sabato 26 settembre 2009

"I FIGLI" di Kahil Gibran


E UNA DONNA CHE REGGEVA UN BAMBINO AL SENO DOMANDO': PARLACI DEI FIGLI.

ED EGLI DISSE:
I VOSTRI FIGLI NON SONO I VOSTRI FIGLI.
SONO I FIGLI E LE FIGLIE DELLA FAME CHE IN SE STESSA HA LA VITA.
ESSI NON VENGONO DA VOI, MA ATTRAVERSO DI VOI.
E NON VI APPARTENGONO BENCHE' VIVIATE INSIEME.


POTETE AMARLI, MA NON COSTRINGERLI AI VOSTRI PENSIERI.
POI CHE ESSI HANNO I LORO PENSIERI
POTETE CUSTODIRE I LORO CORPI, MA NON LE ANIME LORO,
POI CHE ABITANO CASE FUTURE, CHE NEPPURE IN SOGNO POTRETE VISITARE
CERCHERETE D'IMITARLI, MA NON POTRETE FARLI SIMILI A VOI,
POI CHE LA VITA PROCEDE E NON SI ATTARDA SU IERI.
VOI SIETE GLI ARCHI DA CUI I FIGLI, LE VOSTRE FRECCE VIVE, SONO SCOCCATI LONTANO.
L'ARCIERE VEDE IL BERSAGLIO SUL SENTIERO INFINITO, E CON LA FORZA VI TENDE, AFFINCHE' LE SUE FRECCE VADANO RAPIDE E LONTANE.
IN GIOIA SIATE TESI NELLE MANI DELL'ARCIERE
POI CHE , COME AMA IL VOLO DELLA FRECCIA, COSI' L'IMMOBILITA' DELL'ARCO.

Da IL PROFETA di Kahil Gibran, ed Guanda, trad. Giampiero Bona


Dedicata a Giovanna, Maria, Sara, Anna e a me stesso. Marco

22 settembre 2009

Maria è ripartita oggi per Wayapacha in Bolivia. Tornerà fra un paio d'anni.

Qualche notizia su lei e Wayapacha cliccando sull'etichetta "personaggi"

IL PREMIO INTERNAZIONALE "ILLICA" A DUE ESPONENTI DELL'ASSOCIAZIONE MUSICALE VITTORIO GNECCHI RUSCONE


NIKOS VELISSIOTIS (a sinistra) E MARCO IANNELLI


Nell'edizione di quest'anno del premio intitolato a Luigi Illica sono stati premiati, fra gli altri:

- il musicologo e compositore Marco Iannelli, direttore d'orchestra e direttore artistico della Associazione Musicale Vittorio Gnecchi Ruscone, autore del libro "Caso Cassandra - Vittorio Gnecchi, una storia del Novecento": " con il suo libro "Il Caso Cassandra" ha gettato nuova luce sulla vicenda dell'opera di Gnecchi e Illica, trasformando la musicologia in strumento attivo per il recupero di partiture altrimenti perdute"

- Nikos Velissiotis, direttore artistico dell'Associazione : "per il suo straordinario operato culturale nel realizzare la prima edizione concertistica e discografica di "Cassandra"






A Luigi Illica, ogni due anni, è intitolato un premio internazionale promosso dalla pro- loco di Castell'Arquato.

Luigi Illica (Castell'Arquato, 9 maggio 1857 - Colombarone, frazione di Castell'Arquato, 16 dicembre 1919) fu giornalista e commediografo. Dopo il 1892 si dedicò soprattutto alla stesura di libretti d'opera: lavorò per diversi musicisti, fra cui Giacomo Puccini, per il quale scrisse i testi per La Bohème, Tosca e Madama Butterfly.
Illica scrisse anche il testo per l'opera di Vittorio Gnecchi Ruscone "Cassandra", che il 5 dicembre 1905 Toscanini diresse nella sua prima rappresentazione al Teatro Comunale di Bologna.










venerdì 25 settembre 2009

PLATANI IN UNGHERIA E CROAZIA di Giorgio Buizza


Visto l´interesse per i platani vi presento alcune foto che hanno platani per protagonisti.



Foto 1



Foto 2



Foto 3


Le foto1, 2 e 3 sono scattate in Ungheria, nella pianura meridionale, a Mezöhegyes, una località nota per la presenza di uno storico allevamento di cavalli.
Nella corte centrale, vicino alle scuderie c´è un gruppo di platani, probabilmente coetanei. Ho ripreso il più fotogenico del gruppo. Il ramo più basso, ad andamento quasi orizzontale, è lungo circa 18 metri. Approssimativamente con un solo albero si copre una superficie di circa 1000 mq.

Attenzione quindi a piantare un platano dentro un piccolo giardino. Potrebbe avere problema di spazio dopo pochi anni!





