Chiesa e campanile di Verderio Sup. in una cartolina spedita il 21 luglio 1933 |
Ancora oggi, nonostante lo sviluppo edilizio abbia reso il paesaggio più omogeneo e confuso, Verderio Superiore è individuabile, anche da considerevole distanza, grazie al suo campanile, che spicca per l'altezza e per la forma architettonica inusuale nella zona.
Alto 49,50 m, compresa la croce in ferro di 2 metri e 10 centimetri, è composto da una torre a base quadrata, 4,60 m di lato, e da una cuspide conica sormontata da una sfera.
Alto 49,50 m, compresa la croce in ferro di 2 metri e 10 centimetri, è composto da una torre a base quadrata, 4,60 m di lato, e da una cuspide conica sormontata da una sfera.
Archivio Parrocchiale |
La torre, complessivamente di 37,20 m, è in pietra fino a circa 5 metri da terra; il resto è in mattoni a vista.
La cuspide è formata da un tronco di cono in cotto alto 8 metri e 20 centimetri e da una punta di 1,5 m in pietra, la sfera, anch'essa in pietra, ha diametro di 50 centimetri (1).
Dall'interno del campanile si può raggiungere la camera delle campane attraverso una scala di gradini in beola, sporgenti dai muri perimetrali: sono 131 gradini, divisi in rampe di sei, salvo la prima di cinque. Per l'ultimo tratto ci si deve servire di una scala a pioli metallica, che sostituisce l'originale in legno. Tutto il percorso è protetto da una rassicurante ringhiera in ferro. Salendo si incontrano periodicamente i fori nei gradini per il passaggio delle corde: quelli più in basso sono ancora dotati dei rulli metallici che servivano da guida.
Dopo le prime sei rampe di scale si giunge ad un pianerottolo dove, adagiati sulla sabbia, giacciono i contrappesi dell'antico orologio e, da una bassa porta in legno, tramite un ponticello all'aperto, si arriva al sottotetto della parte posteriore della chiesa. Proseguendo nella salita, quasi in cima si incontra una struttura in legno che conserva ancora il meccanismo dell'orologio originale. Da una botola rettangolare, chiusa da un coperchio in lamiera, si esce nel vano delle campane.
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I contrappesi dell'antico orologio. |
A sinistra di questa cartolina, che ha viaggiato nel 1903, si vede il campanile della vecchia parrocchiale |
Nel preventivo presentato il 17 gennaio 1902 la ditta prevedeva che fossero necessari 5660 Kg di bronzo, più il 5% per pareggiare le perdite del processo di fusione; parte del metallo, 2500Kg, sarebbe stato recuperato fondendo le campane esistenti: la quantità da acquistare risultava perciò di 3443 Kg.
Il prezzo, alla data del preventivo, fu fissato a 2,15 lire per chilogrammo: il costo totale della materia prima sarebbe pertanto ammontato a lire 7402,40. A questa cifra bisognava aggiungere il costo della manodopera - per la fusione e l'installazione sul campanile -, quello dei nuovi batacchi, delle corde e delle varie attrezzature necessarie e, infine, quelli del trasporto e della rimozione delle vecchie campane: totale 12369,40 lire. Presentato il preventivo, i Barigozzi invitarono più volte la Fabbriceria a decidere in tempi brevi, non potendo altrimenti garantire, data la flessibilità del mercato dei metalli, il mantenimento del prezzo concordato.
Ai piedi della chiesa in costruzione le campane ancora non issate sul campanile |
Il prezzo, alla data del preventivo, fu fissato a 2,15 lire per chilogrammo: il costo totale della materia prima sarebbe pertanto ammontato a lire 7402,40. A questa cifra bisognava aggiungere il costo della manodopera - per la fusione e l'installazione sul campanile -, quello dei nuovi batacchi, delle corde e delle varie attrezzature necessarie e, infine, quelli del trasporto e della rimozione delle vecchie campane: totale 12369,40 lire. Presentato il preventivo, i Barigozzi invitarono più volte la Fabbriceria a decidere in tempi brevi, non potendo altrimenti garantire, data la flessibilità del mercato dei metalli, il mantenimento del prezzo concordato.
