lunedì 18 marzo 2019


BIBLIOTECA COMUNALE DI VERDERIO
LA SCIENZA NEL 3° MILLENNIO
L’Uomo e l’Ambiente
Primo ciclo di conferenze 2019
 



Venerdì 29 marzo 2019
Ore 21.00

. PRESSO LA SCUOLA PRIMARIA "COLLODI" DI VERDERIO


AMICO ALBERO: RUOLI E BENEFICI
DEL VERDE IN CITTÀ
Alessio FINI


Università degli Studi di Milano
 


Ciclo di conferenze promosso dalla Biblioteca Comunale di Verderio, grazie alla collaborazione scientifica gratuita dei professori Gabriella CONSONNI e Giuseppe GAVAZZI, dell’Università degli Studi di Milano.
 

domenica 17 marzo 2019

VERDERIO 3 FEBBRAIO 2019. POSA DELLE PIETRE D'INCIAMPO IN RICORDO DEI FRATELLI MILLA filmato di Denise Motta


Il 3 febbraio scorso, per ricordare Amelia, Laura, Lina, Ferruccio e Ugo Milla, il comune di Verderio, ha posato cinque "pietre d'inciampo", in via ai Prati, in prossimità dell'edificio dell' "Aia".

In questa casa essi abitarono dalla fine del 1942 al 13 ottobre 1943, quando soldati tedeschi arrestarono Ferruccio e Ugo.

Amelia, Laura e Lina, che quella sera erano riuscite a sfuggire alla cattura, furono arrestate qualche giorno dopo a Milano.

Dopo un periodo di detenzione a San Vittore, il 6 dicembre i fratelli Milla, che erano ebrei, furono deportati ad Auschwitz, dove  l'11 dicembre, il giorno del loro arrivo, furono assassinati nella camera a gas.

In questo filmato, realizzato da Denise Motta, la cerimonia della posa delle pietre.

Questo è l'indirizzo Youtube del filmato:
https://www.youtube.com/watch?v=S8tWtyAPNfs&feature=youtu.be



                         

venerdì 15 marzo 2019

"LA VITA È BELLA. Acquarelli & Chiacchiere di un pittore della domenica". Il nuovo libro di Francesco Gnecchi Ruscone











“LA VITA È BELLA. Acquarelli & chiacchiere di un pittore della domenica” è il nuovo libro di Francesco Gnecchi Ruscone, il terzo, dopo quello dedicato al suo contributo alla lotta di Liberazione dal fascismo e l'altro dove racconta, rispondendo alle domande  di Adine Gavazzi, le storie legate alla professione di architetto (1).








In quest'ultimo libro sono raccolti i disegni ad acquarello a cui si è dedicato, avvicinandosi agli ottant'anni e alla fine della sua attività professionale, quando ha dovuto “inventare qualcosa da fare per riempire il mio tempo: non ho mai conosciuto le gioie del dolce far niente: ne ho sempre solo temuto la noia”


Tre libri, tre epoche della vita, tre argomenti completamente diversi. Cosa hanno in comune? Lo stile del loro autore, la sua arte di avanzare con  passo leggero (devo spiegarmi meglio? allora la dico così: la sua arte di non tirarsela) che credo sia evidente nei tre brani che ho trascritto.

Della sua partecipazione alla Resistenza, nel primo libro, scrive, con una nota di autoironia: “... il mio contributo personale è certo modesto: l'organizzazione di qualche lancio, il rilievo di una linea di fortificazione che in definitiva non è mai neanche stata guarnita, mesi di inattività causati da una mia mancanza di prudenza, la partecipazione alla insurrezione di Milano, che in sostanza è solo consistita nell'accettare la resa di nemici scoraggiati e rassegnati, tutto questo non è materia da farci su un'Iliade”
(2)

“Alla mia età si sente un forte richiamo di affinità e simpatia per chi ha voglia di raccontare le sue storie: l'anziano del villaggio nell'ombra fresca dei rami di un banyan o il resgiô della cascina davanti al paiolo della polenta, nel camino”,dice nel secondo (3).

Ne' “La vita è bella”, il nuovo libro, scrive: “Se da questo libro dovrà uscire un mio profilo, vorrei rappresentasse qualcuno che vuole condividere con il suo prossimo sguardi sui momenti felici, spargere incoraggiamento e buon umore, almeno fra chi, come me, cerca il bello fra le piccole cose”(4).





