Il polittico di Giovanni Canavesio, della chiesa parrocchiale dei Saanti Giuseppe e Floriano di Verderio |
Un trekking quindi, ma che noi preferiamo chiamare Route, termine francese traducibile in “Strada”, che per gli Scout indica solitamente un cammino di più giorni, effettuato con zaino in spalla, con pernottamenti in tenda e un tema che cerca di dare un senso unitario all'itinerario.
La nostra è stata quindi la “Route del Canavesio”. Avremmo dovuto vedere molte delle opere di Canavesio, ma come capirete dal racconto di Giovanna, per un motivo o l'altro non tutte le visite previste sono state poi realizzate. Pazienza: dello spirito scout fa parte anche l'idea che non sia tanto importante la meta raggiunta, quanto la strada percorsa. Oltre a questa giustificazione ce n' è un'altra: cosa si può pretendere da due giovani scout di 64 e 61 anni? M.B.
LA "ROUTE" DEL CANAVESIO diario di Giovanna Villa
VACANZE 2017
Piccola premessa:Questo è stato un anno molto impegnativo ed esisteva la possibilità che non riuscissimo a fare le nostre vacanze estive per cui visto che siamo partiti siamo particolarmente contenti.
Cosa faremo in queste vacanze? Ideona di Marco, naturalmente: Route del Canavesio.
Canavesio? Chi era costui?
Giovanni Canavesio di Pinerolo, 1450-1500 più o meno, dati poco certi, è il pittore che ha realizzato la pala d’altare della parrocchiale di S. Giuseppe e S. Floriano a Verderio.
Per ora tutto quello che so del programma vacanze è questo. Non ho voluto sapere nulla in anticipo e quindi, sarà tutta una sorpresa.
Mercoledì 16 agosto
Si parte da casa a piedi con zaino in spalla: ore 6.18 treno da Paderno D’Adda
Zaini preparati cercando di portare l’essenziale per i primi dieci giorni.
Poi, Dio volendo, faremo qualche giorno al mare e il necessario per questo secondo periodo l’abbiamo infilato in un borsone e consegnato ad un nostro cliente che passa l’estate in Liguria per conservarcelo fino al nostro arrivo.
Verderio 16 agosto 2017, alba |
Partiti da Paderno, arriviamo a Milano Porta Garibaldi ma dobbiamo andare in stazione Centrale. Primo contrattempo: in metrò la fermata di Centrale è chiusa nella nostra direzione. Si deve passare oltre, scendere alla fermata successiva e tornare indietro.
Facciamo i biglietti che nei giorni scorsi non siamo riusciti a fare perché non abbiamo trovato una biglietteria aperta e online siamo troppo poco pratici.
Destinazione La Brigue, nostro punto di partenza per il Tour. Previsto cambio treno e sosta a Torino.
Ancora la tecnologia non ci favorisce: troviamo le obliteratrici non funzionanti ( 2 su 3) e al treno il portellone si apre solo a metà. Marco sale ma quando sto per salire mi si chiude del tutto addosso, riesco comunque a salire ma giunge immediatamente il controllore che mi sgrida abbastanza violentemente: quando si sente suonare un dlin dlon non si deve salire perché loro stanno provando la chiusura e apertura. Io replico che non ho sentito il campanello e lei si altera ulteriormente perché è impossibile che non abbia sentito … va beh, mi prendo l’ulteriore rimprovero ma io dicevo di non averlo sentito e non che non fosse stato suonato. Comunque si parte, niente di grave.
A Torino, prima delusione. Galleria Sabauda chiusa, eran aperta ieri, ferragosto, e chiusa oggi, no comment. Lì era prevista la prima tappa Canavesio; in questa pinacoteca è presente un polittico antecedente all’opera di Verderio.
Il polittico del Canavesio, conservato alla Galleria Sabauda di Torino, che non siamo riusciti a vedere.Proviene, probabilmente, dalla chiesa di Notre Dame des Fontaines di Briga. |
Poi torniamo in stazione, mangiamo i nostri panini e prendiamo il treno per Cuneo. A Cuneo di corsa si prende trenino per Ventimiglia. Scendiamo a La Brigue.
Inizia l’avventura.
