mercoledì 29 giugno 2011

UNA PASSEGGIATA A PIEDI DA VIMERCATE A VERDERIO di Marco Bartesaghi


Il tragitto a piedi da Vimercate a Verderio rappresenta una bella passeggiata di un paio d'ore, su strade in buona parte sterrate e, per qualche tratto, addirittura in bosco. Il percorso che vi presento non è probabilmente l'unico possibile, ma è quello che ho sperimentato con mia moglie, una domenica di un paio di mesi fa. Anche l'indicazione delle cose incontrate è sicuramente incompleta. Insomma, prendete questo testo per quello che è, non una guida dettagliata ma una proposta di passeggiata.
Due immagini dell'ospedale di Vimercate
 
Il nostro itinerario parte dal nuovo ospedale di Vimercate, attivo da quest'anno, progettato dall'architetto Mario Botta, consente poi uno sguardo da lontano sulle Torri Bianche, tocca il 
Il quartiere Torri Bianche a Vimercate
 nuovo quartiere di Vimercate Nord, costruito sull'area un tempo occupata dallo stabilimento 
L'ingresso dello stabilimento Bassetti a Vimercate
Nuovo quartiere sorto sull'area dell'ex stabilimento Bassetti
 Bassetti, di cui è stato conservato l'ingresso, e raggiunge la Galleria di Piazza Marconi, altro 
Galleria di Piazza Marconi a Vimercate
edificio dell'architetto Botta: una panoramica quindi sulla nuova Vimercate, che ha suscitato e suscita contrastanti pareri fra i suoi abitanti e anche fra me e mia moglie.
Da piazza Marconi imbocchiamo via Vittorio Emanuele, l'arteria principale del centro storico, passiamo di fronte alla villa Sottocasa, acquistata dal Comune e sede del museo del territorio, MUST (lo troviamo chiuso dobbiamo perciò rimandare la visita)(1). Proseguendo si incontra piazza Roma, con il retro del Santuario della Beata Vergine, la cui facciata dà invece su piazza Unità d'italia, dove sorge anche il Palazzo Trotti, sede del Comune. Più avanti ancora piazza Santo Stefano, con la basilica dedicata al santo martire, edificio del X secolo con campanile romanico. Nel catino absidale della chiesa grande affresco con le storie della passione di Santo Stefano, dipinto nel 1566 dal pittore bresciano Lattanzio Gambara.
via Terraggio Molgora

Questi edifici meritano una visita. Noi però  li abbiamo già visti in altre occasioni e quindi, poco dopo il MUST, voltiamo a destra in via Terraggio Molgora, attraversiamo il bel parco pubblico di Villa Sottocasa e raggiungiamo, da un buco della recinzione, il fiume Molgora, all'altezza del ponte che lo attraversa. Da qui, lasciando alla destra gli edifici abbandonati dell'ex Canapificio 
Stabilimento dismesso del Canapificio Nazionale
 Nazionale, percorriamo per qualche decina di metri il lungofiume, torniamo in via Terraggio Molgora e raggiungiamo il Ponte di San Rocco, forse l'edificio storico più importante di Vimercate. Di origine romana, dal medioevo ha  avuto anche la funzione di "porta" d'acceso al paese. Lo attraversiamo, giriamo a sinistra in via san Rocco, ci inoltriamo nel cimitero da dove 
Il ponte di San Rocco
usciamo trovandoci in Largo Marinai d'Italia. Da qui, per via Pellegatta, via Galbussera e via Adda, arriviamo alla frazione di Rugginello.

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GRAFFITI NEL BOSCO di Marco Bartesaghi

Lungo il tragitto Vimercate - Verderio, descritto nel post precedente, nel bosco fra Cascina Ca' e la rotonda di Aicurzio, ho trovato questi tre piccoli graffiti.

domenica 19 giugno 2011

MODIFICHE A POST GIA' PUBBLICATI


Ho modificato due post precedentemente pubblicati:
all'articolo di Maria Fresoli intitolato Don Alessandro Villa Parroco di Robbiate - seconda parte, pubblicato il 21/5/2011 ho aggiunto alcune fotografie;
All'intervista intitolata Il mestiere di sindaco: Enrico Zoia sindaco di Verderio dal 1961 al 1973, pubblicato il 4/6/2011 ho aggiunto, nelle note, la traduzione delle frasi in dialetto. 

24 OTTOBRE 1942: BOMBE SU MILANO di Carla Deambrogi Carta

24 ottobre 1942; ho 14 anni. Sono a scuola, benché sia sabato pomeriggio, perché le insegnanti di educazione fisica devono "passare in rivista" le divise delle "piccole italiane" (le alunne fino a 14 anni) e delle "giovani italiane" (le alunne dai 14 ai 18 anni) per verificare se siano "perfette".
Poco dopo le 5 la cerimonia finisce, m'intrattengo un po' con le mie compagne, poi m'incammino verso casa.
Le strade sono gremite di gente, il cielo è limpido, la temperatura mite. Mi tolgo la "mantella" e mi sento felice per il sole ancora caldo che questo fine ottobre ci dona.
Sono ormai di fronte a casa (sono le 18), quando sul rumore consueto si leva l'ululo della sirena che annuncia il pericolo imminente. I tram si fermano e tutta la gente guarda verso quel cielo azzurro che nasconde l'insidia e sosta perplessa. Sì? No? Son loro? La perplessità dura un attimo. I "Lancaster" volano a bassa quota, audaci e terribili, come minacciosi uccelli rapaci. Cadono le prime bombe. Tuonano le batterie della contraerea.
Salgo di corsa le scale, entro in casa. Nonostante le bombe, io ho fame; afferro al volo una pera, mentre i miei genitori mi spingono energicamente verso il pianerottolo per scendere al rifugio.
Il bombardamento dura una ventina di minuti: venti minuti che sembrano interminabili come l'eternità.


 
Il cessato allarme suona dopo circa un'ora.
Usciamo sulla strada; gli incendi lanciano lugubri bagliori e tingono il cielo di rosso.
La nostra via è intatta, ma poco più in là, muri fumanti, case dai tetti divelti, la chiesa seriamente danneggiata.
Osservo sgomenta. L'angoscia mi attanaglia la gola, non riesco a parlare, fatico a respirare.
Ritorno sui miei passi, pensando alle vittime innocenti, al dolore e alle sofferenze di tante persone.
Salgo le scale con un grande peso sul cuore.

Carla Deambrogi Carta, 4 giugno 2011

Un filmato sul bombardamento di Milano del 24 ottobre 1942 si trova su internet al seguente indirizzo:
http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/pop/schedaVideo.aspx?id=1059


GIORGIO E RINO, VITA DI COPPIA A VERDERIO intervista di Marco Bartesaghi


La storia di un paese è la storia delle persone che lo hanno abitato e che lo abitano
Giorgio e Rino abitano a Verderio Inferiore. Giorgio ci è nato, Rino è venuto nel 1998 o '99.. Omosessuali, formano ormai da anni, una coppia stabile.
Questa intervista verte sulla vita, precedente e successiva al loro incontro, e sulla scelta che hanno fatto di trascorrerla insieme a Verderio.
Giorgio

Marco (M) - Gay Pride, orgoglio omosessuale: siete orgogliosi di essere gay?

Rino (R) - Mah, io devo dire che non capisco molto il discorso dell'orgoglio omosessuale. Poiché ritengo che la sessualità, etero o omo, sia quanto di più naturale esista, non vedo il motivo per cui ciascuno di noi, che sia etero o che sia omo debba sentirsi orgoglioso: non mi sento penalizzato perché sono gay, ma neanche superiore agli altri. Trovo invece importante che il "Gay Pride", Giornata Mondiale dell'Orgoglio Omosessuale, enunci l'orgoglio omosessuale: qui infatti la faccenda è diversa, perché si tratta di un "movimento" che condanna le discriminazioni. 