Foto 4



Foto 5




Foto 6


Le foto 4, 5 e 6 sono scattate in Croazia, a pochi km dal confine con l´Ungheria, a Nedelisce, a poca distanza da Cakovec.
Ho trovato questo albero grazie ad un segnale turistico, visibile dalla strada statale, che indicava la presenza del platano.
L´ho trovato a circa 100 m dalla strada.
La circonferenza del tronco, nel punto in cui la sezione è più stretta, anche se presenta un po´ di costole sporgenti, è di 595 cm.
Un bel fusto!


Giorgio Buizza





IL POLITTICO CON MADONNA E SANTI DI GIOVANNI CANAVESIO NELLA CHIESA DI VERDERIO SUPERIORE di Elisabetta Parente - SECONDA PARTE




La prima parte di questo articolo è stata pubblicata nel blog il 20 settembre 2009. La trovi cliccando sulle etichette Giovanni Canavesio o Elisabetta Parente


Da un'analisi attenta di questa pala è possibile rilevare, oltre alle scelte legate al genere, i motivi stilistici ed iconografici propri della pittura del Canavesio.
I personaggi che la popolano si stagliano su un fondo di oro zecchino che, se tende a ridurre ogni effetto volumetrico, permette ai colori di risaltare nella loro pienezza.
I quattro santi a figura intera poggiano su un piano leggermente inclinato che fa pensare ad una sorta di palcoscenico costruito.
In altre opere del Canavesio, quali per esempio il polittico della Galleria Sabauda di Torino o quello di Pigna dedicato a San Michele Arcangelo, questo piano d'appoggio è costituito invece da terreno, cioè da un piano naturale, tanto da lasciare intravvedere alle spalle di alcuni santi un masso o uno spuntone di roccia.
I visi sia femminili che maschili, per quanto poco espressivi e tratteggiati senza particolare maestria, mostrano chiaramente la ricerca da parte del pittore di movenze nobili ed eleganti: volti ovali, allungati e dal mento appuntito, dagli incarnati pallidi, un po' esangui, caratterizzati da sopracciglia ben marcate ed occhi a mezzaluna, nasi dritti, labbra piccole e serrate.
I capelli e le barbe sono rese attraverso marcate pennellate parallele ed ondulate, ma è soprattutto nel modo di trattare le mani che è possibile riconoscere i modi del Canavesio: mani sottili ed affusolate, dalle dita molto lunghe e piuttosto unite, che si stringono però saldamente intorno agli oggetti.
Un'attenzione particolare deve essere rivolta anche ai panneggi e alle vesti dei personaggi.
I mantelli e le tuniche cadono ampi dalle spalle dei santi, quasi a circondare e racchiuderne la figura, ma le pieghe che descrivono nel cadere sono secche, dure, bloccate in un disegno geometrico, che fa pensare più che alla morbidezza del panno alla rigidità di una materia che una volta modellata non perde più la forma assunta.
Si guardino la scura veste di San Gregorio, i manti del Battista, di San Pietro e dello stesso Arcangelo Michele, che avvolto nel rosso manto dalle pieghe parallele, blocca con un piede e trafigge con la lancia una di quelle creature demoniache prodotte dalla fantasia medioevale, delle quali il Canavesio ci dà un saggio nel Giudizio Universale affrescato a Briga.
Se l'uso dell'oro sullo sfondo può riferirsi alla persistente e mai interrotta tradizione gotica, il gusto per la ricchezza dei tessuti, che pur nasce dalla stessa tradizione, è da considerarsi quanto mai congeniale al Canavesio e connaturato alla sua opera.
La ricercata stoffa della corta veste di San Dalmazio o dei mantelli riccamente lavorati dei Dottori della Chiesa, la sontuosa tunica della Madonna, resa ancora più preziosa dall'impiego dell'oro, sono un chiaro esempio di tale gusto che il pittore pinerolese espresse sia nelle opere ad affresco che nei polittici.
L'uso dei damaschi e tessuti ricamati per le vesti di Maria o dei santi o per i potenti che dirigono una situazione è da ascriversi alla volontà di sottolineare un certo tipo di maestà o regalità, aggiungendo inoltre un tocco di maggiore eleganza e ricercatezza ad ogni scena.
Sebbene molti critici abbiano sottolineato la maggior bravura di questo artista nella resa degli affreschi a discapito della pittura su tavola, rilevando inoltre una perdita di freschezza ed una certa routine nella sua produzione finale (10), è necessario constatare che è proprio nelle opere finali, e precisamente in questa pala e nel polittico di Pigna del 1500, che Canavesio sperimenta una nuova concezione dei volumi e dello spazio.
Si confronti il polittico di Verderio con quello della Galleria Sabauda di Torino, realizzato dal Canavesio nel 1491 (fig. 3).


