venerdì 4 maggio 2012

IL FASCINO DI VEDER RINASCERE UN'OPERA D'ARTE. CHIACCHIERATA CON BIANCA ALBERTI, RESTAURATRICE di Marco Bartesaghi


Bianca Alberti e Anna Soragna mi hanno gentilmente concesso di pubblicare le immagini relative ai loro interventi di restauro presso il Santuario della Madonna del Pianto, a Robbiate. Nell'aggiornamento del 20 aprile scorso ho pubblicato le fotografie del restauro dell'edificio religioso. Oggi pubblico quelle del restauro di un affresco rappresentante la deposizione di Cristo.

Bianca , che a Verderio Superiore è di casa, per il secondo ciclo di conferenze intitolato "La Scienza del Terzo Millennio",  il 28 settembre prossimo, nella sala civica di Verderio Inferiore,   parlerà, insieme alla collega Anna , sul tema: "INTERVENTI DI RESTAURO NEL TERRITORIO".
A lei ho rivolto alcune domande sul suo lavoro.


Marco - Come sei diventata restauratrice?
Bianca - Finito il liceo artistico, un insegnate invitò mia mamma a consigliarmi la strada del restauro, per il quale, secondo lui, ero portata. Non ero molto convinta, però decisi di partecipare al concorso per accedere alla scuola dell'Istituto Centrale del Restauro di Roma: sarebbero state ammesse solo dieci persone; io, pensavo, sarei stata scartata e così avrei potuto fare altro.

M - Invece?
B - Invece fui seconda e quindi ammessa. A fine corso risultai prima e mi fu assegnata una borsa di studio.

M - Come è iniziata la tua carriera?
B - Con una proposta molto allettante, ma che rifiutai: mi proposero di partecipare al restauro dell'Ultima Cena di Leonardo, in Santa Maria delle Grazie a Milano.

M - Un bel coraggio a rifiutare....
B - Ero giovane, avevo appena 22 anni e, seppur originaria di Milano, la mia famiglia risiedeva a Roma, perché lì lavorava mio papà. Non mi andava di vivere sola a Milano. Inoltre non volevo legarmi per un lungo periodo ad un solo lavoro, come sarebbe successo se avessi accettato.

M - Quindi hai rifiutato l'Ultima Cena e poi....
B - Ho lavorato ad Assisi agli affreschi di Giotto, Cimabue e Simone Martini.

M - Quelli rovinati dal terremoto?
B - Veramente quelli restaurati da noi - facevo parte della cooperativa Tecnireco - non sono crollati.

M - I lavori successivi ...
B - Ho lavorato a Positano, all'albergo Murat, dove ho staccato e ricollocato un affresco. Poi sono andata negli Stati Uniti a restaurare alcuni quadri d'arte contemporanea.



Bianca (a sinistra) e Anna al lavoro


M - C'è molta differenza fra il restauro di un'opera d'arte antica e quello di una contemporanea?
B - Queste ultime sono più complesse, perché delle antiche si conoscono le tecniche e i materiali: le tele venivano sempre preparate nello stesso modo e i colori usati erano sempre gli stessi. Nell'arte contemporanea non è così: i materiali sono diversi ed è quindi più difficoltoso decidere come intervenire.

M - Andiamo avanti: quali altri lavori hai svolto?
B - Ho lavorato nella chiesa dei Francescani a Bolzano e poi ho restaurato gli affreschi del Cavallini, in Santa Maria di Trastevere a Roma.
Ho anche insegnato per diversi anni, a Milano e alla scuola di restauro di Botticino, in provincia di Brescia.

M - Attualmente lavori con Anna Soragna: quando e come è iniziata la vostra collaborazione?
B - Siamo insieme ormai da vent'anni. Anna è figlia d'arte, suo papà era pittore e restauratore.
Quando mi ha chiesto di poter lavorare con me, le ho detto che prima avrebbe dovuto frequentare il corso in cui insegnavo, a Milano. Lo ha fatto e così abbiamo iniziato a lavorare insieme. Quando sono andata ad insegnare a Botticino, lei è stata la mia assistente, e quando ho lasciato, ha preso il mio posto.