***

“C'è in questi acquarelli di Gnecchi Ruscone qualcosa che ci riporta indietro nel tempo, quando il frastuono del mondo non era ancora arrivato a distrarci a ogni ora del giorno e della notte”. Sono parole di Susanna Tamaro, che del libro ha scritto la prefazione, intitolandola “Un piccolo mondo antico".
 


Paesaggi, dove l'orizzonte è chiuso da profili di montagne o di colline, da filari di alberi o da una riga blu scuro di mare.
 



"CALA ROSSA A FAVIGNANA", pagg. 42-43


Paesaggi abitati da vari animali, per ricordarci “che non siamo gli unici abitanti di questo giardino fiorito” (Susanna Tamaro).

***

Ogni acquarello è  accompagnato dalle  “chiacchiere”, un breve racconto, che ne spiega il contesto o si concentra sul “personaggio principale”:
 

“Molti importanti scienziati sostengono che non sono le cicogne a portare i bambini alle mamme; finché non avremo prove certe del contrario dobbiamo crederlo. Questi bellissimi uccelli... ecc.”.
 

 
"LA VISTA DAL NIDO DELLE CICOGNE", pagg. 64-65


Altre "chiacchiere" sono in versi, brevi poesie, alcune dedicate alla moglie Lola, la compagna di una vita, mancata qualche anno fa:
 

Ardi, Peonia
nel sole di un mattino di Maggio,
danzando tra piume ondeggianti
di alti bambù.
Io siedo,
rana su una foglia di loto,
muto per tanto splendore.

 
Per Lola, 10/6/1982 (5)

 
"PEONIA", pagg. 66 - 67


Per deformazione personale, ho cercato se fra i disegni ce ne fosse qualcuno riguardante Verderio. L'ho trovato. È l'ultimo, intitolato ALLODOLE:

“Il paesaggio che ho dipinto è la ricostruzione idealizzata di un paesaggio reale della mia infanzia: i prati intorno alla cascina Bergamina, la casa di mio padre […]. È il ricordo di una mattina lontana: dovevo avere dieci o dodici anni ed ero uscito a passeggiare nei prati, senza una meta precisa. A un certo punto mi sono sdraiato sull'erba […]. Totalmente rilassato, udivo le allodole, altissimi puntini vibranti, trillare componendosi nel fruscio dell'acqua scorrente nella chiusa di una roggia, vedevo la lucentezza del cielo inquadrato dalle creste nitide  di Grigne e Resegone sopra l'ondeggiare leggero delle cime dei pioppi, [...]”
 

"ALLODOLE", pagg. 112 - 113

***


Non sono affatto da trascurare, a mio avviso, anche gli schizzi a matita presenti nel libro, frutto di un'antica abitudine dell'autore di portare con se nei viaggi, nelle vacanze e  nelle brevi gite, un piccolo notes su cui fissare paesaggi o scene di vita che meritavano di essere ricordate. 
“Da quell'abitudine – afferma Francesco - ho imparato a scegliere un'inquadratura, a riconoscere una gerarchia tra gli oggetti che, riprodotti, avrebbero costituito l'immagine”.
 









***

Il modo più semplice per acquistare il libro è quello di affidarsi a internet. Non sono di certo io però che vi può insegnare come, dato che ho dovuto farlo fare a mia moglie.

NOTE
(1) - Missione “Nemo”. Un'operazione segreta della resistenza militare italiana 1944 – 1945, Milano, 2011; Francesco Gnecchi Ruscone, Storie di Architettura, conversazioni con Adine Gavazzi, Milano, 2014.

(2) Missione “Nemo”, pag.118


(3) -  Storie di Architettura, pag. 17. Banyan:  è una pianta sempreverde diffusa nel subcontinente indiano. La sua caratteristica più evidente sono le radici aeree che, partendo dai rami e raggiunto il terreno, si trasformano in altrettanti tronchi, allargando così la superficie coperta da ogni albero. Wikipedia . Resgiô: è l'anziano, il capo della famiglia contadina.


(4) -  La vita è bella, pag. 16.


(5) -  La poesia "Peonia"nel libro è pubblicata sia in inglese, la versione originale, che in italiano.

 

sabato 9 marzo 2019

"FINO A QUI NOI SIAMO", la mostra di Elena Mutinelli a Milano



Dal semibuio di un elegante bistrò si accede alla luce intensa della galleria Après – coup, dove la scultrice Elena Mutinelli espone una trentina di opere (29, per la precisione) in una mostra intitolata  FINO A QUI NOI SIAMO.


