sabato 23 maggio 2015

giovedì 21 maggio 2015

LA BATTAGLIA DI VERDERIO DEL 1799 DIPINTA SU UNA PARETE DI VILLA GNECCHI di Marco Bartesaghi








Su una parete dell'appartamento all'ultimo piano di Villa Gnecchi a Verderio, un affresco ricorda la battaglia del 28 aprile 1799, combattuta fra le truppe francesi e quelle austro russe e vinta da queste ultime. In questo episodio storico, la villa, allora dei Conti Confalonieri, ebbe un ruolo centrale, poiché in essa si asserragliarono i francesi per la loro estrema difesa.






La battaglia di Verderio

Il dipinto, del quale non si conosce l'autore,  fu quasi certamente  realizzato quando l'edificio era ancora dei Confalonieri, quindi prima del 1888, data della vendita agli Gnecchi Ruscone. Tale supposizione prende forza dal fatto che, sulla parete di fronte, in un affresco gemello, è rappresentato il castello di Caidate, di cui la nobile famiglia milanese era proprietaria.
 

Si può ulteriormente ipotizzare che l'affresco sia stato dipinto non molti anni dopo lo svolgimento della battaglia, quando il suo ricordo era ancora abbastanza intenso e non era del tutto svanita la forte impressione che aveva suscitato in paese.

Il Castello di Caidate, già della famiglia Confalonieri

Il locale che lo ospita era adibito a teatro di famiglia, con tanto di palcoscenico e, probabilmente, di camerini per gli attori. Questa destinazione fu mantenuta  fino agli anni sessanta del novecento, quando la villa fu suddivisa in appartamenti.


Il teatrino di Villa Gnecchi. Sulla parete di destra si vede una parte del dipinto della Battaglia.

La scena  rappresentata nel dipinto è tratta dall'incisione che l'architetto Carlo Amati realizzò, da un suo “disegno al naturale”, poco dopo la battaglia.

L'incisione di Carlo Amati. Esemplare conservato presso il Gabinetto Disegni del Comune di Milano (Castello Sforzesco). copyright@Comune di Milano – tutti i diritti di legge riservati       




Confrontando i disegni delle due opere saltano subito all'occhi le differenze.
 


Alcune dipendono dal diverso compito assegnato ai due manufatti: didascalico e documentario per la stampa, tant'è che essa è munita di una puntigliosa legenda dei luoghi rappresentati; soprattutto ornamentale per il dipinto. Pertanto, mentre nella stampa lo spazio al di sopra della scena della battaglia è vuoto, nell'affresco compaiono le montagne a nord-est, fra cui una cima innevata, forse il Pizzo Arera, e una  più improbabile collina proprio alle spalle del paese, in corrispondenza di Cornate d'Adda. Il cielo, inoltre, è cosparso di nuvole.


La montagna innevata, che, per la sua posizione, potrebbe rappresentare il Pizzo Arera

Un'altra differenza fra i due disegni è nella distanza fra il primo piano, occupato dalla cappella di San Rocco, e l'edificio della villa. Nella stampa di Amati la lontananza fra i due piani, seppur un po' accentuata, rispecchia abbastanza la realtà. Nel dipinto è decisamente eccessiva.


copyright@Comune di Milano – tutti i diritti di legge riservati







Meno ricca di dettagli -  manca, ad esempio la barriera di rocce in primo piano - l'opera su muro riprende però abbastanza fedelmente i particolari più importanti del disegno di Amati: 

la villa Confalonieri,  



copyright@Comune di Milano – tutti i diritti di legge riservati





La villa Confalonieri (oggi villa Gnecchi)

il cannone francese nei pressi di san Rocco,



copyright@Comune di Milano – tutti i diritti di legge riservati








la casa incendiata a Verderio Inferiore,

copyright@Comune di Milano – tutti i diritti di legge riservati





 il plotone di militari sulla sinistra della scena.

copyright@Comune di Milano – tutti i diritti di legge riservati







L'esemplare della stampa che vi ho presentato, è conservato presso il Gabinetto Disegni del Comune di Milano, che ha sede presso il Castello Sforzesco. Secondo la descrizione che lo accompagna, si tratta di una prova di incisione all'acquaforte con campiture di acquerello. Il foglio su cui è stata impressa, di 471mm x 624mm, è stato riutilizzato dall'Amati, sulla facciata opposta. per un altro disegno.

