sabato 21 maggio 2011

VERDERIO SUPERIORE 1898: L'ESIGENZA DI UNA NUOVA CHIESA PARROCCHIALE di Marco Bartesaghi

Questo brano è una parte del II capitolo del libro "VERDERIO - La chiesa parrocchiale dei santi Giuseppe e Floriano - 1902 - 2002: un secolo di storia, arte e vita religiosa". Altri brani del capitolo, intitolato"1896 - 1902: il progetto, la realizzazione e la storia della nuova chiesa", sono pubblicati su questo blog sotto l'etichetta Chiesa dei santi Giuseppe e Floriano di Verderio Superiore. M.B.


La vecchia chiesa parrocchiale di Verderio Superiore. Era dedicata a San Floriano
 
"    la chiesa era troppo piccola per tanta popolazione, di modo che la maggior parte per mancanza di comodi era obbligata a stare in piedi o nel mezzo o sulla porta sotto il pronao nella stagione meno rigida, le donne stipate sulle panche o accovacciate nelle cappelle, i piccoli a frotte sui gradini dell'altare o nel già ristretto coro".
Così don Luigi Galbiati descriveva la chiesa parrocchiale dopo pochi giorni dalla sua nomina a Vicario Spirituale di Verderio Superiore, avvenuta l'11 novembre 1897, in coincidenza con le dimissioni del novantaduenne parroco don Olimpio Tacconi.
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Nell'ultimo decennio dell'ottocento il Comune di Verderio amministrava una popolazione di più di 2000 abitanti, residenti nelle due frazioni di Verderio Inferiore e Superiore, unite dal 1872. Ognuna delle due frazioni superava i mille abitanti, con una costante prevalenza, di qualche decina di unità, per Verderio Inferiore (1).
Molti, la maggioranza, i contadini dediti principalmente alla coltivazione di frumento e granoturco e all'allevamento del baco da seta. A Verderio Superiore erano in gran parte coloni della famiglia Gnecchi Ruscone; alcuni conducevano i terreni del beneficio parrocchiale. Unici altri possidenti, fra le famiglie residenti, erano i Cassago soprannominati "Lazzaretti".
C'erano poi artigiani - fabbro, calzolaio, falegname, mugnaio, arrotino, sarto - ,gli osti, il prestinaio, la levatrice, il segretario comunale, il maestro. Figura di prestigio era l' "agente di campagna" che curava gli interessi della famiglia Gnecchi: in quegli anni il Cav. Eugenio Lissoni (2).
 
Via sant'Ambrogio come appariva alla fine del XIX secolo. In fondo il campanile della vecchia chiesa.

Sul territorio comunale operavano tre aziende industriali per la torcitura della seta: nel 1894, comprendevano 2570 fusi, occupavano 145 persone, in prevalenza donne adulte (78) e ragazze sotto i quindici anni (59), per una media di 145 giorni di lavoro l'anno (3).
Una scuola, classificata come rurale di classe terza era frequentata da bambine e bambini che dovevano sottostare all'obbligo scolastico: nel triennio 1892-1895 la media degli obbligati alla frequenza fu di 99 bambini. Il corso scolastico era triennale, la prima classe mista, nelle successive maschi e femmine erano separati (4).
L'unione tra le due frazioni resisteva dal 1872, ma tra il 1896 e il 1905 si consumò la separazione che tuttora permane (5).
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Autonome già dal 1779 erano invece le due Parrocchie, appartenenti alla Pieve di Brivio. Quella di Verderio Superiore era retta dal 1844 da don Olimpio Tacconi, originario di Treviglio; lo coadiuvava, dal 1864, don Severino Fraschina, nato a Tesserete, Canton Ticino, nel 1832.
La chiesa parrocchiale aveva una superficie di 130 - 140mq, insufficiente, come già si è detto, ad ospitare i fedeli che abitualmente partecipavano alle funzioni, e assai malandata, come risulta da diverse testimonianze: "L'esistente chiesa [...]è in uno stato miserevole di deperimento", così si esprimevano parroco e fabbricieri in un'istanza inviata all'autorità civile per ottenere il permesso di erigere il nuovo tempio (6).
Nella relazione compilata dopo la visita pastorale del Cardinal Ferrari, avvenuta nel marzo del 1897, si affermava: "E' da desiderarsi che si provvegga alla decorosa ristaurazione della Chiesa" (7).
Questo compito sarebbe spettato alla Fabbriceria (8), la quale però dichiarò subito di non essere in grado di far fronte alla spesa. Un restauro, fra l'altro, non avrebbe risolto il problema delle dimensioni e, per un ampliamento, non esisteva spazio sufficiente intorno all'edificio.
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Fu Giuseppina Turati Gnecchi a prendere l'iniziativa, decidendo di donare alla comunità una nuova chiesa, attingendo al proprio patrimonio personale.