M - Dove avete il laboratorio?
B - A Milano, in via Rossini n. 3.

M - Di quali tipi di restauro vi occupate?
B - Restauriamo dipinti su ogni tipo di supporto: muro - quindi affreschi - tela, tavola di legno, carta. Ci occupiamo anche di sculture. Non lavoriamo invece sui mobili, a meno che su questi ci siano dei dipinti: allora, se serve, restauriamo quelli.

M - Avete adottato una particolare tecnica?
B - Utilizziamo la tecnica detta del "rigatino", o del "tratteggio romano", una procedura messa a punto dall'Istituto Centrale del Restauro di Roma. Sulle parti di dipinto da reintegrare non stendiamo il colore uniformemente. Tracciamo righe verticali di colore, molto vicine ma comunque separate fra loro. Lavoriamo con gli acquerelli, secondo noi più adatti dei colori a tempera, e usiamo solo colori "puri", primari. Otteniamo quelli composti con stesure successive e sovrapposte dei colori puri che li compongono (es. il giallo e il rosso per ottenere l'arancione).

M - Perché questa tecnica e perché i colori ad acquerello?
B - Se osservi a distanza il dipinto restaurato con il "rigatino" - naturalmente, se è fatto bene - non distingui la parte restaurata dal resto del quadro. Da vicino invece le parti restaurate sono ben individuabili.
Perché l'acquerello? Perché è il colore che si altera meno nel tempo e, inoltre, è molto "reversibile". Infatti ogni restauro deve essere reversibili e perciò bisogna usare colori "cancellabili" con materiali solventi diversi da quelli che scioglierebbero gli originali.

M - Come si affronta il restauro di un'opera d'arte?
B - Come primo approccio si deve studiare l'opera; poi bisogna decidere la metodologia d'intervento, stabilire la tempistica e calcolare i costi. Al committente, alla fine, diamo anche consigli sulla collocazione dell'opera in luoghi più adatti e sulla manutenzione.

M - Avete altri interlocutori, oltre ai committenti?
B - La Soprintendenza, che interviene prima dell'inizio dei lavori e alla fine.

M - Quali lavori ti danno più soddisfazione?
B - Quelli in cui le condizioni di partenza sono le peggiori, i più difficili.

M - Su cosa ti piace di più intervenire?
B - Sugli affreschi e, più in generale, sulle parti dipinte.

M - E a Anna?
B - Predilige i quadri. Sa intervenire molto bene sulle tele che presentano buchi o strappi: ha imparato una tecnica che , per semplificare, potremmo paragonare a quella del rammendo.

M - Incoraggeresti un ragazzo o una ragazza a intraprendere la tua professione?
B - Sì, ma solo se molto motivati: perché è un lavoro faticoso e non adeguatamente retribuito. Ma è affascinante perché, sotto le tue mani e i tuoi occhi, vedi rinascere l'opera d'arte.

M- Che consigli gli daresti?
B - Soprattutto di frequentare una buona scuola. Le miglior sono: quella dell'Istituto Centrale del Restauro di Roma; la scuola dell'Opificio delle Pietre Dure, di Firenze; la scuola di restauro di Botticino, in provincia di Brescia.

M - Parliamo ora un po' del Santuario della Madonna del Pianto di Robbiate. Chi vi ha affidato l'incarico?
B - Don Eugenio, il parroco precedente all'attuale. Per me è stato un lavoro molto importante perché per la prima volta affrontavo il restauro di tutta una chiesa. Avendo poca esperienza della parte decorativa, ho chiamato un decoratore di Firenze che ha fatto, a mio avviso, un ottimo lavoro.

M - E cosa mi puoi dire dell'affresco della "Deposizione con San Carlo e San Francesco"?
B -Si trovava in cattive condizioni e con i segni delle "spicconature" che si fanno quando si deve togliere un affresco sovrapposto. L'abbiamo dovuto staccare, restaurare e poi ricollocare. Penso che il risultato sia buono, sono molto soddisfatta.


                               Bianca Maria Alberti          Anna Valeria Soragna

Per contatti: cell. 3392844610; e-mail: annasoragna@fastwebnet.it

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