Negli anni novanta del secolo scorso, le strade intorno alle Torri Bianche di Vimercate, quando il complesso edilizio non comprendeva ancora l’edificio che oggi ospita la multisala cinematografica, erano utilizzate, il sabato e la domenica, come "circuito per gare motociclistiche", diciamo così, “fai da te”.
Matteo Arlati, verderiese, classe 1980, fin dall’età di 16 anni è un assiduo frequentatore della pista, con la sua Aprilia RS 125 e la completa tenuta da corsa.
È presente anche il pomeriggio del 13 agosto 1999.
Quando ormai s'è fatto tardi e sta tornando a casa insieme ad un amico, si incuriosisce per l’arrivo di uno sconosciuto con la sua stessa moto e abbigliamento da pista. Decide così di girare un po’ insieme a lui.
L’amico, rimasto ad aspettarlo, dopo qualche giro vede comparire solo lo sconosciuto, che gli si avvicina, senza togliersi il casco, e lo avvisa che Matteo è caduto. Poi se ne va: rimarrà per sempre uno sconosciuto.
Matteo sul "circuito" delle Torri Bianche |
Matteo è a terra, ha perso conoscenza: non saprà mai cosa sia successo, se abbia fatto tutto da solo o se le due moto si siano toccate.
Viene inizialmente soccorso da un‘ infermiera, passata di lì per caso, e poi trasportato prima all'ospedale di Vimercate e poi a quello di Legnano.
I danni subiti sono gravi. Perde un rene; subisce gravi lesioni al plesso brachiale, da cui consegue la perdita dell’uso del braccio e della mano destra, si rompe la schiena e ha serie lesioni interne.
Però la vita va avanti e lui reagisce bene. Non entra mai in depressione, conseguenza abbastanza frequente, e comprensibile, di questi eventi. Grazie a un’operazione, prima, e all’elettrostimolazione e la fisioterapia poi, recupera l’uso del bicipite – “riesco a piegarlo e posso tenere in braccio Samuele” (suo figlio); si risalda anche la schiena, che rimane solo leggermente curva.
Un medico gli prospetta il possibile recupero della mano attraverso un nuovo intervento chirurgico. Non ci crede troppo ma ci si sottopone. Il risultato negativo, previsto, non lo scoraggia: in quindici giorni impara a scrivere con la mano sinistra. La vita va avanti, appunto.
ESTATE 2013: DI NUOVO IN SELLA
Sono passati 14 anni dall’incidente. Matteo lavora a Milano come tecnico informatico. Ha sposato Claudia e insieme hanno avuto un figlio, Samuele.
A Verderio Inferiore è stato impegnato nell’Amministrazione Comunale prima come consigliere, poi come vice-sindaco e assessore alla cultura e allo sport.
Dalla sera dell’incidente non è mai più salito su una moto.
Un giorno di luglio, navigando su internet si imbatte nel sito di un’associazione fondata qualche mese prima, nel gennaio del 2013. Si chiama Diversamente Disabili ed è nata per “(ri)avvicinare al mondo delle due ruote tutti quei ragazzi disabili che per difficoltà economiche, burocratiche, logistiche e psicologiche non hanno avuto la possibilità di farlo” .
Emiliano Malagoli, a sinistra, e Matteo Baraldi |
Matteo si incuriosisce ma, dice, con un certo distacco. La curiosità lo porta a inviare una mail a cui fa seguito una risposta quasi immediata: lo chiama al telefono Emiliano Malagoli, anima dell’associazione, di cui è presidente ed è stato, insieme a Matteo Baraldi, fondatore.
Il logo dell'associazione Diversamente Disabili |
Emiliano, che ha perso una gamba in un incidente stradale nel 2011, ma quasi subito è tornato in sella e a gareggiare in pista, è un entusiasta che sa trasmettere questo sentimento anche agli altri. Al telefono, senza troppa insistenza, convince Matteo a fare una prova. Gli propone di recarsi al circuito del Mugello, in una giornata di agosto “per provare a fare questa pazzia”; lui avrebbe procurato una moto adatta e la prova sarebbe stata gratuita.
La proposta è allettante, ma come reagiranno in famiglia? Con Claudia va meglio di ogni previsione: dice subito di sì e lo incoraggia a provare. La mamma invece non è d’accordo, è preoccupata e non lo nasconde; il papà, Emilio (“Hogan”, come è da tutti conosciuto a Verderio. Solo io non lo sapevo) asseconda la mamma, ma è poco credibile: “sotto sotto si vedeva che ci teneva”. Anche i genitori di Claudia sono favorevoli, raccomandandogli, naturalmente, prudenza e di non fare “troppe stupidaggini”.