Sculture in creta, in marmo, in travertino, in resina; tavole scolpite e poi dipinte; disegni a matita o china; un dipinto ad olio.


Elena Mutinelli, Di nuovo Saturno, 2018, terracotta patinata





Corpi. Corpi nudi che si mostrano, che si affiancano,  che si incontrano. Corpi che generano altri corpi.

Elena Mutinelli, Nell'arena, 2015, olio su tavola scolpita
Richiami alla cultura classica: Orfeo e Euridice che si allontanano dall'Ade;  i personaggi di Poros e Penia, rispettivamente  padre e  madre di Eros, la nascita e il compleanno di Venere, la morte del centauro.

Elena Mutinelli, Orfeo e Euridice, 2016, argilla bianca






















Elena Mutinelli, La nascita di Venere, 2015, terracotta patinata
Sono i temi di Elena, la sua arte, la sua poetica

“Il mio lavoro vuole ripercorrere le tappe della tensione forte dell'uomo tra la vita e la morte. Una sorta di pellegrinaggio nell'anima, in cui egli è rappresentato alle prese con le intenzioni quotidiane dell'esistere nel gesto, nel frammento del suo stesso corpo o di altro cui sta per divenire.
In questa frammentarietà quotidiana taluni cercano di conoscere un volto che gli appartiene ma che, immediatamente dopo, diverrà altro. È il mutamento, la metamorfosi che prende forma nella mia opera: un ricongiungersi a sé stessi in un divenire dentro di sé e nell'altro.
Più o meno visibilmente, il mito è chiamato in causa per la sua straordinaria attualità. 
Mito che ripercorro attraverso la penna di Rilke e attraverso i suoi occhi che sanno vedere l’irrevocabilità dell’essere….
Leggendo le Elegie Duinesi, tante immagini vengono alla luce per la scultura: infinite maschere, sfumature e Orfeo, cantore che riesce a vedere e a sentire le cose non per come si mostrano ma per come si offrono nella loro intimità.
La bellezza degli angeli di Rilke è magnifica, ma non conosce mutamento, è  immutabile, non è metamorfosi. Non è l'immagine del nostro essere.
Nell'angelo il poeta esprime  la nostalgia per  una bellezza  che l'uomo, nella sua caducità e nel suo non permanere,  tocca e conosce, ma  non può raggiungere.


Elena Mutinelli, Fino a qui noi siamo, 2018, terracotta patinata
Ho rubato a Rilke le parole “Fino a qui noi siamo”, per la visione forte che mi offrono. Le ho date come nome a una mia opera e ora le ho usate per il titolo di questa mostra.
Oggi abbiamo paura del bello come del terribile. Siamo alla mercé dei linguaggi che ci allontanano dall’attenzione, dall’ascolto, dalla compressione e  anche dal tempo necessario per filtrare tutto questo.
Rilke ci insegna a vedere, a scoprire l'ostilità delle cose, a guardare in faccia la paura e a sconfiggerla  con la scrittura”
.



La mostra è allestita nella galleria Après-coup Arte di Milano, in via privata della Braida 5. Resterà aperta fino al 29 marzo e può essere visitata dal martedì al sabato, dalle  9.30 alle 22.00.

Una lunga intervista a Elena Mutinelli è pubblicata su questo blog al seguente indirizzo:
https://bartesaghiverderiostoria.blogspot.com/2018/11/elena-mutinelli-una-scultrice-verderio.html


RAFFRONTI FRA POTATURE di Giorgio Buizza



Il 30 dicembre 2017, circa un anno fa, è stata eseguita la potatura del platano di Verderio.
Insieme al platano della Villa Sommi Picenardi a Olgiate, è uno dei platani più prestigiosi della Provincia di Lecco, con oltre 32 metri di altezza e circa 30 metri di diametro di chioma; circonferenza del fusto 565 cm. Differenza non da poco: il platano di Olgiate è di proprietà privata, quello di Verderio è sulla strada pubblica, è di proprietà comunale ed è visibile da tutti in ogni momento.
L’albero è ubicato al centro di una rotonda attorno alla quale transitano migliaia di auto e autocarri ogni giorno; non è quindi un luogo sperduto tra campi e boschi.
Al termine della potatura l’albero appariva come nella immagine n° 2 cioè con la chioma molto simile alla condizione iniziale (Immagine n° 1), senza drastiche riduzioni di dimensione, senza aver effettuato tagli di grandi dimensioni, sempre deleteri e pericolosi per la salute dell’albero.