M - Io penso che per "orgoglio gay" si intenda la volontà di non nascondere la propria condizione. 
Giorgio (G)  - Non mi sento affatto di dovermi nascondere, anzi. Il mio percorso è iniziato fin da ragazzino, intorno all'età di 8, 9 anni. A quell'età avevo già sviluppato dentro di me l'attrazione verso il sesso maschile. Quello femminile lo vedevo solo come, se così si 
può dire, valvola di sfogo, a cui raccontare i miei percorsi o eventuali episodi di discriminazione subiti. Le discriminazioni a mio riguardo, se ci sono state, le ho sempre viste non come offesa personale , ma come manifestazione di ignoranza delle persone che possono girare intorno a me. Anzi sono loro che devono andare a consultare libri di testo, ascoltare trasmissioni o leggere i quotidiani dove ogni tanto appaiono storie o racconti di persone gay: ascoltarle potrebbe essere molto utile per loro.
Rino


IL TEMPO DELLA SCOPERTA DI SE'
M - E' più facile per voi avere come amico un uomo eterosessuale o una donna?
G - Una donna, perché ho sempre il dubbio che il maschio eterosessuale comprenda  ma mai fino in fondo.
M - Pensi che una femmina possa capire meglio?
G -Lo do per scontato perché in lei, essendo sviluppato il senso della maternità, c'è una maggior capacità, rispetto a noi uomini, di avvicinarsi alle cose che la vita ti fa conoscere
M - Anche per te Rino vale questo discorso sull'amicizia femminile?
R -Mah, io ho diverse amiche, ma anche degli amici uomini... Certamente non vedo la donna in un'ottica sessuale, questo è sicuro. Ma neanche gli uomini li vedo in quest'ottica solo perché sono uomini. L'ottica sessuale c'è solo quando c'è un interesse, quando scatta un qualcosa, ma non è che tutti gli uomini che vedo ... Le donne invece le vedo esclusivamente come amiche, punto e basta. Non da adesso, da sempre.
M - Da sempre?
R - Da sempre cioè da quando ero ragazzo e ho capito che io non avevo quel tipo di interesse.
M - Giorgio ha detto verso gli 8 - 9 anni: tu?
R -No, 8 anni forse no, non penso. Faccio fatica a trovare una data precisa, però nel momento in cui c'è stato lo sviluppo sicuramente sì: fin dalle prime pulsioni mi sono reso conto che andavano in un senso e non nell'altro

IL RICORDO DI UNA TRAGEDIA
M - Non vi siete mai sentiti sfortunati per essere gay, non avete mai pensato che sfiga proprio a me doveva capitare!
R - No io mai
G - Mai
R - Per il discorso di prima: non mi sono mai considerato sfortunato perché non l'ho mai considerata una disgrazia. Per certi versi però mi sono anche domandato se poteva creare delle difficoltà, quello sì. Cioè mi sono sempre reso conto che il mondo, che la società come è combinata crea dei problemi a uno che non è secondo le consuete regole sociali. Però da qui a considerarsi sfortunati no, questo no assolutamente.... Anche perché torno sempre al punto primo: ho sempre pensato che la sessualità sia una parte, se vuoi importante, dell'individuo, ma anche che l'individuo non sia solo la sessualità, bensì anche un'infinità di altre cose. Non ho mai potuto capire perché la sessualità debba diventare la parte preponderante di sé stessi, non lo è, quindi non vedo perché mi dovrei sentire penalizzato, ecco..
G - Sì, anch'io non mi sono mai sentito sfortunato per essere gay. Anzi mi sento fortunato , non sfortunato, perché ho avuto un carissimo amico, che abitava qui in zona, che quando ha dichiarato ufficialmente ai suoi genitori di essere omosessuale lo hanno ripudiato e da lì è nata una tragedia con la perdita di questo ragazzo. Questa è una cosa che mi addolora profondamente anche a distanza di anni da quando è successa: è inconcepibile che un genitore non accetti le scelte dei propri figli.

 

M - Quindi la tua fortuna è quella di essere stato accettato per come sei
G - Sì, sono stato fortunato rispetto a sciagure che capitano ancora oggi, quando i famigliari hanno difficoltà a relazionarsi o ad accettare la scelta, o meglio la vita di un figlio o di una figlia che ha l'istinto, che nasce dentro di te che non nasce così per caso, di essere gay. Il giorno in cui questo carissimo amico era in crisi profonda, mia madre, che mai si era permessa di fare considerazioni verso nessuno di coloro che transitavano per casa, quel giorno, povera, anche lei ha percepito che quel ragazzo aveva bisogno d'aiuto, perché era andato, venuto e tornato a casa non so quante volte in preda a una crisi di identità, per cui non sapeva più neanche lui che cosa aveva in tasca. Poco dopo, attraverso una mia sorella, ho saputo che si era buttato nel fiume. Questo ricordo mi addolora molto, perché questo ragazzo, mio coetaneo, aveva avuto la fortuna di conoscere un altro ragazzo che abitava in zona. Stavano cercando di conoscersi meglio, di approfondire il loro rapporto. Pensavano di mettere casa insieme. Mi dispiace che questo sogno d'amore sia fallito a causa dei famigliari che non hanno saputo accettare la realtà.
M- Quando è successo?
G -1985 o 1986. Sono passati un bel po' di anni. Queste sciagure ti fanno molto riflettere e capire che tanta gente non è preparata. E' per questo che io tutti i giorni, nella mia quotidianità lotto, e lo faccio sempre a testa alta, cercando di far capire che l'amore esiste anche fra due persone dello stesso sesso, sia maschile che femminile.

LE REAZIONI DEGLI ALTRI
M - A chi vi siete dichiarati per la prima volta? Ai genitori, a un'amica, a un amico? A che età?
R - E chi se lo ricorda!
G -La prima a cui l'ho detto ... ma veramente non penso neanche d'averglielo detto ... diciamo che ci siamo guardati negli occhi ... C'era una mia carissima amica, che abita a Verderio Inferiore, con cui condividevo la passione del teatro. Eravamo impegnati in una recita per raccogliere i fondi per costruire una struttura per portatori di handicap, una cosa molto bella.Per la mia parte io mi vestivo da donna: senza che parlassi, questa amica ha capito che cosa ero io
.
M - Quando è avvenuto?
G -Nel giugno del 1988. Però lei dice di avere capito, ancor prima di questa data, che in me c'era qualcosa di diverso..
R - Sì, perché poi fra amici, se si è veramente amici, e si condividono anche delle cose non occorre un grande fiuto per capire ...
G -Lei dice di aver capito perché avrebbe visto in me una sensibilità che reputa molto rara, non da tutti, verso le sofferenze degli altri. Secondo lei, questa grande sensibilità appartiene solo a persone che nascono con situazioni particolari ... ci vorrebbe qua lei però a raccontare.

M - Ma tu nell'88 quanti anni avevi?
G - Io sono del 1965 quindi.
M - Avevi 23 anni. Prima hai detto che a 8 anni avevi già capito di essere gay. Ma, dagli 8 ai 23 anni chi l'ha saputo,on chi ti eri confidato? Hai avuto dei morosi?
G - No, dagli 8 ai 23 anni non ho avuto morosi, quelli sono venuti dopo. Ho avuto delle esperienze sessuali. Poi, nei miei confronti, c'era curiosità da parte persone dei paesi limitrofi, che forse  intendevano mettermi alla prova.
R - Anche per me è stata una storia simile, non c'è mai stata una vera e propria comunicazione come tu chiedi. Avendo degli amici con cui condividi il tempo libero, vai in discoteca e così via, è inevitabile che, come tu scavi nella loro personalità e ne capisci i contorni, così fanno loro nei tuoi confronti e osservano, fra le tante caratteristiche, anche di che tipo sono le tue pulsioni sessuali. Quindi è naturale che giungano alla conclusione che sei gay, senza necessariamente che tu dall'oggi al domani dica "senti sai che io sono gay?". Così succede anche nell'ambito del lavoro dove, non dimentichiamo, si trascorrono tantissime ore della giornata e si familiarizza con i colleghi che, anche senza fare comunicazioni ufficiali, se non sono ottusi, capiscono. Quando lavoravo nessuno ha mai detto esplicitamente: "ma tu sei gay?" però sono convinto che loro lo sapessero .M'è capitato anche, al lavoro, di presentare il compagno che avevo prima, di portarlo in alcuni viaggi, dove c'erano anche dei colleghi e quindi ...
G - Io ho fatto viaggi e cene di lavoro con dei miei colleghi e ho portato anche Rino
R -Le cose diventano poi talmente naturali:  Giorgio mi porta i saluti dei suoi compagni di lavoro, altri gli chiedono come sto, quando telefonano me li passa e così via ...






M - Da come la raccontate sembra che nessuno vi abbia mai voltato le spalle.
R - Io traumi non ne ho mai avuti e, per quello che so, mi sembra che sia così anche per lui.
G - Ammesso e concesso che coetanei o ragazzi di qualche anno superiore a me mi abbiano apostrofato con parole tipo finocchio, culatone o "mez om", "meza dona" o cose di questo genere diciamo che la natura, o mia madre, mi ha dotato di un grasso sulla cute che tutto fa scivolare via.