“Nessuno – chiedo – ti ha detto: ma sei scemo?”
“No, nessuno. E io sono un tipo che di solita usa la testa: non avrei fatto stupidaggini”
LA PRIMA VOLTA, LA NUOVA MOTO, LE PROVE
“Siamo arrivati al Mugello dalle Marche, dove eravamo al mare, io Claudia e Samuele. La moto che mi hanno dato era un po’ vecchiotta ma comunque una 600 della Yamaha. Era di Matteo Baraldi, che in un incidente ha perso il braccio destro, quindi adatta anche a me. Matteo mi ha messo in sella e ha cominciato a parlarmi, a spiegarmi come fare. Non è stato facile mollare per la prima volta la frizione, ci avrò messo almeno un quarto d’ora. Poi, una volta partito, è stato tutto più semplice di quanto sembrava. Però le prime volte, quando sali la paura ce l’hai, eccome. E ce l’hai anche adesso, anche se sei più tranquillo perché hai fatto tante esperienze, sai come funziona la moto, come tu sei in grado di governarla. O hai l’ illusione di essere in grado di governarla, perché in moto questa è solo un illusione”.
Torna a casa deciso: acquista una moto da pista, una Honda Cbr rr 600..
Ora bisogna adattarla. spostare tutti i comandi sulla mano sinistra e creare "sperimentare" tutti i meccanismi migliori per poterla guidare con facilità. lo fa prima nell'officina di un amico, Carzaniga a Calco, poi si sposta nella propria, l'Autoquattro, della famiglia di Claudia, dove ora loro due sono soci.
Quando è necessario interviene anche un meccanico specialista di motociclette, Eugenio Spada di Verderio.
Hogan costruisce, da un pezzo di alluminio pieno, la leva del freno, che deve essere più corta, più stretta e in una posizione leggermente diversa dal normale. Deve poter essere tirata a pieno con solo due dita e fermare la moto.
La prima prova è sul piazzale dell’officina. Non è un successo: gli “parte il gas”, scivola e si ritrova per terra. Si rialza e si rimette subito in sella, prima che la paura faccia effetto. Anche questa esperienza però è servita: Matteo, quando è in moto, ha la mano destra fissata al manubrio con strisce di velcro; la presa deve essere ben salda ma, nello stesso tempo, deve essere tale da staccarsi e lasciar libera la moto in caso di caduta. Sul piazzale il meccanismo ha funzionato.
Matteo in pista |
Matteo ha dovuto reimparare a guidare la moto, resettare quello che sapeva fare e ricominciare da capo. Il lungo lasso di tempo trascorso senza montare in sella forse ha facilitato le cose.
Potendo contare su una sola mano e un solo braccio, ha dovuto imparare a usarli meglio e ad usare diversamente le gambe. Col tempo ha trovato il metodo adatto alla sua situazione personale.
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LE GARE
Cosa ci può essere di più ambito, per un appassionato di motociclismo, che partecipare a una gara?
Matteo da tre anni partecipa a quella internazionale, inserita all’interno della Coppa Italia, che l’associazione Diversamente Disabili (Di.Di.) organizza, in agosto, all’autodromo del Mugello. Per potersi iscrivere ha dovuto conseguire la licenza agonistica, la stessa dei piloti professionisti.
La prima gara, nel 2014, non va bene. Al terzo o quarto giro,alla fine di un rettilineo dove si arriva a 250 Km/h, la mano destra si stacca. È panico – “il cuore arriva in gola” – ma Matteo riesce ad accostare ai bordi della pista. Con l’aiuto di un commissario di gara cerca di riagganciare la mano per poter ripartire: niente da fare. Si deve ritirare.
In tribuna ci sono tutti i famigliari: non lo vedono arrivare e, dalla loro posizione, non vedono neanche che è fermo; lo speaker non annuncia niente. La paura è fortissima e non scompare fino a quando il genitore di un altro pilota, di Cornate d’Adda, lo vede fermo e tranquillizza gli animi.
L’anno dopo, 2015, va meglio. Arriva al traguardo.
