domenica 15 marzo 2015

LA SCIENZA NEL 3° MILLENNIO
L'Uomo e l'Ambiente
Ciclo di conferenze 2015







Venerdì 20 marzo 2015
ore 21,00
Sala Civica di Villa Gallavresi
Viale dei Municipi 20




WALLACE: L'UOMO CHE GETTÒ NEL PANICO DARWIN

Relatore Federico FOCHER

Istituto di Genetica Molecolare del CNR di Pavia 


Ciclo di conferenze promosso dalla Biblioteca Comunale di Verderio, grazie alla collaborazione scientifica gratuita dei professori Gabriella CONSONNI e Giuseppe GAVAZZI, del Dipartimento di Scienze Agrarie e Alimentari - Università degli Studi di Milano.



INCONTRO SUCCESSIVO: 24 APRILE - RISORSE DA BIORIFIUTI. Un modello integrato per comunità virtuose. Silvana CASTELLI, IBBA del CNR di Milano




SCUOLA D'ARTE

di

Elena Mutinelli

Scultrice


www.elenamutinelli.eu



LABORATORI INTENSIVI DI SCULTURA, PITTURA E DISEGNO

Iscrizioni sempre aperte



Info: http://www.elenamutinelli.eu/index_file/Page980.htm

mutinelli77@gmail.com


L'arte come mezzo espressivo e la tecnica come contributo a chi desidera arricchire e stimolare le proprie intuizioni e inclinazioni creative.

La scuola, dal profilo altamente professionale, fornirà la sperimantazione approfondita di tutte le tecniche fondamentali del disegno, della pittura e della scultura.

I laboratori si svolgeranno presso lo studio di scultura di Elena Mutinelli:
Via dei Platani, 4
Verderio Superiore, 23878 (LC)

 
 

CHI È ELENA MUTINELLI?

Dopo aver conseguito la laurea di Scultura all’Accademia di Belle Arti di Brera nell’anno Accademico 1989/90 con i docenti  A. Cavaliere, Cascella, L. Silvestri, nel 1990/91, si  trasferisce a Pietrasanta per apprendere la tecnica del marmo.

Successivamente tra il 1992 e il 1995  lavora tra  Milano  e Pietrasanta.

Si stabilisce definitivamente nel 1995 a Milano, città che le da l’opportunità di collaborare con Gallerie d’Arte storiche e di prestigio quali la Compagnia del Disegno, la Galleria d’Arte Marieschi, la Galleria d’Arte Gabriele Cappelletti Arte Contemporanea  ed altre Gallerie di ultima generazione quali la Galleria d’Arte Entroterra.

Dopo soggiorno a Pietrasanta, la sua scultura inizia ad assumere un taglio personale, inizialmente drammatico ed inquietante, in seguito delinea chiaramente i tratti di un’umanità solcata per suo stesso nascere, in levare, manifesta nell’intensa espressività dei particolari - mani vigorose -  rendendoli protagonisti efficaci del linguaggio del corpo.

Nel 1998 G. Segato decide di riunire un decennio di sculture e disegni curando un’ importante mostra personale pubblica, Le mani sul corpo, in concomitanza ai Concerti Wagneriani all’Alba, con il Patrocinio dell’Università agli Studi di Salerno presso il Chiostro di Villa Rufolo, Comune di  Ravello, Salerno.

Negli anni successivi E. Mutinelli matura una propria forza espressiva con cui traccia i forti profili  del suo orientamento; il luogo del corpo è un ambito che offre ancora molto da dire, esso è vivo, pulsa, va oltre il conflittuale rapporto dialettico tra tradizione e modernità. E’ proprio questa sua particolare fisionomia plastica, quasi virile che ha attirato l’attenzione delle Gallerie d’Arte che tutt’ora trattano la sua opera.

 

Nel l998 al 2004 decide di aprire un nuovo studio dove le è possibile dedicarsi totalmente alla scultura e all’opera del Duomo di Milano, in questi anni infatti si propone definitivamente come collaboratrice esterna alla Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano, tale rapporto professionale già sussisteva dal 1992 ma in modo frammentario.

La collaborazione con la Veneranda Fabbrica Del Duomo di Milano la vede coinvolta nella riproduzione di opere in marmo originali con opere in marmo in copia lavorate presso il proprio studio.

Dal 2003 al 2005 riceve l’incarico dalla Veneranda Fabbrica del Duomo Di Milano di dirigere il cantiere degli scalpellini presso la Casa di Reclusione di Opera (MI), insegnando loro a riprodurre fedelmente dal modello originale le sculture e gli ornati del Duomo di Milano.

Attualmente E. Mutinelli ha come Gallerie di riferimento la Galleria d’Arte Marini, Milano, la Galleria d’arte MAG Marsiglione Arts Gallery, Como, Kyoto, la Galleria d’Arte S. Eufemia, Venezia, la Galleria d’Arte Compagnia del Disegno, Milano.

Nel 2012 apre un nuovo studio in Brianza dedicandosi unicamente alla scultura.


UN CANTIERE NAVALE IN MANSARDA di Marco Bartesaghi



“Stai attento: il disordine ci deve essere, se no l’è minga bel … perché chi ama troppo l'ordine è un pazzo. Invece, più casino c’è più ci si sente meglio. - sperando che mia moglie di sotto non ascolti quel che dico”.








