi vogliamo ricordare i 75 anni trascorsi dall'anno della posa, ci sono i nomi dei 33 soldati di Verderio Superiore morti durante la Grande Guerra del '15 - '18 e dei 19 morti della seconda guerra mondiale.
Il ricordo di tante giovani vite spezzate dall'evento insensato e tragico della guerra, i sentimenti di trepidazione e attesa, la situazione di miseria e sofferenza della popolazione di Verderio durante i lunghi anni della terribile grande guerra del '15 - '18, insieme al tripudio per la vittoria e alla solennità della cerimonia di inaugurazione di questo monumento, qualche anno dopo la guerra, a ricordo dei caduti per la patria: tutte queste cose possiamo cercare di ricostruire e rivivere dentro di noi ascoltando le parole scritte da un testimone privilegiato di quegli eventi.
Ringrazio il Parroco Don Giuseppe
(1) , che gentilmente mi ha concesso di consultare la CRONACA relativa a quegli anni stesa da don Luigi Galbiati, allora e fino al 1923 parroco di Verderio Superiore. Da quella CRONACA abbiamo attinto alcuni brani che ci sono sembrati particolarmente significativi.

Maggio 1915 "In questi giorni vi ha gran pericolo che la nostra Italia sia strascinata nella guerra europea, peperò sono richiamati ancora soldati di varie classi, e tanti già ammogliati e con figli. Quanta desolazione nelle famiglie! I poveri giovani, prima di partire, si accostano ai SS. Sacramenti, e fecero visita al Parroco, raccomandandosi alle sue e alle preghiere di tutti, onde essere preservati da tutti i pericoli, e ritornare alle proprie case sani e salvi." (p. 68)

Giugno 1915 "La guerra continua accanita nel Friuli e nel Trentino contro l'Austria, che al confine si è fortificata con reticolati di fero e muraglie di cemento armato. I giovani combattenti scrivono ai parenti e al Parroco gli stenti della guerra e le difficoltà di avanzare" (p. 71)

Gennaio 1918 "E la guerra continua accanita, tanto più che nell'ottobre scorso i tedeschi vennero giù da Caporetto e invasero parte della regione veneta, con tanta infamia e nostra confusione, e furono fermati al fiume Piave e al Monte Grappa, perdendo tutto il Carso e lungo il fiume Isonzo, quanto si è guadagnato con gloria e sacrificio in due anni e mezzo di combattimento." (p. 139)


Ottobre 1918 "Da qualche tempo in tutta Italia serpeggia l'influenza spagnola, che miete vittime in grande copia, e in questo mese si è assai accentuata. Basti dire che qui il giorno 7 ci furono5 morti, e vi erano pochi preti al funerale perché in tutti i paesi erano impegnati pei malati o morti." (p. 160)


Novembre 1918 "In questi giorni tanti si accostarono alla Santa Messa per i poveri morti.
Il giorno di S. Carlo si cantò Messa e alla sera si impartì la benedizione colla reliquia del Santo. Verso le ore 19 la casa del Parroco fu invasa di soldati e di popolo giulivo, perché al comando militare (...) era pervenuto un telegramma che l'Austria - Ungheria, stremata di forze e oppressa dalla fame, chiedeva alle nostre potenze alleate l'armistizio e la pace.
Sia lodato Iddio per tanta grazia, e il Santo di questo giorno per la sua intercessione, che finalmente è cessata per l'Italia tanta carneficina, e i soldati nostri verranno in famiglia gloriosi.
Tutti volevano le chiavi del campanile per dare segno colle campane di allegrezza. Non avendole il parroco, andarono in cerca del sagrestano, e suonarono a festa per ore ed ore, e volevano così per tutta la notte; ma dal Comando venne il compito di cessare, era abbastanza tanto segno di gioia.
Se il tripudio era nel cuore dei più, una grande mestizia regnava nelle famiglie, che aveva qualche morto sul campo dell'onore, e principalmente le madri degli infelici caduti, che il suono di festa era per loroun triste ricordo, una stilla al cuore.
Cessò il suono delle campane, ma non cessò la contentezza.
Tutta notte fu vera baldoria con canti e suoni." (p. 162)


Dicembre 1918 "I buoni parrocchiani fanno celebrare gli Uffici mattutini per i loro poveri morti, e principalmente pei gloriosi caduti per la salvezza della Patria. " (p. 164

E poco oltre , nella cronaca dello stesso mese il Parroco annotava...

