La Fontana di Nettuno fu installata al centro del terreno di fronte a villa Gnecchi negli anni venti del ‘900: l’area, conosciuta in precedenza come Campogrande, venne denominata allora: “Pratone di Nettuno”.
In quegli anni Vittorio Gnecchi Ruscone apportò rilevanti modifiche alla facciata della villa, che aveva ereditato dal padre Francesco e che, fino al 1888, era stata di proprietà della famiglia Confalonieri: la scalinata centrale fu dotata di balaustra in pietra scolpita; le finestre del terzo piano vennero private del terrazzo a ringhiera e, al loro fianco, in nicchie già esistenti, furono poste due statue; altre sei statue vennero allineate sulla sommità dell’edificio.prima delle modifiche promosse da Vittorio Gnecchi
Al centro della prima trovò posto, come già detto, la Fontana di Nettuno; su tre lati del perimetro fu piantata una carpinata (doppia quella orientale) e il lato affacciato alla strada fu chiuso da una bassa inferriata.
Foto N.2 In questa cartolina degli anni venti del novecento appare
la fontana di Nettuno senza le statue. La facciata della villa non era ancora
stata modificata e l'inferriata a bordo della strada non ancora realizzata.
L’area sul retro fu arredata con un viale formato da una doppia fila di cipressi chiuso sul fondo da una fontana, sormontata da arco trionfale.
Al centro dell’arco la dea Diana che osserva Meleagro eAtalanta che, con l’ausilio di due cani danno la caccia ad un cinghiale. In due archetti laterali Apollo e Venere (quest’ultima scomparsa da qualche anno). Una serie di statue poste su piedistalli e raccordate da architettura vegetale delimitava il lato meridionale.
Foto. N4 La fontana con ancora la statua di Venere poi scomparsa
Mentre per il parco di Nettuno e per la relativa fontana non si conoscono, almeno per il momento, documenti scritti riguardanti la progettazione e la realizzazione, per la fontana di Atalanta e per la porzione di parco che la comprende le notizie sono più abbondanti.
E’ del 1926/27, la pratica per “l’acquisto di un area comunale per prolungare il muro di cinta della villa padronale in Verderio Superiore”, degli stessi anni il progetto, redatto dall’architetto Reda, per la fontana - dove la scena di caccia, però, non corrisponde ancora a quella poi realizzata - e per la scalinata e la cancellata che dai giardini della villa si sarebbe poi aperta verso il nuovo parco; del 1929 la composizione, da parte del maestro Vittorio Gnecchi, di un balletto intitolato “Atalanta”che, quasi sicuramente, ispirò il tema per la scena rappresentata al centro dell’arco trionfale. Si sa inoltre che la fontana fu realizzata dalla ditta Morseletto di Vicenza dedita alla “lavorazione della pietra di Vicenza” e “specializzata in lavori ad
imitazione dell’antico”.
La storia di Verderio Superiore è caratterizzata dalla presenza di alcune famiglie nobili o borghesi: gli Airoldi, fino alla metà del ‘600, seguiti dai Confalonieri (1651–1888) e dagli Arrigoni (1661-1824); infine la famiglia Gnecchi Ruscone, presente dal 1842 fin oltre la metà del novecento.
Nel XIX e XX secolo i Confalonieri e gli Gnecchi, oltre ad aver avuto un peso decisivo nello sviluppo economico e sociale del territorio, hanno, con le loro opere, inciso profondamente sull’aspetto urbanistico del paese. Dei primi rimangono alcuni importanti edifici rurali (cascine Alba, La Salette e Airolda nel suo attuale aspetto; Corte Nuova in via S. Ambrogio; Aia), l’assetto di alcune strade (Via per Paderno e Via per la Cascina ai Prati); agli Gnecchi si deve la costruzione del municipio, dell’asilo, della chiesa parrocchiale, del cimitero, dell’ambulatorio e della maternità, della Fonte Regina, di alcune cascine.
E’ all’intervento di queste due famiglie che si deve inoltre lo sviluppo della villa, che è bene individuare con ambedue i loro nomi, Confalonieri–Gnecchi, fino a farle assumere l’aspetto che noi oggi vediamo. Di questo sviluppo gli interventi effettuati da Vittorio Gnecchi Ruscone nella seconda decade del ‘900, rappresentano probabilmente l’ultimo stadio, prima della trasformazione dell’edificio in condominio.
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