M - L'ultima cosa che si direbbe, vedendoti, è che la natura ti abbia dotato di grasso....
G - Perché come ti dicevo prima, le persone che usano questi vocaboli sono ignoranti, non smetterò mai di dirlo.
R - Sì però sta di fatto, come dice Marco, che poi la realtà non è tutta così..
G - Non è tutta così, lo so
.
M - Ci sono degli amici che avevate e che avete perso una volta che hanno scoperto la vostra omosessualità?
R - No, non direi. Succede anche una cosa, che le persone particolarmente ottuse automaticamente tu le escludi. Non è che possiamo essere simpatici a tutti, questo vale nel mondo etero come in quello gay, vale per tutti gli individui. Se uno è cafone e maleducato cosa fai? O lo prendi a pugni e a calci e cerchi la lite oppure dici "il mondo è grande", e coltivi solo le persone che ritieni intelligenti o perlomeno educate. Un po' di sensibilità ti aiuta a capire le persone che sono simpatiche, con cui è gradevole scambiare quattro chiacchiere, e quelle che non lo sono., A questo punto è evidente che fai la scelta. Se poi l'ignorante è proprio uno che abita sotto casa tua e lo devi vedere per forza tutti i giorni, troverai il modo di convivere.
Probabilmente - diciamo anche questo Giorgio - noi gay abbiamo anche un certo un fiuto per capire la sensibilità degli altri.
G- Assolutamente sì, siamo dotati...
R - Non è che voglio incensarmi ma un po' capiamo, magari perché buttiamo lì qualche segnale e la reazione a questi segnali ci aiuta a capire con chi abbiamo a che fare. Molto spesso poi gli atteggiamenti degli altri sono in funzione di come tu ti proponi. Come dire se tu sei maleducato con uno, gli dai dei titoli, è chiaro che quello lì ti risponderà in un certo modo.
G -Se tu ti comporti benissimo, ti muovi tranquillamente svolgi le tue cose nella tranquillità più assoluta la gente intorno a te automaticamente ti apprezza e se può lodarti ti loda per quello che fai e che sei. Non avrei mai potuto fermarmi in un paese in parte bigotto come è Verderio, se non avessi preparato il terreno anni fa. Io e qualche amico, coetaneo o con pochi anni in più abbiamo fatto un grande sforzo per farci accettare per quello che siamo e ora ne raccogliamo i frutti. Questa è una cosa importante e a Verderio io devo dire grazie per aver capito. Verderio me lo porterò sempre e poi sempre nel cuore, e ovunque vado ho una parola carina per la sua popolazione, sia per quella che vi è nata, sia per quella venuta da fuori.

M - Quindi nessun amico o amica si è staccato da voi dopo aver capito o appreso della vostra omosessualità?
R e G - No,no
R - Neanche con i compagni di liceo, neanche con i più esagitati perché ce n'erano certi che erano veramente mezzi delinquenti, però questo no, assolutamente no. Anzi Diciamo che invece che a scuola, al liceo, c'erano molti che mi facevano delle proposte ma io ero molto molto timido, poi l'educazione che mi aveva dato mio padre ... però questo sì: c'erano dei compagni che mi facevano proposte alle quali io non ho aderito, perché ho cominciato la mia vita sessuale molto tardi. Mi sarebbe anche piaciuto, a ripensarci, però ...

M - Conoscete anche storie andate a male, di persone gay come voi che però non avendo la vostra forza di carattere , non vivono o non hanno vissuto così serenamente la loro condizione?
R - Una è quella che ti ha raccontato prima Giorgio...
M - Quella persona però non era di Verderio e poi era stato soprattutto un problema con la sua famiglia...
G - Guarda ci sono anche persone di Verderio che io so, non per sentito dire, che sono gay;-persone  che non hanno fatto il nostro stesso percorso, forse perché non gli interessava neanche farlo, e sono un po' incattivite, quando ci incontrano hanno difficoltà a salutare e così via: non è molto simpatico ...
M -  Persone che sono gay, ma non lo si sa?
G - Che sono gay, di Verderio, che hanno difficoltà a relazionarsi con noi
R - No, Giorgio, non è che hanno difficoltà a relazionarsi con noi, hanno difficoltà a relazionarsi
G - Sì, a relazionarsi in generale...
R - Non con noi, è gente che ha avuto un percorso di tipo diverso, esperienze negative.
G - Che magari sono rimaste scottate, mi dispiace

M - Non potrebbe essere un'autodifesa? cercano di evitarvi perché relazionandosi con voi verrebbero identificati come gay. Non potrebbe essere questo il motivo del loro atteggiamento?
G - No, non penso ...
R - Sì, può darsi

M -Mi ricordo che a scuola, quando si era piccoli, l'attaccare uno con la parola gay, anzi, la parola  gay non esisteva  ancora - da quando si usa, non è tantissimo? -  altre erano le parole che si usavano -
G -  I culatuni
M - "Invertito" era la più usata, ai miei tempi: era la prima parola che io ho conosciuto per identificare l'omosessuale
R - Sì, sì
M -Stavo dicendo che l'accanirsi con qualcuno dandogli dell'omosessuale serviva per togliere da sé il sospetto: "se ti sfotto chiamandoti gay, vuol dire che io non lo sono". Quindi mantenere un po' le distanze potrebbe voler dire: "guardate che io non ho niente a che fare con loro"
R -Sì, si. C'è tanta gente oggi che ha fatto coming out, senza problemi, però c'è tanta gente ancora repressa. E non necessariamente anziani, anche molti relativamente giovani. Certo i giovanissimi sempre di più vanno verso una liberalizzazione totale di queste problematiche, ma la società è composita, c'è un po' di tutto, certamente tanti sono ancora completamente nascosti.  Queste persone vedono più difficoltà di quante ce ne siano veramente. Chi legge i giornali, si informa, parla, ha relazioni un po' con tutti, forse ridimensiona anche queste difficoltà. Certamente se uno vive nel proprio guscio e non riesce a tirar fuori le angosce che ha dentro vede tutto difficile. Ma non è che la gente sta sempre pensare, di tutti quelli che vede in giro, "che tendenze avrà quello lì? andrà con gli uomini? con le donne? col gatto? Non credo che la gente pensi solo a questo, o no? Il discorso è che non se non ti sei accettato vivi male, e non c'è bisogno di essere psicologi per capire che se vivi male te stesso alla fine hai cattivi rapporti anche con gli altri.


M - : A questa domanda avete in parte già risposto: finocchio, frocio,, culattone, checca, invertito. Siete mai stati feriti con queste parole?
R - Questo è il folclore, non mi ha mai fatto niente, anzi trovo divertente queste cose, anche perché a un eterosessuale tu potresti dire "tu sei un puttaniere", pace, sono solo parole colorite
G - Sono parole che scivolano

M - scivolano adesso, alla vostra età, :o hanno sempre scivolato? ... ci sono periodi della vita in cui si fa più fatica ad accettare queste cose...
G . No, No scivolano adesso ma, anche se non si vede sono dotato di grasso,, sono sempre scivolate via. Sono state utilizzate da parte di ragazzi, coetanei e non. Però non gli ho dato peso perché le reputo, e le ho sempre reputate, frasi di poco conto, la vita è fatta di ben altre cose
M - Atti di bullismo nei vostri confronti?
R e G - No. No. Assolutamente no, mai

L'INCONTRO
M - Vi siete conosciuti da adulti, con altre storie alle spalle, fra voi c'è una certa differenza di età: come avete deciso di iniziare una storia di coppia? Da quanto tempo va avanti?
R - Giorgio vuoi rispondere tu?
G - Rispondo io. Ci siamo conosciuti da adulti sul finire del mese di luglio del 1994. E' successo in una discoteca che si chiama One Way, a Sesto San Giovanni, un sabato sera. Io vengo dal bar con un bicchierone di Coca Cola, mi avvio verso la pista  e davanti ai miei occhi vedo una persona con un  bellissimo sorriso ...
(Rino ride) R - Ero io, anche se ti sembra impossibile  
G ... che ballava davanti a un ragazzo che in un primo momento pensavo fosse il suo compagno o suo amico. Ho iniziato a guardarlo, ad osservarlo. Volevo conoscerlo, e mi chiedevo "ma questo cosa ci fa Sesto San Giovanni, in luglio dico, non ci sono fiere, non c'è niente che riguarda la moda, da che parte salta fuori? Devo assolutamente conoscerlo

M -Era un locale gay?
G - Sì, a Sesto S. Giovanni, in via Felice Cavallotti al 179, c'è questo locale gay che si chiamava, e si chiama tuttora, One Way.
M - Come mai hai pensato alla moda? Sapevi già che lui aveva a che fare con quel ambiente?
G - Perché la maggior parte di noi veste quasi sempre immutabilmente con abiti neri e lui indossava una bermuda nera ..
R - Perché era estate..
G - .una magliettina nera, era rasato di capelli, proprio come l'uomo, il compagno di vita che andavo cercando. E poi quel sorriso che non dimenticherò mai: la cosa che mi ha colpito tanto erano gli occhi e il sorriso. Ho parlato con persone che conoscevo, frequentatori dl locale ...
R - Hai fatto indagini?