Nel 2016 è un successo: Matteo è secondo per la sua categoria, quella dei piloti con problemi agli arti superiori. Perché la corsa è una sola, tutti corrono insieme, ma poi le classifiche sono stilate secondo la disabilità.
“L’anno scorso mi sentivo bene, e quando ho visto che il gruppo davanti frenava prima di me mi son detto «cià, proviamo a superarli» ed è andata bene, sono arrivato secondo. Secondo di categoria, perché nel gruppo sono arrivato, forse decimo o giù di lì. Quando ho sentito il mio nome e che dovevo salire sul podio, è stato molto emozionante. Salire sul podio del Mugello, con l’Inno d’Italia e Marco Melandri, pilota della superbike, che è venuto a darmi la coppa: un sogno che mai avrei pensato di poter realizzare. Non ti dico i miei – “fiischia” - in lacrime che urlavano sotto il podio. Samuele poi: “il papà supereroe” con la coppa. Bello, è stato molto bello”
2016: Matteo sul podio. Nella foto sopra è il primo a sinistra |
Alla preparazione e allo svolgimento delle gare partecipa con passione tutta la famiglia.
Hogan, il padre, è il primo meccanico, almeno come entusiasmo: appena si avvicina un weekend di gara o iniziano i corsi dell'associazione lui si attiva e segue tutta la preparazione. Guai se alla partenza non c’è lui, ad aiutare Matteo a vestirsi, a infilare tuta e guanti.
Matteo, con il padre Emilio "Hogan", si prepara alla gara |
Anche Samuele, “gasatissimo”, partecipa alla vestizione, passando i guanti e altre cose alla sua portata.
Matteo assistito dal figlio Samuele |
Claudia fa l' “ombrellina”, la ragazza che alla partenza ripara il pilota con un ombrellino, un’usanza di cui non ero a conoscenza.
Matteo con Claudia nel ruolo di "ombrellina" |
Matteo si limita a una gara all'anno. Le corse richiedono un grosso impegno sia di tempo che economico: le assenze dall'officina; l'iscrizione alla gara, le prove, le gomme, quelle normali e quelle da pioggia; i meccanici che devono fare assistenza durante la competizione e via discorrendo.
Di.Di.: “DIVERSAMENTE DISABILI”, UN’ASSOCIAZIONE DI SERVIZIO
Dal 2013, quando è nata e quando Matteo è entrato in contatto con lei, l’associazione Di.Di. ha avuto un notevole sviluppo ed è ormai conosciuta ed apprezzata anche a livello internazionale.
La sua principale attività è come sempre quella di aiutare ragazzi disabili a salire, o risalire, su una motocicletta.
A questo scopo organizza corsi, sia quelli idonei a conseguire la licenza per intraprendere l’attività agonistica, che quelli per ottenere la patente di circolazione sulle strade. I corsi si svolgono sul circuito di Cervesina, di cui abbiamo parlato all’inizio.
Matteo si è reso disponibile a lavorare come istruttore in questi corsi e, da come ne parla, si capisce che la soddisfazione che ne trae è pari a quella che ricava dalla partecipazione alle gare.
Matteo, a destra, con un ragazzo che ha frequentao un corso di Di.Di. |
“Purtroppo anche quest’anno avremo tanti ragazzi ai corsi. Dico purtroppo perché vuol dire che tanti hanno avuto incidenti in strada, o in circuito o magari sul lavoro. Però è bello vedere che riprendono un po’ la voglia di vivere, di fare quello che facevano prima.
Una delle cose che mi lascia sempre il segno è, il mattino dei corsi, vederli arrivare, ragazzi e ragazze, tutti esaltati: «ma quali sono le moto che ci fate provare? ci porti in pista? ci segui te, vero? ». Al contrario, i parenti che li accompagnano, mogli, figli, genitori, hanno facce disperate «Ma no, cosa sta facendo, gliel’ho detto io di non fare questa cosa … nooo!». Allora io cerco di tranquillizzarli, di dirgli che faremo le cose pian piano e che comunque, se alla fine non se la sentono, possono scendere e rinunciare. Poi, a fine giornata, sono tutti euforici, parenti compresi. Nell’associazione si conosce tanta gente e si instaurano rapporti molto belli. Lì dentro la maggior parte delle persone ha una disabilità, ma questa, che magari in altri contesti ti crea problemi, qui non fa nessun effetto. Uno non ha un braccio, uno una gamba, uno è in carrozzella, ma nessuno si piange addosso. Questo è un aspetto bellissimo dell’associazione per cui io devo stare in questa associazione per forza - fiischia!”