1 - Prima della potatura (da E)



2 - Dopo la potatura (da W)

Ad un osservatore poco attento l’albero sembra uguale a prima; sono invece stati asportati numerosi rami secchi, anche di grosse dimensioni, incombenti sulla strada e sono stati eliminati alcuni rami interni valutati in soprannumero o malamente indirizzati, o ricadenti nelle parti basse della chioma fino ad interferire con il passaggio dei veicoli.

























3a e 3b Tree climber al lavoro

La potatura, finalizzata a garantire la sicurezza del transito e la buona conservazione dell’albero, ha impegnato 4 operatori climber per una intera giornata con l’ausilio di una piattaforma aerea. Sono stati asportati circa 10 q.li di materiale legnoso, verde e secco.




















































4-5-6-7 Tree climber alla ricerca dei rami da tagliare
 
Secondo un pensiero fortemente radicato e diffuso, derivante dal tempo in cui la potatura era una delle poche possibilità di ricuperare legna per scaldare la casa, molti sono convinti che la potatura sia un modo per rinforzare l’albero.
Non è vero.
Precisiamo che stiamo trattando di alberi ornamentali, non di alberi da frutto. Per questi ultimi la potatura serve a selezionare i frutti per averne meno ma di migliore qualità e dimensioni. Le piante da frutto, infatti, dopo trenta anni di produzione, sono considerati vecchi e vengono sostituiti.
Nonostante gli sforzi dei tecnici più competenti e avveduti e delle imprese più serie e preparate, permane la tendenza a privare le piante di tutte le ramificazioni terminali, con i rami segati in posizione più o meno mediana, grande quantità di legname da smaltire o da bruciare, apertura di grandi ferite che devono essere poi rimarginate, privazione di tutte le gemme già formate nella stagione precedente e eliminazione di buona parte delle riserve accumulate, invito ai parassiti ad entrare e a fare danni irreparabili.
Tutto ciò per l’albero non è una condizione favorevole né utile, ma fonte di stress perché si devono utilizzare molte energie per rifare tutto da capo in tempi brevi, quando a primavera i germogli dovrebbero essere pronti a germogliare e invece devono essere rielaborati da capo.
Le prime foglie di un albero potato in modo eccessivo e scorretto compaiono alcune settimane più tardi rispetto al normale ciclo vitale, perciò l’albero è costretto a svolgere un lavoro stressante e ritardato quando potrebbe invece iniziare da subito l’azione di cattura della C02 e l’azione fotosintetica con l’effetto collaterale di rilasciare ossigeno.
Le due cose non sono di secondaria importanza perché oltre agli alberi non ci sono altre entità al mondo in grado di svolgere queste funzioni e, viste le condizioni ambientali dei tempi nostri, l’attività degli alberi dovrebbe essere potenziata anziché castrata da potature inutili o eccessive.

Nella foto n° 2 si vede il platano, a potatura conclusa, la sera del 29.12.2017; la giornata si è chiusa con uno spettacolare tramonto che ha consentito di apprezzare, oltre le forme, anche i colori (ma questo è solo un dettaglio). Pochi sono in grado di riconoscere che l’albero è stato potato, anzi, potato correttamente. Qualcuno si sarà certamente lamentato perché la potatura non viene ben percepita.

Si viene poi colti da un senso di tristezza nel vedere eseguire le potature di alberi belli, vigorosi, sani con le modalità che predispongono l’albero a formare situazioni di criticità future, ad ammalarsi, ad accogliere parassiti di varia natura e a restare senza foglie per le prime settimane della prossima stagione.
Siamo tutti immersi in aria inquinata, subiamo limitazioni alla circolazione, al riscaldamento, ecc. ma, nonostante tutto questo, ci permettiamo di sprecare foglie, germogli, parti di chiome degli alberi che avrebbero la possibilità di riequilibrare, almeno in parte, le emissioni nocive soprattutto di CO2 ma anche di catturare le polveri sottili, il pulviscolo di varia natura, e di ridurre le ondate di calore estivo con ombra e frescura all’interno delle zone edificate.
Nelle due foto seguenti sono rappresentati due esempi di potature fatte senza criterio e con poco rispetto per la fisiologia dell’albero