G - ...nessuno mi sapeva aiutare. Ho pensato "ma che strano questo tipo, deve essere di passaggio, non è conosciuto, sarà uno straniero" - mi sono detto "e vai Giorgio che tu hai questa attrazione verso le persone straniere. Questo è uno da coltivare, assolutamente: io non devo andare a casa questa sera senza averlo almeno conosciuto, se poi ci scappa qualcosa sessualmente bene, anche "Filippo" è contento se no pazienza"
M - Filippo chi è?
(risata di Giorgio; mia figura da ingenuo)
G - Destino vuole che, dopo essermi allontanato un attimo,sono tornato sui miei passi per incontrarlo e lui  non c'era più, scomparso...
R - Sì perché io facevo dei mordi e fuggi, non è che stavo lì...
G - Sono tornato a casa  bastonato, perché ho pensato "adesso dove vado a beccarlo?" ...Però mentre tornavo da solo in macchina dicevo, se il destino lo vuole questa persona la incontro. L'indomani pomeriggio, a Milano, il destino me lo ha fatto conoscere. Quando l'ho visto ho detto "e no è, è proprio lui, e ancora con questo sorriso con questi occhi"

M - Dove? in un altro locale?
G - Sì, in un altro locale. Ci siamo visti, ci siamo parlati, abbiamo fatto del sesso, ci siamo scambiati i numeri di telefono. Lui mi ha detto"io sono in partenza per un viaggio, ti richiamerò al rientro" e al rientro lo ha fatto. Ci siamo visti a settembre, a cena a casa sua
R - Ho detto proviamo, riallacciamo

M - Quanti anni fa?


 

R - E' stato nel '94, siamo nel 2011, 17 anni
G - Fra qualche anno faremo le nozze d'argento ... e niente, ci siamo visti, io naturalmente ero partito, anche di testa verso di lui, perché più lo vedevo, più lo sentivo, più capivo che era una  persona disposta ad istaurare un rapporto di amicizia, che poi poteva essere portata verso l'amore. Perché ero e sono tuttora innamorato di questa splendida creatura che ho davanti ai miei occhi.
R - Basta, cancella tutte queste cose ché se no la gente dice "ma chissà chi è questo qua" e poi quando mi vede...
G - Non lo cambierei con nessun altra persona.

M - E per te, Rino, come è andata?
R - Io venivo da una storia finita male, non per colpa del mio compagno né per colpa mia. Siamo stati divisi dal destino. Era stata anche una storia molto tormentata, diciamo che è stato il grande amore della mia vita, senza togliere niente..
G - Senza togliere niente a me, ci mancherebbe
R - Quando avevo conosciuto questo ragazzo, avevo 25 anni... è stata la mia follia, ero innamorato pazzo ...certe volte quando ricordo le follie che ho fatto mi domando come ho fatto a farle, ecco...quelle cose che tu dici: "madonna!..." insomma è stato il grande amore della mia vita... Giorgio lo sa perché non è una confessione che faccio oggi ... la sua perdita è stata veramente pesantissima, anche perché non pensavo che finisse in questo modo, avevo fatto anche dei progetti per il futuro ....per fortuna c'è stato il lavoro ad aiutarmi, stavo tanto all'estero e questo è stato un tampone molto utile. A un cero punto mi sono chiesto "Cosa vuoi fare?" e ho incominciato ad uscire. Perché c'era stato un periodo che non uscivo neanche, gli amici si erano rarefatti Dopo aver passato molti mesi così a un certo momento mi sono detto che non potevo andare avanti con quella vita, quasi di clausura    a un certo momento devi essere capace di girar pagina. Dovevo ricominciare ad uscire, a trovar gente. Non avevo l'obiettivo di istaurare una nuova relazione perché ero convinto con me stesso che non avrei più potuto avere un'altra storia: quello che avevo sentito per quella persona di non lo avrei più sentito per nessun altro. ...Però bisognava uscire, trovare gente e ho fatto tutto da me stesso, senza l'aiuto di nessuno. Ho incominciato il sabato sera a frequentare qualche locale con l'obiettivo di attutire l'angoscia che mi portavo dentro. Ho avuto anche qualche incontro che mi ha deluso completamente. Fino al giorno in cui ho incontrato Giorgio. Non ho avuto un colpo di fulmine nei suoi confronti - lui lo sa, gliel'ho sempre detto - però ho cominciato a scavare, a scandagliarlo e quindi, tassello dopo tassello, ho iniziato a capirlo ad avere un quadro della sua personalità.  Ho cominciato a far cadere le barriere che mi ero costruito intorno e a lasciarmi un pochino andare. Lui, che aveva a quel epoca uno stile di vita abbastanza trasgressivo, mi faceva fare cose in quel periodo a me andavano bene, come, dopo la discoteca, andare a bere il cappuccino, andare in macchina fino in Brianza e così via: per me è stata una specie di medicina Non si tirava indietro di fronte a nulla, era sempre disponibile: questo aspetto di lui mi ha colpito molto ed era quello di cui, inconsapevolmente, avevo bisogno in quel momento e non solo in quel momento. Io abitavo in centro a Milano; lui faceva turni di lavoro infernali e allora ho cominciato a dirgli "senti io sono single, non devo dar conto a nessuno, tu esci dal lavoro e devi andare in Brianza, ti do le chiavi - non è che io le chiavi le do così facilmente: prima di lui le aveva il mio ex, di cui mi fidavo ciecamente - ti do le chiavi e vieni a casa mia". Una cosa mi aveva colpito: mi ricordo ancora che quando usciva dal lavoro alle sei di mattina, dopo aver fatto il turno di notte, veniva a casa mia e, per non disturbarmi, dormiva in macchina in attesa che io mi svegliassi. Questa cosa mi ha messo così tanta tenerezza che mi ha fatto crollare e ho detto "no quando tu vieni da me mi suoni vieni, c'è un letto dormi eccetera", gli ho dato accoglienza subito.
G - Io non ho accettato subito, perché non era nella mia indole e non lo è tuttora...
R - Poi, quando io lo lasciavo a casa solo puliva i vetri eccetera, perché si sentiva in obbligo Quindi in me, pur non avendo avuto un colpo di fulmine, è subentrata una fiducia, una complicità che è quello che ci unisce ancora oggi. Adesso però c'è anche l'affetto, che a quel momento non c'era, dovuto alla continuità di vita in comune. Un affetto che scaturisce dalle prove che nella vita abbiamo dovuto superare e che ha contribuito a creare un rapporto molto più completo della semplice solidarietà

M -Come siete approdati a Verderio?
R -E' successo questo: io sono andato in pensione, con i 35 anni di anzianità perché l'azienda cominciava ad andare male, tanto che ho fatto l'ultimo anno o gli ultimi due anni in mobilità. Avevo gia deciso che una volta in pensione non sarei più stato a Milano. Tra l'altro mi era venuta un'artrite tremenda che pareva non dovesse mai più passare. Lui veniva avanti e indietro per sollevarmi dal mio male. Un giorno mi ha detto: "senti, un pezzo della casa che ho a Verderio è mio; se vuoi puoi dividerlo con me". Io ho detto, "sì va bene, vendo la casa e vengo": ero in pensione, non avevo parenti, non dovevo rendere conto a nessuno. Sono venuto qui nel '98 - '99. Diciamo che l'ho fatto sicuramente anche per un discorso di convenienza, perché fino a quando tu lavori bene o male, sei da solo la sera, ma non durante la giornata. Inoltre io viaggiavo, per cui a casa ci stavo ben  poco. Quando sei in pensione invece sei molto più solo. Perciò mi sono detto: "ho lui, piuttosto che stare solo a Milano, vado a Verderio" Ecco, questo ragionamento un po' egoistico è alla base del mio trasferimento qui.




ESSERE GAY A VERDERIO
M - Come vive a Verderio una coppia gay?
G - Tu che ci abiti come vedi che vive una coppia gay a Verderio? Dovresti rispondere tu, perché io non me ne rendo conto
M - Io conosco solo voi
R - Ci sono anche altre coppie gay, abbastanza evidenti. Se tu li vedi in giro, non c'è bisogno che te lo dicano...Anche di donne, anche di donne... ovviamente non faremo mai i  nomi di queste persone, però ci sono ... e sono abbastanza evidenti
G - Io dico che una coppia gay a Verderio vive bene, abbastanza bene...
R - Discriminazioni non ce ne sono. Ma per il discorso di prima...
G - .... perché io sono sicuro, e lo ribadisco ancora una volta che hanno fatto un buon percorso, non sono stati aiutati da nessuno. Lo constato di persona, quando li vedo. Con qualcuna di queste persone, pur non avendo instaurato questa grande amicizia, ci si saluta "ciao, buongiorno, buonasera. Va alla stazione? Prego venga". Ci si incrocia perché si sale sui treni, sulle metropolitane, "buongiorno, come va? tutto bene?" buongiorno mischiato al ciao, dipende

M - Sono più giovani di voi o più anziani?
 


