venerdì 25 settembre 2009

IL POLITTICO CON MADONNA E SANTI DI GIOVANNI CANAVESIO NELLA CHIESA DI VERDERIO SUPERIORE di Elisabetta Parente - SECONDA PARTE




La prima parte di questo articolo è stata pubblicata nel blog il 20 settembre 2009. La trovi cliccando sulle etichette Giovanni Canavesio o Elisabetta Parente


Da un'analisi attenta di questa pala è possibile rilevare, oltre alle scelte legate al genere, i motivi stilistici ed iconografici propri della pittura del Canavesio.
I personaggi che la popolano si stagliano su un fondo di oro zecchino che, se tende a ridurre ogni effetto volumetrico, permette ai colori di risaltare nella loro pienezza.
I quattro santi a figura intera poggiano su un piano leggermente inclinato che fa pensare ad una sorta di palcoscenico costruito.
In altre opere del Canavesio, quali per esempio il polittico della Galleria Sabauda di Torino o quello di Pigna dedicato a San Michele Arcangelo, questo piano d'appoggio è costituito invece da terreno, cioè da un piano naturale, tanto da lasciare intravvedere alle spalle di alcuni santi un masso o uno spuntone di roccia.
I visi sia femminili che maschili, per quanto poco espressivi e tratteggiati senza particolare maestria, mostrano chiaramente la ricerca da parte del pittore di movenze nobili ed eleganti: volti ovali, allungati e dal mento appuntito, dagli incarnati pallidi, un po' esangui, caratterizzati da sopracciglia ben marcate ed occhi a mezzaluna, nasi dritti, labbra piccole e serrate.
I capelli e le barbe sono rese attraverso marcate pennellate parallele ed ondulate, ma è soprattutto nel modo di trattare le mani che è possibile riconoscere i modi del Canavesio: mani sottili ed affusolate, dalle dita molto lunghe e piuttosto unite, che si stringono però saldamente intorno agli oggetti.
Un'attenzione particolare deve essere rivolta anche ai panneggi e alle vesti dei personaggi.
I mantelli e le tuniche cadono ampi dalle spalle dei santi, quasi a circondare e racchiuderne la figura, ma le pieghe che descrivono nel cadere sono secche, dure, bloccate in un disegno geometrico, che fa pensare più che alla morbidezza del panno alla rigidità di una materia che una volta modellata non perde più la forma assunta.
Si guardino la scura veste di San Gregorio, i manti del Battista, di San Pietro e dello stesso Arcangelo Michele, che avvolto nel rosso manto dalle pieghe parallele, blocca con un piede e trafigge con la lancia una di quelle creature demoniache prodotte dalla fantasia medioevale, delle quali il Canavesio ci dà un saggio nel Giudizio Universale affrescato a Briga.
Se l'uso dell'oro sullo sfondo può riferirsi alla persistente e mai interrotta tradizione gotica, il gusto per la ricchezza dei tessuti, che pur nasce dalla stessa tradizione, è da considerarsi quanto mai congeniale al Canavesio e connaturato alla sua opera.
La ricercata stoffa della corta veste di San Dalmazio o dei mantelli riccamente lavorati dei Dottori della Chiesa, la sontuosa tunica della Madonna, resa ancora più preziosa dall'impiego dell'oro, sono un chiaro esempio di tale gusto che il pittore pinerolese espresse sia nelle opere ad affresco che nei polittici.
L'uso dei damaschi e tessuti ricamati per le vesti di Maria o dei santi o per i potenti che dirigono una situazione è da ascriversi alla volontà di sottolineare un certo tipo di maestà o regalità, aggiungendo inoltre un tocco di maggiore eleganza e ricercatezza ad ogni scena.
Sebbene molti critici abbiano sottolineato la maggior bravura di questo artista nella resa degli affreschi a discapito della pittura su tavola, rilevando inoltre una perdita di freschezza ed una certa routine nella sua produzione finale (10), è necessario constatare che è proprio nelle opere finali, e precisamente in questa pala e nel polittico di Pigna del 1500, che Canavesio sperimenta una nuova concezione dei volumi e dello spazio.
Si confronti il polittico di Verderio con quello della Galleria Sabauda di Torino, realizzato dal Canavesio nel 1491 (fig. 3).