"In questi giorni vi fu una grande malattia delle bestie. Alla famiglia Brivio morirono tre mucche alla Cascina Malpensata; al Besana e Sala della Cascina Isabella una mucca a ciascuna famiglia; al Villa della Casina Prati similmente, ecc. ecc...." (p. 165)

Aprile 1921 "Il giorno 18 venne da Milano il Sindaco Sig. Rino Gnecchi colla Commissione per stabilire col Parroco il posto da porre il monumento ai caduti sul sagrato della Chiesa" (p. 229)

Questa è infine la cronaca della inaugurazione del monumento presso il quale ci troviamo...



Settembre 1921 "La terza Domenica, 18, è destinata per la commemorazione dei caduti in guerra del paese 1915 - 18. (...)
Il nostro concittadino, Mons Benvenuto Sala, Canonico di S. Ambrogio di Milano, Grande Cordone Scientifico di Napoli, pontificò solennemente. (...)
Alle 15 in processione con la Confraternita, Luigini, Figlie di Maria e popolo col clero siamo venuti al monumento dei caduti, posto in fondo del sagrato. Là era già preparato il Municipio Comunale, la Commissione, un picchetto di Truppa, 5 militi dell'anno 1900 del paese, le vedove dei caduti schierate in ordine, i Carabinieri di Bernareggio. Appena arrivati il Sig. Sindaco Rino Gnecchi, scoprì il monumento avvolto in bandiere tricolori; e intanto la banda di Colnago suonava la marcia reale. Dopo il Sig. Sindaco disse poche parole di commozione pei caduti, di conforto alle vedove e a tutti i parenti dei poveri morti; poi Mons. Sala diede la benedizione al monumento. Anche la ragazza Cassago Angela di Luigi, declamò belle parole appropriate alla circostanza.
Vi fu una nota stonata. Il Pozzoni Achille, mutilato della gamba destra, nativo di qui ma domiciliato a Milano, disse parole senza ortografia e poco riverenti al Sig. Sindaco.
Invece tenne un poderoso discorso il Rettore, D. Cesare Cazzaniga, che commosse al pianto le povere vedove  dei caduti. E' Stato un bel discorso ma un po' troppo lungo.
Ma anche il Capitano Sig. Lucanese (?) di Napoli disse forbite e forti espressioni pei per la grandezza della patria; e di commiserazione pei parenti, che hanno perduto i loro cari. Poi attaccò sui petti delle vedove le croci di bronzo, commemorative del valore dei poveri morti in guerra. Intanto la banda suonava la marcia funebre. Dopo si finì così ogni funzione al monumento, e la popolazione si sciolse.. La banda suonò in paese e davanti al palazzo dei Sig.i Gnecchi, e si fermò fino alle ore 20 e ritornò a Colnago."

La cronaca della giornata si chiude con una nota di colore, che rende bene l'atmosfera di quel periodo e con un'annotazione finale  su un aspetto della vita di quegli anni, di cui oggi possiamo serenamente sorridere.
"Il paese era molto giocondo, il popolo molto allegro, le osterie rigurgitanti di gente, anche di forestieri, fino ad ora tarda, ma tutto questo senza spiacevoli incidenti.
Solo qualche ragazzaccio di Verderio Inferiore tentava di levare i paloni, che portavano i pennoni e bandiere, furono sorpresi e battuti dai nostri." (pp. 239 - 240)