Figura 3. TORINO
GALLERIA SABAUDA: POLITTICO CON MADONNA E SANTI (1491)

Anche nell'opera torinese, di dimensioni ridotte rispetto a quella di Verderio e composta da soli sedici scomparti, sono rappresentati la Madonna con Bambino, i Santi e i Dottori della Chiesa.
La Madonna siede eretta e un po' rigida su di un semplice trono ligneo di piccole dimensioni, che pur mostrandosi concavo nella parte superiore dello schienale, non riesce a suggerire il senso dello spazio né ad accogliere la figura della Vergine.
La Madonna ed il Bambino benedicente, entrambi con lo sguardo rivolto verso i fedeli e l'espressione lievemente sorridente, appaiono come due figure sovrapposte alla struttura del trono.
La Vergine della pala di Verderio, dal busto lungo e sottile, volge il capo, elegantemente inclinato, verso il Cristo che, con il movimento delle gambe, sembra voler scendere dal grembo materno.
La posa di entrambi è meno statuaria e, pur rispettando i canoni della formale eleganza, tende a suggerire una sottile tendenza dinamica (interessante l'incontro dei due sguardi), ma è soprattutto il trono a differenziare questa rappresentazione da quella di Torino.
Il trono, di chiara ispirazione rinascimentale, con cornici aggettanti ornate d'ovuli e dentelli, fregiato di cornucopie, con angeli musicanti e frontone, è impostato prospetticamente: il pittore ne spinge la struttura in profondità, cercando in questo modo di imprimervi la percezione del rilievo, ma non riuscendo a vincere la spinta dell'oro di fondo che riporta tutto in primo piano.
E' in altri scomparti comunque che si rivela appieno la nuova sensibilità spaziale ed atmosferica del Canavesio e precisamente nella Deposizione di Cristo dalla Croce e nelle scene della Vita di Maria che compongono la predella.
Continuando nella lettura a raffronto dei due polittici, quello del 1491 vede raffigurato, nel riquadro cuspidato con fregio a traforo, posto centralmente nella fascia superiore, l'episodio della Crocifissione.
Il crocefisso con il corpo nudo del Cristo occupa, com'è d'obbligo, il centro della scena; ai due lati, simmetricamente disposte, le figure dolenti della Madonna e di San Giovanni che, rivolte verso lo spettatore , vogliono suggerire la riflessione sul fondamentale atto che, svoltosi nel passato, viene ora rappresentato; alle loro spalle le mura merlate della città di Gerusalemme, i cui due rossi torrioni laterali inquadrano e racchiudono la scena; ad incombere su tutto il cielo realizzato in oro.
Le figure umane sono sproporzionatamente grandi rispetto al fondale architettonico e tutta la scena appare chiusa e compressa all'interno del limitato riquadro.
Ben diversa è la scena che vediamo rappresentata nella tavola centrale del registro superiore del polittico di Verderio, una scena più affollata e colta nel suo svolgersi (fig. 4).


Figura 4. VERDERIO SUPERIORE
LA DEPOSIZIONE (particolare)

Il Cristo sta per essere deposto dalla croce ed il suo corpo pende verso la Madonna, che tende le braccia al figlio ed è sorretta alla vita da Maria di Cleofe; La Maddalena , i cui lunghi capelli biondi spiccano sciolti sul rosso mantello, mentre con l'altra indica il Cristo.
Tutte le figure definite nei singoli ruoli, sono intimamente raccolte in circolo intorno alla croce ed alle loro spalle si apre un ampio e stupendo paesaggio naturale in cui si distinguono una città fortificata, turrita e dalle mura bianche, e più in lontananza, sulla cresta di uno sperone di roccia, un castello.
Il cielo sopra i personaggi ha ancora i toni scuri della notte, ma all'orizzonte si intravede la pallida luce del giorno che sta sopraggiungendo a rischiare il paesaggio un po' sfuocato ed ancora avvolto nella bruma.
Mai prima d'ora, in nessuno dei suoi polittici il Canavesio aveva sfondato una scena spingendosi al di là del primo piano: l'interesse si era sempre concentrato sui personaggi, rigorosamente posti in tale piano e tutto ciò che stava alle loro spalle di naturale, come i rozzi spuntoni di roccia, o di costruito, come i profili di città o le cinte murarie merlate e turrite, fungeva da piatto fondale, da limite invalicabile entro il quale doveva svolgersi l'episodio rappresentato.
Nella Deposizione di Verderio le figure hanno acquistato una salda dimensione corporea perché la spessa linea che prima contornava le figure canavesiane, una sorta di orlatura che isolando i corpi li privava di ogni senso plastico, facendoli apparire come immagini ritagliate sullo sfondo, viene qui riassorbita nel disegno, un disegno più articolato che permette di intuire, al di sotto delle masse colorate delle vesti, le forme ed i volumi dei corpi.
Inoltre tra le figure ed il paesaggio si è venuto a stabilire un rapporto dinamico, fatto di compenetrazione e di sottili corrispondenze: la scena è narrata nel suo svolgersi in un ambiente reale, i cui contorni sfumati e le raccolte zone d'ombra alternate a zone fiocamente illuminate sembrano accogliere ed amplificare la drammaticità dell'atto che si sta compiendo e la tensione dei personaggi che vi prendono parte.
Il nuovo interesse che Giovanni Canavesio dimostra nei confronti del paesaggio ci conduce nell'ambito dei rapporti fra la pittura ligure e la corrente pittorica lombarda, che nel corso del Quattrocento vide attivi molti dei suoi esponenti nei principali centri della Liguria.
Nella produzione finale del Canavesio il gusto per lo spazio ampio che si stende fino all'orizzonte, la ricercata densità atmosferica, la fisionomia del paesaggio, roccioso ma ricco di acque ed orlato da montagne un po' corrose, i cui contorni si perdono in lontananza tra i avpori misti di terra ed aria sono vedute che ci richiamano alla mente le grandi interpretazioni naturalistiche del grande maestro lombardo Vincenzo Foppa.
Il Foppa lavora molto in Liguria, soggiornandovi per due lunghi periodi ed eseguendo importanti lavori, quali gli affreschi per la Cappella di San Giovanni nel Duomo di Genova, commissionatigli dalla Confraternita di San Giovanni nel 1461 e portati a termine dieci anni dopo, diverse ancone su commissione di importanti famiglie come gli Spinola o i Doria, il monumentale polittico del 1490, realizzato con la collaborazione di Ludovico Brea, per il vescovo di Savona, Giuliano Della Rovere, il futuro papa Giulio II, tutte opere di grande valore e fama che esercitarono una forte influenza sui pittori locali.