L'architetto Carlo Amati era stato incaricato dalla Fabbriceria di Paderno d'Adda di progettare il completamento della facciata della chiesa parrocchiale. I disegni relativi a questo lavoro, conservati anch'essi presso il Gabinetto disegni del Castello Sforzesco, risalgono al 1799. La sua presenza sul territorio quando la battaglia si svolse potrebbe averlo spinto a realizzarne il disegno.

Oltre all'episodio della battaglia di Verderio, Amati incise un altro disegno relativo agli avvenimenti bellici di quei giorni. Il Gabinetto Disegni di Milano conserva infatti un 'altra prova di incisione intitolata "Passaggio dell'Adda al porto di Trezzo delle Vittoriose Truppe Austro-Russe".

La prova di incisione, rifilata in basso, rappresentante il passaggi dell'Adda a Trezzo delle truppe Austro-Russe  copyright@Comune di Milano – tutti i diritti di legge riservati


Sul territorio di Verderio, in ricordo della battaglia, oltre all'affresco di villa Gnecchi si trovano due stele, una in Largo della Battaglia 


La stele di Largo della Battaglia

e un'altra alla rotonda del Francolino (1),


La stele al Francolino
 
 
e una lapide all'interno della ex villa Annoni, nell'omonima piazza (2).

 


La lapide nella ex villa Annoni


NOTE
(1) Il testo della lapide al Francolino: 

QUI GIACCIONO LE OSSA
DEL PRODE GIOVANE CAPITANO
SAMUELE SCHEDIUS
NOBILE UNGHERESE DI MODRA
CHE NELLA BATTAGLIA ARDENTE IN VERDERIO
AI 28 DI APRILE DEL 1799
FRA LE ARMATE AUSTRIACHE E FRANCESI
SEGNALO' COL SUO SANGUE
LA PIENA VITTORIA DELLE PRIME.
IL CONTE AMBROGIO ANNONI
FECE INNALZARE
ALLA MEMORIA DEL VALORE DI LUI
E DEI COMMILITONI
QUESTO MONUMENTO

(2) Il testo della lapide nella ex villa Annoni: 

 ERA IL DI' 28 APRILE DEL 1799
QUANDO MILIZIE IMP. AUSTRIACHE
CAPITANATE DAL GEN. WUKASSOVICK
DA QUESTO PAESE MOVENDO
DATA FIERA PUGNA AL GEN. SERRURIER
CHE DUCE DI MILIZIE REPUBBLICANE FRANCESI
ERASI NEL VICINO VERDERIO FORTIFICATO
A CAPITOLARE L'INDUSSERO CEDENDO SE'
E I SUOI COLLE ARMI LORO.
A SEGNAR TAL EPOCA
A RICORDARE LA PRECE PEI TANTI ESTINTI
QUESTA LAPIDE SI POSE



Marco Bartesaghi


Ho potuto scrivere questo articolo grazie alla signora Valentina Scaglia,  che mi ha segnalato l'esistenza del dipinto, a sua mamma, la signora Biancamaria Bianchi, che mi ha messo in contatto con il proprietario dell'appartamento, e a quest'ultimo, il signor Lorenzo Baldrighi, che gentilmente mi ha permesso di scattare le fotografie  e mi ha atto avere l'immagine del teatrino di famiglia. A loro un sincero e sentito grazie. M.B.



lunedì 18 maggio 2015

VERDERIO 1799 un filmato di Paolo B.



 
Quando due anni fa vidi per la prima volta l'articolo della Battaglia di Verderio sul Blog di Marco Bartesaghi, ne rimasi colpito. Non immaginavo che vicino a dove ho sempre vissuto fosse accaduto un evento bellico così' importante. Da semplice appassionato di storia e di ricerca ho viaggiato di fantasia leggendo gli estratti dalle cronache di quei giorni del 1799, e mi sono immaginato la', in quei campi dove grandi eserciti di soldati hanno combattuto, dove centinaia di civili hanno perso tutto,  dove migliaia di soldati sono morti.
Per Ringraziare Marco ho pensato di mandargli questo piccolo video fatto da me , mixando spezzoni tratti da vari film storici cercando di ricreare l'atmosfera. Un salto di più di 200 anni per poi tornare ad oggi dove vorrei che le tracce della nostra storia non andassero dimenticate ma riscoperte. Paolo B.



