domenica 20 settembre 2009

IL POLITTICO CON MADONNA E SANTI DI GIOVANNI CANAVESIO NELLA CHIESA DI VERDERIO SUPERIORE di Elisabetta Parente - PRIMA PARTE



Questa è la prima parte di un articolo scritto da Elisabetta Parente e pubblicato nella rivista
Archivi di Lecco, Anno XV, N.2, APRILE - GIUGNO 1992. In seguito l'articolo è stato pubblicato in un volumetto a cura della Biblioteca Intercomunale di Verderio.


La pala che orna l'altar maggiore della chiesa parrocchiale dei Santi Giuseppe e Floriano di Verderio Superiore è opera di Giovanni Canavesio.
Sulla vita di questo pittore si hanno pochi dati certi: non se ne conosce con certezza neppure la data di nascita che viene approssimativamente fatta risalire intorno agli anni Trenta del 1400, deducendola dai pochi documenti che si hanno su di lui.
Esiste nell'Archivio Comunale di Pinerolo, città di nascita di questo artista, un documento del 1450 in cui si fa riferimento a "Magister Johannes canavexii pinctor", abitante ed attivo in quella città.
Due documenti, scoperti nella sezione notarile dell'Archivio di Stato di Genova ed entrambi datati 28 gennaio 1472, lo vedono operante in Albenga.
Nel primo di questi il Canavesio si impegna ad eseguire in grande polittico dedicato a San Giovanni, commissionatogli da Michele de Mora per la città di Oristano in Sardegna; il secondo il contratto per la fornitura della tavola del suddetto polittico, ad opera del falegname Domenico Gastaldo, documento dal quale si può dedurre che "Giovanni Canavesio non era quindi maestro falegname e intagliatore, come la maggior parte dei pittori liguri di questo secolo" (1).
E' solo dal 1480 in poi che le notizie sul suo conto si infittiscono e grazie alle opere firmate e datate risulta più agevole ricostruire i suoi spostamenti, che interessano soprattutto la Liguria occidentale e l'entroterra nizzardo.
Nel 1482 Giovanni Canavesio esegue gli affreschi della cappella di San Bernardo a Pigna, in cima alla valle del Nervia, affreschi nei quali sono rappresentati i Dottori della Chiesa, gli Evangelisti, le Storie della Passione ed il Giudizio Finale; nella sala capitolare del Convento dei Domenicani a Taggia affrescata una Crocefissione datata quello stesso anno, opera non firmata ma senza alcun dubbio sua.
Sarebbe stato firmato e datato 1487 l'affresco, purtroppo oggi perduto, che il pittore eseguì nella chiesa parrocchiale di San Siro a Virle, raffigurante il marchese Brianzo di Romagnano e la moglie Eleonora in preghiera.
Del 1491 è il polittico con la Madonna e i Santi conservato oggi nella Galleria Sabauda di Torino, proveniente probabilmente dalla chiesa di Nostra Signora del Fontano a Briga Marittima, dove il Canavesio affrescò il monumentale ciclo con le Storie della Vita di Gesù ed il Giudizio Finale: la firma e la data, 12 ottobre 1492, sono pervenute a noi tramite un'iscrizione del XVI secolo che ripete quella originale.
Alla fine del secolo si situano le due ultime opere del pittore pinerolese: del 1499 è il grande polittico del quale ci occuperemo diffusamente in questo scritto, mentre datato 1500 il polittico dedicato a San Michele Arcangelo, eseguito per la parrocchiale di Pigna.
Molto numerose sono anche le opere attribuite a questo artista (2), la cui arte sia di frescante che di pittore fu variamente interpretata dalla critica.
Nel corso degli anni infatti gli storici dell'arte hanno valutato la figura e l'attività di Giovanni Canavesio in modo molto diverso, spesso contrastante, dipingendolo ora come un maestro innovatore della tradizione, ora come uno sterile mestierante.
Se il merito di aver citato per primo il nome di Giovanni Canavesio spetta a Federico Alizei, che in un testo del 1875 si occupò, anche se brevemente, delle origini della pittura dell'artista piemontese individuandovi un chiaro influsso germanico (3), è a Siegfried Weber che si deve la prima analisi puntuale dellopera di Canavesio (4).
Lo studioso tedesco, che considerò questo artista come l'iniziatore della scuola pittorica piemontese, si interrogò sul senso del realismo che anima molti personaggi canavesiani ed ebbe modo di rilevare, oltre alle influenze nordico-tedesche, i legami di questo autore con il pittore nizzardo Ludovico Brea.
La migliore conoscenza delle manifestazioni pittoriche della prima metà del Quattrocento e l'attento studio dell'opera di Giovanni Jaquerio, i cui affreschi nella chiesa di S. Antonio di Ranverso vennero scoperti solo nel 1914, mutarono sensibilmente le interpretazioni sulla pittura piemontese.
La critica venne delineando una netta separazione fra le due metà del secolo XV: la prima metà che, in coincidenza con la dominazione di Amedeo VIII, vide il fiorire della civiltà artistica e culturale a cui fece seguito, sul finire del secolo e contemporaneamente alla decadenza del ducato, un periodo di evidente isterilimento e impoverimento della creatività artistica, periodo in cui è da situarsi l'attività del Canavesio.
Augusto Cavallari Murat, sostenendo la tesi di un più alto livello artistico raggiunto dalla pittura goticheggiante piemontese nella prima metà del Quattrocento, arriva a definire la fine del secolo come una "fase di disorientamento" in cui "Giovanni Canavesio ...rappresenta sostanzialmente.. il punto di arrivo e di esaurimento della tradizione neogotica della quale mantiene gli schemi iconografici ma non lo spirito" (5).
Qualche anno più tardi Anna Maria Brizio, capovolgendo completamente il giudizio del Weber, definì il Canavesio un "piccolo maestro" che "volgarizza, da buon mestierante popolare qual era, tutt'un repertorio prediletto di immagineria sacra, stereotipandola" (6).
Negli studi successivi dedicati alla pittura ligure-piemontese è possibile invece rilevare giudizi meno drastici sull'opera di Giovanni Canavesio, la cui attività veniva scandagliata con accuratezza e soprattutto considerata un tassello importante per meglio conoscere e comprendere le vicende pittoriche di una regione storico-geografica che, dall'incontro di componenti culturali di origine molto diversa (toscane, lombarde, provenzali), seppe crearsi un personale linguaggio artistico (7).


