Carla Deambrogi Carta |
È morta a Cernusco
Lombardone, poche settimane prima del
suo novantesimo compleanno, la signora Carla Deambrogi Carta.
La
passione per la storia dello scorso secolo, la memoria dei fatti vissuti di
persona o conosciuti attraverso la lettura di libri e giornali, l’ abitudine di
conservare e la capacità di intuire il
valore che avrebbero potuto avere in futuro i documenti di carta che le capitavano
fra le mani, le hanno consentito di collaborare con questo blog con alcuni dei
contributi più interessanti che esso ha pubblicato (http://bartesaghiverderiostoria.blogspot.it/search/label/Carla%20Deambrogi%20Carta
Uno, in particolare, mi aveva emozionato. Si intitola “VERDERIO
, DICEMBRE 1994. L’AMICA RITROVATA”. È il ricordo di una compagna delle
elementari, ebrea, di cognome Milla, che a seguito delle leggi razziali del
1938 aveva dovuto abbandonare la scuola. Non l’aveva più vista, fino al dicembre del 1994, quando la incontrò proprio
a Verderio all’inaugurazione della lapide che ricorda la deportazione ad
Auschwitz della famiglia Milla.
Pochi giorni prima che morisse, ho ricevuto dalla signora
Carla un ultimo regalo: mi ha fatto avere i due documenti che ora vi presento.
1942: CALENDARIO TASCABILE
Il primo è un calendario tascabile, pieghevole, del 1942.
L’Italia è impegnata nel conflitto mondiale e anche il calendario deve servire alla propaganda
di guerra. Lo fa utilizzando un linguaggio religioso.
La prima facciata è occupata dall’Arcangelo Michele che
scaccia Satana, riproduzione di
un’opera di Guido Reni del 1636. Michele
è, dei tre Arcangeli (gli altri sono Gabriele e Raffaele), il guerriero,
quello che armato di lancia o di spada
combatte e vince il demonio.
Nell’ultima facciata il richiamo religioso è presente in una
frase attribuita a Mussolini, dove “l’iddio giusto che vive nell’anima dei
giovani popoli” avrebbe garantito la vittoria dell’Italia. Evidentemente poi s’era
distratto.
"DEL SALUTO E DEGLI ATTI DI RISPETTO DA INFERIORI A SUPERIORI NEI LOCALI DELLA OROBIA"
L’altro documento è un ordine di
servizio della “Società Anonima Orobia” di Lecco, distributrice di energia
elettrica, che ha come oggetto le norme “Del saluto e degli atti di rispetto da
Inferiori a Superiori nei locali della Orobia”.
Lo trascrivo:
1 – Il saluto dovuto dall’inferiore al superiore si fa
tenendo il braccio destro in avanti e leggermente in alto (saluto romano
fascista) o anche levandosi il cappello o berretto.
2 – L’inferiore che si presenti a un superiore deve, dopo il saluto, mettersi
sull’attenti.
3 – Al superiore che entri in un locale, l’inferiore o il
capo che vi si trovi deve presentarsi mettendosi nella posizione di attenti.
4 – Sono da evitare gli inchini
Il documento è firmato dal consigliere delegato, Ing.
Gaetano Bonomi, e datato 21 aprile 1928.
Il cosiddetto “saluto
romano” avrebbe dovuto rappresentare un legame fra il regime fascista e
l’antico impero di Roma: peccato che, come sembra, questo gesto non appartenga
alla tradizione dell’antica Roma. Ciononostante il fascismo lo rese obbligatorio
nell’amministrazione civile, con un decreto governativo del 27 novembre 1925, e
poi in altri ambiti, con una serie di successive circolari.
Il saluto romano, che in Italia è vietato dalla legge n. 645
del giugno 1952, conosciuta come “legge Scelba” , è ancora usato da gruppi
neofascisti e da nostalgici del vecchio regime nelle loro manifestazioni
pubbliche. Ne fanno una questione di principio e di libertà, e questo è raccapricciante,
visto che inneggiano a un sistema politico che della libertà ha fatto e farebbe
scempio.
Ciò
detto e ammesso che a qualcuno possa interessare un mio parere, io non lo
vieterei, poiché penso che proibire un gesto, una parola, un libro si addica poco
all’antifascismo e alla democrazia.
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