G - Qualcuno è più anziano ...
M - Camminare mano nella mano, sedersi su una panchina e baciarsi. Tutte cose consentite a un uomo e una donna. Restano però ancora proibite per due uomini o due donne. Voi come vi comportate? Ci sarà un giorno in cui potranno diventare abitudini accettate da tutti?
R - Sì, penso di sì. Oggi non si può fare, non si può fare perché non puoi disturbare ... è una questione di buon senso. Per la trasgressione ci sono i luoghi trasgressivi, ad esempio i locali per gay, dove si fa sesso e tutto quello che si vuole, ma sono luoghi appositi. Nella vita normale non puoi perché devi tener conto della sensibilità delle persone anziane, e non solo, che potrebbero essere disturbate. Allora io dico: a che cosa porta? Sono solo provocazioni gratuite. Ma fare una provocazione, andare mano nella mano o scambiarsi effusioni, convince il pubblico che tutto è normale? Molti se ne fregherebbero, ma molti no. Allora che senso ha? E' più facile farsi accettare non sbandierando la propria diversità sessuale, ma mostrando la personalità, l'educazione, il civismo dell'individuo. Allora la gente ti accetta e accetta anche la tua diversità sessuale. Sbandierare solo questa, provoca invece reazione che in alcuni casipotrebbero essere anche pesanti  





M - Però resta comunque una rinuncia?
R - E' una rinuncia, questo sì, semplicemente sì.
M - Quindi è una rinuncia anche rispetto a cose assolutamente accettate per un uomo e una donna..
R - Sì, sì. Però i tempi non sono maturi. Sono convinto che fra venti, trent'anni questo sarà possibile. Oggi dobbiamo accontentarci della situazione così com'è. Del resto a livello nazionale tu senti dire sempre che in tutta Europa ci sono riconosciute le coppie omosessuali, ci sono le leggi ad hoc, mentre in Italia no: questo vuol pur dire qualcosa, vuoi fare la battaglia privata?
M - E però i piccoli passi potrebbero portare lontano. Anche i baci in pubblico fra un ragazzo e una ragazza fino a qualche anno fa non erano del tutto accettati
R - Te l'ho detto fra vent'anni questo sarà possibile anche fra gay. E' un percorso da fare, devi aspettare i tempi che per ora non sono  ancora maturi. Secondo me è anche sciocco non voler tenere conto della tempistica necessaria affinché certe cose possano maturare. E' una rinuncia, sono d'accordo. Sono d'accordo ma poi fino a un certo punto: può anche darsi che, come tante coppie eterosessuali, non tutti amino far e effusioni in pubblico
M - No, però se vogliono possono. La differenza è quella: io posso rinunciare però potrei anche non farlo.
R -Però probabilmente molte coppie che potrebbero farlo non lo fanno ugualmente, perché dicono: lo facciamo in camera da letto, voglio dire. Perciò quei pochi casi, perché non è che tutti sono fuori a limonare, anche fra le coppie eterosessuali, quei pochi casi sono coppie di gente che fa un po' di esibizionismo...
M - E no dai, andare a braccetto, mano nella mano è normale... tra l'altro anche fra due donne è più "normale".
G - Fa meno effetto alla gente. Io non riesco a capire se vanno due uomini come mai uno si permette di criticare, se vanno due donne niente.

 LA TRAGEDIA DELL'AIDS

M - Inizio anni '80: scoperta dell'AIDS e suo immediato e quasi esclusivo collegamento con l'omosessualità.
G - Si diceva esplicitamente che era la malattia dei gay

M - Cosa ha significato per la vita degli omosessuali in genere e per le vostre in particolare?
G - Sterminio di un sacco di amici gay, sterminio proprio. Tanta gente non c'è più a causa della malattia...

M - Gente che conoscevate?
G - Gente che conoscevamo
R - E' mancata un'intera generazione. Io ne ho conosciuto decine   Lavoravo in via Montenapoleone. Tu sai  che nel settore della moda essere gay è quasi obbligatorio: non è preferibile, è obbligatorio. Quindi avevo un sacco di conoscenti, allora ero in negozio ... . E' mancata un'intera generazione di ragazzi che avevano più o meno i miei anni qualcuno anche meno. E' stata una cosa sconvolgente, letteralmente sconvolgente.


 
M - E' avvenuto quasi improvvisamente, o sbaglio?
G - E' vero. Improvvisamente sì, eravamo nell'85
R - No improvvisamente no, perché questo male colpiva e poi durava un po'. .La fase più acuta è durata fino al '94, quando incominciarono ad arrivare dagli USA i primi farmaci. Ma fino al '94 è stata una cosa tremenda. Tra l'altro anche il mio compagno è mancato in questa tragedia. E tanti amici suoi, ragazzi bellissimi... Un' epidemia vera e propria..
G - Quanta gente...
R .- E poi la sensazione di vuoto perché tu dici: "è capitato a loro, come mai non è capitato a me?" E non capisci perché loro sì e tu no.
G - Cosa hanno fatto di diverso? Non si capisce
R - Anche perché in quel momento non si conoscevano ancora  approfonditamente le cause, non si capiva ancora bene. Poi hanno chiarito, però a quel punto era già stata una cosa tremenda. A me è mancata tutta una serie di amici e conoscenti, soprattutto di conoscenti, un vero e proprio colpo di spugna.


  M - Quindi per voi il grande cambiamento è il grande vuoto lasciato dalla scomparsa di persone che conoscevate, di amici.
G - Sì, quanta gente. Quando ho fatto il volontario nella prima associazione che si occupava della lotta contro l'AIDS, la Lila, tante persone mi sono morte sotto gli occhi e qualcuna fra le braccia
R - A quell'epoca avevo un amico francese che lavorava Parigi e mi raccontava cosa succedeva lì: tutte le settimane partecipava a un funerale. A Parigi è stata una cosa spaventosa.

M - Sono cambiate le abitudini sessuali?
R - In parte sì
G - Sì, sono cambiate, è aumentato l'uso dei profilattici. C'è stata grande paura all'interno della comunità GLBT, paura di aver contratto il virus, questo virus terribile, temibile, mutabile, che si nasconde, che cambia all'interno dell'organismo e poi all'improvviso ti salta fuori. E come diceva Rino ci si chiedeva: "come mai quelli sono mancati e noi siamo ancora qua? Che cosa hanno fatto quelli di diverso da quello che abbiamo fatto noi?"
R - Io non voglio pensarci più, perché se ci penso mi vengono i brividi ancora adesso., E allora cerco di ricacciare dentro il ricordo perché non voglio rivivere quei momenti. L'ho vissuta troppo da vicino , non mi sono mancati solo amici e conoscenti, l'ho proprio vissuta da vicino questa tragedia.

 
 BELLEZZA MASCHILE E BELLEZZA FEMMINILE

M - Parliamo di "bellezza", del corpo maschile e del corpo femminile
R - Sì, e cioè? qual è la domanda?

M - Nessuna, non ho messo il punto domanda: parliamo di bellezza. Però, se serve, la domanda potrebbe essere: quanto conta la bellezza di un uomo?
R -Intendi dire per un gay?






M - No, per voi: per Rino, per Giorgio
R - Sì, ma prima parliamone in generale io penso che conta esattamente quanto per un etero conta la bellezza di una donna, è esattamente lo stesso rapporto, uguale. Cosa conta per me personalmente? Ogni persona, presa individualmente ha le sue preferenze., non esistono stereotipi, o meglio, gli stereotipi esistono anche per i gay, ma dopo, quello che a uno sembra bellissimo per un altro è molto brutto. Esattamente come succede far uomini e donne. Un altro discorso è invece quello che sis ente dire, a volte, soprattutto da maschi etero: "ma vuoi mettere una donna nuda e un uomo nudo, la donna è molto più bella" E' una stupidaggine, che non ha alcun senso Poi andiamo nell'arte nella storia: basta tirar fuori il Davide di Michelangelo piuttosto che le statue greche per dimostrarti che ci sono bellissime donne, come ci sono dei bellissimi uomini da sempre.

 

M - E la bellezza femminile?
R - La bellezza femminile io la riconosco l'ammiro, per carità, quando vedi le modelle, quando vedi queste splendide ragazze. A Milano quando c'era la fiera della moda; da noi poi venivano a fare casting, delle ragazze splendide. Ma vedevi anche dei ragazzi bonazzzzzi
G - Da urlo
R - Le ragazze bellissime sì, ma io non le toccherei neanche con un dito, perché non mi interessano, però una che è bella è bella. Però quando vedi i ragazzi, dei ragazzi americani bellissimi, dici come han fatto a farli così?