Figura 3. TORINO
GALLERIA SABAUDA: POLITTICO CON MADONNA E SANTI (1491)

Anche nell'opera torinese, di dimensioni ridotte rispetto a quella di Verderio e composta da soli sedici scomparti, sono rappresentati la Madonna con Bambino, i Santi e i Dottori della Chiesa.
La Madonna siede eretta e un po' rigida su di un semplice trono ligneo di piccole dimensioni, che pur mostrandosi concavo nella parte superiore dello schienale, non riesce a suggerire il senso dello spazio né ad accogliere la figura della Vergine.
La Madonna ed il Bambino benedicente, entrambi con lo sguardo rivolto verso i fedeli e l'espressione lievemente sorridente, appaiono come due figure sovrapposte alla struttura del trono.
La Vergine della pala di Verderio, dal busto lungo e sottile, volge il capo, elegantemente inclinato, verso il Cristo che, con il movimento delle gambe, sembra voler scendere dal grembo materno.
La posa di entrambi è meno statuaria e, pur rispettando i canoni della formale eleganza, tende a suggerire una sottile tendenza dinamica (interessante l'incontro dei due sguardi), ma è soprattutto il trono a differenziare questa rappresentazione da quella di Torino.
Il trono, di chiara ispirazione rinascimentale, con cornici aggettanti ornate d'ovuli e dentelli, fregiato di cornucopie, con angeli musicanti e frontone, è impostato prospetticamente: il pittore ne spinge la struttura in profondità, cercando in questo modo di imprimervi la percezione del rilievo, ma non riuscendo a vincere la spinta dell'oro di fondo che riporta tutto in primo piano.
E' in altri scomparti comunque che si rivela appieno la nuova sensibilità spaziale ed atmosferica del Canavesio e precisamente nella Deposizione di Cristo dalla Croce e nelle scene della Vita di Maria che compongono la predella.
Continuando nella lettura a raffronto dei due polittici, quello del 1491 vede raffigurato, nel riquadro cuspidato con fregio a traforo, posto centralmente nella fascia superiore, l'episodio della Crocifissione.
Il crocefisso con il corpo nudo del Cristo occupa, com'è d'obbligo, il centro della scena; ai due lati, simmetricamente disposte, le figure dolenti della Madonna e di San Giovanni che, rivolte verso lo spettatore , vogliono suggerire la riflessione sul fondamentale atto che, svoltosi nel passato, viene ora rappresentato; alle loro spalle le mura merlate della città di Gerusalemme, i cui due rossi torrioni laterali inquadrano e racchiudono la scena; ad incombere su tutto il cielo realizzato in oro.
Le figure umane sono sproporzionatamente grandi rispetto al fondale architettonico e tutta la scena appare chiusa e compressa all'interno del limitato riquadro.
Ben diversa è la scena che vediamo rappresentata nella tavola centrale del registro superiore del polittico di Verderio, una scena più affollata e colta nel suo svolgersi (fig. 4).


Figura 4. VERDERIO SUPERIORE
LA DEPOSIZIONE (particolare)