Che senso ha oggi ricordare queste cose?
Il contesto materiale e l'atmosfera morale e culturale odierna sono molto diversi da quelli di 75 anni fa.
Oggi:
- non gode di buona fama l'idea di Patria e di nazione;
- è in discussione l'identità e l'unità dell'Italia;
- l'esercito, le forze armate sono in crisi di identità e in fase di trasformazione organizzativa.
Eppure, in un contesto così diverso, la vista di questo monumento può costituire un richiamo attuale ai valori della pace, della nazione, del sacrificio per il bene comune. Ricordare, davanti a questo monumento, i soldati del nostro paese morti nella prima e seconda guerra mondiale, significa riconfermare il rifiuto della guerra, "inutile strage" e strumento non idoneo per la risoluzione di conflitti interni e internazionali; significa rinsaldare i vincoli di solidarietà con le vittime dei conflitti che ancora insanguinano il pianeta.
Vorremmo concludere questo discorso con un augurio che può suonare retorico o polemico, ma che a noi sembra strettamente legato all'occasione di questa cerimonia ed è per noi l'espressione di un valore positivo che va riconfermato con tranquilla convinzione:

VIVA la Patria
VIVA la Repubblica Italiana

NOTA
(1) Don Giuseppe Brivio, paroco di Verderio Superiore dal 1985 al 1999




Elenco dei caduti tratto dal libro VERDERIO, autori vari, 1985

UN'IPOTESI SULL'ORIGINE DEL COGNOME "GNECCHI", Arch. Francesco Gnecchi Ruscone

Dopo l'ultimo aggiornamento del blog, con l'articolo di Beniamino Colnaghi sull'origine di alcuni cognomi, ho ricevuto dall'Architetto Francesco Gnecchi Ruscone una lettera con "una teoria" sull'origine del cognome Gnecchi. Con il suo consenso, per il quale lo ringrazio, la pubblico con due cartoline della prima Villa posseduta dalla famiglia Gnecchi a Verderio, quella che ebbero in eredità da Giacomo Ruscone, che l'aveva acquistata dalla famiglia Arrigoni.


Caro Bartesaghi, grazie per l'interessantissimo aggiornamento del blog di Verderio. Posso aggiungere una teoria sull'origine del nostro cognome. Potrebbe essere una versione in italiano di "knecht", antico termine germanico per indicare un soldato, più noto nella versione rinascimentale di "landsknecht" o "lanzichenecco" ma presente anche in inglese come "knight" per indicare un soldato a cavallo o cavaliere. A supporto di questa teoria l'esistenza della versioni "Gnetti" e "Gnech" e la diffusione del nome nelle valli che portano ai passi alpini verso paesi di lingua tedesca. Questo ci porta a scegliere tra l'ipotesi di discendere da un soldataccio che, fatta la sua stagione di stupri e rapine nel Bel Paese, ha deciso che si sta meglio da questa parte delle Alpi o un antenato malmostoso come l'epiteto "gnech" indica nei nostri dialetti.
Forse è meglio lasciar perdere. Per quanto riguarda il "Ruscone" è chiaro il collegamento con la famiglia dei Rusca, spesso detti anche Rusconi, Signori di Como, Lugano e Bellinzona nel Medio Evo. Non conosco un collegamento genealogico diretto tra il Giacomo Ruscone, che ci ha portati a Verderio, e quelli ma bisogna tener conto che spesso anche i dipendenti in vario modo di una grande famiglia ne prendevano il cognome anche senza avere rapporti di sangue.
Cordialmente,   Francesco Gnecchi