Figura 5.
VISITA AD ELISABETTA
(particolare della predella)


La pittura lombarda si imponeva all'attenzione dei pittori liguri non solo per lo studiato realismo dei paesaggi naturali e per la rigorosa impostazione spaziale degli ambienti costruiti, ma anche per lo spiccato senso della narratività che si sprigionava dalle storie rappresentate, tutte componenti che in qualche misura possiamo trovare nella predella del polittico di Verderio.
Il Canavesio vi raffigurava alcuni momenti della vita della madonna: l'incontro con Elisabetta (fig. 5), il presepio, l'adorazione dei Magi che, più grande degli altri riquadri, occupa la posizione centrale (fig.6), la presentazione al tempio (fig.7) ed infine la fuga in Egitto.


Figura 6.
L'ADORAZIONE DEI RE MAGI
(particolare della predella)



Figura 7.
LA PRESENTAZIONE AL TEMPIO
(particolare della predella)

In ogni singolo episodio il pittore, incurante delle limitate dimensioni dei riquadri, si impegna al massimo nell'approfondimento degli sapzi: i piani si moltiplicano ed i paesaggi, con rocce, sentieri e painte, lasciando intravedere monti e paesi lontani, si spingono fino allo sfondo del cielo; le architetture si fanno più articolate e complesse e gli ambienti interni sono costruiti secondo una prospettiva più rigida e profonda rispetto a quanto si poteva vedere nelle sue precedenti opere.
Il senso dello spazio è ricercato non solo attraverso un uso più attento della luce e dei colori, dove effetti di luce e di ombra si alternano così come i colori chiari e brillanti a quelli scuri e profondi, ma anche attraverso la disposizione delle figure che compongono le scene.
Tutte le figure, pur presentandosi un po' tozze ed appesantite, sono saldamente inserite negli ambienti e ne descrivono lo "sviluppo" in più direzioni: Elisabetta è raffigurata più in alto ristetto a Maria, suggerendo così il dislivello del sentiero sul quale si sono incontrate, un sentiero in salita che anticipa in primo piano l'ineroicante paesaggio dipinto sullo sfondo; all'interno del tempio, rappresentato da una fuga di arcate che vanno a collegarsi all'abside posto alle spalle del saggio, il volume dell'altare su cui è raffigurato Gesù è reso esplicito dalla posizione di Maria e del saggio e da quella di Giuseppe che, girando le spalle allo spettatore, sempba giungere in quel mentre.
Più affollato il riquadro centrale con l'adorazione dei Magi, dove un'architettura un po' ingenua, realizzata in mattoni, accoglie ed isola la Sacra Famiglia: i Magi sono giunti ed uno di essi è inginocchiato davanti a Gesù, mentre un corteo di uomini ed animali ancora in cammino si snoda attraverso lo stretto sentiero racchiuso tra il dosso della montagna ed una parete rocciosa ingentilita da qualche macchia d'erba.
Come nella fuga in Egitto, la scena principale si svolge in primo piano, in un ambiente visto da vicino, ma l'attenzione dello spettatore è egualmente catturata dai personaggi e dagli oggetti che trovano posto sullo sfondo, in una successione articolata di piani dove architetture e paesaggi non hanno più la sola funzione di cornice.
Alla luce irreale e preziosa delle aureole d'oro applicato fa da contrappunto il colore un po' cupo ma ricercatamente naturale del cielo che, percorso dalle nubi, rischiara di tenue luce ogni singola scena.
Sia nella Crocefissione che nella predella Canavesio ha voluto narrare i singoli episodi nell'atto del loro compiersi, contestualizzandoli in un ambiente e sviluppando una relazione fra le figure, non più mute immagini poste le une accanto alle altre, pur continuando amantenere desto quel gusto per i particolari, quello spirito analitico che gli permette di soffermarsi a descrivere la ricchezza di tessuti delle vesti dei Re Magi o dei finimenti delle loro cavalcature.