Ci dirigiamo verso il paesino e lo visitiamo
La Brigue, è stata una cittadina italiana fino alla fine della seconda guerra mondiale, quando è passata alla Francia |
Attendiamo l'apertura dei negozi per acquistare il pane: 2 baguette naturalmente, siamo in Francia!
Imbocchiamo rue Canavesio e cerchiamo il sentiero che ci porterà a Notre Dame des Fontaines.
Percorso più lungo e faticoso del previsto o perlomeno del ricordo che ne avevo. Sappiamo già che non riusciremo a visitarla perché già chiusa stasera e domani aprirà troppo tardi: secondo appuntamento con Canavesio mancato.
Arrivati scopriamo che non c’è acqua. Niente fontana anche se Marco giura che l’altra volta c’era … fra l’altro il luogo si chiama Notre Dame des Fontaines ma la “fontaine” non c’è: ingannevole.
Cerca che ti cerca troviamo una piccola sorgente, un po’ scomoda da raggiungere ma che ci offre acqua bevibile. Riempiamo le bottiglie, montiamo tenda, cuciniamo abbondante pasta che ci servirà anche per la cena di domani, ceniamo sui “tavoloni dei giganti”… altissimi e massicci.
Poi nanna dopo aver fatto conoscenza con un rospone immenso.
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Giovedì 17 agosto
Sveglia ore 5. Smontiamo e sistemiamo gli zaini.
È troppo presto, come previsto, per visitare la chiesa di Notre Dame, completamente affresacta da Canavesio. Non ci resta che ricordare quello che avevamo visto qualche anno fa.
Prima di partire Marco va alla sorgente per fare il rifornimento d’acqua necessario per la giornata ma, amara sorpresa, la sorgente non butta più, completamente asciutta. Aiuto!!!
Non possiamo fare a meno dell’acqua, cambiamo leggermente itinerario: invece di imboccare subito il sentiero andiamo sulla strada asfaltata fino a Bens, piccolo agglomerato di case, dove speriamo di trovarla. Fortunatamente lungo la strada, che è circondata da lussureggianti orti, troviamo, nonostante l’ora mattutina, una signora a cui chiediamo dove trovare dell’acqua da bere; naturalmente nel perfetto francese ... ossia a gesti). Lei, gentilissima ci fa riempire tutte le nostre bottiglie, bottigliette e tanichetta. 4 litri e mezzo, dovremo farcela bastare.
Il peso aumenta e cominciamo la salita su una mulattiera non sempre bella. Finché arriviamo in punto in cui attraversiamo un allevamento di pecore e capre. Ahimè siamo circondati da cani abbaianti e ringhianti.
Una mezza dozzina di cani da pastore bellissimi ma arrabbiati. Stanno facendo il loro lavoro, ci vedono come pericolo ma noi dobbiamo solo passare. Non appare nessun pastore, pian piano mantenendoci tranquilli oltrepassiamo il loro raggio d’azione.
La mulattiera si trasforma in un bel sentiero e saliamo, saliamo, saliamo … con un po’ di fatica ma non troppo per ora. Ci fermiamo in un tratto panoramico per un break con barretta cereali e polase rigenerante(!?!).
L’ultimo tratto per giungere alla carreggiata militare è proprio duro, molto, molto faticoso.
Ci arriviamo e scopriamo che su questa sterrata passa di tutto: biciclette, moto, fuoristrada, gipponi, quad di tutte le dimensioni. Son rumorose e impolveranti.
Verso le 14.00 arriviamo al passo del Tanarello, 2040m, e ci fermiamo a pranzare e riposare. Poi, ultimo strappetto dopo sali e scendi, sali e scendi, raggiungiamo la cima del monte Saccarello, 2201 m.
La cima del monte Saccarello. m.2201 |
Bella vista sia sul versante francese che su quello italiano.
Continuiamo fino ad un’altra cima con una grande statua del Cristo Redentore (non molto bella) e poi ci dirigiamo verso il rifugio Sanremo, meta per la notte.
Lungo la strada incontriamo una bella e grande casa con una comitiva di ragazzini in bicicletta. Osiamo chiedere se hanno dell’acqua da darci e fortunatamente ce ne possono dare una bottiglia da un litro e mezzo. Qui in giro non ci sono né fonti né altro per cui, grazie a Dio, ce ne regalano un po’ .