28 APRILE 1799. QUANDO L'ARCIVESCOVO DI MILANO CONSEGNÒ LA CITTÀ AI SOLDATI RUSSI da un romanzo di Tito Livraghi








Il 28 aprile del 1799, mentre a Verderio ancora si combatteva, le truppe russe si accingevano ad entrare in Milano. L’arcivescovo Filippo Visconti si fece loro incontro, per accoglierle come liberatrici  e consegnar loro le chiavi della città.
Quell’episodio è raccontato nel brano che vi propongo, tratto dal romanzo di Tito Livraghi, La Riviera di Milano. È ambientato a Crescenzago, dove l’incontro fra l’arcivescovo e i soldati russi effettivamente si svolse, e la chiesa citata è quella di Santa Maria Rossa.
Ringrazio l’autore, per avermi permesso la pubblicazione.





Tito Livraghi, abita a Vimercate, dove, presso il locale ospedale, è stato direttore dell’ Unità Complessa di Radiologia. Come medico radiologo, è conosciuto a livello internazionale per aver proposto una procedura terapeutica per la cura dei tumori al fegato, denominata “alcolizzazione percutanea”.
La Riviera di Milano è il suo primo romanzo, non il suo primo libro. Due , precedenti, li ha dedicati ai luoghi e alla storia di Milano, città dove è nato nel 1942: “A spasso con la storia di Milano“ e “Milano: i luoghi e la storia”.
Frutto della sua passione per la montagna, i viaggi e la fotografia, sono:“Montagna, una parola magica”“L’importante è andare” e, dedicati ai cimiteri nel mondo, “Sheol: il luogo del silenzio” e “Koimeterion”.
Numerose, ovviamente, le sue pubblicazioni di carattere scientifico.


“La Riviera di Milano”, Tito Livraghi, edizioni Meravigli, 2015;
da pag 11 a pag. 13

Un altro momento importante per la chiesa e indimenticabile per don Carlo si era verificato non molti anni prima, il 28 aprile del 1799 per essere esatti. Don Carlo aveva sentito arrivare di gran corsa delle carrozze che poi si erano fermate nella piazzetta antistante la chiesa. Era mattina inoltrata e vide scendere, stentava a crederci, l’arcivescovo, sì proprio l’arcivescovo di Milano Filippo Visconti! Gli corse incontro, si inginocchiò, gli baciò la mano.
“Reverendissima eccellenza, come mai siete qui? Avete bisogno di qualche cosa? Sono a vostra completa disposizione!”
“Presto! Presto! Stanno arrivando i soldati russi! Prepariamoci a riceverli nel miglior modo possibile! Fate portare qui fuori un tavolo, delle sedie, dei piatti, dei bicchieri, delle vivande, da bere! Anche vino, di quello buono! Mi raccomando, una bella tovaglia, dobbiamo fare bella figura! Presto! Presto!”
L’arcivescovo era molto agitato e così tutto il suo seguito.
Don Carlo si precipitò in parrocchia chiamando a gran voce la domestica e dei chierichetti che la aiutassero.
Che cosa era successo?
Certo, don Carlo sapeva che con Napoleone lontano in Egitto gli Austriaci e i loro alleati Russi si erano fatti coraggio, e battaglia dopo battaglia si stavano avvicinando a Milano. E quindi comprese che stavano per passare di lì, proprio a Crescenzago venendo giù dalla Postale Veneta. Ma perché l’arcivescovo? Approntato il tavolo finalmente capì quando vide un cuscino di raso rosso con sopra sei grandi chiavi dorate. Le chiavi della città!
Rimasero seduti ad aspettare per circa un’ora, poi si sentì un gran zoccolio di cavalli che si stava avvicinando. Eccoli! Un drappello di soldati vestiti in maniera strana, con larghe brache, una sopraveste legata in cintura, armati di sciabola, picca e pistola. Certe facce da far paura, occhi cattivi, grandi mustacchi. Dovevano essere i crudeli Cosacchi di cui se ne erano sentite di tutti i colori, e l’aspetto non faceva che confermare le più terrificanti dicerie. A comandarli un ometto magro, tutto nervi, con una bocca enorme e grossi denti, una faccia piena di rughe.