“Questo è l’incrociatore Bolzano: è tutto di rame. È una nave del 1942 della Regia Marina Italiana”

In primo piano l'incrociatore pesante Bolzano

“Quello che sto facendo adesso invece è il sottomarino Fratelli Bandiera, classe 600, anno 1942, 2a guerra mondiale, con pitturazione mimetica. È una sezione: dall’ordinata 50 all’ordinata 75 rispetto ai disegni dei cantieri Orlando, o Monfalcone, non mi ricordo”


Sezione del sommergibile Fratelli Bandiera

Per farmi capire meglio cerca i disegni, su cui mi indica il locale comando,  la “falsa torre”, di cui mi fa veder il modello che ha costruito e su cui mi indica l’entrata per il personale
“In effetti la “sezione” che ho costruito va dall’ordinata 50 alla 75/80, perché non potevo tagliare i letti (che non ho ancora fatto) a metà”. 



L'ordinata 50 del sommergibile Fratelli Bandiera

L'ordinata 75/80

Gli chiedo dove ha trovato i disegni. Mi dice che  arrivano direttamente dai cantieri e che l’Associazione Modellisti Bolognesi, è in grado di procurare tutti i disegni che vuoi.
Gli chiedo se tutte le sue costruzioni sono in scala e se usa sempre la stessa scala.

“Sì, sono tutte in scala, ma non con la stessa scala: il Bolzano è scala 1:150, la Vittorio Veneto è 1:200”

Suona il telefono.
“Oh mama, in de l’è? Ho sentito suonare. Chi ‘n de l’è ….”
Dopo aver risposto riprende a parlare ma ha cambiato discorso
“Ho anche una collezione di binocoli. Ho due Zeiss, un binocolo italiano delle Officine San Giorgio,, il migliore. Poi c’ho lì un russo, che mi ha dato un amico. Inoltre colleziono strumenti di misura: micrometri, amperometri, tester, ...”
 ...e cambia ancora discorso.
“toh, vuoi fotografare quella là?” - mi porta nell'altro locale della mansarda “è la Dana, una nave olandese di piccolo cabotaggio” 




"Dana", nave olandese

Mi mostra il “tornietto nuovo” con cui fa le canne dei cannoni e, ad esempio, i pistoni dei motori.
“Perché costruisco anche modelli di motori. Devo fare un modello di motore Isotta Fraschini 18 cilindri, che usavano sui MAS”

 

Il tornietto per lavorare il ferro
 
Funzionante?
“Ma no, scherzi? Gli metto i pistoni e tutto, però non sarà fatto per funzionare. Ho provato a farne uno funzionante, per un aereo, ma è durato poco”.
“Questae mi indica ancora l’incrociatore Bolzanoè una signora nave. Le mancano ancora tutti i cannoni antiaerei, poi va dipinta. Devo fargli la mimetizzazione del 1941, perché era in squadra con la Vittorio Veneto, La Bolzano è stata silurata a Genova da italiani, per non farla cadere in mano dei tedeschi. La Vittorio Veneto invece è stata colpita da diversi siluri”



La mansarda/cantiere navale, perlinata in legno scuro, è così accogliente, con  il suo disordine voluto, esibito, ma anche organizzato -  tant’è che lui ci sguazza benissimo -  e il mio ospite è così entusiasta che siamo entrati subito in argomento e mi sono dimenticato di presentarvelo : Enrico Colombo, classe 1947, nato a Verderio (Inferiore), in via  Tre Re, nel cortile dei “Maréna, dei Colnaghi dei Masirö, dove c'è la panetteria Nava. Il papà, Adamo Marco, detto “Marchin”, era operaio alla Pirelli. Durante il fascismo, però, non essendo iscritto al partito, faceva il “carbunat”:  consegnava il carbone alle case dei milanesi. La mamma, Cecilia Villa, era di Cascina Alba.



 
“Da piccolo, fino a quattro anni, sono stato a balia a Verderio Superiore, nella corte dei Colnaghi, dalla zia Ginetta. Dai dieci ai diciotto anni sono stato in collegio, dagli Artigianelli di Monza”



In collegio ha imparato il mestiere di elettricista, che poi ha svolto presso la ditta “Elettrocondutture”, realizzando quadri elettrici per navi civili. Al modellismo navale ha cominciato a dedicarsi all'età di diciotto anni.

Mentre parliamo e risponde alle domande, continua a lavorare alla “sezione” del sottomarino Fratelli Bandiera, mi spiega le operazioni che sta facendo, commenta come ci sta riuscendo e, in più, mi fa lui stesso delle domande. Il registratore, come un grande pentolone, accoglie tutto quello che diciamo e lo mischia. Il risultato è quello che state leggendo. D'altronde l'ha detto fin dall'inizio
“senza un po' di disordine l'è minga bel”.



“Adesso dobbiamo dividere l’opera viva – cioè la parte immersa dello scafo, detta anche carena – da l’opera morta – la parte emersa”. Prende un nastro adesivo nero, lucido, di circa tre millimetri – si lamenta di quanto costa, anche  se, quello che usa, mi dice, non è materiale da modellismo ma da carrozzeria – e lo stende con precisione sul modello.



