domenica 20 maggio 2018

IN RICORDO DELLA SIGNORA CARLA DEAMBROGI CARTA di Marco Bartesaghi



Carla Deambrogi Carta










È  morta a Cernusco Lombardone, poche settimane  prima del suo novantesimo compleanno, la signora Carla Deambrogi Carta.
La passione per la storia dello scorso secolo, la memoria dei fatti vissuti di persona o conosciuti attraverso la lettura di libri e giornali, l’ abitudine di conservare e  la capacità di intuire il valore che avrebbero potuto avere in futuro i documenti di carta che le capitavano fra le mani, le hanno consentito di collaborare con questo blog con alcuni dei contributi più interessanti che esso ha pubblicato (http://bartesaghiverderiostoria.blogspot.it/search/label/Carla%20Deambrogi%20Carta






Uno, in particolare, mi aveva emozionato. Si intitola “VERDERIO , DICEMBRE 1994. L’AMICA RITROVATA”. È il ricordo di una compagna delle elementari, ebrea, di cognome Milla, che a seguito delle leggi razziali del 1938 aveva dovuto abbandonare la scuola. Non l’aveva più vista, fino al  dicembre del 1994, quando la incontrò proprio a Verderio all’inaugurazione della lapide che ricorda la deportazione ad Auschwitz della famiglia Milla.
 


Pochi giorni prima che morisse, ho ricevuto dalla signora Carla un ultimo regalo: mi ha fatto avere i due documenti che ora vi presento.


 1942: CALENDARIO TASCABILE

Il primo è un calendario tascabile, pieghevole, del 1942. L’Italia è impegnata nel conflitto mondiale  e anche il calendario deve servire alla propaganda di guerra. Lo fa utilizzando un linguaggio religioso.


La prima facciata è occupata dall’Arcangelo Michele che scaccia Satana, riproduzione di  un’opera  di Guido Reni del 1636. Michele è, dei tre Arcangeli (gli altri sono Gabriele e Raffaele), il guerriero, quello  che armato di lancia o di spada combatte e vince il demonio.








Nell’ultima facciata il richiamo religioso è presente in una frase attribuita a Mussolini, dove “l’iddio giusto che vive nell’anima dei giovani popoli” avrebbe garantito la vittoria dell’Italia. Evidentemente poi s’era distratto.


"DEL SALUTO E DEGLI ATTI DI RISPETTO DA INFERIORI A SUPERIORI NEI LOCALI DELLA OROBIA" 

L’altro  documento è un ordine di servizio della “Società Anonima Orobia” di Lecco, distributrice di energia elettrica, che ha come oggetto le norme “Del saluto e degli atti di rispetto da Inferiori a Superiori nei locali della Orobia”.
 





Lo trascrivo:


1 – Il saluto dovuto dall’inferiore al superiore si fa tenendo il braccio destro in avanti e leggermente in alto (saluto romano fascista) o anche levandosi il cappello o berretto.


2 – L’inferiore che si presenti a  un superiore deve, dopo il saluto, mettersi sull’attenti.


3 – Al superiore che entri in un locale, l’inferiore o il capo che vi si trovi deve presentarsi mettendosi nella posizione di attenti.


4 – Sono da evitare gli inchini


Il documento è firmato dal consigliere delegato, Ing. Gaetano Bonomi, e datato 21 aprile 1928.
 




Il  cosiddetto “saluto romano” avrebbe dovuto rappresentare un legame fra il regime fascista e l’antico impero di Roma: peccato che, come sembra, questo gesto non appartenga alla tradizione dell’antica Roma. Ciononostante il fascismo lo rese obbligatorio nell’amministrazione civile, con un decreto governativo del 27 novembre 1925, e poi in altri ambiti, con una serie di successive circolari.


Il saluto romano, che in Italia è vietato dalla legge n. 645 del giugno 1952, conosciuta come “legge Scelba” , è ancora usato da gruppi neofascisti e da nostalgici del vecchio regime nelle loro manifestazioni pubbliche. Ne fanno una questione di principio e di libertà, e questo è raccapricciante, visto che inneggiano a un sistema politico che della libertà ha fatto e farebbe scempio.
 
Ciò detto e ammesso che a qualcuno possa interessare un mio parere, io non lo vieterei, poiché penso che proibire un gesto, una parola, un libro si addica poco all’antifascismo e alla democrazia.



  

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