 



“La città di Milano per mezzo nostro, Eccellenza, si fa sollecita di presentare al signor maresciallo Suvaroff i sentimenti della propria confidenza nella sua generosità, domandandogli che voglia degnarsi di far rispettare il culto pubblico, il buon ordine e la tranquillità di una città pacifica. Ho l’onore di consegnarvi le chiavi della città! Vogliate accettarle con il massimo della nostra riconoscenza per essere venuto a liberarci dall’oppressore francese! I cittadini tutti sperano nella vostra benevolenza!”.
Il maresciallo scese da cavallo, prese per un attimo le chiavi che poi lasciò sul tavolo, si versò un bicchiere di vino, un altro, poi mangiò un grappolo d’uva. La truppa incominciò a girare per la strada principale, picchiando alle porte e chiedendo a gesti da mangiare, due rincorsero sghignazzando una ragazza, alcuni entrarono in chiesa. Don Carlo non sapeva che fare, seguì i soldati temendo il peggio. Nella fretta non aveva pensato di nascondere i pochi oggetti preziosi che l’abbellivano. In un momento si erano già presi i due candelabri e l’ostensorio d’argento. Tra grasse risate due si stavano lucidando gli stivali con l’olio santo! E gli tornò in mente quando erano arrivati i Francesi preceduti dalla nomea di senzadio! Delle mammolette a confronto! Questi sì che erano dei senzadio, e l’arcivescovo li stava ossequiando! E poi finalmente via, tutti verso la città in un gran polverone, con dietro la carrozza dell’arcivescovo che non l’aveva neanche salutato.
Il mese seguente venne a sapere del Te Deum in Duomo con l’arcivescovo a fare gli onori di casa, di molti nobili che si erano già rimessi le parrucche incipriate, di cittadini con il nodo scorsoio al collo trascinati dai cavalli per le strade, e delle centinaia di poveretti mandati a morire nelle segrete del Montenegro. E si parlava delle stranezze di Suvaroff, che mangiava solo carne cruda, che dormiva per terra, che si alzava emettendo un acutissimo chicchirichì per svegliare i soldati.
Che momenti! Povera chiesa e povera piazza! Che già pochi anni prima, dopo l’ingresso dei Francesi, avevano visto dei girotondi sfrenati intorno a un alberello che chiamavano l’albero della libertà. Nella piazzetta erano arrivati a frotte anche dalle frazioni vicine e alé a danze in catena, con donne seminude che si trascinavano ballando e urlando “Viva l’uguaglianza”
.


domenica 17 maggio 2015

SUPPLICA DI MARIA TERESA ARRIGONI PER I FURTI SUBITI DOPO LA BATTAGLIA DI VERDERIO DEL 28 APRILE 1799 di Marco Bartesaghi


INTRODUZIONE
 

Dopo la Battaglia combattuta a Verderio il 28 aprile 1799, i soldati austro-russi, che avevano sconfitto i francesi, perpetrarono violenze e furti, ai danni degli abitanti di Verderio e dei paesi circostanti, di cui restano diverse testimonianze nei registri parrocchiali, in documenti ufficiali e in opere letterarie, come nel racconto di Cesare Cantù: “La Battaglia di Verderio”(A).
Vittime furono persone di diversa estrazione sociale, comprese alcune appartenenti a nobili famiglie che con tanta fiducia avevano atteso di essere liberate dall’occupante francese.
Una di queste, Maria Teresa, della famiglia dei marchesi Arrigoni, facoltosi possidenti di Verderio (B), inoltrò una supplica per essere risarcita dei furti subiti il giorno dopo la battaglia. Di Maria Teresa non sono riuscito a conoscere con precisione il posto che occupava all'interno della famiglia. Spero di riuscirci in un altro momento.