Enrico impegnato nei ritocchi. La riga nera sullo scafo divide l'opera viva (verde) da l'opera morta.


“Adesso, dato che qui ci sono degli errori, devo provvedere.  Queste “schifezze”, cioè queste ammaccature vanno lasciate, perché i sottomarini sono così. Non ce n’è neanche uno bello liscio …”

Hai lavorato anche per i sottomarini?
“No, a Elettrocondutture facevamo solo navi civili. Sono salito su un sottomarino solo una volta, ma non su uno di questi … C’è da ritoccare qua, con questo colore” 
Facevate solo navi nuove?
“No, ho lavorato anche su una vecchia nave norvegese. Pensa te che aveva i quadri elettrici di comando  con ancora i vecchi regolatori di corrente della Brown Boveri, Te li ricordi?”
 

Io!? Figurati.
“Avevano ancora tutti i collegamenti con i cavi rigidi, squadrati, o ma che roba …”
 

Cosa intendi per vecchia?
“1950. Adesso si usano invece le canaline antifiamma, con i cavi isolati in gomma butilica; le sbarre collettrici devono essere tutte argentate, perché il rame tende a prendere il verde rame e poi si scaglia”.
 

Invece l’argento non si ossida?
“Sì, si ossida ma poi rimane lì, non si stacca”

Racconta e intanto continua con i ritocchi di vernice sul sottomarino.
“Va che manina, va, va , va” - si compiace - “Oplà. Questo rosso non mi piace” e via con un ritocco.








Lavoravi nei porti?
“No, nei cantieri”.
 

E hai mai navigato?
“Qualche giro quando si dovevano fare le prove e basta …”
Come scegli i modelli da realizzare?
“Sono appassionato di storia della navigazione. Poi a me è sempre piaciuto ascoltare i racconti di chi ha vissuto sul mare. In Elettrocondutture c’era un ingegnere che era stato imbarcato su un sommergibile: mi diceva che la vita lì era una cosa pazzesca …Ho un amico di Oggiono che era silurista su un sommergibile: la branda su cui dormiva era proprio sopra i siluri”




Parlami di qualche nave che hai fatto
“Negli anni settanta avevo fatto la Vittorio Veneto; prima  un brigantino; poi l’incrociatore Indomito, che ho regalato a uno che lavorava con me;


La corrazzata Vittorio Veneto. Nella foto sotto un suo particolare




ho fatto due cacciatorpediniere, poi ho fatto il Cutti Sark, una nave a vela inglese. Però le navi della seconda guerra mondiale sono la mia passione: gh’è chi va a pescà, chi a giugà ai bocc …” 


In primo piano il cacciatorpediniere Grecale; in seocndo piano il sommergibile Sciré

“Il Fratelli Bandiera è un sommergibile sulle 600 tonnellate di dislocamento”
 

Sarebbe a dire?
“Il “dislocamento” è il peso presunto di una nave che corrisponde al peso dell’acqua che viene spostata dalla nave stessa. Non si deve confondere con la stazza, che invece è la volumetria coperta   ecco, adess el m’è scapa de man …” - si riferisce al nastro adesivo che sta applicando.

Vedo dei trenini e chiedo se si tratta di un’altra passione.
“Mi piacciono, sono diventato un bambino, ti dico la verità: è inutile diventar grandi per diventar pirla … restiamo bambini!
Così quando scriverai la tua biografia dirai che hai conosciuto un artista della navi”.

 

Gli dico che la chiacchierata che stiamo facendo è destinato al blog
“Cos’è ‘sto blog? Io sento dire del blog qua, del blog là, ma non so neanche cosa sia. Non ho neanche un computer”.

Cerco di spiegargli ma mi distraggo  perché sopra il tavolo dove lavora è appeso un “regolo calcolatore” lungo almeno mezzo metro. Per chi non lo sapesse il “regolo” è uno strumento che serviva, fino all’avvento delle moderne calcolatrici, per fare calcoli, anche complessi: non sono mai stato capace di usarlo.
 

 
Il regolo calcolatore


“Oh, impossibile”
È sempre così: quando una persona sa fare bene , molto bene, una cosa pensa sia impossibile che altri invece non la sappiano fare.



“Ho visto un peccato, devo fare un ritocco”

Intanto gli spiego cos’è un blog, in particolare il mio
“Ma lo guarda qualcuno?”

Quanto costa fare un modello come questo – mi riferisco al Fratelli Bandiera.
“Tanto” - risponde, senza fare cifre, e mi invita a sollevarlo. Non mi rendevo conto che pesasse così tanto, ed è tutto lamierino di rame.
 

“Sono passioni che costano, perché un minimo di attrezzatura la devi avere”
Ma quella, quando ce l’hai ce l’hai.
“Sì, sì, questo è vero”.

Prima della sezione del Fratelli Bandiera, a cui sta lavorando, aveva già costruito un modello, quella volta intero, di sottomarino italiano, lo Sciré, che fu affondato nell’agosto del 1942.

