All'Archivio di Stato di Milano, nel Fondo Airoldi di Robbiate, cart. 4 fasc.5, si trova la seguente nota, scritta da Paolo Airoldi di Robbiate:
" Sul denaro supposto nascosto nel Caseggiato in Robbiate dall´antenato Prete Ajroldi Ambrogio, cioè nell´Edificio del Torchio od altrove. N.B. un Prete Ajroldi Ambrogio, che si presume essere il soprindicato, giuste alcune annotazioni di casa, è morto d´apoplesia in Robbiate il 2 novembre 1695" " Memoria rinvenuta in casa"
La memoria sarebbe quindi stata rinvenuta in casa degli Airoldi, la Casa del Cantone.
Nel fascicolo dell'Archivio di Stato, allegato alla memoria, si trova un'esposto all'autorità di polizia in cui, dopo aver descritto l'origine del "tesoro", cioè il denaro presumibilmente nascosto, da don Ambrogio, si denuncia il ritrovamento da parte della famiglia Brigatti:
"I. R. Direzione Generale di Polizia. Per la costante tradizione di circa un secolo e mezzo nella antica famiglia Ajroldi di Robbiate, ora provincia di Como, rammentasi che certo Prete Ambrogio Ajroldi, ascendente dei viventi fratelli Gio. Angelo, Ambrogio e Paolo Ajroldi, avendo trattato un acquisto di un latifondo nella Gera d´Adda per la somma di circa quattro mille zecchini e non avendo questo avuto luogo, nascose il numerato denaro, per la massima parte in zecchini, e da lì a poco tempo morì all´improvviso. Mille e mille indagini si fecero dagli eredi e conseguentemente anche dai presentanei suoi successori: massime ritenuta l´asserzione di certo Pietro Corneo d´età novaggennaria e che morì cinquant´anni sono circa, con la quale disse in particolare all´esponente per più volte, che egli con la buon anima di suo padre avevano assistito alla numerata suddetta somma in tant´oro in occasione del nominato contratto che intendeva fare, ma tutte le ricerche furono vane. Vien ora informato che da un mese e mezzo circa, corre voce in Robbiate che certo Francesco Brigatti, figlio di Antonio Brigatti, colono della casa Barilli, che possiede diversi fondi che gìà tempo erano della famiglia dell´esponente, nel fare qualche operazione di suo istituto in un fondo di cui è investito, abbia trovato il nascosto denaro coperto con una pietra, data in forma di mezzo vaso, con un´iscrizione all´intorno dallo stesso scolpita, portante il nome e cognome del prete suddetto e dicesi che pel timore di essere scoperto, i possessori del rinvenuto denaro, abbiano portato il guasto all´iscrizione medesima. Ciò è quanto l´esponente subordina a questa I.R. Direzione Generale di Polizia per sua norma e per quegli effetti e misure che troverà del caso. Paolo Airoldi
Segue la testimonianza scritta di alcuni abitanti di Robbiate:
"Che il Brigatti abbia trovato il tesoro l´ho sentito a dire da vari individui della comune di Robbiate e di Merate, fra i quali da Battista Maggioni spazza camino, da Maria Antonia oste, che ne parlarono alcuni nell´osteria; dal sig. Isidoro Villa che ce lo hanno detto Paolo Valtolina, Carlo figlio di Paolo Cereda e un certo Greppi di Rovagnate lavorante del suddetto sig. Villa. Anzi il suddetto sig. Villa soggiunse esservi l´iscrizione sopra la pietra del prete Ajroldi come abbreviazione. Il sig. prete Giacomo Sala, sacerdote cappellano alla Madonna del Pianto, anche lui dice dell´iscrizione sopra il sasso ossia pietra e da altri vari individui che non me ne ricordo il nome e questi tutti di Robbiate e poi da Ambrogio Ronchi abitante in Merate. Il Locatelli Giuseppe Antonio, sarto, ha sentito dire dalla moglie dell´altra famiglia Brigatti, che hanno trovato un montone d´oro. Le famiglie Brigatti sono due divise. Ventura Decio e la di lui moglie. Crotti Alessandro detto il Prina La fattora di casa Barilli e il di lei marito."
Questa presunta "eredità" fu inutilmente rivendicata dagli Airoldi poiché nessun´altra notizia è pervenuta sul caso e, se il tesoro fu trovato davvero, chi lo rinvenne ne fece abilmente perdere le tracce.
Il fatto fece scalpore in paese tanto da essere tramandato per generazioni; raccontavano infatti i nostri vecchi che sulla pietra che custodiva il tesoro fu rinvenuta, parzialmente abrasa, l´incisione: "che gh´inn", che sarebbe stata scritta da Don Ambrogio Airoldi al momento della sepoltura del denaro, seguita da un´ altra che diceva: "che gh´eren", scritta beffardamente da coloro, i Brigatti o altri, che lo ritrovarono.
Maria Fresoli
Egregi Signori,
RispondiEliminaho in pubblicazione una ricerca sulla famiglia Airoldi dei conti di Lecco (dal 1646). Dagli inizi del '500 la trovo stanziata a Mandello ma, per varie ragioni, la ritenevo originaria del meratese (Imbersago, Robbiate, Merate). Lo stemma rappresentato in questo sito è indubbiamente quello della famiglia dei conti di Lecco; il che conferma l'ipotesi. Non saprei se gli Airoldi trasferiti a Mandello siano il ramo primogenito o uno cadetto.
Nella ricerca è citata questa provenienza probabile e, per confermarla, mi sarebbe utile pubblicare la V/s foto.
Ve ne chiedo l'autorizzazione.
Grazie fin da ora
Felice Zucchi
ingfelicezucchi@virgilio.it