Giuseppina Turati Gnecchi Ruscone (1826 - 1899)
 Nata a Busto Arsizio il 12 marzo 1826, Giuseppina era figlia di Francesco e di Angela Pigna. Il padre, cui Vittorio Emanuele II, con decreto del 4 settembre 1862, aveva concesso il titolo di Conte trasmissibile al primogenito maschio, era un notissimo industriale cotoniero. La Ditta Turati Radice, con sede in via Meravigli a Milano, aveva stabilimenti di tessitura a Busto Arsizio e di filatura a Castellanza.
Quando maturò l'idea di far costruire la chiesa, Giuseppina era vedova del commendator Giuseppe Gnecchi Ruscone, sindaco di Verderio dal 1859 al 1889, promotore, insieme alla moglie, di diverse iniziative benefiche e di scuole per adulti, serali per gli uomini e festive per le donne. Dal loro matrimonio, avvenuto nel 1846, nacquero Francesco, Ercole, Amalia, Carolina, Antonio ed Erminia.
La famiglia Gnecchi, originaria di Garlate, era presente a Verderio dal 1842, quando i fratelli Giuseppe e Carlo ereditarono da uno zio materno, Giacomo, i beni che questi possedeva avendoli acquistati nel 1824 dal Marchese Decio Arrigoni. Ereditarono anche il suo cognome, Ruscone, che da allora identifica questo ramo della famiglia: Gnecchi Ruscone. Dal 1888, con l'acquisto dei possedimenti della famiglia Confalonieri Strattman, divennero proprietari della gran parte dei terreni e degli edifici di Verderio Superiore, comprese le due antiche ville padronali.
Prima della chiesa la famiglia aveva già realizzato e donato al paese alcune opere di notevole interesse pubblico: l'asilo infantile, il cimitero, l'acquedotto "Fonte Regina". Successivamente fecero erigere il municipio e la scuola, in un'unica struttura, e l'ambulatorio e la maternità in due piccoli edifici gemelli, in via delle Rimembranze.
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Nella primavera del 1898, con una lettera al Cardinale - "Eminentissime Princeps" - la famiglia si offrì di costruire una nuova chiesa - "capacissimam atque ornatiorem" - , una nuova casa parrocchiale e di devolvere al "Beneficio Parrocchiale" un terreno adiacente a quello su cui sarebbero sorti i due edifici. Il valore dei beni, comprensivo delle spese di costruzione, veniva stimato intorno alle duecentoventimila lire.
In cambio chiedeva di avere, attraverso un contratto di permuta, gli edifici che venivano lasciati liberi: la chiesa e le annesse abitazioni, compresa una casa occupata dai coloni del parroco. Il valore di questi immobili si aggirava intorno alle novemila lire.
La risposta dell'Autorità Ecclesiastica fu positiva: veniva accettata la proposta di permuta; al parroco si raccomandava di vigilare che le condizioni indicate venissero rispettate rigorosamente (9).
Parallelamente la Fabbriceria appoggiò il progetto presso l'autorità civile per ottenere il consenso che a questa competeva. Nell'istanza gli scriventi esprimevano entusiasmo per il disegno della nuova chiesa, la sua ampiezza, circa 500mq, l'ubicazione in "località più comoda e centrale dell'abitato" (10).
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L'edificazione del nuovo tempio, ma pure la sua gestione una volta che l'opera fosse giunta a termine, avrebbe rappresentato anche per il titolare della parrocchia un impegno assai gravoso.
Gli Gnecchi, preoccupati che l'anziano parroco potesse non avere energie sufficienti, si attivarono per trovare un sostituto che fosse di loro gradimento.
Rivolsero l'attenzione a don Luigi Galbiati, un sacerdote non più giovane, da molti anni coadiutore a Merate, suo paese natale, dove si occupava con passione dell'oratorio per i giovani.