L'aspetto attuale dell'entrata della villa di Verderio che fu della famiglia Arrigoni e poi, attraverso Giacomo Ruscone, della famiglia Gnecchi Ruscone

Il documento che qui viene presentato appartiene all’Archivio Storico Civico Biblioteca Trivulziana di Milano, ed è conservato nella cartella n.74 del Fondo Famiglie. Comprende un foglio, con la supplica e le annotazioni dell’ente ricevente, la Regia Amministrazione Provvisoria, e un secondo foglio, allegato al primo, con l'elenco delle cose rubate.

NOTE ALL’INTRODUZIONE.
 

(A)  -  Il racconto di Cesare Cantù è stato pubblicato su questo blog il 7 agosto 2009 : http://bartesaghiverderiostoria.blogspot.it/2009/08/la-battaglia-di-verderio-di-cesare.html; 

Riferimenti a violenze seguite alla battaglia le trovate anche in: NOTE DI UN ANTIQUARIO -terza parte - di Francesco Gnecchi Ruscone:
 http://bartesaghiverderiostoria.blogspot.it/2009/06/note-di-un-antiquario-terza-parte-il.html


Sul blog trovate anche un’annotazione contenuta in un registro parrocchiale di Verderio Superiore : http://bartesaghiverderiostoria.blogspot.it/2012/05/una-testimonianza-del-canonico-lazzaro.html
e due documenti dell’archivio di Stato di Milano, riguardanti la famiglia Airoldi di Robbiate: http://bartesaghiverderiostoria.blogspot.it/2010/06/saccheggio-alla-casa-airoldi-di.html
 

Degli episodi di violenza di quei giorni parla anche Tito Livraghi nel brano del suo romanzo “La Riviera di Milano”, pubblicato nel post precedente a questo.
 

(B)    Sulla famiglia dei Marchesi Arrigoni, Angelo Borghi, studioso di storia di Lecco e del suo territorio ha scritto questa scheda. Ringrazio Angelo e la pubblico così come l’ho ricevuta:
 

“Si tratta del ramo Arrigoni di Esino, staccatosi da quelli di Bajedo ai primi del Cinquecento. Domenico era nato nel 1678 e viveva nel 1754; divenne marchese nel 1731. Aveva vari fratelli monaci e abati e una sorella Anna monacata col nome di Emilia Giuseppa (ecco il problema del mutamento di nome diventando monache, per cui Maria Teresa aveva forse altro nome) che viveva nel 1754. L'Andrea Orlandi, nella seconda tavola genealogica degli A. di Esino, fra le pagg. 108 e 109 del suo Le famiglie della Valsassina, Lecco 1932, non dà altre femmine. Gerolamo  marchese nel 1760 abitava in parr. S. Babila a Milano e pagò nel 1799 una contribuzione militare. Decio suo figlio era pure marchese vigente del 1801 e morto nel 1847. Se non ricordo male questi erano feudatari di Riolo e Broni.
A metà del '700 la villa dello Zucco era nelle mani del conte Pietro Paolo, parente di questi marchesi; ma Domenico marchese aveva molti possedimenti a Olate. Fra i documenti della parrocchia di Olate, ci sono carte non molto chiare, per cui comunque pare che vi sia stata, morto il conte Pietro Paolo nel 1779, una divisione di beni (ma forse anche prima perchè il conte nato nel 1735 a Domodossola, dove il padre era pretore, abitava nel 1764 a Castello ed era molto indebitato da dover vendere terre) per cui lo Zucco passò a Decio che stava a Broni; per quanto si capisce lasciò la villa a certi Vergani (così nel 1825), però Decio istituì un'Opera Pia milanese, che aveva molte terre a Olginate e altre a Olate. Morendo fece un ampio lascito alla chiesa di Olate (un po' di queste cose nel mio libro La chiesa parrocchiale di Olate, 2003, pp. 35-39)”
.

