sabato 30 gennaio 2010

COSTITUZIONE ITALIANA E LIBERTA' RELIGIOSA di Ambrogio Cazzaniga - prima parte


Il 27 novembre 2009 si è svolto a Verderio Inferiore un incontro su COSTITUZIONE ITALIANA E LIBERTA' RELIGIOSA. Relatore della serata il professor Ambrogio Cazzaniga, già docente di Storia e Filosofia al Liceo Scentifico M.G.Agnesi di Merate. Il professor Cazzaniga ha autorizzato la pubblicazione sul blog del seguente testo, con l'avvertenza che si tratta di un semplice testo guida sull'argomento e non un vero e proprio contributo compiutamente elaborato



SCHEMA-SOMMARIO

PREMESSE STORICHE ALLA COSTITUZIONE ITALIANA IN TEMA DI RELIGIONE

1. Costituzioni italiane del sec. XIX e religione

* la tradizione costituzionale italiana del sec. XIX e la centralità dello 'Statuto albertino' (marzo 1848): un compromesso tra 'antico regime' e tradizione 'liberale'
* la Costituzione della Repubblica Romana (luglio 1849): costituzione 'democratica' e 'laica'
* gli articoli delle due Costituzioni sul tema della 'religione'

2. Chiesa cattolica e libertà religiosa

* l'ostilità della Chiesa cattolica alla 'libertà religiosa': il 'Cattolicesimo' è l'unica e assoluta 'verità', cui tutti devono obbedire
* i documenti contro la libertà religiosa nel sec. XIX: l'enciclica 'Mirari vos' del 1832 (Gregorio XVI) e il 'Sillabo' del 1864
* il Concordato tra la Chiesa e il regime fascista del 1929
* il riconoscimento della 'libertà religiosa' nella Dichiarazione 'Dignitatis humanae' del 1965

3. La Dichiarazione universale dei diritti da parte dell' ONU del 1948

* la storia della dichiarazione dei 'diritti umani' nella storia moderna
* dalla 'Petition of rights' inglese del 1642 alla 'Déclaration des droits de l'homme' francese del 1789
* la 'Dichiarazione universale dei diritti' dell' ONU del 1948
* 'Carta dei diritti d' Europa (2000)

ANALISI DEI TESTI DELLA COSTITUZIONE SUL TEMA DELLA RELIGIONE
1. La libertà religiosa come principio generale

* la 'libertà religiosa' viene riconosciuta in conformità alla tradizione 'liberale' dei 'diritti dell'uomo della modernità -la 'libertà religiosa', insieme alla 'libertà politica', come prime forme di libertà 'liberali'
* gli articoli 2 e 3 come articoli 'fondamentali'
* gli articoli 19 e 20 come ulteriore specificazione della 'libertà religiosa'

2. Il 'privilegio' della Chiesa cattolica

* gli articoli 7 e 8 sui 'privilegi' della Chiesa Cattolica e sulle altre religioni
* differenza tra 'concordato' e 'intesa'

3. Le altre tradizioni religiose

* Ebraismo e Valdismo protestante in Italia, oltre al Cattolicesimo
* inesistenza originaria di aderenti alla religione islamica
* lungimiranza dei costituenti: la 'libertà religiosa' in generale




PREMESSE STORICHE ALLA COSTITUZIONE ITALIANA IN TEMA DI RELIGIONE

1. LO STATUTO ALBERTINO E LA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ROMANA

1.1. LO STATUTO ALBERTINO
* Se si vuole comprendere, sul piano storico e sul piano politico, il rapporto che esiste, nella Costituzione italiana, con la realtà 'religiosa', è molto istruttiva una 'sinossi' tra l'art. 1 dello Statuto albertino e l'art. 1 della Costituzione italiana del 1948.

Statuto albertino

Carlo Alberto, per grazia di Dio Re di Sardegna ecc. - Art. 1 La Religione Cattolica, Apostolica e Romana è la sola Religione dello Stato. Gli altri culti ora esistenti sono tollerati conformemente alle leggi.
Costituzione italiana
Articolo 1. L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione
* La distanza storica e la differenza tematica balza all'occhio facilmente. Lo Statuto albertino si apre con il pieno riconoscimento della radice 'religiosa' del potere, della società e della politica, tanto da assumere la Religione Cattolica, Apostolica e Romana come la sola Religione dello Stato mentre gli altri culti ora esistenti sono -semplicemente!- tollerati conformemente alle leggi. Benché prodotto da un movimento storico di matrice liberale, lo Statuto albertino si muove ancora in una logica da 'ancien régime' ovvero di 'Christianitas'
* L' art. 1 della Costituzione italiana segue invece una logica che ormai è definitivamente 'laica'. Il 'fondamento' della Repubblica democratica non è più la 'religione', bensì il 'lavoro': il balzo storico, culturale e politico è veramente sconvolgente. Se si vuole comprendere bene questa 'fondamentalità' del 'lavoro', si deve individuare qual è la cultura che sta dietro ad essa: nientemeno che la filosofia di Marx -e ancora prima quella di Hegel, che ha indicato nel 'lavoro' l'ambito privilegiato in cui l'uomo realizza appieno la sua umanità. Dalla Religione Cattolica, Apostolica e Romana al valore del 'lavoro' di Marx la trasformazione è stata radicale: non che la Costituzione sia una costituzione 'marxista', ma è indubbio che la 'centralità' acquisita dal 'lavoro' nell'età moderna è dovuta, anche se non principalmente, alla elaborazione culturale risalente a Marx