Particolare di campana (foto Fabio Oggioni) |
Particolare di campana. |
Nel contratto definitivo la ditta si impegnava a fornire "un concerto di N.5 Campane, nel tono di DO, del peso complessivo di 4988 Kg", campane che dovevano essere "sane, sonore, di voce chiara, robusta, dolce". Al committente era riconosciuta la facoltà di farle esaminare da un esperto di sua fiducia: se non fossero risultate della qualità convenuta, avrebbe potuto rifiutarle.
La Fabbriceria, per la posa in opera, doveva fornire "la forza manuale occorrente durante i lavori", preparare le opere murarie ed effettuare i trasporti.
Il costo della manodopera per la fusione fu fissato a 0,40 lire al chilogrammo; per la materia prima fu mantenuto quello concordato precedentemente di lire 2,15 al Kg.
Il 50% della somma da pagare doveva essere versato subito dopo l'installazione ed il collaudo; il saldo sarebbe avvenuto alla fine dell'anno di garanzia.
Il contratto reca le firme dei fabbricieri Ambrogio Oggioni, Lazzaro Cassago e Carlo Besana, del Parroco e dei fratelli Barigozzi (2).
Questo metodo, per le difficoltà riscontrate nella riscossione, venne presto abbandonato e si puntò invece sulle offerte spontanee. Al pagamento della prima metà del debito concorsero le Confraternite e la Fabbriceria con mille lire a testa, don Benvenuto Sala, sacerdote nativo di Verderio, e il ragionier Lissoni con cento, il Parroco con tremila (3). Per la restante parte Don Luigi concesse alla Fabbriceria un prestito di 5641,00 lire ad un tasso d'interesse annuo del 3%.
Il giorno 12, su carri addobbati con "sandaline" e fiori, guidati da "cavallanti" del paese, le campane giunsero a Verderio, dove, appese ad una possente trave ai piedi del campanile, vennero battute a martello e a festa per l'intera settimana.
Prima di essere issate sul campanile vennero benedette dal Vescovo Monsignor Morgantiiv che, rivolgendosi ai fedeli spiegò il significato della semplice cerimonia: "Si tratta- disse -di spiritualizzare questi bronzi, che coi loro suoni, coi loro squilli devono giungere al vostro orecchio e al vostro cuore come la voce del vostro parroco, come la voce della vostra madre, la S .Chiesa". Dopo aver ricordato che "perfino Napoleone, quell'uomo terribile, si commuoveva nell'udire un concerto di campane", continuò confrontando il loro suono, che esorta a pensare al "pane spirituale", ai "fischi stridenti delle macchine, che chiamano gli operai agli opificii, per guadagnare il pane del corpo" (4).
Sulle campane, a ricordare (5) "oblatori, sacerdoti, fabbricieri, Confraternite, ed anche la benemerita Famiglia Gnecchi sebbene non vi abbia concorso per nulla", furono raffigurati ben 26 santi e, per ognuna, fu composta un'iscrizione:
La Fabbriceria, per la posa in opera, doveva fornire "la forza manuale occorrente durante i lavori", preparare le opere murarie ed effettuare i trasporti.
Il costo della manodopera per la fusione fu fissato a 0,40 lire al chilogrammo; per la materia prima fu mantenuto quello concordato precedentemente di lire 2,15 al Kg.
Il 50% della somma da pagare doveva essere versato subito dopo l'installazione ed il collaudo; il saldo sarebbe avvenuto alla fine dell'anno di garanzia.
Il contratto reca le firme dei fabbricieri Ambrogio Oggioni, Lazzaro Cassago e Carlo Besana, del Parroco e dei fratelli Barigozzi (2).
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Per far fronte alla spesa si pensò in un primo tempo ad una sottoscrizione tra le famiglie della Parrocchia: ognuna avrebbe dovuto versare una cifra proporzionale al numero di pertiche coltivate. In Archivio Parrocchiale sono conservati due diversi documenti, in uno era stabilita, per ogni pertica, una quota di 50 centesimi, nell'altro di una lira.Questo metodo, per le difficoltà riscontrate nella riscossione, venne presto abbandonato e si puntò invece sulle offerte spontanee. Al pagamento della prima metà del debito concorsero le Confraternite e la Fabbriceria con mille lire a testa, don Benvenuto Sala, sacerdote nativo di Verderio, e il ragionier Lissoni con cento, il Parroco con tremila (3). Per la restante parte Don Luigi concesse alla Fabbriceria un prestito di 5641,00 lire ad un tasso d'interesse annuo del 3%.