 LA FEDELTA'
 M -Vita di coppia: amore e fedeltà. Di amore abbiamo già parlato. La fedeltà?
G - La fedeltà deve viaggiare insieme all'amore. Non riuscirei a tradirlo con nessun altro
R -Da giovane, con il compagno che avevo prima, ammetto di essere stato molto geloso e molto possessivo. Devo anche dire che ho quasi la certezza di aver portato le corna, questo è poco ma sicuro, e la cosa mi aveva fatto soffrire. Devo dire che anche adesso sono abbastanza possessivo con la persona a cui voglio bene. Questa non è una caratteristica dei gay, è una mia caratteristica. Il mio compagno di prima non era possessivo: con questo non vuol dire che non mi volesse bene, non era possessivo perché aveva un tipo di carattere così. Andando avanti negli anni ho cercato di mettere a freno la gelosia, di accantonarla. Dopo la prima relazione burrascosa, complicata, un po' nevrotica e dopo questa seconda esperienza,ho finito per dar valore alla consistenza del rapporto. Certo non mi farebbe piacere sapere che lui ha una storia, però avrei una reazione diversa da quella che avrei avuto anni fa, più razionale. Poi è chiaro: un conto è l'"episodio", che potrei anche lasciar passare, altro conto è una "storia". L'"episodio" che lui avesse con qualcuno non toglierebbe niente al nostro rapporto consolidato, che è fatto di tante cose, che è fatto di affetto. Non è che un episodio può valere di più di tanti anni di convivenza. In questo ho mutato un po' la mia visuale. Poi è chiaro se uno mi viene a dire che lui ha una storia con un altro non è che dico "Uh che bello".

  M - Se l'episodio si ripete?
R - Se l'episodio si ripete è chiaro che subentrerebbe la sensazioni dell'inganno. Però se è successo e ne valeva la pena direi hai fatto bene... 


M - Tu invece cosa diresti
G - Altrettanto, perdonerei. È una scappatella
R - Qualsiasi scappatella, ripeto, è niente rispetto a un rapporto costruito anche faticosamente
G - Può capitare, in tutte le famiglie
R - Io dico solamente. " se devi farlo che ne valga la pena, se no non farlo".


M - Mi imbarazza un po' farvi  questa domanda ...Sessualità: nella coppia gay si riproducono i ruoli di maschio e femmina o c'è interscambiabilità?
G - Perché ti imbarazza?

M - perché non so molto di quello che sto parlando..
R - Noi siamo abbastanza interscambiabili, no?
G - Sì,
R -Anche nelle altre coppie che abbiamo conosciuto, io non credo che ci sia uno che fa femmina l'altro il maschio
G - No sono quelle cose che vengono così..
R - I ruoli sono sicuramente interscambiabili


RAPPORTI CON ALTRE PERSONE GAY

M - Vita con gli altri: quanta parte della vostra vita sociale si svolge esclusivamente con altri gay?
R - Qui a Verderio zero, perché non frequentiamo gay di Verderio. Frequentiamo invece alcuni amici di Lecco. Lui poi è in contatto con più di un collega di lavoro sicuramente gay.
G - Io ho contatto quasi tutti i giorni con persone gay, almeno un'ora nel corso della giornata.

M - Ma sul lavoro ci sono gay e non gay, non è un rapporto esclusivo.
G - Sono io che lo faccio diventare una cosa esclusiva, ma  aperta anche agli altri. Devo dirti che sta nascendo una cosa molto bella perché mi vedo con altri due colleghi gay che hanno una relazione stabile.

M - Tra loro?
G - No, non tra loro. Ognuno di loro con un altro uomo. E' bello perché abbiamo trasmesso curiosità agli altri.

M - Curiosità positiva?
G - Curiosità positiva, vengono e seguono un pochino quello che noi diciamo e ci raccontiamo.
R - L'esclusiva ce l'abbiamo a Lecco quando frequentiamo il gruppo gay "Renzo e Lucio", composto da uomini e da donne
G - Io sono curioso anche del mondo dei trans,, che vivono con problemi molto pesanti. Mi incuriosiscono i rapporti fra loro e le altre persone
R - Anche perché quello è un mondo un po' a parte
G - Per il mio interesse verso questo mondo, sul lavoro sono stato invitato a relazionarmi con una trans, ricoverata nella fase finale della vita, e con un'altra che doveva essere assunta e per la quale nessuno sapeva come muoversi. Accogliere i trans nel luogo di lavoro è importante perché devi predisporre nell'azienda le cose di cui loro hanno bisogno per evitare fattacci come quelli riportati dalla stampa riguardo a una trans in Parlamento. Anche i miei colleghi gay hanno detto che la persona indicata ad aiutare queste persone, sia materialmente che fisicamente, potevo essere  io.





M - Materialmente cosa vuol dire?
G - Materialmente vuol dire vivere momenti della giornata con questa persona, con i suoi isterismi, e le sue reazioni che a volte possono essere prese per vere e proprie pazzie Bisogna preparare uno spogliatoio esclusivo per lei e poi ,piano piano farla cambiare e vestire nello spogliatoio delle donne e non in quello degli uomini Sono cose impegnative, non è facile è un mondo molto complicato.



 PARADISO O INFERNO

M - Paradiso e inferno, secondo molti per voi non c'è scampo, è all'inferno che finirete. Cosa ne pensate?
G - Io penso di non finire ne in paradiso ne all'inferno.

M - Perché non ci credi...
G - Perché non ci credo, non esiste niente di tutto questo. Quando una persona non c'è più finisce dove viene messa in quello specifico momento.
R - Anch'io non credo a niente di queste cose che sono state create ad hoc per tenere l'individuo e la società sotto controllo. Non c'è nessuna prova che esistano veramente E poi, ammesso che ci sia davvero un Dio o qualcosa di simile, mi domando: mi domando come possa condannare all'inferno uno che è nato con una caratteristica piuttosto che un'altra? Ammesso che un Dio ci sia, non penso che possa essere così    sessuofobo. Ammesso che ci sia., ma io non credo.





Il significato di:


LGBT (o GLBT): è un acronimo utilizzato come termine collettivo per riferirsi a persone Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender (Transessuali).

COMING OUT: Nel mondo LGBT l'espressione coming out è usata per indicare la decisione di dichiarare apertamente la propria omosessualità, bisessualità o identità di genere.

I DISEGNI DI CONSONNO (TERZA SERIE) di Marco Bartesaghi

Due serie precedenti di disegni di Consonno sono state pubblicate su questo blog il 9 febbraio e il 6 maggio 2011.









domenica 5 giugno 2011


VERDERIO SUPERIORE

VENERDI' 17 GIUGNO, ORE 21,00

presso L'AIA 

in via SERNOVELLA 


DE ANDRE' UN LADRO DI POESIA
di Belcastro/Lepratti

In caso di pioggia lo spettacolo si svolgerà presso il teatro dell'oratorio.  

sabato 4 giugno 2011

IL MESTIERE DI SINDACO: ENRICO ZOIA, SINDACO DI VERDERIO INFERIORE DAL 1961 AL 1973 di Marco Bartesaghi

Ha 80 anni Enrico Zoia e li porta davvero bene. Merito anche, ne sono convinto, delle due camminate settimanali in montagna (soprattutto su quelle di Lecco), per ognuna delle quali compila, al ritorno, una sintetica ma completa relazione (luogo, durata , dislivello, numero passi: la sua natura di ragioniere che affiora, secondo la figlia Lucia): "però in montagna non ci vado da sempre: ho cominciato a 60 anni, quando sono andato in pensione. All'inizio avevo un gran passo. Da qualche anno, dopo che ho subito un'operazione per un aneurisma, non è più come allora ma me la cavo ancora bene"

Nato a Sulbiate il 6 gennaio 1931 si è trasferito a Verderio Inferiore nel 1956, quando ha sposato Luigia Andreotti. Hanno avuto tre figli, due femmine e un maschio.
Oltre a quella per la montagna  ha almeno altre due passioni: le divise e la medicina. La prima lo ha portato ad avere sempre buoni rapporti con l'arma dei Carabinieri.
Alla medicina e,in particolare, all'attività dell'Ospedale di Merate si è avvicinato interessandosi dei malati di Verderio, molti dei quali ha assistito in sala operatoria, grazie all'amicizia con alcuni medici.


 "Una volta mi sono commosso. Era un venerdì sera; Sartori, che era il primario, bravissimo, era in giro a cercarmi - lavoravo all'Agrati Garelli e alla sera, prima di venire a casa, mi fermavo all'ospedale -  mi cercava perché c'era una donna vecchia di Verderio che non si faceva operare se non c'era il sindaco presente".