1.2. LA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ROMANA
* La sovranità è per diritto eterno nel popolo. Il popolo dello Stato Romano è costituito in repubblica democratica. II. Il regime democratico ha per regola l'eguaglianza, la libertà, la fraternità. Non riconosce titoli di nobiltà, né privilegi di nascita o casta. III. La Repubblica colle leggi e colle istituzioni promuove il miglioramento delle condizioni morali e materiali di tutti i cittadini. IV. La Repubblica riguarda tutti i popoli come fratelli: rispetta ogni nazionalità: propugna l'italiana [...] VII. Dalla credenza religiosa non dipende l'esercizio dei diritti civili e politici. VIII. Il Capo della Chiesa Cattolica avrà dalla Repubblica tutte le guarentigie necessarie per l'esercizio indipendente del potere spirituale
* La prospettiva culturale e politica, rispetto a quella dello Statuto albertino, è del tutto differente. In questo testo i 'valori' fondanti non sono né la 'religione' né il 'lavoro' bensì: il 'popolo' (mazziniano); il trittico della Rivoluzione francese: l'eguaglianza, la libertà, la fraternità; la 'nazionalità' (mazziniana)
* La 'religione' viene riconosciuta come ambito di esercizio della libertà individuale, ma non è ritenuta fattore costitutivo della Repubblica democratica: dalla credenza religiosa non dipende l'esercizio dei diritti civili e politici ovvero la 'religione', qualunque essa sia, non condiziona l'usufrutto dei diritti civili e politici. Viene infine garantita l'autonomia del Papato come centro della Chiesa cattolica: una realtà specifica dell' Italia e di Roma in particolare

2. LA CHIESA CATTOLICA E LA LIBERTÀ RELIGIOSA
Il riferimento alla Chiesa cattolica, in ordine al rapporto tra Costituzione e religione, è inevitabile, vista la capillarità del Cattolicesimo nella società italiana e vista l'ubicazione del Papato come sede centrale della Chiesa cattolica. Qual è stata la posizione della Chiesa cattolica circa il rapporto tra Stato -e quindi Costituzione- e religione? Alcuni documenti famosi possono illustrare l'atteggiamento della Chiesa di Roma.



2.1. MIRARI VOS [1832]
Da questa corrottissima sorgente dell' 'indifferentismo' scaturisce quell'assurda ed erronea sentenza, o piuttosto delirio [deliramentum], che si debba ammettere e garantire a ciascuno la 'libertà di coscienza': errore velenosissimo, a cui apre il sentiero quella piena e smodata 'libertà di opinione' che va sempre aumentando a danno della Chiesa e dello Stato, non mancando chi osa vantare con impudenza sfrontata provenire da siffatta licenza qualche vantaggio alla Religione
* La 'Mirari vos' è una enciclica pubblicata dal papa Gregorio XVI nel 1832, con cui si intendeva condannare in blocco il 'Cattolicesimo liberale' e, ancora di più, il 'liberalismo'. Ambedue affermavano che la 'libertà di coscienza' in materia religiosa è un diritto inalienabile di ogni individuo. Ma questa affermazione -oggi scontata- viene condannata con termini violenti dal papato del primo '800, tanto da qualificare tale 'libertà', nientemeno, che come delirio [deliramentum], insieme alla 'libertà di opinione', che oggi è ritenuta uno dei pilastri portanti della società liberaldemocratica
* Quale il motivo di tale 'intransigentismo'? Il principio su cui si regge questa rigidissima posizione del Papato e quindi della Chiesa cattolica è il seguente: la Chiesa cattolica possiede la verità ultima definitiva e assoluta e quindi ha il diritto di imporla, rigettando tutte le altre pretese forme di verità, che sono solo deviazioni anzi errori. È la tipica posizione di tutte le religioni 'assolutistiche', che si ritengono portatrici della 'verità ultima' e che inevitabilmente sboccano nell'uso della violenza -vedi le vicende storiche della Inquisizione

2.2. SILLABO [1865]
15. Ogni uomo è libero di abbracciare e professare quella religione, che, col lume della ragione, reputi vera.
77. Ai tempi nostri non giova più tenere la religione cattolica per unica religione dello Stato, escluso qualunque sia altro culto.
78. Quindi lodevolmente in parecchie regioni cattoliche fu stabilito per legge, esser lecito a tutti gli uomini ivi convenuti il pubblico esercizio del proprio qualsiasi culto.
79. Infatti è falso che la civile libertà di qualsiasi culto o la piena potestà a tutti indistintamente concessa di manifestare in pubblico e all'aperto qualunque pensiero ed opinione influisca più facilmente a corrompere i costumi e gli animi dei popoli e a propagare la peste dell'indifferentismo.
80. Il Romano Pontefice può e deve col progresso, col liberalismo e con la moderna civiltà venire a patti e conciliazione.
* Il Sillabo è un elenco di proposizioni -un 'sillabario' appunto- che vengono poste in appendice alla enciclica Quanta cura pubblicata da Pio IX nel 1865. In questo testo vengono riprese, inalterate, le posizioni della Mirari vos, anzi esse vengono ancora più inasprite e radicalizzate: no alla 'libertà di coscienza' religiosa; no allo Stato 'laico'; no al pluralismo religioso
* L'idea che si ricava dal testo del Sillabo è quella di una Chiesa cattolica arroccata su posizioni premoderne, incapace di comprendere i nuovi tempi 'moderni' che avanzano, ripiegata su un passato ritenuto glorioso ma ormai definitivamente superato

2.3. IL CONCORDATO TRA CHIESA CATTOLICA E STATO FASCISTA NEL 1929
Sia il Trattato che il Concordato iniziano con questa formula: 'In nome della santissima Trinità' a dimostrazione della concezione 'integralista' dei rapporti Chiesa-Stato da parte della Chiesa Cattolica, nonostante la 'laicità' e l' 'anticlericalismo' del movimento fascista originario, costretto, una volta al potere, a fare i conti con quel 'potere forte' in Italia che è la Chiesa Cattolica.