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Il 6 ottobre 1902, nelle officine Barigozzi, furono fuse le nuove campane (quelle vecchie erano state rimosse il 25 settembre , fra l'esultanza della popolazione). L'11 ottobre furono collaudate dal signor Gino Maggioni, amico del Parroco, medico e maestro di musica della Banda Filarmonica di Cassano d'Adda. Egli le giudicò "di buona lega, di timbro sonoro e ben intonate"; propose solo alcune modifiche per la "maggiore", per renderla "un po' crescente di tono".Il giorno 12, su carri addobbati con "sandaline" e fiori, guidati da "cavallanti" del paese, le campane giunsero a Verderio, dove, appese ad una possente trave ai piedi del campanile, vennero battute a martello e a festa per l'intera settimana.
Prima di essere issate sul campanile vennero benedette dal Vescovo Monsignor Morgantiiv che, rivolgendosi ai fedeli spiegò il significato della semplice cerimonia: "Si tratta- disse -di spiritualizzare questi bronzi, che coi loro suoni, coi loro squilli devono giungere al vostro orecchio e al vostro cuore come la voce del vostro parroco, come la voce della vostra madre, la S .Chiesa". Dopo aver ricordato che "perfino Napoleone, quell'uomo terribile, si commuoveva nell'udire un concerto di campane", continuò confrontando il loro suono, che esorta a pensare al "pane spirituale", ai "fischi stridenti delle macchine, che chiamano gli operai agli opificii, per guadagnare il pane del corpo" (4).
Sulle campane, a ricordare (5) "oblatori, sacerdoti, fabbricieri, Confraternite, ed anche la benemerita Famiglia Gnecchi sebbene non vi abbia concorso per nulla", furono raffigurati ben 26 santi e, per ognuna, fu composta un'iscrizione:
TEMPLUM JOSEPHINAE GNECCHI, FILIORUM AERE AEDIFICATUM MEA VOCE EXORNO,MCMII, sulla maggiore;
ERUIT ME PAR. AL. GALBIATI UT A MORTE IMPROVISA ET PERPETUA LIBERET NOS DOMINUS, MCMII, sulla seconda;
EXTRUX ME ECCL.AE FABB.A UT A FULGURE ET TEMPESTATE LIBERET NOS DOMINUS, MCMII, sulla terza;
CONF.TRES SS. SACR.TI CONSTRUCTA SUM UT BENEDICAM D.NUM IN OMNI TEMPORE, MCMII, sulla quarta;
LAUDATE PUERI D.NUM LAUDATE NOMEN D.NI, MCMII, sulla quinta (6).
ERUIT ME PAR. AL. GALBIATI UT A MORTE IMPROVISA ET PERPETUA LIBERET NOS DOMINUS, MCMII, sulla seconda;
EXTRUX ME ECCL.AE FABB.A UT A FULGURE ET TEMPESTATE LIBERET NOS DOMINUS, MCMII, sulla terza;
CONF.TRES SS. SACR.TI CONSTRUCTA SUM UT BENEDICAM D.NUM IN OMNI TEMPORE, MCMII, sulla quarta;
LAUDATE PUERI D.NUM LAUDATE NOMEN D.NI, MCMII, sulla quinta (6).
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Per un decreto del 1942 atto a far fronte alle necessità della guerra, diventarono soggette a requisizione le campane sparse sul territorio nazionale, per una quantità pari al 50% di quelle che risultavano disponibili in un censimento eseguito l'anno precedente; erano escluse le campane dichiarate di "pregio storico ed artistico" o appartenenti a Santuari e Cattedrali.
La Parrocchia di Verderio Superiore mise a disposizione le due maggiori, per un peso complessivo di 2620 chilogrammi; il prelievo avvenne il 15 aprile 1943. Durante i lavori di rimozione, effettuati da operai della ditta Ottolina di Seregno, la seconda campana fu fatta precipitare dal campanile e si frantumò.