Quindi lei non lavorava in ospedale?
"No, non lavoravo in ospedale, ho fatto parte del Consiglio d'Amministrazione dal 70 al 75, cinque anni, quanto durava la carica di consigliere".
Oltre a frequentare la sala operatoria, quando era sindaco assisteva alla riesumazione dei cadaveri
"Volevo vedere come si erano conservati".
Anche le armi lo hanno sempre affascinato ma le armi, si sa, sono pericolose e qualche rischio l'ha corso.
"Come quella volta che avevano fermato i tedeschi a Verderio Superiore - era il 28 aprile del 1945,: sulla vicenda potete trovate notizie su questo blog sotto l'etichetta "Regime fascista e Liberazione" - con un altro ragazzino come me, avevo 14 anni, ero venuto da Sulbiate in bicicletta. Abbiamo raccolto un sacco di pallottole e due mitra - i mitra i eren pusé grand de me (1)- che i partigiani quasi subito ci hanno preso. Qualche pallottola però l'ho portata a casa  e con la polvere ho fatto alcune cartucce che ho cercato di sparare con un fucile da guerra che un amico di mio papà, tornendo la canna, aveva trasformato in fucile da caccia: dall'arma è uscita una fiammata: se non fosse che sparavo di sinistro avrei perso l'occhio"

Dopo questa presentazione passiamo all'argomento della chiacchierata: la sua esperienza di Sindaco di Verderio Inferiore, dal 1961 al 1973
"Sono stato eletto l'1 gennaio 1961 da un Consiglio Comunale appositamente convocato - allora il Sindaco non veniva eletto direttamente dai cittadini, come adesso. Si era dovuto procedere alla nomina a causa delle dimissioni di Gianfranco Gnecchi. Prima di trasferirmi a Verderio ero già stato assessore a Sulbiate"

Gianfranco Gnecchi Ruscone era stato nominato sindaco di Verderio Inferiore dal CLN, alla fine della guerra, poi aveva ricoperto la carica di primo cittadino a seguito di elezioni municipali. L'ultima nomina risaliva al 20 novembre 1960, meno di due mesi dalle dimissioni.

Perché si era dimesso?
"In una riunione di giunta a cui non era presente - abitando a Milano capitava spesso - avevamo modificato una decisione che lui aveva preso, non mi ricordo su quale argomento: diede le dimissioni e non ci ripensò più."

Si dimise anche dal Consiglio?
"Sì, sì, da tutto."

Quale fu la sua prima iniziativa da Sindaco?
"La prima cosa che interessava ai verderiesi era il monumento ai caduti. E allora sono partito subito per fare quello. Infatti è stato inaugurato il 4 novembre del 1961. L'abbiamo realizzato senza che il comune spendesse una lira: sottoscrizioni, lavori gratis eccetera, come si faceva una volta. Avevamo fatto delle riunioni dei capo famiglia e dei consigli comunali apposta".



Riunioni dei capi famiglia?  Mi spieghi un po' cosa intende?
"Erano riunioni a cui erano invitati i capi famiglia. L'Amministrazione  presentava il bilancio consuntivo dell'anno precedente e le sue intenzioni  per il nuovo anno e i cittadini dicevano cosa ne pensavano"

Quali erano le maggiori difficoltà in quegli anni?
"Le maggiori difficoltà? Che de dané ghe n'eren minga (2), e per fare le opere necessarie dovevi fare i salti mortali. La prima opera grossa che ho realizzato è stata quella di portare l'acqua alla cascina Brugarola. Gnecchi l'aveva portata passando attraverso i campi. A un certo punto però l'acqua si era interrotta e non arrivava più: abbiamo dovuto rifare tutto passando lungo le strade. Sarebbe stato bello poter mettere anche una pompa ma i soldi non erano stati sufficienti".

Su quali entrate poteva contare il comune?
"C'erano i contributi della cassa per l'agricoltura e i contributi prefettizi. Le tasse che il comune poteva far pagare e rimanevano sul territorio erano la tassa famiglia e l'imposta di consumo. La riscossione di questa era appaltata dal comune a una ditta che, in ogni paese, nominava un proprio cassiere"

Su cosa si pagava l'imposta di consumo?
"Si pagava su tutto quello che si consumava: costruivi la casa? Dovevi calcolare le quantità dei vari materiale che utilizzavi e su queste quantità si applicava la percentuale d'imposta. Si pagava anche sul cibo. Questa non è una barzelletta: in viale Padova a Milano c'era il dazio, dove appunto si fermavano i camion per pagare l'imposta di consumo su quello che trasportavano. Un giorno hanno fermato uno di Sulbiate che sulla bicicletta el gh'aveva di salamit; l'han catà e vureven fach pagà ul dazi, e alura, per mia pagà, l'è turnà indré un tuchel e i à mangià tutt (3). Si pagava in tutti i comuni: se compravi del materiale dovevi passare dal daziere ( qui era il papà di Orazio). Naturalmente si cercava di pagare il meno possibile:ad esempio, quando il daziere non c'era, magari perché era in vacanza, le osterie facevano arrivare il vino così non dovevano pagare. E' durata, mi pare, fino al 1973".

Un altro problema affrontato nel suo periodo da sindaco?
"La fognatura: il genio civile voleva che facessimo la fognatura. E i dané? Non c'erano. Allora abbiamo proposto di cominciare a fare la tombinatura, un'opera, che quando ci fossero stati i mezzi per munirla delle tubature adatte e dell'impianto di depurazione, si sarebbe potuta trasformare in una fognatura vera e propria. Abbiamo presentato un progetto, il genio civile dopo averlo visto ci ha dato le indicazioni su come modificarlo e poi, quando gli abbiamo mandato la versione definitiva ce lo ha bocciato    Allora ho telefonato a Borghi, onorevole di Como che era stato anche sottosegretario: "devo andare dal prefetto a far fuori la questione, però vieni anche tu". Siamo andati e io avevo la lettera di dimissioni in tasca. Dopo l'incontro con il prefetto, il progetto è stato accettato"

Altro ancora?
"A Verderio Inferiore non c'era l'ufficio postale, a Verderio Superiore sì. L'abbiamo ottenuto anche noi, anche se quelli di Verderio Superiore non volevano. L'onorevole Spallino, che era venuto a inaugurare il monumento ai caduti, era il ministro delle poste.
Poi abbiamo fatto l'asfaltatura delle strade, e gli ambulatori che prima non c'erano.
Una cosa, mi ricordo, mi aveva fatto incazzare: io non volevo il segretario comunale durante le ferie, perché dovevo pagare il mio e anche il sostituto. Allora eravamo in consorzio con Verderio Superiore. Ho fatto di tutto per non averlo, ho scritto una letteraccia ... ma alla fine ho dovuto accettare"


Com'erano allora i rapporti con Verderio Superiore?
"Non erano male. Allora c'era come sindaco il Villa (Armando). Eravamo amici, siamo andati a Roma insieme, io, lui, il Zappa, sindaco di Merate, il geometra Penati, che era assessore a Osnago, ospiti della Presidenza della Repubblica. Saragat aveva invitato i sindaci. Siamo partiti con la mia macchina al sabato a mezzanotte e siamo andati al Quirinale".

E con la parrocchia?
"Quando ero io sindaco è stata intestata ai sacerdoti di Verderio Inferiore una cappella del cimitero. Questa, prima, era di un prete di Milano, don Ferrari e prima ancora dei Mattavelli: c'erano sepolti anche i cadaveri carbonizzati di quando era bruciata la casa dei Mattavelli. Quando l'han venduta, o regalata, a questo prete li han tirati fuori e messi in un ossario comune. Quando Don Ferrari ha fatto il venticinquesimo di Messa a Milano ha voluto che presenziassi con la fascia da sindaco e in quel occasione mi ha detto che aveva intenzione di donare la cappella alla parrocchia. Allora io ne ho parlato con il curato, Don Giuseppe Redaelli, il fratello di don Paolo, e la cosa si è fatta. Però dopo il Consiglio Comunale doveva decidere sulla concessione e lì sono andato in minoranza..."

La cappella dei sacerdoti al cimitero di Verderio Inferiore
 
Perché?
"A un certo punto il comune doveva deliberare se assoggettare o no la cappella alla concessione.  In pratica se far pagare, come pagavano tutti i privati, ogni volta che c'era una sepoltura oppure no. Io volevo che pagassero, tutto il resto del Consiglio no. Lo sapevo già prima che quella sera lì sarei andato in minoranza".

Poi c'è stata la storia della scuola materna, o meglio dell'asilo, come si chiamava una volta...
"Io e un assessore socialista, Pietro Mapelli, avevamo deciso di sistemare lo stabile dell'asilo. Ogni settimana mandavamo gli inviti ai cittadini per farli venire a lavorare alla domenica: erano intervenute più di 150 persone per un totale di 10000 ore lavorative. Al termine dei lavori ho chiesto al parroco di organizzare un'assemblea per rendere conto del lavoro fatto, delle spese e dei risultati raggiunti. Ma lui non ha voluto e allora la cosa è finita lì. Ma io un po' me la sono presa..."