CONCORDATO
art. 1.
L'Italia riconosce e riafferma il principio consacrato nell'articolo 1 dello Statuto del Regno 4 marzo 1848, pel quale la religione cattolica, apostolica e romana è la sola religione dello Stato.
art. 34
Lo Stato italiano, volendo ridonare all'istituto del matrimonio, che é a base della famiglia, dignità conforme alle tradizioni cattoliche del suo popolo, riconosce al sacramento del matrimonio, disciplinato dal diritto canonico, gli effetti civili. Le pubblicazioni del matrimonio come sopra saranno effettuate, oltre che nella chiesa parrocchiale, anche nella casa comunale. Subito dopo la celebrazione il parroco spiegherà ai coniugi gli effetti civili del matrimonio, dando lettura degli articoli del codice civile riguardanti i diritti ed i doveri dei coniugi, e redigerà l'atto di matrimonio, del quale entro cinque giorni trasmetterà copia integrale al Comune, affinché venga trascritto nei registri dello stato civile. Le cause concernenti la nullità del matrimonio e la dispensa dal matrimonio rato e non consumato sono riservate alla competenza dei tribunali e dei dicasteri ecclesiastici.
art. 36
L'Italia considera fondamento e coronamento dell'istruzione pubblica l'insegnamento della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica. E perciò consente che l'insegnamento religioso ora impartito nelle scuole pubbliche elementari abbia un ulteriore sviluppo nelle scuole medie, secondo programmi da stabilirsi d'accordo tra la Santa Sede e lo Stato. Tale insegnamento sarà dato a mezzo di maestri e professori, sacerdoti e religiosi approvati dall'autorità ecclesiastica, e sussidiariamente a mezzo di maestri e professori laici, che siano a questo fine muniti di un certificato di idoneità da rilasciarsi dall'ordinario diocesano. La revoca del certificato da parte dell'ordinario priva senz'altro l'insegnante della capacità di insegnare. Pel detto insegnamento religioso nelle scuole pubbliche non saranno adottati che i libri di testo approvati dalla autorità ecclesiastica
Tre punti decisivi nel rapporto Stato-Chiesa:
* Cattolicesimo come religione ufficiale dello Stato
*Riconoscimento degli effetti civili del matrimonio religioso (con esclusiva giurisdizione ecclesiastica)
* insegnamento obbligatorio della religione nelle scuole italiane:
Il Concordato del 1929 venne affiancato anche da un Trattato sul rapporto tra lo Stato italiano e la neonata Città del Vaticano, con cui veniva definitivamente chiusa la cosiddetta 'questione romana' nata nel 1870.
Il Concordato è stato revisionato nel 1984 durante il primo governo Craxi apportandovi i seguenti mutamenti:
* il Cattolicesimo non è più la religione 'ufficiale': "Si considera non più in vigore il principio, originariamente richiamato dai Patti Lateranensi, della religione cattolica come sola religione dello Stato italiano"
* sono limitati i privilegi della legislazione ecclesiastica sul matrimonio, affidando ai tribunali dello Stato la discrezionalità circa il recepimento delle sentenze del tribunale ecclesiastico
* l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non è più obbligatorio bensì opzionale e non di tipo catechistico, sulla base dell'affermazione secondo cui: i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano

2.4. LA DICHIARAZIONE 'DIGNITATIS HUMANAE' [1965]
2. Questo Concilio Vaticano dichiara che la persona umana ha il diritto alla libertà religiosa. Il contenuto di una tale libertà è che gli esseri umani devono essere immuni dalla coercizione da parte dei singoli individui, di gruppi sociali e di qualsivoglia potere umano, così che in materia religiosa nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza né sia impedito, entro debiti limiti, di agire in conformità ad essa: privatamente o pubblicamente, in forma individuale o associata. Inoltre dichiara che il diritto alla libertà religiosa si fonda realmente sulla stessa dignità della persona umana quale l'hanno fatta conoscere la parola di Dio rivelata e la stessa ragione. Questo diritto della persona umana alla libertà religiosa deve essere riconosciuto e sancito come diritto civile nell'ordinamento giuridico della società. A motivo della loro dignità, tutti gli esseri umani, in quanto sono persone, dotate cioè di ragione e di libera volontà e perciò investiti di personale responsabilità, sono dalla loro stessa natura e per obbligo morale tenuti a cercare la verità, in primo luogo quella concernente la religione. E sono pure tenuti ad aderire alla verità una volta conosciuta e ad ordinare tutta la loro vita secondo le sue esigenze. Ad un tale obbligo, però, gli esseri umani non sono in grado di soddisfare, in modo rispondente alla loro natura, se non godono della libertà psicologica e nello stesso tempo dell'immunità dalla coercizione esterna. Il diritto alla libertà religiosa non si fonda quindi su una disposizione soggettiva della persona, ma sulla sua stessa natura. Per cui il diritto ad una tale immunità perdura anche in coloro che non soddisfano l'obbligo di cercare la verità e di aderire ad essa, e il suo esercizio, qualora sia rispettato l'ordine pubblico informato a giustizia, non può essere impedito.
* Si deve attendere il Concilio Vaticano II e il 1965 per vedere riconosciuta, in un testo ufficiale della Chiesa cattolica, il principio della 'libertà religiosa'. La Dichiarazione Dignitatis humanae è stata uno dei testi più travagliati del Concilio, visto che è stata promulgata per ultimo e solo pochi giorni prima della chiusura. Non solo: ma essa è all'origine, sia pure insieme ad altre motivazioni, del piccolo 'scisma' provocato dal vescovo francese M. Lefebvre dopo la conclusione del Concilio, il quale riteneva che tale 'libertà' fosse la causa della dissoluzione dell'intero edificio del Cattolicesimo, edificato sul principio del possesso della verità ultima e definitiva, che deve solo essere accolta e non oggetto di libera scelta
* Con il papato di Giovanni Paolo II, si è assistito ad un rovesciamento di posizioni spettacolare: quella Chiesa cattolica, che aveva sempre respinto i principi della 'libertà individuali' in quanto negatori del proprio assolutismo teologico, è diventata la sostenitrice più accanita dei 'diritti' umani, ovviamente a partire dalla 'libertà religiosa'. Un approdo apprezzabile, anche se tardivo e, sopratutto, dimentico della storia di rigetto del principio di 'libertà' che ha caratterizzato la Chiesa cattolica sino alla metà del sec. XX