Il rifugio Sanremo |
Arriviamo al rifugio. È chiuso. Ci sistemiamo fuori, su un piccolo pianoro di fianco all’edificio. Comincia a tirare un vento freddo. Ci laviamo, cambiamo e indossiamo tutto ciò che abbiamo a disposizione per affrontare la notte che si prospetta fredda.
Montiamo la tenda, mangiamo sfruttando la luce dell’ultimo sole e vediamo passare un paio di camosci (ci pare).
Cala il sole e comincia il grande concerto di campanacci delle bellissime mucche bianche che pascolano li vicino. Ci godiamo la stellata magnifica e andiamo a dormire nella speranza che anche i nostri vicini bovini si addormentino. I campanacci invece non ci abbandonano mai , continuano a suonare per tutta la notte. Abbiamo scoperto che le mucche non dormono di notte! Beh, un po’ noi dormiamo comunque, quando la stanchezza prende il sopravvento.
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Venerdì 18 agosto
Abbiamo puntato la sveglia alle 5.00 ma è ancora buio e fa un freddo! quindi la ripuntiamo alle 6.00.
Albeggia, è bellissimo.
Alba dwel 18 agosto 2017, dal rifugio Sanremo (m.2054) |
Le mucche se ne vanno, ora che i campanacci non avrebbero più disturbato ...va be’. Ci godiamo il paesaggio e il silenzio.
Smontiamo, prepariamo gli zaini e partiamo.
Percorriamo la cresta con vista spettacolare fino alla cima di Monte Fronte dove si erge una statua della Madonna.
Panorama splendido: a 360 gradi un susseguirsi di monti, colline e boschi, piccoli paesi e più grandi centri abitati giù, giù fino a scorgere il mare.
Panorama dal monte Fronte (m. 2153). Là in fondo il mare |
Vediamo avvicinarsi un gregge di capre. Uno dei cani pastore ci raggiunge e si accuccia pacifico lì vicino a noi. Appena ci muoviamo, però, incomincia ad abbaiare e ringhiare e non ci vuol far proseguire sul sentiero.
Ci incamminiamo comunque, ma con un po’ di timore anche perché altri cani lo raggiungono. Finalmente prendiamo un sentiero in discesa e usciamo dal loro percorso.
Lì, sul crinale, appaiono le capre. Sembra di essere in un vecchio film western: le capre ferme, attente e silenziose come indiani che osservano la nostra carovana, piccola ma carica, rumorosa e in movimento.
Il sentiero che abbiamo preso ci porterà a valle: scendiamo, scendiamo, scendiamo. Le mie ginocchia cominciano a farsi sentire anche perché lo zaino non pesa poco. Cerco di frenare al massimo e alla fine sono proprio stanca.
Ad un certo punto incrociamo una strada sterrata. Vicino c’è una bella fontana: finalmente acqua in abbondanza!!!. Ci riforniamo, ci rinfreschiamo, ci dissetiamo e riprendiamo la discesa. Ora siamo in un bel bosco e arriviamo a Poilarocca, un paese abbandonato da tempo e tutto diroccato, direi distrutto, ma affascinante.
L'abside della chiesa diroccata di Poilarocca |
Pausa pranzo e riposino.
Si continua la discesa, a volte piacevole e all’ombra, a volte scoscesa e faticosa, soprattutto quando bisogna superare recenti frane.
Le cascate del fiume Arroscia |
Arriviamo alle cascate dell’Arroscia. Molto affascinanti anche se , forse, un po’ scarse di acqua. Davanti, purtroppo, una catasta di grossi tronchi le coprono in parte e nascondono la pozza dove le acque precipitano. Legname molto probabilmente depositato da frane e smottamenti recenti.
Marco, naturalmente, li supera con “agilità” per potersi tuffare nella pozza. Non resiste mai al richiamo dell’acqua: fiumi, laghi e mare va bene tutto. Pozzanghere? Mah …
Si continua a scendere seguendo un po’ l’andamento del fiume che però risulta inaccessibile, rinuncio ad un bagnetto anche se sarebbe piacevole per togliere sudore, polvere e … stanchezza.
Continuando il nostro cammino incontriamo la chiesetta di S. Margherita: carina, piccina e ingenuamente affrescata. Siamo in vista di Mendatica, la meta di oggi.
