Mi soffermo ad osservare la piccola folla in attesa dell'entrata.
Ci sono visi crucciati e sorridenti, i saluti festosi e il vociare dei più grandi, ma anche i piagnucolii e le ostinatezze di chi non vuole avviarsi da solo verso la vita.
Vedo bambini pettinati alla perfezione, ma anche teste arruffate e scomposte.
Noto tanti diversi zainetti, dei quali sarà certamente diverso anche il costo.
Noto pure grembiulini ineccepibili e altri, un po' consunti, che rivelano il passaggio da fratello a fratello.
C'è il volto della vita in tutti questi bambini, perché essi sono la voce e l'espressione dell'ambiente da cui provengono e per questo fanno meditare chi li riceve in consegna. E gli insegnanti, appunto, sanno che l'insegnamento deve andare ben oltre le spiegazioni, le interrogazioni, l'assegnazione dei voti.
Infatti la massima che era scritta sul frontone delle scuole della Repubblica Veneta già allora ammoniva:
"Insegnamo ai putéi a ben léger, a ben abacàr, ma sovratuto a eser galantuomini"
Quaderno di seconda elementare dell'anno scolastico 1953/54 |
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