Le fotografie di questo servizio, riprese la sera del 27 novembre da Fabio Oggioni, sono state scaricate da :
http://ultapelon.blogspot.com/

martedì 26 gennaio 2010

"BACHETIN" di Marco Bartesaghi -prima puntata




Questa è la storia breve, ma significativa almeno per chi l'ha vissuta, di un gruppo naturalistico spontaneo - molto spontaneo - che ha operato a Verderio Superiore tra il 1996 e la prima metà del 2000: il "Bachetin", dal nome di una "foppa", piccolo laghetto, esistito, come diversi altri, fino a qualche decennio fa nei pressi della cascina Fuggitiva.
Il "Bachetin" era un gruppo minuscolo, molto variabile nella sua composizione. Aveva però un "capo" entusiasta e molto determinato: Francesco Agostoni.


L'idea di costituirlo nacque una sera, dopo che l'Assemblea del Parco Adda Nord aveva accolto la proposta dell'Amministrazione Comunale di inserire una parte del territorio di Verderio

ALBERI DELL'AZIENDA AGRICOLA BOSCHI

Superiore nel parco: una vittoria per tutti quelli che avevano caldeggiato questa scelta. Si pensò allora di dover fare qualcosa per migliorare, dal punto di vista naturalistico, la zona interessata e si individuarono due obbiettivi:
- migliorare la qualità dell'unico bosco presente sul territorio comunale, quello che fa parte dell'Azienda Agricola ai Boschi

IL PONTICELLO CHE DAVA ACCESSO AL BOSCO

- recuperare il solo stagno rimasto, la "Fopa de mut", situata al confine con Porto d'Adda sull'area di una vecchia fornace.

LA "FOPA DE MUT"

Si iniziò con il primo obbiettivo, anche per la disponibilità dimostrata dai proprietari del bosco. Il secondo rimarrà solo alla fase di "idea".
Il progetto di migliorare il bosco consisteva nell'abbattere un certo numero di robinie, il tipo di pianta di gran lunga prevalente, per sostituirle con alberi di altra specie e ottenere così un bosco più ricco di varietà.
Il compito di tagliare gli alberi era svolto da persone adulte nel periodo consentito, da metà ottobre a fine marzo. Alla piantumazione era invece dedicata una domenica di primavera ed era svolta da bambini delle scuole elementari e dalle loro famiglie.

FESTA A CASCINA FUGGITIVA

Un'altra domenica dell'anno, in autunno, aperta anch'essa ai bambini e alle famiglie, era solitamente dedicata alla conoscenza dell'ambiente locale, ad attività naturalistiche o al gioco.
Queste giornate di lavoro e di festa finivano sempre con un pranzo alla Cascina Fuggitiva, conosciuta anche come Cascina del Bachetin, che il gruppo considerava sua sede naturale. In tutte queste occasioni fu sempre molto simpatica l'accoglienza da parte degli abitanti.

PAOLO BELLOTTO DISTRIBUISCE
VIN BRULE

L'attività del "Bachetin", che per tutta la durata della sua vita ha mantenuto la natura di gruppo informale autofinanziato, è cessata quando Francesco Agostoni si è trasferito con la famiglia in Toscana: purtroppo le persone rimaste non hanno avuto abbastanza forza e convinzione per andare avanti.
Cosa resta del "Bachetin"? Il ricordo, le fotografie e una parte dei circa 400 alberelli piantati negli anni di attività.



Le foto che accompagnano questo servizio risalgono al 27 ottobre 1996, prima attività pubblica del Bachetin: un itinerario che, partendo dal centro paese, attraverso l'Azienda Agricola Boschi portava al bosco, alla Foppa de Mut e, infine, alla cascina Fuggitiva per la festa finale.

giovedì 21 gennaio 2010

TEREZIN, IL LAGER DEI BAMBINI di Beniamino Colnaghi


MONUMENTO DEDICATO ALLE VITTIME
DI TEREZIN

In ricordo di tutti i bambini morti nei lager e nei campi di concentramento.
Terezín, in tedesco Theresienstadt, era una cittadina completamente circondata da mura, fatta costruire nel 1870 dall'Imperatore Francesco Giuseppe, in onore della madre Maria Teresa d'Austria. E' stata articolata in dodici bastioni a forma di stella, costruiti in mattoni rossi. Una stella infernale e tragica, però.
La Fortezza Minore di Terezin, che dista circa 60 km, a nord, da Praga, fu costruita principalmente per difendere il cuore della Boemia dagli assalti degli eserciti nemici. Fu una fortezza militare che ospitò una guarnigione a difesa della regione più settentrionale dell'Impero Austro-Ungarico. La fortezza, come avveniva spesso nelle strategie militari degli antichi imperi, venne eretta vicino ad un fiume, o meglio, in questo caso, alla confluenza del Labe (Elba) con il fiume Ohre.
Durante la I Guerra Mondiale fu utilizzata come carcere per i prigionieri di guerra, principalmente provenienti dalle regioni confinanti con la Russia e dalla Galizia, Rutenia e Bukovina.