Il Cristo sta per essere deposto dalla croce ed il suo corpo pende verso la Madonna, che tende le braccia al figlio ed è sorretta alla vita da Maria di Cleofe; La Maddalena , i cui lunghi capelli biondi spiccano sciolti sul rosso mantello, mentre con l'altra indica il Cristo.
Tutte le figure definite nei singoli ruoli, sono intimamente raccolte in circolo intorno alla croce ed alle loro spalle si apre un ampio e stupendo paesaggio naturale in cui si distinguono una città fortificata, turrita e dalle mura bianche, e più in lontananza, sulla cresta di uno sperone di roccia, un castello.
Il cielo sopra i personaggi ha ancora i toni scuri della notte, ma all'orizzonte si intravede la pallida luce del giorno che sta sopraggiungendo a rischiare il paesaggio un po' sfuocato ed ancora avvolto nella bruma.
Mai prima d'ora, in nessuno dei suoi polittici il Canavesio aveva sfondato una scena spingendosi al di là del primo piano: l'interesse si era sempre concentrato sui personaggi, rigorosamente posti in tale piano e tutto ciò che stava alle loro spalle di naturale, come i rozzi spuntoni di roccia, o di costruito, come i profili di città o le cinte murarie merlate e turrite, fungeva da piatto fondale, da limite invalicabile entro il quale doveva svolgersi l'episodio rappresentato.
Nella Deposizione di Verderio le figure hanno acquistato una salda dimensione corporea perché la spessa linea che prima contornava le figure canavesiane, una sorta di orlatura che isolando i corpi li privava di ogni senso plastico, facendoli apparire come immagini ritagliate sullo sfondo, viene qui riassorbita nel disegno, un disegno più articolato che permette di intuire, al di sotto delle masse colorate delle vesti, le forme ed i volumi dei corpi.
Inoltre tra le figure ed il paesaggio si è venuto a stabilire un rapporto dinamico, fatto di compenetrazione e di sottili corrispondenze: la scena è narrata nel suo svolgersi in un ambiente reale, i cui contorni sfumati e le raccolte zone d'ombra alternate a zone fiocamente illuminate sembrano accogliere ed amplificare la drammaticità dell'atto che si sta compiendo e la tensione dei personaggi che vi prendono parte.
Il nuovo interesse che Giovanni Canavesio dimostra nei confronti del paesaggio ci conduce nell'ambito dei rapporti fra la pittura ligure e la corrente pittorica lombarda, che nel corso del Quattrocento vide attivi molti dei suoi esponenti nei principali centri della Liguria.
Nella produzione finale del Canavesio il gusto per lo spazio ampio che si stende fino all'orizzonte, la ricercata densità atmosferica, la fisionomia del paesaggio, roccioso ma ricco di acque ed orlato da montagne un po' corrose, i cui contorni si perdono in lontananza tra i avpori misti di terra ed aria sono vedute che ci richiamano alla mente le grandi interpretazioni naturalistiche del grande maestro lombardo Vincenzo Foppa.
Il Foppa lavora molto in Liguria, soggiornandovi per due lunghi periodi ed eseguendo importanti lavori, quali gli affreschi per la Cappella di San Giovanni nel Duomo di Genova, commissionatigli dalla Confraternita di San Giovanni nel 1461 e portati a termine dieci anni dopo, diverse ancone su commissione di importanti famiglie come gli Spinola o i Doria, il monumentale polittico del 1490, realizzato con la collaborazione di Ludovico Brea, per il vescovo di Savona, Giuliano Della Rovere, il futuro papa Giulio II, tutte opere di grande valore e fama che esercitarono una forte influenza sui pittori locali.


Figura 5.
VISITA AD ELISABETTA
(particolare della predella)


La pittura lombarda si imponeva all'attenzione dei pittori liguri non solo per lo studiato realismo dei paesaggi naturali e per la rigorosa impostazione spaziale degli ambienti costruiti, ma anche per lo spiccato senso della narratività che si sprigionava dalle storie rappresentate, tutte componenti che in qualche misura possiamo trovare nella predella del polittico di Verderio.
Il Canavesio vi raffigurava alcuni momenti della vita della madonna: l'incontro con Elisabetta (fig. 5), il presepio, l'adorazione dei Magi che, più grande degli altri riquadri, occupa la posizione centrale (fig.6), la presentazione al tempio (fig.7) ed infine la fuga in Egitto.


Figura 6.
L'ADORAZIONE DEI RE MAGI
(particolare della predella)



Figura 7.
LA PRESENTAZIONE AL TEMPIO
(particolare della predella)