AVVERTENZE RIGUARDANTI LA TRASCRIZIONE DEL DOCUMENTO
 

Le parentesi quadre contenenti tre punti, sostituiscono le parole che non sono stato in grado di decifrare (è gradito qualsiasi aiuto); quelle con il punto di domanda, seguono le parole di interpretazione incerta. Fra parentesi quadre ho messo anche le parti mancanti delle parole abbreviate
La parola sic, fra parentesi tonde, significa “così, proprio così”. Vuol dire che la parola che la precede è scritta in modo sbagliato, non per una svista, ma perché scritta così nel documento. Chiedo scusa, per questa pedante precisazione, a tutti quelli che già lo sapevano. Io l'ho scoperto da poco, quando finalmente mi sono deciso a consultare il vocabolario: prima pensavo fosse una specie di “singhiozzo”, che sfugge quando ci si accorge dell'errore (come “gulp”, “sigh” e altre paroline tipiche dei fumetti). Questa avvertenza è dedicata a tutti quelli che, come me, per pigrizia o poca fiducia, faticano a consultare il vocabolario.


IL DOCUMENTO

copyright@Comune di Milano – tutti i diritti di legge riservati
 Trascrizione

Regia Amministrazione Provvisoria (1) N. 49

L’ex Monaca Maria Teresa Arrigoni Figlia del sopresso (sic) Monastero di Meda (2) essendo stata danneggiata dalla truppa militare stazionata in Verderio Superiore il g[ior]no 29 scorso aprile per la somma di [spazio vuoto] come da annessa lista;
Fà (sic) umile ricorso per il reintegro , non avendo ella altra susistenza (sic), che la mensuale pensione ed un tenue livello dalla sua Casa Paterna; Ciò è quanto ella rassegna, e dalla Pietà della R[egi]a Amministrazione il tutto implora e spera.
In Fede Maria Teresa Arrigona (sic)

P[re]te Gio Batta Bianchi Cur[at]o di Verderio Superiore (3)
Giò Battista Crippa Sos[tituto] dell’Ill.mo Sig. Conte Don Vitaliano Confalonieri deputato all’estimo
Lazaro Villa Deputato all’estimo
Pietro Besana Sostituto del Ill.mo Sig. Mar[chese]Gerolamo Arrigoni deputato all’estimo (4).
Gius. Ant.o Stucco Sindaco di d[etto] Comune



copyright@Comune di Milano – tutti i diritti di legge riservati

 Trascrizione

 Regia Amministrazione Provvisoria
 
Della

Ex Monaca M[ari]a Teresa Arrigoni proveniente da Meda abitante in Verderio che implora il reintegro del danno sofferto […] l’armata ivi stazionata.
N. 2589
[…] 28 maggio 1799
Si unisca al Fascicolo separato per il conveniente [?] riguardo sulle prestazioni gratuite a tale […] destinate
Avv. Pellegrini Delegato
Zuccoli delegato

II
Fasc. Mill. 1. 9. 6.



copyright@Comune di Milano – tutti i diritti di legge riservati


 Trascrizione

 Nota sincera di quello che mi è stato rubato nelle mie stanze nella Villa denominata Verderio Superiore
Lire due milla in oro moneta di Milano
Un mezzo […] cioccolato
Una […] di seta bellissima
Un paia di lenzoli nuovi
3 fazoletti di seta
20 camisce
Un abito nuovo del valore di [...] 200
Una tovaglia damascata con 6 mantili (5)
Due paia calzette fini
Una traversa (6)
Quatro (sic) giponini di dobletto (7)
 

Teresa Arrigona (sic) in fede
 

P[re]te Gio Batta Bianchi Cur[at]o di Verderio Superiore
Giò Battista Crippa Sos[tituto] dell’Ill.mo Sig. Conte Don Vitaliano Confalonieri deputato all’estimo
Lazaro Villa Deputato all’estimo
Pietro Besana Sostituto del Ill.mo Sig. Mar[chese]Gerolamo Arrigoni deputato all’estimo
Gius. Ant.o Stucco Sindaco di d[etto] Comune
 

Le suddette firme si certifica dal sottoscritto essere delli attuali deputati dell’estimo, Parroco del luogo e sindaco comune.
Pompeo Piscina
Regio Cancelliere


NOTE AL DOCUMENTO
 

(1) - Tra il maggio del 1799 e il giugno del 1800, le istituzioni della Repubblica Cisalpina sono soppresse. Con un proclama del 29 aprile del 1799, il giorno dell’entrata in Milano degli austro-russi, l’amministrazione provvisoria è  affidata a una Congregazione Delegata, che rimane in carica fino a che, con il proclama del 30 maggio 1799, viene sostituita da una Reggenza Provvisoria.
 