Mendatica |
Lui e un altro esperto ci spiegano un possibile sentiero ma, ci avvertono, un buon tratto di percorso dovremo farlo su strada asfaltata. Va be’ . Ci indicano anche la strada per raggiungere il Parco Avventura dove potremo campeggiare.
In paese sono tutti agitati perché l’indomani ci sarà in piazza la festa della Cucina Bianca ...ce la perdiamo, peccato.
Visitiamo il paesino, molto carino. Facciamo la spesa e il negoziante, anche lui molto gentile, ci invita a visitare il piccolo museo della pastorizia. Piccolo, ma ben allestito.
Museo della pastorizia di Mendatica |
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Sabato 19 agosto
Giornata incerta sia come meteo, sia come percorso.
Sveglia ore 6.00 circa, smontaggio, colazione e partenza per Pornassio.
Seguiamo le indicazioni ricevute ieri e percorriamo un sentiero/scorciatoia fino al “mulino”. Un insieme di edifici, da poco ristrutturati, sorti vicino al fiume con ruota idraulica per far girare la macina del mulino. Sembra predisposto per visite guidate, presumibilmente di scolaresche. Oggi però è tutto chiuso.
Arriviamo a Ponti di Pornassio: carina con carruggi “rustici”. Chiediamo per la chiesa di S. Dalmazio e scopriamo che dobbiamo salire a Ville di Pornassio.
Ponti di Pornassio |
Una signora molto socievole ci indica la strada avvisandoci che bisogna salire, salire, salire ma che pian piano ci si arriva. In effetti saliamo, saliamo, saliamo su stradina ripida e di cemento.
Ponti di Pornassio |
Il campanile della chiesa di San dalmazio a Ville di Pornassio |
Naturalmente la chiesa è chiusa e pare la aprano raramente, solo per qualche funzione religiosa.
Per fortuna l’affresco del Canavesio è nella lunetta esterna sopra il portale: una Madonna con bambino; bella anche se a me pare un po’ poco realistica.
Madonna di Giovanni Canavesio, sopra il portale della chiesa di San Dalmazio, a Ville di Pornassio |
Per proseguire il nostro cammino dobbiamo raggiungere Rezzo lungo la strada asfaltata. Non siamo "dei duri e puri" e quindi decidiamo di prendere l'autobus, perciò dobbiamo tornare a Ponti e quindi scendere, scendere, scendere.
Alla fermata del pullman, la signora che ci aveva dato le indicazioni si intrattiene con noi raccontandoci tutta la sua vita. È stata una fortuna, perché senza di lei avremmo perso il pullman, poiché non lo avremmo riconosciuto: minibus anonimo, diretto in direzione contraria a quella che avevamo previsto. Non si sarebbe fermato se la signora non gli avesse lanciato un deciso richiamo.
Saliamo al volo; vogliamo arrivare a Pieve di Teco. Facciamo un giro pazzesco, tornando letteralmente sui nostri passi. Ritorniamo infatti a Mendatica passando, però, da due borghi carini i, poi, ripassiamo da Pornassio ed finalmente arriviamo a Pieve di Teco. Da li dovremmo prendere l'autobus per Rezzo ma passa solo alle 19,30. Bene.
Pieve di Teco |
Smimmie sui muri di Pieve di Teco |
Visitiamo Pieve, molto bella; tutta portici e negozietti anche antichi. Beviamo qualcosa in un baretto e attendiamo il pullman.
Arriva 19.35,siamo gli unici passeggeri. La strada è tortuosa ma bellissima in mezzo a boschi lussureggianti. Passiamo di fianco ad alcuni paesini abbarbicati sui pendii e infine arriviamo a Rezzo.
È un po’ tardi.E ora cosa facciamo? Dobbiamo capire quale sarà il percorso di domani e dove andare a dormire stanotte. Sta diventando buio e il cielo si sta rannuvolando in modo preoccupante, i monti tutto attorno sono avvolti da nebbia.
Troviamo dei cartelli per passo Mezzaluna, prossima tappa, ma non ci sembrano molto attendibili: uno indica di qua e l’altro di là. Chiediamo ad un signore che ci sembra del luogo e ci indica la strada in tutt’altra direzione. Ci fidiamo di lui e ci avviamo guardandoci intorno per trovare un posto per piantare la tenda.