E con il parroco successivo, don Paolo, che era fratello di don Giuseppe?
"Don Paolo l'era pusé a la man. Bisogna dire, onestamente, che don Giuseppe non stava bene, infatti è morto giovane. Una volta don Paolo viene e mi dice che ci sarebbe da mettere a posto il tabernacolo. Gh'ò dì, "te mandi mi du omen", gh'ò manda Dumenec e Pierin,: gh'ò manda du sucialista a metech a post el tabernacul , va bene? (4)"

In un'altra occasione, parlando del dottor Zamparelli, lei mi ha detto che in un paese come era Verderio una volta, le persone che contavano, quelle a cui i cittadini si rivolgevano per ogni problema, erano il parroco, il dottore e il sindaco. Per che cosa si rivolgevano a lei?
"Un po' per tutto. Chi mi doveva parlare veniva a casa mia, allora abitavo in condominio, perché se venivano in comune dopo la gente diceva "l'è sta ciamà dal sindech"(5). Mia figlia quando apriva gridava "Papà dico che ci sei o che non ci sei?" Le racconto la più spiritosa che m'è successa"

(Mi scuso per chi non apprezza, ma qui il dialetto è d'obbligo. Cerco di trascriverlo come meglio mi riesce)
"Era un sabato sera è venuto uno che si era appena sposato e mi ha detto
la mia dona la masi
Oh, se la t'à fà?

l'era mia a post!
 e va bé, scusem, ti te seret a post? Ti te se stà cui cuscritt, te se andà a Berghem - dove c'era la casa di tolleranza - Poeu te se andà anca a suldà. E alura? se te seret mia a post ti perché la duveva ves a post le?
Me lo ricordo ancora, era come se gli avessi dato una mazzata in testa

el gh'à resun, el gh'à resun! El me scusa, el me scusa
E l'è andà a cà
! (6)
"Questa è stata la più inimmaginabile, ma poi ce n'erano altre. Ad esempio l'apertura delle successioni, specialmente se c'erano le mogli degli eredi, perché per le mogli degli eredi i propri mariti erano sempre più cretini degli altri, secondo quello che sostenevano loro. Perché, ad esempio, se una cosa spettava a me valeva 1000 lire, se la stessa cosa spettava a un altro, a lei ad esempio, ne valeva 5000".


Ma perché? Si andava dal sindaco per aprire le successioni?
"Molti lo facevano. Venivano da me e io gli facevo fare il testamento olografo".

Glielo scriveva?
"No glielo dettavo. Se erano un po' lunghi lo scrivevo io e dopo loro lo copiavano, perché doveva essere datato, scritto e sottoscritto dal testatore, altrimenti era nullo. Finché ero in grado facevo da solo, altrimenti mi facevo consigliare dal notaio Bosisio, di Merate. Io ho ancora una penna stilografica Mont Blanc, che è molto grande  perché lui, che aveva sempre delle penne molto grosse, mi diceva "Se gh'ò de scriv un att, podi minga andà là cunt el bugetin d'inchioster" (7)"

I testamenti li teneva lei?
"No, li tenevo in una cassetta di sicurezza in banca perché non si poteva mai sapere, magari mi bruciava la casa..."

Ma si faceva così dappertutto? Anche negli altri paesi?
"No.Qui hanno cominciato così, non so perché.."

Tanti lo facevano?
"No, perché non c'erano tanti proprietari"

E all'apertura?
"Avevo una mia tecnica. Venivano tutti gli eredi; se c'erano anche dei maschi sposati venivano anche le loro mogli per difendere i mariti contro gli altri. Finché mi divertivo a sentirli, gh'e lasavi fà, dopo mi stufavo, perché ripetevano sempre le stesse cose. Allora dicevo:
Io sono qui perché l'avete voluto voi, se volete potete anche andar via subito, però se fate quello che voi dite, non solo non guadagnate una lira ma dovete prendere un avvocato ciascuno; perciò arrangiatevi. Allora decidete di prendere l'avvocato? Vi costerà - e sparavi 'na cifra - fate quello che volete. Io vi ringrazio così mi lavo le mani e i piedi e se na parla pú difatti. Basta, i taseven e i se meteven d'acordi. I prim volt m'incasavi: inn parent, inn fradei va che casin che tiren foeura. E mi lamentavo con il notaio Bosisio e lui "Sindech, l'è nurmal - el me diseva - difficilmente gh'è quaidun che 'l va via lesc, succede di tutto , è normalissimo che litighino" e infatti l'era vera..."(8)

Com'erano i rapporti fra i sindaci di paesi piccoli come Verderio Inferiore e i dirigenti del partito di riferimento, quindi per lei con la Democrazia Cristiana?
"Io ero diventato amico del Senatore Morlino, forse anche perché ho sempre avuto il vizio di parlare, cioè di dire quello che pensavo. Io, Villa e  Zappa l'avevamo conosciuto a Roma a un convegno, che aveva organizzato, dei sindaci rurali. Quando lui è venuto per la prima volta a Merate voleva  che ci sforzassimo di procurare nuovi elettori, nuovi voti. Io, che in genere seguivo tutte le operazioni di voto, gli ho detto che non riuscivo a distinguere, a sapere quali erano i voti nuovi e quelli vecchi, i voti son voti e basta. Non so se per quel fatto lì o cosa altro, fatto sta che ha preso una simpatia per me. Quando avevo bisogno gli telefonavo alla mattina alle otto meno un quarto. Lui è morto d'improvviso d'infarto, quando ricopriva la carica di Presidente del Senato. E pensare che avevo già fissato la data per andar a Roma dove, per un giorno,  avrei fatto insieme a lui il Presidente del Senato ... sul serio avrei passato un giorno con lui, tutto il giorno ..."

Altri personaggi politici con cui ha avuto a che fare?
"Mi hanno aiutato molto Borghi, Martinelli, Golfari. Di Citterio ero amico e coetaneo. Bassetti, quando era Presidente della Regione Lombardia, mi aveva offerto il posto di capo del personale in regione. Ho fatto due colloqui ma poi gli ho detto di no".

Perché?
"Quando mi hanno chiesto gli ho detto "qui, quando ci sarà da prendere il personale, le raccomandazioni pioveranno, e sicuramente sarà difficile non prenderle in considerazione perciò non ci vengo " e non ci sono andato solo per quel motivo"

A questo punto del colloquio interviene la moglie che dice, tra il polemico e il rassegnato: "non ha raccomandato mai neanche un suo figlio"
"Ecco, questo lo scriva, lei - riferendosi alla moglie - mi rimprovera sempre che con tanti anni in ospedale eccetera non ho mai appoggiato i miei figli,mai! Secondo lei ho fatto male, per me no. Io la pensavo così.." 

Nel 1973 lei si è dimesso dalla carica di Sindaco senza portare a termine il mandato: come mai?
"Dal 1965 facevo parte della commissione tributaria e questo non era incompatibile con la carica di sindaco, perché la  commissione tributaria era esclusa la giurisdizione comunale. Nel 73 con la riforma fiscale , quando è nata l'IVA, l'INVIM, le carica di sindaco e di componente della commissione tributaria sono diventate incompatibili. Perciò ho dovuto scegliere. Come sindaco ero al terzo mandato, alla fine del quale avrei  comunque lasciato : ho anticipato un po' i tempi e sono rimasto nella Commissione Tributaria. Il Consiglio Comunale dopo di me ha eletto Bruno Mapelli. Sono stato in Commissione Tributaria per 40 anni, fino al 2006".


E adesso diamo uno sguardo sull'attualità
"E' un disastro, guarda che casino che c'è. Una delle ragioni è che manca il capo carismatico. Questo vale sia nel pubblico che nel privato: se c'è un capo carismatico le cose vanno , se invece non c'è e tutti vogliono coltivare il proprio orticello non si salva più niente. Quando nei partiti c'erano Togliatti, Nenni, De Gasperi, le cose non andavano così.  Adesso invece ...  guarda Fini, non hanno ancora fatto il partito e in giamò a dre a taca a lit, ma sé pò. Perché lo fate dico io?I nostri tempi erano altri tempi: non c'era l'IO, c'era il NOI!".

(Giancarlo) (10) Questo non è un po' in contraddizione con l'idea del capo carismatico?
"No, perché allora non erano loro che si proponevano : venivano riconosciuti come leader per le loro capacità".

NOTA
(1) "I mitra erano più grandi di me"
(2) "Che non c'erano i soldi"
(3) "Sulla bicicletta aveva dei salamini; l'hanno fermato e volevano fargli pagare il dazio e allora, per non pagare è tornato indietro un po' e li ha mangiati tutti"
(4) "Gli ho detto "le mando due uomini"; gli ho mandato Domenico e Pierino; gli ho mandato due socialisti a mettere a posto il Tabernacolo"
(5) "E' stato chiamato dal sindaco"
(6) "Io ammazzo mia moglie" "Oh, cosa ti ha fatto?" "Non era vergine" " E va bé, scusami, tu eri vergine? Non sei andato con i coscritti? se andato a Bergamo - dove c'era la casa di tolleranza - Poi sei anche andato a soldato. E allora? Se non eri vergine te perché doveva esserlo lei?" "Ha ragione, ha gagione. Mi scusi, mi scusi" ed è andato a casa
(7) "Se devo andare a scrivere un atto non posso portare il bogettino dell'inchiostro"
(8) "Sindaco, è normale, difficilmente tutto fila via liscio, succede di tutto, è normalissimo - e infatti era così"
(9) "Stanno già litigando, ma si può?"
(10) All'intervista ha partecipato il signor Giancarlo Cereda