Lezione teorica durante un corso di Di.Di. |
I corsi si svolgono nell’arco di una giornata e comprendono anche delle sessioni di teoria, in aula, in cui viene spiegato come si sta in circuito, quali sono le regole, i comportamenti e i metodi di guida.
Negli anni l’associazione, anche grazie a diverse donazioni, si è dotata di un parco moto, per far fronte alle diverse esigenze dei ragazzi che le si rivolgono: chi non può usare il braccio destro, chi il sinistro, chi ha una sola gamba, ecc.
Fra i suoi soci ci sono alcuni ragazzi paraplegici. La moto adatta a loro, che non hanno l’uso di entrambe le gambe, è dotata di rotelle posteriori che si abbassano sotto una certa velocità e si alzano e scompaiono quando la velocità è superata.
Le gare che l’associazione organizza si svolgono sempre all'interno di una manifestazione importante, come, ad esempio, la Coppa Italia. Ciò ha permesso ad un pubblico sempre più numeroso la conoscenza del motociclismo delle persone disabili e ha suscitato interesse anche fra gli altri piloti, che spesso fanno visita al settore dell’associazione, conoscono i ragazzi e si mostrano curiosi delle loro moto.
La stima che l’associazione si è guadagnata sul campo l’ha portata a raggiungere un altro ambizioso risultato. Una sua gara si svolgerà infatti sabato 20 maggio in Francia, sul famoso circuito di Le Mans, in concomitanza con il Motomondiale, in programma il giorno successivo.
Madrina di Diversamente Disabili è Annalisa Minetti, cantante e atleta paraolimpica; padrino l’ex campione di motociclismo Lucio Cecchinello. Con l’associazione collabora anche Nicola Dutto, campione di Enduro, vittima di una grave incidente, per il quale ha perso l’uso delle due gambe. Nicola ha però ripreso a correre ed è stato il primo atleta paraplegico a gareggiare assieme ai normodotati in un mondiale Desert Race.
Dovrebbe riprendere il prossimo mese, su Auto Moto TV, un programma di Sky, una trasmissione quindicinale curata da Di.Di., condotta da Annalisa Minetti e dedicata alle attività dell’associazione.
Annalisa Minetti |
Lucio Cecchinello |
Nicola Dutto |
È stato abbastanza difficile per me entrare nell’ottica di Matteo e dell’associazione di cui fa parte: non so guidare una moto; i miei amici non mi ci portavano perché dal sellino dietro tendevo a voler guidare, o meglio a cercare di raddrizzarli quando in curva si chinavano troppo; non guardo le corse in TV, perché mi fanno impressione. A Matteo avevo annunciato che la prima domanda che gli avrei fatto sarebbe stata più o meno questa: “Ma Matteo, sei fuori di testa?”
La lunga chiacchierata con lui mi ha aiutato però a capire quanto possa essere importante, per chi ha subito un grave danno alla propria persona, al proprio corpo, reagire e individuare le strade che possano portarlo a vivere il più pienamente possibile la propria vita e a coltivare le proprie passioni. Anche quelle, come in questo caso, che sono le stesse che quel danno hanno provocato.
Tanto di cappello allora a chi, come Di.Di., li aiuta, con intelligenza, a individuare il proprio percorso, a scegliere e adattare il mezzo alla propria specifica situazione e a valutare coscientemente il grado di rischio accettabile, essendo il grado “zero” inesistente.
Che poi andare in moto sia un po’ da “fuori di testa”, questo, dalla mia di testa, non lo leva proprio nessuno.
Marco Bartesaghi
Vi indico alcuni siti che hanno a che fare con l'articolo che avete appena letto:
1) https://www.diversamentedisabili.it/ : indirizzo del sito dell'Associazione Diversamente Disabili.
2) http://www.circuitotazionuvolari.it/ :indirizzo del sito del Circuito Tazio Nuvolari, a Cervesina, in provincia di Pavia, del signor Giorgio Traversa.
3) https://it.wikipedia.org/wiki/Annalisa_Minetti : indirizzo di wikipedia per saperne di più su Annalisa Minetti.
4) https://it.wikipedia.org/wiki/Lucio_Cecchinello : indirizzo di wikipedia per saperne di più su Lucio Cecchinello
5) http://www.nicoladutto.com/ : indirizzo del sito di Nicola Dutto
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