8-9 Platani privati della parte più periferica e più importante della chioma

I raffronti possono continuare anche con altre specie presenti e frequenti nelle nostre strade urbane. Nelle due foto seguenti si vede un ippocastano, di proprietà privata, lasciato allo sviluppo spontaneo e quasi “dimenticato” ripreso in inverno e in estate. Si può dire sia più largo che alto, tanto la chioma si è distribuita spazialmente, regolata dalle leggi della natura, dal patrimonio genetico della specie e dalle condizioni ambientali specifiche di quel luogo. I giardinieri non ci mettono mani e motosega da decenni e questo è, per lui e per tutti noi, una fortuna.



10-11 Portamento naturale di ippocastano cresciuto in assenza di interventi correttivi

Questo albero ha subìto le medesime sollecitazioni di vento e bufera degli altri alberi della città, ma non ha fatto una piega, non si è spezzato un ramo, alla faccia di chi consiglierebbe una drastica potatura per (presunte) ragioni di sicurezza.
Pur essendo confinato in uno spazio piuttosto modesto, ma sufficiente per le sue esigenze, ha prodotto un apparato radicale talmente ampio da potersi mantenere in piedi nonostante il vento e da poterlo alimentare per la produzione dei numerosissimi fiori primaverili e di tutto il fogliame di cui si riveste nella stagione estiva.
L’amministrazione pubblica, invece, pensa di gestire il patrimonio arboricolo riducendo periodicamente le chiome come mostrano le immagini seguenti; i posteri accerteranno che gli alberi sono diventati insicuri e pericolosi per la pubblica incolumità ed avranno fondati motivi per abbatterli.




12-13 Potatura drastica e dannosa su ippocastani




A questo punto sorge spontanea la domanda: si possono fare potature decenti che garantiscano la sicurezza e non penalizzino la salute dell’albero?
Dopo aver descritto il platano di Verderio indichiamo un altro bell’esempio, sempre in ambito urbano, per un albero secolare di olmo.
L’albero, attorno al quale sono state eseguite opere per la riorganizzazione del parcheggio pubblico, è stato assoggettato a potatura che ha comportato il sacrificio di qualche ramo debole, di qualche ramo cariato, o in soprannumero, ma ha conservato la gran parte dei rami, degli apici e delle gemme. A primavera potrà riprendere a vegetare immediatamente e ci farà compagnia per molti anni ancora.


14  Razionale potatura su un albero centenario di olmo
Lecco, 10 febbraio 2019                Giorgio Buizza – dottore agronomo



venerdì 8 marzo 2019

XIX SECOLO, ANNI QUARANTA. LA NUOVA STRADA PER CORNATE di Marco Bartesaghi




“ … è una delle più frequentate della Brianza, per ivi provenendo i grani della Geradadda che conduconsi ai mercati di Merate, Santa Maria Hoè e Lecco”(1)

La strada di cui si parla è quella che attraversa Verderio e conduce a Cornate d’Adda. 

A scrivere così, nel 1844, era l’ingegner Giacomo Beretta, che aveva ricevuto l’incarico di redigere un progetto per rendere rettilineo il tratto di strada che dalla  chiesa parrocchiale di Verderio Superiore, quella che oggi è comunemente indicata come “chiesa vecchia”, arrivava alla “strada alla Fornace”, ossia all’attuale via Fiume Adda.
 

A dare l'incarico all'ingegner Beretta, il 22 ottobre 1844, era stata la “Deputazione all'Amministrazione comunale di Verderio Superiore” (2).

L'appalto per la costruzione fu assegnato al signor Giuseppe Villa, “possidente domiciliato a Verderio Superiore”. Il contratto, firmato il 28 luglio 1847, prevedeva la manutenzione per i nove anni successivi alla consegna, ad un  canone annuo di lire 313. Il costo dell'opera fu di lire 6599 (3).
 

Alla consegna dell'opera finita presenziano il signor Giuseppe Villa, appaltatore; il signor Quinterio, in sostituzione del deputato signor Gnecchi (probabilmente Giuseppe); il signor Fossati, in sostituzione del deputato Conte Annoni; il signor Gio Batta Paltenghi, agente comunale; il signor Giacomo Beretta, ingegnere consegnante.

 ***

Il tronco di strada realizzato allora è quello su cui ancora oggi transitiamo  per raggiungere Cornate. 