Figura 1. VERDERIO SUPERIORE
CHIESA PARROCCHIALE
POLITTICO CON MADONNA E SANTI (1499)

Dopo la necessaria delineazione biografico-critica dell'autore, veniamo all'opera che di lui tratteremo, il polittico custodito oggi nella chiesa di Verderio Superiore (fig. 1).
Questa grande pala d'altare, realizzata a tempera e raffigurante la Vergine in trono, porta due importanti iscrizioni.
Nel cartiglio, situato ai piedi della Madonna e sovrapposto alla base del trono, è chiaramente leggibile la firma del pittore: PRESBIT JOHES CANAVESI PINXIT seguita dal monogramma.
Il fatto che Canavesio fosse "presbiter", cioè sacerdote, era già documentato nel 1472, come è chiaramente specificato nei due atti notarili di Albenga dei quali abbiamo già avuto modo di parlare, ma rispetto ad altre opere eseguite che recano la sua firma qui non è specificata l'indicazione della città natale del pittore.
La seconda iscrizione che si legge nella zona inferiore del polittico, sottostante la predella, è di grande importanza perché vi sono indicate la data e la provenienza dell'opera:
ANNO - DNI - MCCCCLXXXXVIIIJ + DIE + VIGESIMA - MENSIS - MARTII + AD HONOREM -DEI -ET - GLORIOSAE - VIRGINIS - MARIAE - AC - SANCTI - DALMATII + COMUNITAS - PORNAXI - FIERI - FECIT - HOC - OPUS + REGENTE - DNO - PRESB. - LABARO - BONANATO - RECTORE - DICTI - LOCI. (8)
Questo polittico, portato a termine il 20 marzo 1499, fu eseguito quindi per la chiesa di Pornassio, comune nell'alta valle dell'Arroscia, presso Colle di Nava e solo alla fine del secolo XIX, acquisito dalla famiglia Gnecchi Ruscone, venne da questa donato alla parrocchiale di Verderio.
L'opera, articolata in ben trentuno scomparti, raffigura nella parte mediana in posizione d'onore la Vergine con il Figlio assisa in trono, coronata da un'aureola d'oro in cui si possono leggere le prime parole dell'Ave Maria (fig. 2).