Figura 8. PIGNA (Imperia)
POLITTICO DI SAN MICHELE ARCANGELO (1500)

Questa nuova concezione dello spazio e della narrazione della scena è una conquista che Giovanni Canavesio rende esplicita nelle sue ultime realizzazioni, come è possibile rilevare anche nel polittico di Pigna dedicato a San Michele Arcangelo del 1500, quasi certamente la sua ultima opera (fig.8).
Nella predella di questo polittico, composta anch'essa da cinque riquadri, ritroviamo ambienti ed aperture spaziali analoghi a quanto abbiamo visto nel polittico di Verderio.
Si vedano il riquadro centrale, raffigurante il Cristo risorto dal Sepolcro, dove il pittore limita l'uso dell'oro alla sola tenda, raffinatamente disegnata ad arabeschi, posta dietro la figura di Gesù, mentre alle spalle della Vergine e del Battista si aprono due profondi paesaggi (fig.9), oppure il riquadro che chiude la predella a destra, in cui il Canavesio si impegna nell'ancor più complessa scena della Strage degli Innocenti, riproducendo con grande senso drammatico la folla concitata.


Figura 9. PIGNA (Imperia)
CRISTO RISORTO DAL SEPOLCRO
(particolare della predella)


Rimane comunque importante sottolineare che l'ansia di costruire lo spazio secondo le ormai diffuse ed imperanti regole della prospettiva avvinse Giovanni Canavesio che sperimentò nuovi ambienti e più complesse disposizioni di immagini, arrivando a realizzare brani come la Deposizione della pala di Verderio, ma quest'ansia non lo proiettò mai al di fuori della tradizione gotica trecentesca nella quale si era formato e a cui restò sempre profondamente legato.
Questo limite rappresenta la peculiarità e la forza dell'operato di Giovanni Canavesio che alle soglie del Cinquecento, pur mantenendo l'anima del pittore cortese trecentesco, studia e raggiunge, anche se talvolta un po'ingenuamente, l'unità della composizione.
L'interesse per il grande polittico esposto nella chiesa di Verderio Superiore consiste proprio nella stimolante convivenza di due mondi artistici, quello gotico sontuosamente lineare e quello rinascimentale prospettico, nel tentativo dell'artista di accostarli ma soprattutto mantenerli vivi nella stessa opera, offrendo così allo spettatore la luminescenza degli sfondi d'oro, l'elegante movenza delle figure, la raffinata ricchezza dei tessuti e vesti, contemporaneamente alla ricerca di spazi prospettivamente costruiti, di paesaggi ampi ed aperti, dell'atmosferica veridicità dei cieli blu.

ELISABETTA PARENTE

NOTE

(10) Si veda oltre ai già citati saggi della Brizio e di Castelnuovi, quello di Giovanni Romano, Giovanni Canavesio, in "Dizionario biografico degli italiani", Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1974, p. 728 - 731.


domenica 20 settembre 2009

In Archivi di Lecco e della Provincia: L'INTRICATA VICENDA DEL POLITTICO DI VERDERIO SUPERIORE di Marco Bartesaghi


Nell'ultimo numero di Archivi di Lecco e della Provincia (n.2, anno XXXII, aprile/giugno 2009)
è pubblicato un articolo sulla vicenda del trasferimento della pala di Canavesio da Pornassio a Verderio Superiore.
La rivista è in vendita, a Verderio, presso la Biblioteca Intercomunale e l'officina Auto Oggi, in via Sernovella.


"...la vicenda è abbastanza travagliata, si svolge in un arco di tempo di cinque-sei anni, coinvolge diverse istituzioni e alcuni personaggi noti a quel tempo. Inoltre presenta aspetti ancor oggi molto poco chiari: è difficile infatti stabilire, a più di cento anni di distanza dai fatti, a chi appartenga realmente il polittico, se alla parrocchia di Verderio Superiore, come generalmente si pensa, o alla Pinacoteca di Brera, come la ricerca documentale sembrerebbe indicare."

IL POLITTICO CON MADONNA E SANTI DI GIOVANNI CANAVESIO NELLA CHIESA DI VERDERIO SUPERIORE di Elisabetta Parente - PRIMA PARTE



Questa è la prima parte di un articolo scritto da Elisabetta Parente e pubblicato nella rivista
Archivi di Lecco, Anno XV, N.2, APRILE - GIUGNO 1992. In seguito l'articolo è stato pubblicato in un volumetto a cura della Biblioteca Intercomunale di Verderio.