“Adesso ti faccio veder come si fa la listellatura. Con queste listelle di legno devo rivestire tutto il pavimento della torre”


Particolare della "falsa torre" con listellatura in legno
Un lavoro da certosino: il pavimento ha forma più o meno ovale e, non essendo libero, ma occupato da diversi oggetti, ogni listella deve essere sagomata con un cutter.
“La prima listella ha il compito di fare da guida per le altre: la taglio; controllo che sia fatta bene; la incollo, urco can quanta colla m’è andata giù … ”


Sega a nastro
 Quali attrezzature usi? Mi mostra una sega da banco, per tagliare il legno, una fresatrice e un tornio per il metallo.
“La fresatrice serve soprattutto per costruire i modelli di motori”.

 
Fresatrice


 
Alcuni strumenti "utilissimi"



Ti piace di più lavorare il legno o il metallo?
“Non ho una preferenza: quando la nave richiede il legno uso il legno, quando richiede il metallo, come nelle navi da guerra, uso il metallo, cioè il lamierino.”


Due modelli in legno: il Cutti Sark, veliero inglese e, sotto ...

... un battello del Mississippi
Cosa te ne fai delle navi che costruisci?
“Di solito le tengo. Solo che, adesso, l’associazione dove va la mia bambina, la Silvia, è un po’ in crisi, allora se riesco ne vendo qualcuna.”

Che associazione è?
“L'A.G.A.P.H. di Barzanò, che gestisce un centro diurno per disabili: gli hanno tagliato i finanziamenti, perché quando non sanno più dove attaccarsi si attaccano ai poveracci”  

 


Enrico Colombo e Fabrizio Oggioni
 
Quindi se ti capita di venderle le vendi per aiutare l'associazione.
”Ad esempio quel motoscafo che c’è là sotto il tavolo del tornio, che è un signor motoscafo, è in vendita”
Ci ripromettiamo, su questo argomento, di tornare in un'altra occasione.
 

Hai mai fatto mostre? 
“Sì, una a Brivio e una a Bellano e hanno avuto anche abbastanza successo. Le navi sono tornate un po’ danneggiate, però sono stato contento”

Faresti una mostra a Verderio?
“Adesso mi sto impegnando per farne una a Merate, probabilmente all'inizio di giugno. Se qualcuno mi chiedesse di farne una anche qua la farei volentieri. Però bisogna vedere se alla gente può interessare una cosa simile”
Tutti i giorni lavori alle navi?
“No, dipende dagli altri lavori che ho da fare: la precedenza è riservata a quelli di casa”





Si accorge di “un errore gravissimo” - secondo lui - nella listellatura e quindi si concentra sul lavoro.

Come mai sulla superficie esterna di un sommergibile c'è una pavimentazione in legno?

“Per rendere il pavimento meno scivoloso; almeno da asciutto, perché quando è bagnato è bagnato e si scivola comunque”
Ma non si rovina stando sott'acqua?
“Cosa importa, quando è scassato si cambia. Se no come fa la gente a vivere? Bisogna dare da lavorare. Vedi che adesso prende forma. Poi ovviamente bisogna ritoccare tutto, togliere le sbavature”

Ma è ora di smettere, perché torna Silvia, la sua bambina ...




La "Caracca" Santa Maria, di Cristoforo Colombo. Una cosa pensavo di sapere: che Cristoforo Colombo fosse andato in America con le Caravelle. Sbagliato, si trattava di "Caracche"



sabato 14 marzo 2015

DUE LETTERE DI ANTONIO DEAMBROGI, CLASSE 1897, DRAGONE DEL REGGIMENTO "NIZZA CAVALLERIA" - 4° SQUADRONE a cura di Carla Deambrogi Carta

Nel 1968, cinquanta anni dopo la fine della Grande Guerra, il Dragone Antonio Deambrogi, del 1° Reggimento "Nizza Cavalleria", scrive a due suoi ufficiali, il tenente Alessandro Levesi, poi divenuto Generale, e il tenente Guido Reyneri, congedato con il grado di Colonnello, per ricordare loro gli episodi della guerra che insieme avevano condiviso. Le due lettere, con le rispettive risposte, vengono qui presentate dalla figlia di Antonio, Carla, che le ha conservate insieme alla "mappa", redatta a mano dal padre, e ad alcune fotografie. Della signora Carla, assidua collaboratrice di questo blog, ricordo la presentazione da lei fatta nel novembre scorso di alcuni documenti di guerra appartenenti a suo suocero, il Capitano Virgilio Carta. Li potete trovare sotto l'etichetta Carla Deambrogi Carta. M.B.