In ogni singolo episodio il pittore, incurante delle limitate dimensioni dei riquadri, si impegna al massimo nell'approfondimento degli sapzi: i piani si moltiplicano ed i paesaggi, con rocce, sentieri e painte, lasciando intravedere monti e paesi lontani, si spingono fino allo sfondo del cielo; le architetture si fanno più articolate e complesse e gli ambienti interni sono costruiti secondo una prospettiva più rigida e profonda rispetto a quanto si poteva vedere nelle sue precedenti opere.
Il senso dello spazio è ricercato non solo attraverso un uso più attento della luce e dei colori, dove effetti di luce e di ombra si alternano così come i colori chiari e brillanti a quelli scuri e profondi, ma anche attraverso la disposizione delle figure che compongono le scene.
Tutte le figure, pur presentandosi un po' tozze ed appesantite, sono saldamente inserite negli ambienti e ne descrivono lo "sviluppo" in più direzioni: Elisabetta è raffigurata più in alto ristetto a Maria, suggerendo così il dislivello del sentiero sul quale si sono incontrate, un sentiero in salita che anticipa in primo piano l'ineroicante paesaggio dipinto sullo sfondo; all'interno del tempio, rappresentato da una fuga di arcate che vanno a collegarsi all'abside posto alle spalle del saggio, il volume dell'altare su cui è raffigurato Gesù è reso esplicito dalla posizione di Maria e del saggio e da quella di Giuseppe che, girando le spalle allo spettatore, sempba giungere in quel mentre.
Più affollato il riquadro centrale con l'adorazione dei Magi, dove un'architettura un po' ingenua, realizzata in mattoni, accoglie ed isola la Sacra Famiglia: i Magi sono giunti ed uno di essi è inginocchiato davanti a Gesù, mentre un corteo di uomini ed animali ancora in cammino si snoda attraverso lo stretto sentiero racchiuso tra il dosso della montagna ed una parete rocciosa ingentilita da qualche macchia d'erba.
Come nella fuga in Egitto, la scena principale si svolge in primo piano, in un ambiente visto da vicino, ma l'attenzione dello spettatore è egualmente catturata dai personaggi e dagli oggetti che trovano posto sullo sfondo, in una successione articolata di piani dove architetture e paesaggi non hanno più la sola funzione di cornice.
Alla luce irreale e preziosa delle aureole d'oro applicato fa da contrappunto il colore un po' cupo ma ricercatamente naturale del cielo che, percorso dalle nubi, rischiara di tenue luce ogni singola scena.
Sia nella Crocefissione che nella predella Canavesio ha voluto narrare i singoli episodi nell'atto del loro compiersi, contestualizzandoli in un ambiente e sviluppando una relazione fra le figure, non più mute immagini poste le une accanto alle altre, pur continuando amantenere desto quel gusto per i particolari, quello spirito analitico che gli permette di soffermarsi a descrivere la ricchezza di tessuti delle vesti dei Re Magi o dei finimenti delle loro cavalcature.


Figura 8. PIGNA (Imperia)
POLITTICO DI SAN MICHELE ARCANGELO (1500)

Questa nuova concezione dello spazio e della narrazione della scena è una conquista che Giovanni Canavesio rende esplicita nelle sue ultime realizzazioni, come è possibile rilevare anche nel polittico di Pigna dedicato a San Michele Arcangelo del 1500, quasi certamente la sua ultima opera (fig.8).
Nella predella di questo polittico, composta anch'essa da cinque riquadri, ritroviamo ambienti ed aperture spaziali analoghi a quanto abbiamo visto nel polittico di Verderio.
Si vedano il riquadro centrale, raffigurante il Cristo risorto dal Sepolcro, dove il pittore limita l'uso dell'oro alla sola tenda, raffinatamente disegnata ad arabeschi, posta dietro la figura di Gesù, mentre alle spalle della Vergine e del Battista si aprono due profondi paesaggi (fig.9), oppure il riquadro che chiude la predella a destra, in cui il Canavesio si impegna nell'ancor più complessa scena della Strage degli Innocenti, riproducendo con grande senso drammatico la folla concitata.


Figura 9. PIGNA (Imperia)
CRISTO RISORTO DAL SEPOLCRO
(particolare della predella)


Rimane comunque importante sottolineare che l'ansia di costruire lo spazio secondo le ormai diffuse ed imperanti regole della prospettiva avvinse Giovanni Canavesio che sperimentò nuovi ambienti e più complesse disposizioni di immagini, arrivando a realizzare brani come la Deposizione della pala di Verderio, ma quest'ansia non lo proiettò mai al di fuori della tradizione gotica trecentesca nella quale si era formato e a cui restò sempre profondamente legato.
Questo limite rappresenta la peculiarità e la forza dell'operato di Giovanni Canavesio che alle soglie del Cinquecento, pur mantenendo l'anima del pittore cortese trecentesco, studia e raggiunge, anche se talvolta un po'ingenuamente, l'unità della composizione.
L'interesse per il grande polittico esposto nella chiesa di Verderio Superiore consiste proprio nella stimolante convivenza di due mondi artistici, quello gotico sontuosamente lineare e quello rinascimentale prospettico, nel tentativo dell'artista di accostarli ma soprattutto mantenerli vivi nella stessa opera, offrendo così allo spettatore la luminescenza degli sfondi d'oro, l'elegante movenza delle figure, la raffinata ricchezza dei tessuti e vesti, contemporaneamente alla ricerca di spazi prospettivamente costruiti, di paesaggi ampi ed aperti, dell'atmosferica veridicità dei cieli blu.

ELISABETTA PARENTE

NOTE

(10) Si veda oltre ai già citati saggi della Brizio e di Castelnuovi, quello di Giovanni Romano, Giovanni Canavesio, in "Dizionario biografico degli italiani", Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1974, p. 728 - 731.


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