La pala che orna l'altar maggiore della chiesa parrocchiale dei Santi Giuseppe e Floriano di Verderio Superiore è opera di Giovanni Canavesio.
Sulla vita di questo pittore si hanno pochi dati certi: non se ne conosce con certezza neppure la data di nascita che viene approssimativamente fatta risalire intorno agli anni Trenta del 1400, deducendola dai pochi documenti che si hanno su di lui.
Esiste nell'Archivio Comunale di Pinerolo, città di nascita di questo artista, un documento del 1450 in cui si fa riferimento a "Magister Johannes canavexii pinctor", abitante ed attivo in quella città.
Due documenti, scoperti nella sezione notarile dell'Archivio di Stato di Genova ed entrambi datati 28 gennaio 1472, lo vedono operante in Albenga.
Nel primo di questi il Canavesio si impegna ad eseguire in grande polittico dedicato a San Giovanni, commissionatogli da Michele de Mora per la città di Oristano in Sardegna; il secondo il contratto per la fornitura della tavola del suddetto polittico, ad opera del falegname Domenico Gastaldo, documento dal quale si può dedurre che "Giovanni Canavesio non era quindi maestro falegname e intagliatore, come la maggior parte dei pittori liguri di questo secolo" (1).
E' solo dal 1480 in poi che le notizie sul suo conto si infittiscono e grazie alle opere firmate e datate risulta più agevole ricostruire i suoi spostamenti, che interessano soprattutto la Liguria occidentale e l'entroterra nizzardo.
Nel 1482 Giovanni Canavesio esegue gli affreschi della cappella di San Bernardo a Pigna, in cima alla valle del Nervia, affreschi nei quali sono rappresentati i Dottori della Chiesa, gli Evangelisti, le Storie della Passione ed il Giudizio Finale; nella sala capitolare del Convento dei Domenicani a Taggia affrescata una Crocefissione datata quello stesso anno, opera non firmata ma senza alcun dubbio sua.
Sarebbe stato firmato e datato 1487 l'affresco, purtroppo oggi perduto, che il pittore eseguì nella chiesa parrocchiale di San Siro a Virle, raffigurante il marchese Brianzo di Romagnano e la moglie Eleonora in preghiera.
Del 1491 è il polittico con la Madonna e i Santi conservato oggi nella Galleria Sabauda di Torino, proveniente probabilmente dalla chiesa di Nostra Signora del Fontano a Briga Marittima, dove il Canavesio affrescò il monumentale ciclo con le Storie della Vita di Gesù ed il Giudizio Finale: la firma e la data, 12 ottobre 1492, sono pervenute a noi tramite un'iscrizione del XVI secolo che ripete quella originale.
Alla fine del secolo si situano le due ultime opere del pittore pinerolese: del 1499 è il grande polittico del quale ci occuperemo diffusamente in questo scritto, mentre datato 1500 il polittico dedicato a San Michele Arcangelo, eseguito per la parrocchiale di Pigna.
Molto numerose sono anche le opere attribuite a questo artista (2), la cui arte sia di frescante che di pittore fu variamente interpretata dalla critica.
Nel corso degli anni infatti gli storici dell'arte hanno valutato la figura e l'attività di Giovanni Canavesio in modo molto diverso, spesso contrastante, dipingendolo ora come un maestro innovatore della tradizione, ora come uno sterile mestierante.
Se il merito di aver citato per primo il nome di Giovanni Canavesio spetta a Federico Alizei, che in un testo del 1875 si occupò, anche se brevemente, delle origini della pittura dell'artista piemontese individuandovi un chiaro influsso germanico (3), è a Siegfried Weber che si deve la prima analisi puntuale dellopera di Canavesio (4).
Lo studioso tedesco, che considerò questo artista come l'iniziatore della scuola pittorica piemontese, si interrogò sul senso del realismo che anima molti personaggi canavesiani ed ebbe modo di rilevare, oltre alle influenze nordico-tedesche, i legami di questo autore con il pittore nizzardo Ludovico Brea.
La migliore conoscenza delle manifestazioni pittoriche della prima metà del Quattrocento e l'attento studio dell'opera di Giovanni Jaquerio, i cui affreschi nella chiesa di S. Antonio di Ranverso vennero scoperti solo nel 1914, mutarono sensibilmente le interpretazioni sulla pittura piemontese.
La critica venne delineando una netta separazione fra le due metà del secolo XV: la prima metà che, in coincidenza con la dominazione di Amedeo VIII, vide il fiorire della civiltà artistica e culturale a cui fece seguito, sul finire del secolo e contemporaneamente alla decadenza del ducato, un periodo di evidente isterilimento e impoverimento della creatività artistica, periodo in cui è da situarsi l'attività del Canavesio.
Augusto Cavallari Murat, sostenendo la tesi di un più alto livello artistico raggiunto dalla pittura goticheggiante piemontese nella prima metà del Quattrocento, arriva a definire la fine del secolo come una "fase di disorientamento" in cui "Giovanni Canavesio ...rappresenta sostanzialmente.. il punto di arrivo e di esaurimento della tradizione neogotica della quale mantiene gli schemi iconografici ma non lo spirito" (5).
Qualche anno più tardi Anna Maria Brizio, capovolgendo completamente il giudizio del Weber, definì il Canavesio un "piccolo maestro" che "volgarizza, da buon mestierante popolare qual era, tutt'un repertorio prediletto di immagineria sacra, stereotipandola" (6).
Negli studi successivi dedicati alla pittura ligure-piemontese è possibile invece rilevare giudizi meno drastici sull'opera di Giovanni Canavesio, la cui attività veniva scandagliata con accuratezza e soprattutto considerata un tassello importante per meglio conoscere e comprendere le vicende pittoriche di una regione storico-geografica che, dall'incontro di componenti culturali di origine molto diversa (toscane, lombarde, provenzali), seppe crearsi un personale linguaggio artistico (7).