DUE LETTERE DI ANTONIO DEAMBROGI, CLASSE 1897, DRAGONE DEL REGGIMENTO "NIZZA CAVALLERIA" - 4° SQUADRONE


Il Dragone Antonio Deambrogi



Antonio è stato chiamato alla visita di leva a fine settembre del 1916 e assegnato all’arma di Cavalleria.
A fine ottobre ha raggiunto il reggimento a Savigliano (Cuneo) ed è stato inquadrato nel 1° plotone del 4° squadrone, comandato dal Capitano Mario Leitenitz.
Terminato il periodo di istruzione (forse a fine settembre o inizio ottobre del 1917) il Reggimento lascia Savigliano per il fronte.
Arrivati al confine della Lombardia con il Veneto, incontrano i primi carri carichi di profughi in fuga dalle loro case, dopo lo sfondamento di Caporetto. E più avanti non incontrano solo civili ma anche migliaia e migliaia di soldati in ritirata: a piedi, suoi carri o sdraiati sul ciglio della strada.
Sui ponti, alti ufficiali, con le pistole in pugno cercavano di fermare quella massa di sbandati in fuga.
Antonio ricordava la sensazione di sgomento provata alla vista di quel desolante spettacolo e raccontava che di fronte a quello sfacelo aveva pensato con amarezza che tutto fosse ormai perduto.
E loro, giovani e inesperti soldati, mentre cercavano di aprirsi un  varco in quel caos totale venivano spesso dileggiati, con parole e atti, da quei militari in ritirata.
Il fronte alla fine fu raggiunto.
Antonio raccontava dei lunghi e continui spostamenti per la perlustrazione del terreno o per segnalare la posizione del nemico. In questi casi si dovevano superare le nostre linee, scavalcando trincee e reticolati. Poi c’erano i tentativi di scavalcare i fiumi, spesso in piena, sotto il fuoco degli austriaci. In alcuni casi combattevano appiedati.
Tra le varie azioni di guerra Antonio ne ricordava due: una del giugno 1918 e l’altra svoltasi tra il 27 ottobre e il 3 novembre 1918.
 

IL CAPITANO LEITENITZ
 
Antonio è stato attendente del Capitano Leitenitz, un ufficiale esigente, ma molto umano nei rapporti coi soldati. Il capitano gli aveva confessato che l'aveva scelto come attendente, perché aveva gli stivali sempre perfettamente lucidi.
Nel 1919 Antonio ha seguito a Parigi il suo capitano che era stato scelto come “attaché” militare alla conferenza della Pace.
Ufficiale e attendente si erano molto affezionati e, finita la guerra, hanno sempre mantenuto una regolare corrispondenza. Alla fine del 1945, il Capitano Leitenitz, congedato col grado di colonnello, si era trasferito a Milano, dove anche Antonio abitava. Colpito da infarto, l'ex Capitano Leitenitz è stato assistito nelle ultime ore della sua vita dal suo ex attendente.
La morte del suo capitano è stata per Antonio un grande dolore: era come se avesse perduto un fratello.

Carla Deambrogi Carta





CERNUSCO LOMBARDONE, 18 OTTOBRE 1968. LETTERA DI ANTONIO DEAMBROGI ALL'EX TENENTE ALESSANDRO LEVESI

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Trascrizione della lettera

Cernusco Lombardone, 18 ottobre 1968
Egregio Signor Tenente, ora Generale ,
a cinquant’anni di distanza desidero ricordarLe alcuni episodi della nostra guerra e in particolare la nostra gloriosa avanzata.
Ricordo il suo arrivo al Reggimento nei tristi giorni seguiti alla ritirata di Caporetto: aveva un visetto da adolescente e il grado di aspirante – sottotenente. L’allora Capitano Mario Leitenitz, comandante lo Squadrone, Le affida il comando del 4° plotone e Le assegna il cavallo Quaia.
Ai primi di dicembre, il 2° gruppo si accantona a bassano Bresciano; il Comando del Reggimento è a Verolanuova .
Il 29 maggio lasciamo Bassano Bresciano. A tappe raggiungiamo Piove di Sacco (Padova).
Il pomeriggio del 21 giugno giunge improvviso l’ordine di partire. Dopo mezz’ora di trotto, si scatena un violento temporale. Arriviamo a Paese (Treviso) verso mezzanotte, bagnati fradici.
Il pomeriggio del 23 giugno lasciamo Paese per destinazione ignota. Arriviamo a Povegliano a sera inoltrata.
 


 
LA MAPPA CON LA DESCRIZIONE DELL'AVANZATA E SUCCESSIVA RITIRATA (Piove di Sacco - Spresiano - Bertipaglia) E LA SUCCESSIVA AVANZATA FINO A BONZICCO (Bertipaglia - Badoere - Spresiano - Pordenone - Bonzicco)



Dopo aver fatta l’abbevarata ai cavalli e averli governati e consumato il miserissimo rancio, noi del 1° plotone ci corichiamo in un piccolo fienile col Ten. Reyneri (non so dove fosse accantonato il 4° plotone da Lei comandato). Dopo neanche un ora sentiamo la voce del capitano Leitenitz “Reyneri, alzati, che col tuo plotone devi andare di pattuglia, per occupare la Cascina del Pescatore, oltre il Piave”.
Siccome l’organico del 1° plotone non è completo, viene chiamato un soldato del 4° plotone. Non ricordo il nome di quel soldato: ricordo che era siciliano e montava la cavalla Aversa. Rimaniamo sul Piave fino a mezzogiorno, ma non riusciamo nell’impresa.
Nella notte fra il 24 e il 25 giugno ritorniamo a Paese.
Il 29 giugno, nel pomeriggio, siamo comandati a rendere gli onori militari al funerale di Francesco Baracca, a Quinto di Treviso.
Nella notte del 1° luglio lasciamo Paese e arriviamo a Maserà (Padova). Il 4° Squadrone viene destinato alla frazione Bertipaglia. Lei aveva la stanza in quella piccola casa col tetto di paglia: è vero?
A Bertipaglia restiamo fino al 23 ottobre.
Partiti da Bertipaglia, raggiungiamo Badoere.
Il 27 ottobre, alle 7 di mattina, tutto il reggimento è schierato in quella piccola piazza rotonda di stile veneziano, circondata da portici e con due porte di accesso: sembrava una fortezza. Ecco uno squillo di tromba. Da una delle porte che immettono nella piazza entra il Colonnello Tosti di Valminuta, comandante il Reggimento: Lei, a cavallo della piccola cavalla Quaia, è a fianco del Colonnello come alfiere, essendo l’ufficiale più giovane del reggimento, con lo stendardo lacero. Il Colonnello fa un breve discorso  e subito dopo iniziamo la galoppata verso il Piave, immersi nella nebbia.
A tarda sera arriviamo nel punto preciso in cui, a giugno avevamo tentato di attraversare  il fiume. Facciamo una breve sosta e, verso mezzanotte, iniziamo la traversata. Prima passano i bersaglieri ciclisti con le loro mitraglie e poi tocca a noi.
Raggiungiamo l’altra sponda con molta difficoltà, sia per la forte corrente sia per il violento fuoco degli Austriaci.
Alle 7 di mattina del giorno 28 il Reggimento conquista Gaiarine: qui ci fermiamo fino al giorno 30, impegnati in azioni di pattuglia e di esplorazione del terreno.
Nel tardo pomeriggio  del giorno 30 ottobre riprendiamo la marcia. Raggiungiamo Oderzo  e qui iniziamo il difficoltoso passaggio del Monticano e ci prendiamo le ultime furiose sventagliate delle mitragliatrici e le ultime fucilate.
 