RICORDI DI UNA SERA DI MEZZA ESTATE di Gabriella Sala






E' un bellissimo tramonto di mezza estate. Dalla terrazza di casa mia si gode una bella vista dei tetti di Verderio  e del cortile in cui abito. Chiedo alla mia nipotina se vuole imparare il gioco delle noci, un vecchio gioco che facevo da bambina quando i giocattoli erano un lusso e noi bambini ci divertivamo con poco: i noccioli delle pesche, i tappi di metallo delle bottiglie, piccoli bastoni appuntiti per giocare alla lippa; giochi antichi di cui si è persa la memoria.
Sto spiegando queste cose alla piccola Alessia, quando mi chiede di raccontarle di quali cose, che oggi  appartengono alla quotidianità , io ho sofferto la mancanza.
La prima cosa di cui ritengo di non poter fare a meno e che invece non avevo è il bagno.
"Ma come nonna, non avevi il bagno! E come facevi?"
"E' proprio così, nelle nostre case di cortile il bagno non c'era. C'era invece , in cortile, il... cesso."
Oggi questo termine è usato per indicare qualcosa di brutto, ma in realtà il cesso non era brutto, era orribile.
Si trattava di una piccola costruzione di mattoni di meno di un metro quadro con un buco sul pavimento affiancato da due mattoni che servivano da appoggio per i piedi. Niente sciacquone, niente carta igienica, niente deodorante. Una finestrella in alto per non morire asfisiati e una porta  di legno piena di fessure con un chiavistello arrugginito completavano il "locale".

D'estate e d'inverno, quando ci scappava dovevamo uscire per andare al cesso. Soprattutto quando pioveva o nevicava dovevamo vestirci di tutto punto per uscire e se la pioggia era torrenziale arrivavamo a destinazione completamente bagnati e dovevamo fare il "bisognino" con sciarpa e cappotto perché non c'era l'appendiabiti dietro la porta. Ed eravamo fortunati se chi ci aveva preceduto aveva centrato il buco altrimenti dovevamo rientrare e prendere un secchio d'acqua per ripulire il malfatto.
La cosa che mi stupisce è che, anche d'inverno, io me ne andavo tranquillamente al "cesso" ,prima di andare a letto, con la pila e un giornale che mi sarebbe servito da carta igienica e prima di usarlo me lo leggevo tutto!  Oggi mi sembra inconcepibile anche perché sono molto sensibile agli odori e, credetemi, li dentro c'era un puzzo insopportabile. Che dire poi quando noi donne avevamo il mestruo e dovevamo portarci oltre al giornale anche i pannolini di cotone che andavano fissati alle mutande con delle spille da balia. Dovevamo fare delle vere e proprie acrobazie perché non c'erano piani d'appoggio.
E quando qualcuno ci vomitava? Succedeva spesso perché in cortile c'era, e c'è ancora, un bar dove gli uomini spesso si ubriacavano e poi andavano a liberarsi al " cesso", prima di tornare a casa.
Se ci penso mi viene il voltastomaco. Ma forse eravamo abituati a questi "odori", visto che in cortile c'era anche una stalla con delle mucche e un letamaio a cielo aperto proprio fuori dalla porta di casa, che serviva anche da pattumiera per le famiglie del cortile.
"Ma nonna dove facevi la doccia ?"
"Niente doccia cara"  Si faceva il bagno in cucina, che era l'unico ambiente riscaldato, in una tinozza dopo aver fatto scaldare l'acqua sulla stufa visto che dal rubinetto scendeva solo acqua gelida. E li nella stessa acqua si lavava tutta la famiglia, prima i bambini e poi i grandi.
Alessia è incredula, non le pare possibile che la sua nonna, che non è poi tanto vecchia, abbia vissuto veramente queste cose. Eppure nel giro di quarant'anni (il bagno in casa l'ho avuto  nel 1969, quando avevo 14 anni) le cose sono cambiate così tanto che quasi ora ci sembra incredibile.
Il "cesso" è rimasto poi inutilizzato per molto tempo. Qualche anno fa è stato demolito, forse per cancellarne anche la memoria.

Gabriella Sala




Disegno di Sara Bartesaghi



venerdì 5 novembre 2010

AL MERCATINO DI NATALE




Il 21 novembre prossimo la via che unisce Verderio Inferiore a Verderio Superiore sarà teatro dell'annuale Mercatino di Natale.



Questo blog sarà presente insieme ad altri "originari" di Verderio: 
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