don Luigi Galbiati parroco di Verderio Sup. dal 1897 al 1923


Un primo approccio, lo narra lui stesso nel "Cronicus", avvenne in casa dell'avvocato Antonio Baslini, Sindaco di Merate, nell'autunno del 1896. La moglie dell'ospite, Elena Gnecchi, nipote di Giuseppina, accennò al progetto della nonna per la costruzione della chiesa e cercò di capire cosa don Luigi pensasse di un eventuale incarico a Verderio. Domanda e risposta erano state molto generiche, ma gli Gnecchi si sentirono comunque incoraggiati e attesero l'occasione opportuna per avanzare una loro ambiziosa richiesta al Cardinale: ottenere per sé il diritto di nomina dei parroci a Verderio Superiore, come riconoscimento per le opere che si accingevano a realizzare.
 
Casa Baslini a Merate in una cartolina della prima metà del novecento
 Tale proposta fu fatta al Cardinale in occasione di una sua visita a Merate , il 2 ottobre 1897: la risposta fu positiva ma, per non impegnare in modo definitivo i successori, il Prelato pose un limite di cento anni alla concessione.
Come successore di don Olimpio Tacconi venne quindi proposto don Luigi Galbiati che accettò l'incarico, non senza rimpianto per la parrocchia di Merate alla quale, anche per le sue origini, era particolarmente legato (11).
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Il diritto di scegliere il parroco di Verderio Superiore, che la famiglia Gnecchi pensava di essersi assicurato per cento anni, non ebbe vita così lunga: alla morte di don Luigi, don Carlo Greppi, contestò la pretesa della famiglia di nominare il successore, ottenne ragione e divenne parroco contro il parere degli Gnecchi che avevano presentato un altro candidato (12).


 
 NOTE

(1) Comuni e loro popolazioni ai censimenti dal 1861 al 1951, ISTAT, 1960.
(2) Stato d'Anime 1893, APVS.
(3) Notizie sulla condizione industriale della Provincia di Como, in: Annali di Statistica, fascicolo LII, 1894., pag.79
(4) Prospetto delle scuole e loro classificazione, Archivio Comunale Verderio Sup. (ACVS), allegato al verbale del Consiglio Comunale Straordinario, 11 marzo-4 aprile/1895.
(5) Il 23 aprile 1896, non essendo stata accolta la loro richiesta di installare una conduttura per portare l'acqua della Fonte Regina a Verderio Inferiore, si dimisero dal Consiglio Comunale i nobili Federico e Ippolito Annoni: questo può essere considerato il primo di una serie di atti che portarono alla divisione. Seguirono: una petizione per la separazione dei bilanci (1898); la richiesta di formare due comuni autonomi (1902); la costituzione dei due comuni (1905).
(6) APVS, Titolo VI, Chiese e luoghi sacri, cl.1-2-3-4, cart.1 fasc. 2/1.
(7) Archivio Diocesano, Milano, Visite pastorali del Cardinale Ferrari.
(8) Organo amministrativo che provvedeva alla conservazione e manutenzione della chiesa e ne gestiva i beni.
(9) Vedi nota 4.
(10) Vedi nota 4.
(11) Cfr. Liber Cronicus, cit., pagg. 2 e seguenti
(12) Cfr. APVS, Liber Cronicus 1914 - 1936, Galbiati - Greppi", pagg.249 - 50.

Marco Bartesaghi

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