giovedì 14 gennaio 2010

MI CHIAMO FAUSTA FINZI....



FAUSTA FINZI IN UNA RECENTE
FOTOGRAFIA

....sono nata a Milano l'11 giugno 1920 da padre ebreo, Edgardo Finzi, e da madre cattolica, Giulia Robiati.
Con mio padre sono stata arrestata a Milano il 22 aprile 1944 e tradotta al carcere di S. Vittore. Dopo una decina di giorni siamo stati spostati a Fossoli (Carpi) e, alla fine di luglio, inviati separatamente in campi di concentramento in Germania.
Da Fossoli siamo stati trasferiti con camion a Verona. Qui, alla partenza per la Germania, sono stata separata da mio padre senza possibilità di seguirlo: solo molto dopo ho saputo che la sua destinazione è stata Auschwitz e che alla prima selezione è stato inviato alla camera a gas.


EDGARDO FINZI CON LA MOGLIE
GIULIA ROBIATI
Partenza quindi per destinazione ignota; viaggio, di circa una settimana, in carri bestiame sigillati; arrivo, al mattino presto, in un campo accolti da SS armate, con cani ringhiosi e con urla e ordini incomprensibili; chiuse in un locale per 24 ore, senza alcun rifornimento di acqua o di cibo.
La mattina seguente sono ricomparse le SS, accompagnate da altre internate, ed è cominciata la spogliazione fisica, morale, psicologica totale. Io ero nel campo di Ravensbruck
Il sistema e il programma erano uguali in tutti i campi: immissione in baracche sovraffollate, sporche, piene di parassiti, malviste da chi era già insediato; due appelli al giorno della durata da 1 a 2 ore, alla mattina alle 6 e alla sera alle 18; obbligo di lavoro, tipo lavori forzati, sempre sorvegliate da SS armate. Questa vita è durata da agosto 1944 sino a maggio 1945.
L'episodio più terribile è stata l'evacuazione del campo in uno stato fisico stremato, sfinite moralmente e fisicamente, ammalate, senza abiti adatti alla stagione, morte di fame sotto i bombardamenti aerei e terrestri. Tutto questo è durato dal 27 aprile alla sera 4 maggio 1945. Alla fine ci hanno abbandonato per l'arrivo di una colonna di carri armati americani, ma la mattina seguente la zona è stata occupata dai russi e le disgrazie per noi non erano ancora finite.
Il rimpatrio è avvenuto alla fine di agosto, dopo un peregrinare tra vari campi di raccolta, ultimo quello di Lubecca.
Il nostro rientro in patria è passato nella più assoluta indifferenza generale e per tanti anni nessuno ha voluto sapere le nostre traversie, le nostre sofferenze nonché le conseguenze.
Ho raccontato questi mesi terribili, di fame, freddo, lavoro disumano, in alcuni incontri pubblici, a partire dal 27 gennaio 2001 (1), Giorno della Memoria, e nel libro che ho scritto "Varcare la soglia" (2).
LA VIDEO INTERVISTA REALIZZATA
DA JURIJ RAZZA PER IL COMUNE DI
VERDERIO SUPERIORE

Prima non ne avevo mai parlato con nessuno, nemmeno con le persone più intime e più vicine a me; non avevo mai raccontato questa mia terribile esperienza, che pure aveva lasciato un solco profondo e un'intima trasformazione: tutto giaceva sepolto nel mio io e non avrei desiderato esternare questi miei ricordi. Il passare degli anni arrivava quasi a convincermi che non ci fosse niente di eccezionale, di così interessante in questa mia storia. Mi pareva, leggendo la medesima vicenda descritta da altri, di rileggere la mia e mi ritrovavo in mille ricordi e sensazioni identiche, mai pensando che avrei potuto anch'io raccontare qualcosa e aggiungere qualche particolare interessante.

La mia vicenda era quella di tante altre persone e il dubbio di ripetere qualcosa di già noto a quelli che si interessavano dell'argomento mi ha sempre dissuasa dal provarci.
E così gli anni sono passati e io sono arrivata alla veneranda età di 81 anni senza dar vita ai miei ricordi. Forse è quando si rimane soli che questi affollano di più la mente e ci si concentra su di essi: possono essere ricordi recenti o lontani, felici o dolorosi, ma sono parte di noi stessi.
Non è vero che la solitudine sia una malattia, dipende da come ogni persona reagisce a questa situazione che può anche instaurarsi improvvisamente e inaspettatamente.
Anch'io mi sono trovata sola (non improvvisamente) alla morte di mio marito e la mancanza di una persona al mio fianco, dopo quasi cinquant'anni di vita insieme, è stato uno shock notevole, ma devo dire che, superato il trauma più violento dei primi mesi, che ti obbliga a far fronte a tutti i problemi di vita pratica per la perdita di una persona cara, la solitudine mi ha quasi costretto a riesaminare e ripercorrere la mia vita passata.
La solitudine bisogna saperla affrontare come qualsiasi evento della vita e non subirla come una malattia che ti aggredisce. Il ripercorrere a ritroso la propria esistenza, il cercare di ravvisare nei propri ricordi una sorta di meditazione sugli eventi che si sono susseguiti è una occupazione della mente e della psiche , è un aiuto a meglio conoscere se stessi, a ragionare su certi comportamenti, a conoscere come il destino ha giocato nella nostra vita o le nostre scelte hanno favorito o contrastato questo destino.
Quando si comincia questo riesame è qualcosa che appassiona e sprona a continuare, in fondo è un po' come un gioco con se stessi che occupa le ore libere e obbliga la mente a lavorare su questo e quindi a superare il senso di solitudine.
La mia vita ha avuto un episodio dominante che indubbiamente è quello che mi ha marchiato, anche se solo in vecchiaia ho avuto il tempo e il coraggio di affrontarlo a fondo.
Penso però che la vita di ogni persona sia ricca di eventi, di ricordi, di esperienze: bisogna avere la voglia e la volontà di rivedere tutto questo vissuto (che può essere lungo per chi è vecchio, ma anche per un giovane può avere ricchezza di aspetti diversi a seconda dell'età), filtrarlo, decantarlo, assimilarlo attraverso gli eventi che sono seguiti e attraverso la situazione, presente tramite la solitudine che aiuta questo ripasso e questa revisione.

Fausta Finzi


(1) La prima testimonianza pubblica di Fausta Finzi è avvenuta il 27 gennaio 2001 a Verderio Superiore. La signora Fausta non parlò direttamente al pubblico, ma lo fece attraverso una videointervista realizzata da Jurij Razza, a quel tempo in servizio civile presso il comune di Verderio Superiore. Il video, su supporto VHS e DVD, può essere chiesto in prestito presso la Biblioteca Intercomunale di Verderio.
(2) Fausta Finzi, VARCARE LA SOGLIA, a cura di Federico Bario e Marilinda Rocca, 2002, Lecco. Dopo questo prima edizione a cura dell'Istituto Lecchese per la Storia del Movimento di Liberazione e dell'Età Contemporanea, nel 2005 il libro, ampliato, è stato pubblicato dall'editore Gaspari di Gorizia con la prefazione di Frediano Sessa e con un nuovo titolo: A RIVEDER LE STELLE.



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