Figura 1. VERDERIO SUPERIORE
CHIESA PARROCCHIALE
POLITTICO CON MADONNA E SANTI (1499)

Dopo la necessaria delineazione biografico-critica dell'autore, veniamo all'opera che di lui tratteremo, il polittico custodito oggi nella chiesa di Verderio Superiore (fig. 1).
Questa grande pala d'altare, realizzata a tempera e raffigurante la Vergine in trono, porta due importanti iscrizioni.
Nel cartiglio, situato ai piedi della Madonna e sovrapposto alla base del trono, è chiaramente leggibile la firma del pittore: PRESBIT JOHES CANAVESI PINXIT seguita dal monogramma.
Il fatto che Canavesio fosse "presbiter", cioè sacerdote, era già documentato nel 1472, come è chiaramente specificato nei due atti notarili di Albenga dei quali abbiamo già avuto modo di parlare, ma rispetto ad altre opere eseguite che recano la sua firma qui non è specificata l'indicazione della città natale del pittore.
La seconda iscrizione che si legge nella zona inferiore del polittico, sottostante la predella, è di grande importanza perché vi sono indicate la data e la provenienza dell'opera:
ANNO - DNI - MCCCCLXXXXVIIIJ + DIE + VIGESIMA - MENSIS - MARTII + AD HONOREM -DEI -ET - GLORIOSAE - VIRGINIS - MARIAE - AC - SANCTI - DALMATII + COMUNITAS - PORNAXI - FIERI - FECIT - HOC - OPUS + REGENTE - DNO - PRESB. - LABARO - BONANATO - RECTORE - DICTI - LOCI. (8)
Questo polittico, portato a termine il 20 marzo 1499, fu eseguito quindi per la chiesa di Pornassio, comune nell'alta valle dell'Arroscia, presso Colle di Nava e solo alla fine del secolo XIX, acquisito dalla famiglia Gnecchi Ruscone, venne da questa donato alla parrocchiale di Verderio.
L'opera, articolata in ben trentuno scomparti, raffigura nella parte mediana in posizione d'onore la Vergine con il Figlio assisa in trono, coronata da un'aureola d'oro in cui si possono leggere le prime parole dell'Ave Maria (fig. 2).


Figura 2
MADONNA IN TRONO
(particolare)


Ai suoi lati, coronate da baldacchini in legno dorato, campeggiano le figure intere di quattro santi, San Dalmazio ( la pala è dedicata oltre che alla Vergine, a questo santo, come viene detto nell'iscrizione) e Giovanni Battista a destra, l'Arcangelo Michele e San Pietro a sinistra, come risulta, oltre che dalle caratteristiche delle varie figure, dai nomi scritti nelle rispettive aureole.
Superiormente a questa fascia, nella cimassa, trovano posto le mezze figure dei Dottori della Chiesa: Sant'Ambrogio e Sant'Agostino a sinistra, San Girolamo e San Gregorio a destra.
Nella cuspide, alla sommità dell'opera, sono contenute in dimensione minore le figure, sempre a mezzo busto, di quattro sante: Sant'Agata, Santa Lucia, Santa Marta e Santa Caterina.
Fra le due coppie di sante, superiormente al pannello della Vergine, è posta la seconda composizione principale dell'opera: coronata, come la sottostante, da baldacchino vi è la Deposizione di Cristo dalla Croce, un tema che ricorre con frequenza nelle opere di Canavesio.
Questo insieme di quattordici scomparti è legato al fondo da una predella composta da piccoli quadri rappresentanti le scene della vita della Vergine: la visita ad Elisabetta, il Presepio, l'Adorazione dei Magi, la Presentazione al Tempio, la Fuga in Egitto.
Ai due estremi della predella sono situate le figure dei profeti Isaia e David.
A chiudere lateralmente l'opera sono due fasce verticali contenente le figure intere di diversi santi, cinque per lato.
Questo polittico fu smembrato ed è possibile supporre che, nella ricostruzione, alcuni scomparti delle cornici laterali siano stati spostati, perché qualche figura si presenta alquanto insolitamente voltata di spalle rispetto alla Vergine, cioè al centro della composizione.
L'imponente cornice che inquadra gli scomparti non è integralmente originale e appare in diversi punti rifatta, ma il disegno d'insieme dell'opera, di raffigurazione e intelaiatura lignea, si inserisce perfettamente nella corrente della pittura devozionale ligure del Quattrocento, riproponendone rispettosamente gli articolati schemi costruttivi:
" (...) gli atti notarili relativi all'esecuzione di opere d'arte sacra prescrivono quasi senza eccezioni polittici divisi in più campi e dotati di predella e di cuspidi, l'uso estensivo delle dorature e delle aureole rilevate in pastiglia, il ricorso a materiale di prima scelta e l'impegno da parte del pittore a dare il meglio di se stesso" (9).