INGRESSO AD UN CORTILE INTERNO

All'inizio della seconda guerra mondiale, dopo l'invasione della Cecoslovacchia, la Gestapo utilizzò Terezin sia come ghetto e sia come la più grande prigione del Provveditorato di Boemia e Moravia, concentrando soprattutto gli ebrei provenienti dalla Cecoslovacchia, dall'Austria e dalla Germania. Hitler fece trasferire tutti gli abitanti di Terezin e nelle case mise i bambini presi e deportati dai vari paesi e strappati ai loro genitori, che spesso venivano mandati direttamente in altri lager nazisti.
Terezín non era un vero e proprio campo di sterminio, non c'erano camere a gas: degli oltre 140.000 ebrei che furono internati, circa 33.000 morirono nel ghetto, in gran parte a causa delle terribili condizioni di estrema sofferenza derivanti dalle malattie e dalla densità della popolazione. Oltre 17.000 persone furono liberate dall'esercito dell'Armata Rossa, il restante numero fu deportato ad Auschwitz/Birkenau e negli altri campi di sterminio.

UNA CELLA

I nazisti cercarono di presentare Terezin come "zona autonoma di insediamento ebraico" e "ghetto modello" e mostrarono il campo a più riprese a delegazioni di osservatori internazionali, tra cui la Croce Rossa. Per un certo periodo i nazisti permisero le manifestazioni artistiche, venne formato un coro e subito dopo nacque un'orchestra. Hans Krasa, un valente musicista, compose una piccola opera per bambini intitolata "Brundibar": E' l'unica opera lirica che può essere rappresentata in forma teatrale con scene e costumi. Medici, infermieri, insegnanti e altri volontari con infinito spirito di sacrificio lavorarono per assicurare il funzionamento ed il mantenimento del decoro nel campo, sempre più sovraffollato.

LA BOCCA DI UN FORNO

Progettato per 7 mila internati, nell'autunno del '42 ne contava già 60 mila. La fortezza divenne luogo lugubre e terrificante. Le sue celle buie e umide servivano per interrogatori feroci e torture disumane, i suoi cortili per esecuzioni capitali.
Fino alla evacuazione, da Terezin partirono interminabili convogli per i lager di Auschwitz/Birkenau e della Polonia orientale, dove gli abitanti del "campo modello" furono sterminati senza pietà. Verso il 1944, quando si cominciò a capire che la Germania sarebbe crollata, gli ultimi adulti che rimasero a Terezin raccolsero i disegni dei bambini del campo che tenevano nascosti e li murarono nelle pareti, in modo tale che potessero essere testimonianza e memoria di ciò che avvenne nella fortezza-lager.
I testi storici affermano che, dei 15.000 bambini che tra il '42 ed il '45 arrivarono a Terezin, se ne salvarono solo un centinaio. Terezin diventò il ghetto dell'infanzia, una delle invenzioni più mostruose del nazismo, una incancellabile vergogna della storia.
Gli uomini sapevano cos'era il nazismo, sapevano cos'era la mostruosa macchina che li stava annientando. I bambini no. I bambini sapevano che non avevano fatto nulla di male e si chiedevano perché erano stati trasferiti in quell'inferno e chiedevano di essere riportati a casa loro, dalla mamma, dai nonni, per poter ritornare a scuola ed ai propri giochi.

A Terezin qualche insegnate prende l'iniziativa, vietata, di far scuola ai bambini ed ai ragazzi. E' un modo per occuparli e distrarli dagli orrori. Così nascono disegni e poesie. E fortunatamente questi lavori si sono in gran parte conservati. I disegni sono 4 mila e le poesia 60. Quei disegni infantili e quelle poesie innocenti e acerbe sono tutto ciò che resta di 15.000 bambini, che riproducono i loro sogni e le loro esperienze vissute, sia prima sia durante l'internamento: carretti carichi di cadaveri e mostri che divorano i bambini, ma anche alberi, farfalle, frutta, i treni e le barche, il mercato, le feste in famiglia, il natale.

Oggi la fortezza di Terezin è visitabile dal pubblico. Molti dei disegni dei bambini spazzati via dallo sterminio nazista si possono vedere a Praga, nel museo che si trova a fianco del vecchio cimitero ebraico, nell'antico Ghetto della città.





POESIE E DISEGNI DI BAMBINI DI TEREZIN a cura di Beniamino Colnaghi




....Siamo abituati
a piantarci in lunghe file alle sette del mattino,
a mezzogiorno, alle sette di sera, con la gavetta in pugno,
per un po' di acqua tiepida
dal sapore di sale o di caffè
o, se va bene, per qualche patata.
Ci siamo abituati a dormire senza letto,
a salutare ogni uniforme scendendo dal marciapiede e risalendo poi sul marciapiede....
Ci siamo abituati agli schiaffi senza motivo, alle botte...
Ci siamo abituati a vedere la gente morire nei propri escrementi...
...all'arrivo periodico di un migliaio di infelici e alla corrispondente partenza di un altro migliaio di esseri ancora più infelici.......

Petr, morto ad Auschwitz



Significativa questa immagine. La freccia che si distingue nel disegno, è rivolta verso est perché i treni che partivano, erano diretti sempre in quella direzione, verso Auschwitz, e non tornavano più! Sia la macchina che il bimbo a piedi sono rivolti nell'altra direzione, verso la libertà.




Vorrei andare sola
Dove c'è altra gente migliore
In qualche posto sconosciuto
Dove nessuno più uccide
Ma forse ci saremo in tanti
Verso questo sogno
In 1000 forse
- e perché non subito?

Alena Synkova nata il 29/04/1926
Alena è stata una delle poche bambine liberate





Doris Weisevova n.1932 morta nel '44 ad Auschwitz
Disegno fatto con fili cuciti su foglio di recupero.




Natale a Terezin
Hana Neufeldova n. 1/03/1933
Morta il 23 ottobre 1944 ad Auschwitz.