 
30 ottobre 1918. Il 4° squadrone del "Nizza Cavalleria" attraversa il Monticano presso Oderzo.



A notte inoltrata occupiamo Motta di Livenza e subito dopo attraversiamo il Livenza senza difficoltà.
A mezzanotte del 31 ottobre riprendiamo la marcia in direzione di Pordenone . All'alba del 1° novembre siamo in vista della città che avevamo lasciato un anno prima siamo stati i primi a rioccupare dopo la ritirata del 1917.
Occupata Pordenone, il 2 novembre riprendiamo la marcia.
Oltrepassiamo con semplicità il Meduna. Non è così per il carriaggio che sprofonda con le ruote nel fango, restando impantanato.
È ormai sera quando arriviamo a S. Giorgio della Richinvelda, completamente avvolti nella nebbia: fa freddo la riserva dei viveri è finita, non c'è speranza per il carriaggio dei viveri. Siamo ormai rassegnati al digiuno, ma la popolazione ci offre della polenta, graditissima anche se ormai fredda.
Prepariamo un bivacco di fortuna per la notteall'alba del 3 novembre raggiungiamo la riva del Tagliamento. Il 4° squadrone viene appiedato per proteggere il 5° Squadrone nel passaggio del fiume, con il compito di occupare Bonzicco.
Il Ten. Turro col suo plotone tenta la traversata. Dalla piccola altura di Bonzicco le mitraglie austriache cominciano a sparare  furiosamente e il plotone è costretto a retrocedere. Il capitano Berchet incita il Tenente a ritentare. Il plotone ripete il tentativo e per una decina di minuti è ancora oggetto del fuoco delle mitraglie.
Ma all'improvviso le mitraglie tacciono e dall'altra sponda si sente uno squillo di tromba: è il segnale della resa e poco dopo sul campanile sventola la bandiera bianca.
E così, per noi, il mattino del 3 novembre finisce la guerra
Con affetto
Antonio Deambrogi



TORINO, 23 OTTOBRE 1968. LETTERA DEL GEN. ALESSANDRO LEVESI AD ANTONIO DEAMBROGI






Trascrizione della lettera

Torino, 23 ottobre 1968
Caro De Ambrogi,
Ho letto con molto interesse la tua lettera , e mi sono commosso al ricordo degli episodi di guerra  da te rievocati con tanta precisione ed abbondanza di particolari. - Come fai a ricordare così bene fatti, nomi e date a distanza di quasi cinquant'anni? Forse avevi tenuto un diario di quei giorni memorabili?
L'allora tenente Reyneri è sempre vivo e vegeto, nonostante i suoi 77 anni; risiede a Torino, ma non all'indirizzo che dici tu, bensì in via Montevecchi 22.- Ho spesso occasione di incontrarlo, e gli mostrerò la tua lettera .- Cisiamo visti ancora la settimana scorsa a Pinerolo, ove, come forse avrai saputo, ha avuto luogo un grande raduno di vecchi cavalieri (più di 3000 intervenuti, provenienti da ogni parte d'Italia) per l'inaugurazione del Museo della Cavalleria, una cosa bellissima, che, se ti capita di venire da queste parti, non devi mancare di visitare.-
L'allora capitano Leitenitz, invece, è morto a Milano alcuni anni fa.-
Non devi farti cattivo sangue per la croce di cavaliere. -Io penso che tu ne abbia pienamente diritto, e certamente te la daranno se avrai la pazienza e la buona volontà di seguire la lunga e noiosa trafila burocratica attraverso gli uffici municipali del tuo paese. Nel caso ti occorressero dei rapporti circa la tua effettiva partecipazione ai fatti d'arme del 1917/18, il Col. Reyneri, ed eventualmente io stesso, siamo senz'altro disposti a rilasciarteli.-
Scrivimi ancora, se credi a proposito, sarei curioso di sapere come hai fatto a procurarti il mio indirizzo!), ed io ti risponderò.
Lieto di aver ritrovato, dopo mezzo secolo di vita, un vecchio dragone del magnifico 4° Squadrone di “Nizza”, ti invio il mio più cordiale saluto
Aff.- Sandro Levesi