(1) Zeno Birolli, Due documenti inediti sull'attività del pittore Giovanni Canavesio, "Arte lombarda", IX, 1, 1964, pp. 163
(2) Per avere un quadro inventariale abbastanza completo delle opere di Giovanni Canavesio si veda il repertorio biografico che accompagna il saggio di Gian Vittorio Castelnuovi, "Il Quattrocento e il primo Cinquecento", in La pittura a Genova e in Liguria, Genova, Sagep Editrice, 1970, vol. I, pag. 152
(3) Federico Alizei, Notizie dei professori del disegno in Liguria dalla fondazione dell'Accademia, Genova, tip. Sambolino, 1864, vol. I, pag. 323
(4) Siegfried Weber, Die Begrunder der Piemonteser Melerschule im XV und zu Beginn des XVI Fahrhunderst, Strasburgo, 1911, . 720.
(5) Augusto Cavallari Murat, Considerazioni sulla pittura piemontese verso la metà del secolo XV, "Bollettino storico- bibliografico subalpino", II n.s., 1-2, gennaio-luglio 1936, pag. 78.
(6) Anna Maria Brizio, La pittura in Piemonte dall'età romanica al Cinquecento, Torino, Paravia, 1942, pag. 40.
(7) Si vedano i seguenti saggi: Elena Brezzi Rossetti, Precisazioni sull'opera di Giovanni Canavesio: revisioni critiche, "Bollettino della società piemontese di archeologia e belle arti", XVIII n.s., 1964, . 35 -36; Zeno Birolli,
(8) "il 20 marzo dell'anno del Signore 1499, la comunità di Pornassio fece realizzare quest'opera ad onore di Dio e della gloriosa Vergine Maria e di San Dalmazio, durante il sacerdozio di Lazzaro Bonanati guida spirituale di questo luogo".
(9) Mauro Natale, "La pittura in Liguria nel Quattrocento, La pittura in Italia. Il Quattrocento, Milano, Electa, 1987, tomo I, pag. 15.

CARTOLINE- 5 -POLITTICO DI GIOVANNI CANAVESIO


Ho trovato due cartoline dedicate al polittico di Canavesio.



La prima, in bianco e nero è ricavata da una fotografia del fotografo Formenti



La seconda, a colori, è stata realizzata dalla tipografia Scotti di Cornate d'Adda.



La parrocchia di Verderio Superiore ha prodotto diverse immagini tratte dal polittico per distribuirle alle famiglie, generalmente in occasione del Natale.


Questo, con il particolare della Adorazione dei Magi, è un pieghevole realizzato da "foto Quadri - Cornate"


Nel 2008 le famiglie della parrocchia hanno ricevuto in omaggio la tavoletta in rilievo qui riprodotta.

Altre immagini ed altri gadget sono stati probabilmente tratti dall'opera di Canavesio. Se siete a conoscenza fatemelo sapere e, se lo potete fare, inviatemi le immagini con la descrizione. Grazie


domenica 6 settembre 2009

IL CAMPO DI CONCENTRAMENTO ITALIANO DELL'ISOLA DI RAB (CROAZIA)


Sono tornato oggi dalle vacanze in Croazia. Durante il viaggio ho trascorso alcuni giorni sull'isola di Rab.

Sull'isola, in località Kampor, tra il 1942 e il 1943 operò un campo di concentramento italiano nel quale furono internate migliaia di persone, uomini, donne, bambini.

Sull'area del campo è sorto un "luogo della memoria" che ricorda le più di 1500 vittime dell'oppressione fascista.

Ho trovato notizie a questo indirizzo:
http://sentieriepensieri.wordpress.com/2008/04/30/il-campo-di-concentramento-di-arbe-rab/

Vi presento qualche immagine che ho ripreso sul posto