Doris Zdekauevova nata il 15/07/1932
Morta il 16/10/1944 ad Auschwitz
Questo disegno rappresenta la bambina che sta per essere mangiata dal mostro





domenica 17 gennaio 2010

27 GENNAIO: GIORNO DELLA MEMORIA





Cliccando alla voce "Giorno della memoria" nell'elenco delle "etichette" trovi i seguenti articoli:

- HILDE ED HERTA SALVATE DA ADELE 25/01/09

- ELENCO DEGLI EBREI DEPORTATI DALL'ITALIA ARRESTATI IN BRIANZA 25/01/09


-
UNA LAPIDE 25/01/09

- 27 GENNAIO: GIORNO DELLA MEMORIA 25/01/09

- LETTERA DELLA COMUNITA' ISRAELITICA DI MILANO A SUOR LUIGIA GAZZOLA 22/03/09

- SUOR LIGIA GAZZOLA E MONS. ETTORE CASTELLI NEL RICORDO DI LEA MILLA 22/03/09


- L'ARRESTO E LA DEPORTAZIONE DI UNA FAMIGLIA DI EBREI A VERDERIO SUPERIORE (1943) 22/03/09

- IL CAMPO DI CONCENTRAMENTO ITALIANO DELL'ISOLA DI RAB (CROAZIA) 6/09/09

venerdì 15 gennaio 2010

IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL RAZZISMO di Aroldo Benini



CLICCA SULLE PAGINE PER INGRANDIRLE
*




Aroldo Benini scrisse questo articolo, uno dei primi studi su questo argomento apparsi nel nostro paese, per la rivista Il Paradosso nel 1960 (1). Lo pubblico sul blog con il consenso di Maria Adele, sua moglie, che ringrazio di cuore.
Aroldo è stato insegnante, girnalista, libraio, storico. Ha fondato e diretto, finché la salute glielo ha permesso, la Rivista Archivi di Lecco su cui ha scritto, fra l'altro, un articolo sulla Battaglia di Verderio del 28 aprile 1799 (2).
Questo blog deve molto ad Aroldo, anche se lui non l'ha mai visto ESSENDO scomparso prima che nascesse: senza i suoi consigli, il suo incoraggiamento, la sua fiducia non mi sarei mai messo a bazzicare archivi e ad interessarmi di vecchie storie e, di conseguenza, questo blog non sarebbe mai esistito. Marco Bartesaghi

(1) IL PARADOSSO, Anno V, n. 21, Gennaio - Marzo 1960
(2) Aroldo Benini, La battaglia di Verderio, 28 aprile 1799, Archivi di Lecco, n.3, 1987

*Mi è stato fatto notare che il testo, anche ingrandito, è di difficile lettura per la dimensione dei caratteri. Qualche consiglio per ingrandirlo ulteriormente:
- ingrandisci la pagina;
- "salva immagine con nome" (tasto sinistro del mouse);
- ingrandisci l'immagine a volontà e leggi direttamente sullo schermo.

Anche per la stampa del testo pare ci siano gli stessi problemi. Effettivamnete stampando le doppie pagine come sono state pubblicate sul blog, anche utilizzando il foglio A4 in tutta la sua grandezza, i caratteri sono un po' piccoli. Si può ovviare a questo problema modificando l'immagine, tagliando prima una pagina e poi l'altra e stampandole singolarmente.

giovedì 14 gennaio 2010

MI CHIAMO FAUSTA FINZI....



FAUSTA FINZI IN UNA RECENTE
FOTOGRAFIA

....sono nata a Milano l'11 giugno 1920 da padre ebreo, Edgardo Finzi, e da madre cattolica, Giulia Robiati.
Con mio padre sono stata arrestata a Milano il 22 aprile 1944 e tradotta al carcere di S. Vittore. Dopo una decina di giorni siamo stati spostati a Fossoli (Carpi) e, alla fine di luglio, inviati separatamente in campi di concentramento in Germania.
Da Fossoli siamo stati trasferiti con camion a Verona. Qui, alla partenza per la Germania, sono stata separata da mio padre senza possibilità di seguirlo: solo molto dopo ho saputo che la sua destinazione è stata Auschwitz e che alla prima selezione è stato inviato alla camera a gas.


EDGARDO FINZI CON LA MOGLIE
GIULIA ROBIATI
Partenza quindi per destinazione ignota; viaggio, di circa una settimana, in carri bestiame sigillati; arrivo, al mattino presto, in un campo accolti da SS armate, con cani ringhiosi e con urla e ordini incomprensibili; chiuse in un locale per 24 ore, senza alcun rifornimento di acqua o di cibo.
La mattina seguente sono ricomparse le SS, accompagnate da altre internate, ed è cominciata la spogliazione fisica, morale, psicologica totale. Io ero nel campo di Ravensbruck
Il sistema e il programma erano uguali in tutti i campi: immissione in baracche sovraffollate, sporche, piene di parassiti, malviste da chi era già insediato; due appelli al giorno della durata da 1 a 2 ore, alla mattina alle 6 e alla sera alle 18; obbligo di lavoro, tipo lavori forzati, sempre sorvegliate da SS armate. Questa vita è durata da agosto 1944 sino a maggio 1945.
L'episodio più terribile è stata l'evacuazione del campo in uno stato fisico stremato, sfinite moralmente e fisicamente, ammalate, senza abiti adatti alla stagione, morte di fame sotto i bombardamenti aerei e terrestri. Tutto questo è durato dal 27 aprile alla sera 4 maggio 1945. Alla fine ci hanno abbandonato per l'arrivo di una colonna di carri armati americani, ma la mattina seguente la zona è stata occupata dai russi e le disgrazie per noi non erano ancora finite.
Il rimpatrio è avvenuto alla fine di agosto, dopo un peregrinare tra vari campi di raccolta, ultimo quello di Lubecca.
Il nostro rientro in patria è passato nella più assoluta indifferenza generale e per tanti anni nessuno ha voluto sapere le nostre traversie, le nostre sofferenze nonché le conseguenze.
Ho raccontato questi mesi terribili, di fame, freddo, lavoro disumano, in alcuni incontri pubblici, a partire dal 27 gennaio 2001 (1), Giorno della Memoria, e nel libro che ho scritto "Varcare la soglia" (2).
LA VIDEO INTERVISTA REALIZZATA
DA JURIJ RAZZA PER IL COMUNE DI
VERDERIO SUPERIORE