(2) -  Il Monastero di Meda fu fondato agli inizi del nono secolo da due personaggi che, divenuti santi,  sono ricordati come Sant Aimo e San Vermondo.  Venne soppresso dai francesi il 29 maggio 1798 e venduto all’asta. Le suore furono espulse. L’edificio, acquistato da un commerciante marsigliese, fu trasformato in villa neoclassica dall’architetto Leopoldo Pollak e oggi appartiene alla famiglia Antona Traversi.
 

(3) - Giò. Battista Bianchi fu parroco di Verderio Superiore dal 1779 al 1800.
Lazaro Ambrogio Fortunato Villa nasce a Verderio l'11 febbraio 1744 da Giuseppe e Margarita Burgo. Il 27 febbraio 1768 riceve l'ordinazione sacerdotale e il 18 febbraio 1792 - presentato da Vitaliano Confalonieri, "Patroni et Avocati Canonicatus" - assume, a Carate Brianza, il canonicato del titolo dei Santi Giuseppe, Domenico e Bernardo;
Conte Vitaliano Confalonieri (1760 – 1840), figlio del conte Eugenio Federico e di donna Anna Bigli.
 

(4)    Il deputato d’estimo è una figura di amministratore comunale introdotta, nel 1755, dalla riforma che l’impero austriaco varò allo scopo di uniformare i sistemi amministrativi dei comuni del Ducato di Milano. I deputati all'estimo erano gli amministratori scelti dagli estimati possidenti; di solito si aggiungeva un deputato al mercimenio fra i commercianti e industriali.
Un testo interessante sul sistema amministrativo della Lombardia austriaca, scritto dal dottor Fabio Luini, si trova sul sito del comune di Verderio al seguente indirizzo: http://www.comune.verderio.lc.it/verderio/zf/index.php/servizi-aggiuntivi/index/index/idtesto/74
 

(5)    Mantile: asciugamano o anche tovagliolo
 

(6)    Traversa: Telo o lenzuolo ripiegato nel senso della lunghezza e posto attraverso il letto di malati o di bambini, all’altezza del bacino, sopra o sotto il lenzuolo, per ragioni igieniche e di più facile pulizia (http://www.treccani.it/vocabolario/traversa/) .
 

(7)    Dobletto: “specie di tela di Francia fatta di lino e bambagia”  Da Il dizionario della lingua italiana di Niccolò Tommaseo

Marco Bartesaghi

venerdì 15 maggio 2015

HO INCONTRATO UNA MANTIDE di Marco Bartesaghi

Andando in bicicletta verso cascina Bergamina, poco dopo la Brugarola, ho incontrato una mantide.
Immobile in mezzo alla strada, non ha fatto una piega, né vedendomi arrivare, né quando l'ho fotografata da tutte le posizioni possibili: grande signora, non c'è dubbio, ma la fama che l'accompagna, per le sue abitudini erotiche, la rende comunque un animale inquietante.
Alla fine, perché qualche macchina non la schiacciasse, l'ho spostata nella siepe. Si sarà seccata?

Le foto che vi presento sono accompagnate da un breve testo  scritto dal professor Giuseppe Gavazzi, che di insetti è un appassionato conoscitore.M.B
.




 LA MANTIDE di Giuseppe Gavazzi

Ordine: Mantoide;specie: Mantis religiosa
La lunghezza varia fra i  4 e i 6 cm. Ha grandi occhi composti e la sua testa  può ruotare fino a 180 gradi. Sono animali solitari, salvo durante la riproduzione; la femmina è più grande del maschio. Sono di color  verde o di color sabbia, a seconda del cibo di cui si nutrono. Sei mute; zampe anteriori sviluppate per catturare le prede e divorarle.
La mantide è utile nella lotta biologica agli insetti dannosi che divora preferibilmente da vivi. Al tempo della riproduziuone la femmina secerne feromoni; durante la copulazione recide la testa del partner per poi divorarla: questo comportamento avviene più frequentemente in cattività.
Le uova vengono deposte in ovoteche sui rami ( 200-300 uova/ovtoeca).
Dopo la schiusa pochi sopravvivono a causa del cannibalismo giovanile.