Nell'aprile del 1944 la Parrocchia ottenne di riavere la campana maggiore e gli spezzoni della seconda: per questi ultimi furono dati in cambio due motori elettrici della ditta Marelli, acquistati al prezzo, ritenuto conveniente, di lire 4080; la campana maggiore fu invece ottenuta in deposito, con la possibilità di un'ulteriore requisizione, dietro una cauzione di 9000 lire. Arrivata a Verderio, trasportata da Vincenzo Colombo della famiglia soprannominata dei "Benedit", fu tenuta nascosta sotto una catasta di legna presso la cascina "La Salette".
Le due campane, la seconda rifusa dalla ditta Ottolina, furono ricollocate sul campanile il 5 settembre 1946.
La Parrocchia di Verderio Superiore mise a disposizione le due maggiori, per un peso complessivo di 2620 chilogrammi; il prelievo avvenne il 15 aprile 1943. Durante i lavori di rimozione, effettuati da operai della ditta Ottolina di Seregno, la seconda campana fu fatta precipitare dal campanile e si frantumò.
Nell'aprile del 1944 la Parrocchia ottenne di riavere la campana maggiore e gli spezzoni della seconda: per questi ultimi furono dati in cambio due motori elettrici della ditta Marelli, acquistati al prezzo, ritenuto conveniente, di lire 4080; la campana maggiore fu invece ottenuta in deposito, con la possibilità di un'ulteriore requisizione, dietro una cauzione di 9000 lire. Arrivata a Verderio, trasportata da Vincenzo Colombo della famiglia soprannominata dei "Benedit", fu tenuta nascosta sotto una catasta di legna presso la cascina "La Salette".
Le due campane, la seconda rifusa dalla ditta Ottolina, furono ricollocate sul campanile il 5 settembre 1946.
NOTE
(1) Le dimensioni del campanile mi sono state suggerite dal signor Felice Colnaghi, che le ha rilevate in occasione di lavori di ristrutturazione da lui diretti.
(2) Preventivo, contratto e gli altri documenti cui si fa riferimento in questo paragrafo, si trovano in APVS, titolo VI, Chiesa e luoghi sacri, cl. 1-2-3-4, fasc. 4. Oggioni Ambrogio fu Ferdinando, Cassago Lazzaro fu Battista e Besana Carlo fu Giobbe erano stati nominati fabbricieri per il periodo 1902/1907 (APVS, titolo X, Fabbriceria, cl.1, fasc.1/1).
(3) Liber Cronicus 1897 - 1913, cit., pag.76
(4) Pasquale Morganti, nacque a Lesmo nel 1852. Ordinato sacerdote nel 1875, fu Vescovo di Bobbio (1902) e poi di Ravenna. Morì il 18 dicembre 1921.
(5) Cfr. Lega Lombarda, 20-21 ottobre, 1902.
(6) Cfr. Liber Cronicus 1897/1913, cit., pag. 75-76.
(2) Preventivo, contratto e gli altri documenti cui si fa riferimento in questo paragrafo, si trovano in APVS, titolo VI, Chiesa e luoghi sacri, cl. 1-2-3-4, fasc. 4. Oggioni Ambrogio fu Ferdinando, Cassago Lazzaro fu Battista e Besana Carlo fu Giobbe erano stati nominati fabbricieri per il periodo 1902/1907 (APVS, titolo X, Fabbriceria, cl.1, fasc.1/1).
(3) Liber Cronicus 1897 - 1913, cit., pag.76
(4) Pasquale Morganti, nacque a Lesmo nel 1852. Ordinato sacerdote nel 1875, fu Vescovo di Bobbio (1902) e poi di Ravenna. Morì il 18 dicembre 1921.
(5) Cfr. Lega Lombarda, 20-21 ottobre, 1902.
(6) Cfr. Liber Cronicus 1897/1913, cit., pag. 75-76.
Marco Bartesaghi, 2002
Questo testo è tratto dal capitolo secondo del libro :VERDERIO, La chiesa parrocchiale dei santi Giuseppe e Floriano , 2002
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