Troviamo un piccolo pianoro. Ormai è buio ed il tempo non è dei migliori, quindi, anche se lì sopra ci sono delle arnie che incutono timore, ci fermiamo e ci accampiamo.
Mangiamo e cerchiamo di attrezzarci per eventuale temporale, coprendo tenda con mantella e zaini con teli. Speriamo in una buona notte.
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Domenica 20 Agosto
Sveglia prima delle sei, temiamo il risveglio delle api. La notte è stata tranquilla, senza emergenza temporale.
Colazione, poi smontiamo e quindi si parte. Oggi dovrebbe essere piuttosto lunga e pesante, vedremo.
Ci incamminiamo su strada asfaltata ma vietata ai veicoli, infatti ne passano pochissimi. Uno è condotto proprio dal signore che ci ha dato le indicazioni ieri sera. Ci saluta tutto contento.
Proseguiamo piano piano, per un bel po’ di chilometri più del previsto. Arrivati al Ponte dei Passi imbocchiamo il sentiero. Bellissimo, lungo un fiume favoloso, immersi in un bosco splendido.
Verso il Passo Mezzaluna |
Ma, che fatica! Sale in modo rapido e continuo per un tratto piuttosto lungo finché arriviamo ad una carreggiabile e lì comincia un bosco di faggi immenso e bellissimo. La strada è piacevole ma non finisce mai.
Beh, alla fine finisce … e arriviamo al passo Mezzaluna.
Spettacolare. Molto piacevole fermarsi: ci si riposa e si mangia.
Facciamo anche il caffè (che bravo il mio maritino: fornelletto, caffettiera e voilà).
Ci sono anch'io: questa è l'unica fotografia che mi ha fatto. Potere del caffè! |
Ma arrivano un po’ di nuvole e il percorso è ancora lungo, meglio ripartire: meta Triora.
Il sentiero non è segnato; è abbastanza visibile, ma non sempre.
Soprattutto non sembra diretto dove vorremmo arrivare e in effetti, ...
...dopo molto camminare arriviamo, a Drego, località di Molini di Triora. Triora è due colli più in là, quindi ci armiamo di perseveranza e percorriamo una lunga strada asfaltata, un po' noiosa. Per sopportarla meglio racconto a Marco l'ultimo libro che ho letto.
Passiamo da una chiesina dedicata a S. Brigida e arriviamo a un'altra dedicata a S. Bernardo.
La chiesa di San Bernardo di Andagna |
Arriviamo ad Andagna dove si sta svolgendo la festa: “Andagna, paese dei balocchi”. Non mi entusiasma: posizione splendida, ma paesino molto deturpato.
Andagna, il paese più bello da lontano che da vicino. A destra Triora:sarebbe vicinissima, se non ci fosse di mezzo la valle |
Scendiamo verso Molini per una scorciatoia orribile: ripida, in cemento ed in mezzo a luoghi semi abbandonati e pieni di detriti e spazzatura. Ci perdiamo anceh e dobbiamo tornare indietro per un tratto. Poi incrociamo una frana, difficile da superare.
L’ultimo tratto prima dell’abitato migliora e arriviamo un po’ stanchini a Molini di Triora. Chiediamo informazioni per proseguire verso Pigna domani: non sarà semplice e anche la ricerca del posto per accamparsi è un po’ problematica. Comunque facciamo la spesa e ci dirigiamo verso il presunto sentiero … il domani mi sembra incerto.
La prova che questo diario è scritto in diretta |
L’accampamento non è dei migliori: in uno spiazzo ex parcheggio, di un ex ristorante in stato di abbandono, vicino a case con cani che abbaiano in continuazione. Mentre si aspetta la cottura della cena avvisto, solo io (eh,eh,eh), una volpe che attraversa la strada.
Nonostante la vicinanza della strada e l’abbaiar dei cani si dorme.
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Lunedì 21 agosto
Sveglia solito orario, 5.30/5.45. Smontaggio, zaini pronti. Marco torna in paese a far rifornimento d’acqua e poi si parte.
Abbiamo poche indicazioni e ben confuse. Le seguiamo, con molti dubbi, verso un paesino che sulla cartina vediamo sembra vicino al sentiero che abbiamo scelto.