TORINO, 4 NOVEMBRE 1968. LETTERA DEL COLONNELLO GUIDO REYNERI AD ANTONIO DEAMBROGI


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Trascrizione della lettera

Torino 4 novembre ‘968
Caro De Ambrogi
Con il più vivo interesse ho letto la tua lettera che hai inviato al Gen.le Levesi e ti assicuro che mi sono commosso per il buon ricordo che serbi di me, e per i fatti, le località e le persone che con assoluta precisione hai elencato. Bravo, ammiro la tua memoria, e ti accerto che il ricordo di tanti avvenimenti lieti o tristi, difficili e pericolosi, trascorsi col mio plotone di Dragoni, del quale tu facevi parte, mi ha fatto non solo piacere, ma mi ha anche commosso! – E benché non abbia ben presente la tua figura, pur tuttavia ricordo benissimo che al mio plotone vi era il Dragone De Ambrogi, il Cap.le Maggiore […] e […] …
L’altra sera ho visto alla televisione i luoghi in cui abbiamo tentato di attraversare il Piave, la caduta dell’aeroplano del Magg.re Baracca, al quale, il 1° Plotone del 4° Squadr., l’unico della Cavalleria Italiana, ha reso gli onori alla sua sepoltura in un piccolo camposanto vicino al Piave, sotto il Montello!
 

 
IL TENENTE, POI COLONNELLO, GUIDO REYNERI DI LAGNASCO



Ti ricordi? C’era anche il conte di Torino con due o tre ufficiali. – E la nostra avanzata oltre il Piave, e l’entrata in Pordenone, ove il nostro Plotone è stato il primo a rioccupare dopo la ritirata di Caporetto! Ed il passaggio del Tagliamento, a Bonzicco, e la cattura di centinaia di prigionieri che poi abbiamo condotto nelle retrovie - … - e finita la guerra la nostra trasferta a Teramo, in Abruzzo per servizio di ordine pubblico e la nostra lunga marcia a cavallo, durata oltre due mesi, da Teramo a [Sotigliano]. Il 1° giugno ‘940, pochi giorni prima della dichiarazione di guerra, fui inviato in Libia, con un gruppo appiedato di 5 squadroni ed un gruppo d’Artigl. da Campagna, un bel comando di responsabilità, e ti assicuro che i miei soldati erano i migliori, ed in tutti i fatti d’arme avvenuti al confine con l’Egitto, il mio gruppo ha meritato medaglie al valore ed elogi; purtroppo in dicembre a Sidi el Barrani, in Egitto, attaccati da forti reparti corrazzati inglesi, bombardati dal mare, siamo stati schiacciati e fatti prigionieri, trasportati a Suez e poi in India, dove ci tennero prigionieri in campi di concentramento fino all’aprile del ‘946.
Rientrato in Patria sono stato colpito dai limiti d’età e messo in congedo.
L’unica mia consolazione è di aver fatto il mio dovere sempre e dovunque  e di aver goduto la fiducia dei miei inferiori e dei miei superiori –
 

 
MUSEO DELLA CAVALLERIA DI PINEROLO

 
L’altro giorno sono stato a Pinerolo all’inaugurazione del Museo della Cavalleria, vi erano le rappresentanze di tutti i Reggimenti, e tra tanti cavalieri due anziani come me sono venuti a salutarmi, dicendomi i loro nomi e che erano stati Dragoni di Nizza, al mio plotone, a Savigliano, nel 1914; cinquantaquattro anni fa!
Come già saprai, dopo la guerra ho continuato la vita militare, rimanendo per quanto mi è stato possibile tenente al 4° Squad.ne di Nizza, a Torino, col capitano Leitenitz, poi sono stato istruttore alla scuola di Cavalleria a Pinerolo, promosso Capitano in Vittorio Emanuele a Bologna, ove ho comandato il gruppo e fui Uff.le d’ordinanza di S. Ecc. il G.le Com.te  del Corpo d’Armata.
Ed ora caro De Ambrogi ti saluto, lieto di aver fatto una lunga chiacchierata con il mio vecchio Dragone. Una cordiale stretta di mano e tanti auguri tuo aff. mo Coll. Guido Reyneri