Prima non ne avevo mai parlato con nessuno, nemmeno con le persone più intime e più vicine a me; non avevo mai raccontato questa mia terribile esperienza, che pure aveva lasciato un solco profondo e un'intima trasformazione: tutto giaceva sepolto nel mio io e non avrei desiderato esternare questi miei ricordi. Il passare degli anni arrivava quasi a convincermi che non ci fosse niente di eccezionale, di così interessante in questa mia storia. Mi pareva, leggendo la medesima vicenda descritta da altri, di rileggere la mia e mi ritrovavo in mille ricordi e sensazioni identiche, mai pensando che avrei potuto anch'io raccontare qualcosa e aggiungere qualche particolare interessante.

La mia vicenda era quella di tante altre persone e il dubbio di ripetere qualcosa di già noto a quelli che si interessavano dell'argomento mi ha sempre dissuasa dal provarci.
E così gli anni sono passati e io sono arrivata alla veneranda età di 81 anni senza dar vita ai miei ricordi. Forse è quando si rimane soli che questi affollano di più la mente e ci si concentra su di essi: possono essere ricordi recenti o lontani, felici o dolorosi, ma sono parte di noi stessi.
Non è vero che la solitudine sia una malattia, dipende da come ogni persona reagisce a questa situazione che può anche instaurarsi improvvisamente e inaspettatamente.
Anch'io mi sono trovata sola (non improvvisamente) alla morte di mio marito e la mancanza di una persona al mio fianco, dopo quasi cinquant'anni di vita insieme, è stato uno shock notevole, ma devo dire che, superato il trauma più violento dei primi mesi, che ti obbliga a far fronte a tutti i problemi di vita pratica per la perdita di una persona cara, la solitudine mi ha quasi costretto a riesaminare e ripercorrere la mia vita passata.
La solitudine bisogna saperla affrontare come qualsiasi evento della vita e non subirla come una malattia che ti aggredisce. Il ripercorrere a ritroso la propria esistenza, il cercare di ravvisare nei propri ricordi una sorta di meditazione sugli eventi che si sono susseguiti è una occupazione della mente e della psiche , è un aiuto a meglio conoscere se stessi, a ragionare su certi comportamenti, a conoscere come il destino ha giocato nella nostra vita o le nostre scelte hanno favorito o contrastato questo destino.
Quando si comincia questo riesame è qualcosa che appassiona e sprona a continuare, in fondo è un po' come un gioco con se stessi che occupa le ore libere e obbliga la mente a lavorare su questo e quindi a superare il senso di solitudine.
La mia vita ha avuto un episodio dominante che indubbiamente è quello che mi ha marchiato, anche se solo in vecchiaia ho avuto il tempo e il coraggio di affrontarlo a fondo.
Penso però che la vita di ogni persona sia ricca di eventi, di ricordi, di esperienze: bisogna avere la voglia e la volontà di rivedere tutto questo vissuto (che può essere lungo per chi è vecchio, ma anche per un giovane può avere ricchezza di aspetti diversi a seconda dell'età), filtrarlo, decantarlo, assimilarlo attraverso gli eventi che sono seguiti e attraverso la situazione, presente tramite la solitudine che aiuta questo ripasso e questa revisione.

Fausta Finzi


(1) La prima testimonianza pubblica di Fausta Finzi è avvenuta il 27 gennaio 2001 a Verderio Superiore. La signora Fausta non parlò direttamente al pubblico, ma lo fece attraverso una videointervista realizzata da Jurij Razza, a quel tempo in servizio civile presso il comune di Verderio Superiore. Il video, su supporto VHS e DVD, può essere chiesto in prestito presso la Biblioteca Intercomunale di Verderio.
(2) Fausta Finzi, VARCARE LA SOGLIA, a cura di Federico Bario e Marilinda Rocca, 2002, Lecco. Dopo questo prima edizione a cura dell'Istituto Lecchese per la Storia del Movimento di Liberazione e dell'Età Contemporanea, nel 2005 il libro, ampliato, è stato pubblicato dall'editore Gaspari di Gorizia con la prefazione di Frediano Sessa e con un nuovo titolo: A RIVEDER LE STELLE.



MIO PADRE, EDGARDO FINZI di Fausta Finzi





EDGARDO FINZI


Mio padre, Edgardo Finzi, è nato a Ferrara il 27 gennaio 1889, da Vittorio e Gilda Ascoli.
Ha passato l'infanzia a Padova, presso i nonni paterni e studiato a Venezia al collegio Ravà.
Assai giovane è venuto a Milano, dove ha incontrato mia mamma, Giulia Robiati, che ha sposato civilmente il primo marzo 1914.
GIULIA ROBIATI

L'anno successivo è nato il primo figlio, mio fratello Carlo; io sono nata a Milano l'11 giugno 1920.

LA FAMIGLIA FINZI AL COMPLETO

Nel 1915 è stato richiamato al servizio militare ed ha partecipato alla prima guerra mondiale come ufficiale dei mitraglieri. Ha combattuto sul Monte Grappa ed è stato decorato con due croci di guerra.
EDGARDO FINZI, PRIMO A SINISTRA
IN UNA FOTO AL FRONTE

Ha lavorato come funzionario al Credito Italiano fino al 1938. Quando le leggi razziali lo hanno costretto ad abbandonare il posto, ha rilevato una piccola fabbrica di prodotti chimici, presso la quale ho lavorato anch'io come contabile.

EDGARDO FINZI IN BICICLETTA MILANO
Le leggi razziali potevano in parte rimanere inapplicate, se si era in grado di dimostrare di avere avuto particolari meriti in guerra o un buon attaccamento al Partito Fascista.