Figura 2
MADONNA IN TRONO
(particolare)


Ai suoi lati, coronate da baldacchini in legno dorato, campeggiano le figure intere di quattro santi, San Dalmazio ( la pala è dedicata oltre che alla Vergine, a questo santo, come viene detto nell'iscrizione) e Giovanni Battista a destra, l'Arcangelo Michele e San Pietro a sinistra, come risulta, oltre che dalle caratteristiche delle varie figure, dai nomi scritti nelle rispettive aureole.
Superiormente a questa fascia, nella cimassa, trovano posto le mezze figure dei Dottori della Chiesa: Sant'Ambrogio e Sant'Agostino a sinistra, San Girolamo e San Gregorio a destra.
Nella cuspide, alla sommità dell'opera, sono contenute in dimensione minore le figure, sempre a mezzo busto, di quattro sante: Sant'Agata, Santa Lucia, Santa Marta e Santa Caterina.
Fra le due coppie di sante, superiormente al pannello della Vergine, è posta la seconda composizione principale dell'opera: coronata, come la sottostante, da baldacchino vi è la Deposizione di Cristo dalla Croce, un tema che ricorre con frequenza nelle opere di Canavesio.
Questo insieme di quattordici scomparti è legato al fondo da una predella composta da piccoli quadri rappresentanti le scene della vita della Vergine: la visita ad Elisabetta, il Presepio, l'Adorazione dei Magi, la Presentazione al Tempio, la Fuga in Egitto.
Ai due estremi della predella sono situate le figure dei profeti Isaia e David.
A chiudere lateralmente l'opera sono due fasce verticali contenente le figure intere di diversi santi, cinque per lato.
Questo polittico fu smembrato ed è possibile supporre che, nella ricostruzione, alcuni scomparti delle cornici laterali siano stati spostati, perché qualche figura si presenta alquanto insolitamente voltata di spalle rispetto alla Vergine, cioè al centro della composizione.
L'imponente cornice che inquadra gli scomparti non è integralmente originale e appare in diversi punti rifatta, ma il disegno d'insieme dell'opera, di raffigurazione e intelaiatura lignea, si inserisce perfettamente nella corrente della pittura devozionale ligure del Quattrocento, riproponendone rispettosamente gli articolati schemi costruttivi:
" (...) gli atti notarili relativi all'esecuzione di opere d'arte sacra prescrivono quasi senza eccezioni polittici divisi in più campi e dotati di predella e di cuspidi, l'uso estensivo delle dorature e delle aureole rilevate in pastiglia, il ricorso a materiale di prima scelta e l'impegno da parte del pittore a dare il meglio di se stesso" (9).


(1) Zeno Birolli, Due documenti inediti sull'attività del pittore Giovanni Canavesio, "Arte lombarda", IX, 1, 1964, pp. 163
(2) Per avere un quadro inventariale abbastanza completo delle opere di Giovanni Canavesio si veda il repertorio biografico che accompagna il saggio di Gian Vittorio Castelnuovi, "Il Quattrocento e il primo Cinquecento", in La pittura a Genova e in Liguria, Genova, Sagep Editrice, 1970, vol. I, pag. 152
(3) Federico Alizei, Notizie dei professori del disegno in Liguria dalla fondazione dell'Accademia, Genova, tip. Sambolino, 1864, vol. I, pag. 323
(4) Siegfried Weber, Die Begrunder der Piemonteser Melerschule im XV und zu Beginn des XVI Fahrhunderst, Strasburgo, 1911, . 720.
(5) Augusto Cavallari Murat, Considerazioni sulla pittura piemontese verso la metà del secolo XV, "Bollettino storico- bibliografico subalpino", II n.s., 1-2, gennaio-luglio 1936, pag. 78.
(6) Anna Maria Brizio, La pittura in Piemonte dall'età romanica al Cinquecento, Torino, Paravia, 1942, pag. 40.
(7) Si vedano i seguenti saggi: Elena Brezzi Rossetti, Precisazioni sull'opera di Giovanni Canavesio: revisioni critiche, "Bollettino della società piemontese di archeologia e belle arti", XVIII n.s., 1964, . 35 -36; Zeno Birolli,
(8) "il 20 marzo dell'anno del Signore 1499, la comunità di Pornassio fece realizzare quest'opera ad onore di Dio e della gloriosa Vergine Maria e di San Dalmazio, durante il sacerdozio di Lazzaro Bonanati guida spirituale di questo luogo".
(9) Mauro Natale, "La pittura in Liguria nel Quattrocento, La pittura in Italia. Il Quattrocento, Milano, Electa, 1987, tomo I, pag. 15.

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