In una casa c'è una signora che ci dà nuove informazioni, anch’esse poco chiare: prima ci dice di tornare indietro, poi ci segnala un sentiero un po’ faticoso di cui ha sentito parlare. Infine ci consiglia l’itinerario solitamente usato con le bici da montagna.
Ci dice anche di stare molto attenti, soprattutto io che ho i calzini corti, perché "è un anno di vipere". Sta davanti Marco che ha scarponi alti e calzettoni: batte i piedi e le racchette.
Un po' confusi per le indicazioni poco chiare, partiamo. Segnali zero, ci perdiamo subito. Il sentiero è ripido e di certo non adatto alle bici; non è quello che avremmo voluto prendere.
Ostinati, saliamo, saliamo, saliamo. Il bosco è molto bello ma il sentiero sparisce e non riusciamo più a proseguire. Torniamo indietro, anche la discesa è faticosa e scivolosa e il peso degli zaini non aiuta.
Incrociamo un altro sentiero, poco visibile, che sale e ci riproviamo caparbi. Saliamo con gran fatica e un po’ a naso seguendo come dice Marco, gasato, “l’istinto della montagna”. La direzione ci sembra quella giusta ma il tracciato non è di certo quello che intendeva la signora. Poi, finalmente, il sentierone: bello, largo e ben definito.
Continuiamo il cammino ma - c’è sempre un ma - io vedo una deviazione, che mi sembra più bella. Ancora una volta, dimostriamo la nostra capacità di perderci e, per fortuna, anche di ritrovarci. Infatti per arrivare arriviamo ma ci siamo spostati molto più a ovest del necessario.
Uno dei pochi incontri di questa giornata di cammino. |
Per fortuna il luogo è molto bello: un vasto pianoro, qualche casa e una chiesa dedicata a S. Giovanni. Da lì, lungo una carreggiabile quasi pianeggiante, passin passetto ci dirigiamo verso il Colle Langan, nostra meta.
La chiesa di San Giovanni |
Arriviamo al passo e raggiungiamo il camping/agriturismo “Il Rifugio” dove ci sistemiamo. Finalmente doccia calda, bucato e riposo al sole. Poi lettura rilassante di fronte ad una vista entusiasmante.
Quanti agi. Stasera anche cena agrituristica ... che lusso!
Cucina casalinga, buona e genuina. Con vino e dolce: oltre le aspettative.
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Martedì 22 agosto
Sveglia un po’ più tardi del solito. Smontaggio, colazione e poi si riprende il cammino verso Pigna, ultima meta del tour.
Ieri sera ci hanno spiegato la strada, sperem.
Il sentiero ci porterà, come tappa intermedia al Palazzo del Maggiore. Percorso bello, molto bello fino ad una zona coltivata poco attraente perché recintata con materiale vario e fantasioso.
Arriviamo al Palazzo del Maggiore, che è una villa pressoché abbandonata, e poi scendiamo per un altro sentiero, non molto piacevole ma di fronte si vede un bel paesino che Marco è convinto sia Pigna e fotografa con dovizia di particolari. Invece è Castel Vittorio, bello, ma Pigna è più avanti.
Castel Vittorio |
Continuiamo il cammino lungo la strada provinciale e ci arriviamo.
Saliamo alla chiesa che , fortuna vuole, è aperta.
La visitiamo e ci appaghiamo alla vista della “famosa” pala d’altare del Canavesio, dedicata a San Michele, sorella di quella di Verderio. Bella, molto bella … forse più bella della “nostra”, ma in una posizione più infelice, un po’ nascosta o perlomeno messa poco in evidenza.
Vorremmo vedere anche gli affreschi, sempre del Canavesio, nella chiesa di S. Bernardo. È chiusa ma c'è l’opportunità di chiedere l’apertura ad un custode/volontario. Molto disponibile, ci dà appuntamento alle 15, con altri turisti.
Mangiamo qualcosa comodamente seduti su una panchina. Ora ci vorrebbe un bel caffè, ma non c’è più un bar aperto, anche se è l'ora di pranzo e siamo in centro, vicino al museo e al al municipio.
Aspettiamo leggendo sotto le volte di una bellissima e vasta loggia, di fianco al piccolo museo.
Arriva il signor Giorgio che ci accompagna alla chiesa di S. Bernardo vicino al cimitero.
Meravigliosa! E’ tutta dipinta, anche la volta, dal Canavesio.