CERNUSCO LOMBARDONE, 10 NOVEMBRE 1968. LETTERA DI ANTONIO DEAMBROGI AL TENENTE GUIDO REYNERI


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Trascrizione della lettera

Cernusco Lombardone, 10 novembre 1968
Egregio Signor Tenente Reyneri, ora Colonnello
La ringrazio della Sua affettuosa lettera, ricca di particolari. Ora che ho avuto il Suo indirizzo dal Generale Levesi, desidero ricordarle l'azione per la quale Lei è stato decorato con la medaglia di bronzo.
Nel pomeriggio del 23 giugno lasciamo Paese (dove eravamo arrivati 36 ore prima, da Piove di Sacco, sotto una pioggia dirotta, con rovesci di grandine e vento) per destinazione ignota.
Arriviamo a Povegliano a sera inoltrata, sotto un altro temporale. Facciamo l'abbeverata ai cavalli, li governiamo e sistemiamo le bardature in una piccola stalla. Dopo aver consumato il rancio (una galletta e mezza scatoletta di carne) noi del primo plotone saliamo su quel piccolo fienile che certamente anche lei ricorderà, per passarvi la notte.
Ma dopo neanche un ora, ecco la voce del Capitano Leitenitz “Reyneri, alzati, che col tuo plotone devi andare di pattuglia per occupare la Cascina del Pescatore, al di là del Piave”.
Subito, nel buio del fienile, c'è un po' di brusio e di trambusto. Mi sembra ancora di sentirla, mentre, scendendo dalla scala a pioli, pronuncia quella frase che non ho dimenticato”Signor Capitano, io mi fido dei miei soldati!”
In poco tempo il plotone è pronto: è circa l'1,30.
Cavalli alla mano, ci dirigiamo al Comando di Divisione: già ci sono alcuni plotoni, altri stanno arrivando.
 

 
ANTONIO DEAMBROGI



Dopo un breve discorso del Gen Barattieri, comandante la Divisione, una voce nell'oscurità grida “A cavallo!”: comando che viene ripetuto dai Comandanti dei singoli plotoni.
In quel momento il Capitano Leitenitz si avvicina a Lei, l'abbraccia e la bacia.
Partiamo subito a trotto allungato: arriviamo a Spresiano, mentre l'artiglieria del Montello tuona.
Giriamo a destra, in una piccola strada di campagna.
Saltiamo le trincee del 111-112 fanteria: poveri ragazzi immersi nel fango fino quasi al collo!
A circa 200 metri dalle trincee, vicino ai reticolati, c'è un avamposto, rannicchiato in una buca di granata.
Saltiamo i reticolati ed eccoci nell'acqua del Piave.
Tentiamo la traversata, Lei in testa: la corrente è molto forte e travolge i cavalli.
Ripetiamo i tentativi per una buona mezz'ora, ma vista l'impossibilità di attraversare il fiume, Lei decide di rinunciare, così ritorniamo verso le trincee.
L'avamposto (di cui mi ha colpito il pastrano lungo fino ai piedi, e che non era un soldato, come io avevo pensato, ma il Maggior Generale De Marchi, comandante della Brigata) Le fa cenno di fermarsi e le dice “Signor Tenente, sull'altra sponda gli Austriaci non ci sono più. Voi gli avete fatto da bersaglio: se ci fossero stati vi avrebbero ucciso tutti. Io le do un consiglio: il grosso vada a nascondersi dietro le trincee e due uomini con cavalli robusti tentino un'altra volta, insieme a Lei.”
 

 
28 OTTOBRE 1918. IL 4° SQUADRONE DEL "NIZZA CAVALLERIA" ATTRAVERSA IL PIAVE


Lei sceglie il caporale Barlassina con il cavallo Abuso e Massari con il cavallo Rubicone; ma siccome non era possibile staccare Rubicone dal gruppo, allora la scelta cade su Venafro, che montavo io.
Dopo parecchi tentativi riusciamo a iniziare la traversata, a fatica, raggiungiamo un isolotto in mezzo al fiume, senza che ci sia alcuna reazione da parte degli Austriaci. Poiché sembra proprio  che sull'altra riva non ci sia nessuno, il resto del plotone entra nel fiume. Quando (ed è ormai spuntata l'alba). Dopo molti tentativi una parte del plotone sta per raggiungere l'isolotto, le mitraglie austriache cominciano a sparare.
Dall'isolotto rispondiamo al fuoco; resistiamo fin verso  mezzogiorno, quando Lei dà l'ordine di ritirarsi e di riguadagnare la riva.
Il fuoco degli Austriaci si fa più intenso e la corrente del Piave più forte, e per Lei e Barlassina diventa troppo pericoloso tornare a riva.
Ricorderà certamente il fortunoso recupero (suo e di Barlassina), nella notte, da parte del genio, col Piave in piena. Barlassina è stato premiato con la Croce di Guerra: ricordo che spesso si lamentava con Lei, perché avrebbe voluto pure lui la medaglia.
Ora desidero ricordarle il nome di alcuni dragoni del 1° plotone e dei loro cavalli.
Non ricordo il nome del suo trombettiere: ricordo solo che era della classe del 1891 e montava la cavalla Vizzola.

Tenente                Reyneri                              cavallo Visto
Maresciallo           Bertazzoni                                     Pavese
Cap. Magg.          Gagna                                           Azzone
                             Barlassina                                     Abuso
                             Gori                                               Cia
Zappatore             Stucchi                                          Quataro
                             Arienti                                            Quintino
Soldato                 Borani                                            Ulano
                             Monti                                             Zapponcello
                             Peroni                                            Neofito
                             Magnani                                        Alano
                             Massari                                          Rubicone
                             Deambrogi                                     Venafro
                             Pedrini                                           Zeolite
                             Biagioni                                          Massimo
                             Vannucchi                                      Zulao
                             Pieraccini                                       Zaino
                             Straniero                                        Stresa
                             Artoni                                             Urak
                             Ciceri                                             Ungheria
                             Zaccheo                                         Stif
                             Carbonnier                                     Arca
                             Romeo                                            ?

Con affetto
Antonio Deambrogi






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