IL PARERE DEL P.N.F. ALLA DOMANDA
DI DISCRIMINAZIONE INOLTRATA DA
EDGARDO FINZI

Si poteva pertanto richiedere la cosiddetta "discriminazione", la cui concessione dipendeva dalla valutazione di una apposita commissione.
Mio padre Edgardo fece domanda di "discriminazione" nel 1938, in quanto pluridecorato nella prima guerra mondiale. Nonostante il parere negativo del Partito Nazionale Fascista, al quale non era mai stato iscritto, nel 1941 l'attestato di "discriminazione" gli fu concesso.

LA DOMANDA DI "DISCRIMINAZIONE
E' STATA ACCOLTA


I vantaggi della discriminazione erano pochi e cessarono del tutto dopo l'8 settembre 1943, con l'occupazione tedesca e la nascita della Repubblica Sociale Italiana (R.S.I.), guidata da Benito Mussolini.
Il 22 aprile 1944 mio padre, presentatosi ad un appuntamento trappola, è stato arrestato da tedeschi, tradotto prima a S. Vittore e in seguito al campo di concentramento di Fossoli. Io ero con lui all'appuntamento e, fino a Fossoli, ho subito la sua stessa sorte. Dopo Fossoli i nostri destini si sono separati: io fui mandata a Ravensbrück.
Lui fu destinato ad Auschwitz, dove arrivò il 6 agosto 1944.
SCHEDA DI EDGARDO FINZI PRESO LO
YAD VASHEM A GERUSALEMME

Non superò la prima selezione e lo stesso giorno fu ucciso nella camera a gas.
Il suo nome è iscritto tra le vittime dello sterminio del popolo ebraico allo Yad Vashem, il museo della Shoah di Gerusalemme.

Fausta Finzi, gennaio 2005

lunedì 4 gennaio 2010

CASCINA "LA SALETTE" MUORE di Marco Bartesaghi


Cascina "La Salette" muore: è una morte lenta, la sua, ma non una morte naturale.
Muore per l'incuria e l'abbandono in cui l'hanno lasciata coloro che, possedendola, l'avrebbero dovuta curare, restaurare, rinnovare.
La sua agonia è probabilmente iniziata nei primi anni cinquanta del secolo scorso, quando Gianfranco Gnecchi Ruscone decise di venderla. In un primo tempo si rivolse alle famiglie che l'abitavano e che ancora lavoravano le aree agricole ad essa legate, proponendo a ciascuna di acquistare la porzione di edificio abitata ed i terreni coltivati. In seguito modificò la sua proposta avendo deciso di vendere cascina e terreni in un'unica soluzione: nessuna delle famiglie se lo poteva permettere e il fondo fu così acquisito da un artigiano di Merate .
Egli garantì per moti anni la manutenzione dello stabile. Ciò però non era più sufficiente ad accontentare le mutate esigenze degli abitanti e ad evitare l'inesorabile spopolamento. Dopo la sua morte, gli eredi cedettero la cascina agli attuali proprietari.
Che intenzioni hanno questi? Hanno un progetto già approvato per il recupero dell'edificio ma i lavori non sono mai iniziati e La Salette assume sempre più l'aspetto di un rudere irrecuperabile.
Si prova tristezza a vedere ridotta in questo stato la cascina che fino a pochi anni fa ci accoglieva all'entrata del paese, che non potevamo fare a meno di ammirare per il suo aspetto, per le sue torri laterali coperte da lastre di ardesia, per le sue bifore con colonnina centrale e capitello,
Come non pensare, magari con un giudizio azzardato, che altre cascine, anche meno pregevoli, sono ancora vive perché hanno avuto la fortuna di finire nelle mani di coloro che le abitavano? Pensiamo alle cascine S. Carlo, Provvidenza, Isabella, Malpensata. Anch'esse, certamente, avrebbero meritato più attenzione negli interventi di restauro e di recupero che le hanno riguardate, ma sono ancora vive ed abitate. Quelle acquistate da un unico proprietario, invece, sono ormai dei ruderi (La Salette, Alba) o sono già state abbattute.
Si prova anche rabbia nel constatare che edifici di pregio - perché La Salette è un edificio di pregio! - vengono acquistati e abbandonati senza pensare che essi hanno valore non solo per i loro proprietari "materiali", ma anche per le comunità dei paesi su cui sorgono, di cui hanno segnato la storia e la memoria.
E' difficile che da questo stato di cose si possa tornare indietro ed è difficile anche sperare, purtroppo, che chi è causa di questo sfacelo almeno non abbia a trarne profitto. E' proprio difficile e lo vedremo nei prossimi anni.

La fotografia è di Gabriele Aldeghi

LA SALETTE fotografie di Gabriele Aldeghi


Gabriele Aldeghi ha scattato queste fotografie poco prima che i suoi genitori lasciassero la cascina. Aldeghi Italo, padre di Gabriele, a La Salette è nato, nel 1931; Angelina Villa, la mamma, è nata invece a Cascina Alba, e si è trasferita a La Salette dopo il matrimonio, aprile 1960. L'hanno lasciata nel 2004, dopo essere stati, per alcuni anni, gli unici abitanti rimasti.
Per loro "cambiare casa" è stata una grande sofferenza, anche se il nuovo appartamento è bello, comodo e caldo.
Per loro vedere La Salette in questo stato è una sofferenza ancor più grande: li capisco e a loro dedico, con grande affetto, il blog di oggi. Marco Bartesaghi











TRE RICETTE DEGLI ANNNI TRENTA - QUARANTA di Manuela Bartesaghi


Queste ricette, scritte probabilmente negli anni trenta - quaranta del novecento, sono tratte da un quaderno di mia suocera, Giuseppina Cadeo Buizza.

OLIO AUTARCHICO



MAIONESE SENZA OLIO


PERSICHINO