Gli affreschi sono stati restaurati lasciando spazi vuoti dove l'immagine era troppo deteriorata.
Simile a Notre Dame des Fontaines , ma più luminosa, con colori più vividi e caldi.
Un' affascinante sequenza di scene evangeliche, illustrazioni parlanti che raccontano a tutti gli avvenimenti.
Originariamente questa era un luogo di accoglienza dei viandanti e i dipinti servivano per far conoscere a tutti le storie sacre.
La chiesina è divisa in due campate coperte da volte a crociera: in una sono rappresentati gli evangelisti, nell'altra i dottori della chiesa. Sorprendente è la ricchezza di dettagli dei dipinti.
San Matteo, riconoscibile per ll'Angelo seduto al suo fianco |
San Marco, con il Leone alato, e, nella lunetta, Annunciazione |
Lungo le pareti laterali è rappresentata la Passione di Cristo che culmina con la crocifissione.
Crocifissione di Cristo nella chiesa di san Bernardo di Pigna |
In una parete è raffigurato il giudizio universale sempre nel modo ingenuo e curioso che contraddistingue l'opera del Canavesio
Giudizio Universale |
Molto interessante e piacevole è stata la presentazione del nostro accompagnatore.
Finita la visita andiamo alla fermata del pullman per Dolceacqua. Dobbiamo trovare un campeggio In attesa del pullman ci beviamo qualcosa di fresco al bar.
Domani al mare! Il Tour del Canavesio è finito? Forse sì, ma forse no: vedremo.
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CONCLUSIONI
Motto di questa vacanza è stato: FORSE
FORSE partiamo; FORSE andiamo in Francia, no, FORSE in Liguria; FORSE ce la facciamo, ma FORSE no; FORSE abbiamo sbagliato strada, FORSE è questa quella giusta; FORSE troviamo una fontana; FORSE la Chiesa è aperta; FORSE c’è il pullman; FORSE non c’è il treno …; FORSE ci siam PERSIIII!
L’incertezza e l’improvvisazione ci è stata sempre compagna e ... ci è piaciuto.
Ma, soprattutto, ci siam riusciti; a modo nostro siamo arrivati dove volevamo. Abbiamo fatto l’itinerario a piedi come ci eravamo prefissi. Abbiamo seguito le orme del Canavesio ... che spesso, però, non si è fatto trovare.
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P.S. Mercoledì 23 agosto
….pensavo che la "Route del Canavesio fosse finita….invece…
Dal campeggio di Isolabona (Dolceacqua) prendiamo il pullman per Ventimiglia ed eccoci al mare.
Ma … prima di goderci il meritato riposo (eh,eh,eh), dobbiamo passare da Albenga per ammirare una crocifissione del Canavesio nella loggia comunale in centro città. Bella ma poco visibile perché non ci si può avvicinare. La si deve guardare dall’esterno della recinzione
Crocifissione di Giovanni Canavesio nella Loggia Comunale di Albenga |
Ora vogliamo andare in spiaggia, ma come al solito ci perdiamo e giriamo parecchio, prima di osare a chiedere: “scusi, da che parte è il mare?”... ci sembrava un po’ stupido …
Finalmente, un bagno! in mare!
Il posto non è granché, c’è un sacco di gente ma la nuotatina è bellissima
Riprendiamo il treno per Loano dove recuperiamo un borsone con ciò che ci serve per proseguire la vacanza. I coniugi Perego, nostri conoscenti, ce lo hanno portato e conservato nella loro casa di vacanza. Grazie!
Facciamo cambio zaino, beviamo un caffè insieme. E poi?
Poi dovremmo andare a Lerici, nostra meta stabilita, ma lì non arriva la ferrovia …. e Marco non se n'era accorto. Per arrivarci dovremmo prendere un treno per Genova, poi uno per La Spezia e lì un autobus per Lerici. È troppo tardi e decidiamo di fermarci a Sestri Levante, dove sappiamo esserci campeggi.
Sestri Levante |
Ma questa è un'altra storia …
Giovanna Villa, agosto 2017
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http://bartesaghiverderiostoria.blogspot.it/search/label/Giovanni%20Canavesio
Bonjour. Je ne parle pas italien mais je m'efforce de suivre votre Route... J'aime autant votre Route paysagé que votre Route
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