 
1844.Vecchia e nuova strada per Cornate nel progetto dell'ing. Giacomo Beretta



Al momento della sua costruzione, l'unico edificio esistente lungo il  percorso era la cascina Malpensata “la “Casinéta”), di proprietà della famiglia Biffi. 

 
Cascina Malpensata (Casinéta), vista dalla vecchia strada per Cornate


Nello stesso secolo, il XIX, dopo la costruzione della strada furono costruiti: la cascina Isabella, 1870/1871, regalo dei genitori a Francesco Gnecchi Ruscone, in occasione delle sue nozze con Isabella Bozzotti; il cimitero, nel 1891, in sostituzione di quello esistente situato sul fianco sinistro della chiesa parrocchiale; la cascina Provvidenza, verso la fine del secolo, di proprietà della parrocchia.

Cascina Isabella, vista dalla vechia strada per Cornate
















Portale del cimitero di Verderio ex Superiore


Cascina Provvidenza



















***


Con l'entrata in funzione del nuovo tronco stradale, il vecchio tracciato ha perso la sua importanza, è stato degradato a strada campestre, ma non è mai stato cancellato del tutto. Ancor oggi può essere in gran parte percorso ed è riconoscibile  anche laddove non esiste più.


Lo si imbocca girando a destra subito dopo la Chiesa Vecchia.

Particolare della tavola del progetto, con la vecchoa strada che scende verticalmente lambendo la  Chiesa Vecchia e la casa parrocchiale. Da notare il vechhio cimitero la cui area è oggi occupata da un'abitazione privata.
 
La freccia indica l'imbocco della vecchia strada per Cornate.



Si interrompe all'incontro con  la zona residenziale di via Papa Giovanni XXIV, realizzata negli anni novanta del novecento. .





Qui l'antica strada  sparisce per qualche decina di metri e quando riprende è poco più di una mulattiera che scorre attraverso i campi. Ha però conservato l'andamento che aveva prima di essere sostituita, le stesse curve e probabilmente gli stessi dislivelli. È il disegno del progetto del 1844 a confermarlo.


Dopo l'interruzione la strada riprende in leggera discesa e, dopo una ventina di metri svolta a sinistra







Dopo una breve discesa, la strada procede in piano per una ventina di metri, svolta a sinistra e poi prosegue  in modo quasi rettilineo fino all'incrocio con la via, già allora esistente, che conduce alla cascina Brugarola e ancor oltre fino alla roggia Annoni, che sarà stata attraversata da un ponte che ora non c' è più.





L'incrocio fra la strada vecchia per Cornate e la via Brugarola

Aldilà della roggia, della  strada è stata cancellata ogni traccia. Con l'aiuto del disegno e di una bindella sarebbe possibile individuare con precisione il suo percorso.




Io  mi sono accontentato di supporlo in modo  approssimativo: la strada attraversava il prato in direzione nord-est e  saliva fino al livello della strada attuale. I due tracciati correvano affiancati per un centinaio di metri per poi fondersi, pochi metri dopo l'incrocio con la via Fiume Adda.

Foto scattata dal greto della Rogia Annoni. la linea rossa è una mia supposizione sull'andamento che avrebbe potuto avere la strada vecchia. È  più probabile però che passasse un po' più a destra, dove adesso c'è il muro.

Più o meno in questo tratto le strade erano affiancate


Poco dopo la strada per Porto d'Adda , che allora si chiamava "Strada alla Fornace", il nuovo tracciato si innestava su quello vecchio.

NOTE
(1) Geradadda è il nome del territorio compreso fra il fiume Adda, a ovest, il fiume Serio, a est, e il Fosso Bergamasco, a nord.
 

(2) Sull'amministrazione comunale in quel periodo si veda l'articolo intitolato di Fabio Luini“Verderio Superiore. I bilanci comunali”: http://www.comune.verderio.lc.it/verderio/zf/index.php/servizi-aggiuntivi/index/index/idtesto/74
 

(3) Si tratta della lira austriaca, la moneta introdotta nel 1823 dall'Imperatore Francesco I, nel regno Lombardo -Veneto.


* Nel febbraio del 1996, all'Archivio Comunale di Verderio Superiore, ho consultato i documenti di un faldone che, allora, era così individuabile:  Categoria A, prima sezione, prima del 1899. Il fascicolo n.3, conteneva le carte relative alla "nuova strada per Cornate"

Marco Bartesaghi