Qui vengono presentati i testi letti dai loro autori, che ringrazio per avermi permesso di pubblicarli. M.B.
Ezio Brugali |
Ezio Brugali
Le estati in Via Manzoni
(Parole da Busnago)
(Parole da Busnago)
Eravam quelli della periferia
noi della via Manzoni dal 27 e più;
eravam tutti dei vivaci ragazzini
noi della leva dal 1967 in giù.
C'era tanto tanto verde da calpestare;
c'eran le ciliege con coraggio da rubare!
e si dovevan sempre formar le squadre
per ritornar stanchi la sera vincitori o vinti.
Ci raccontavan delle bande della piazza,
laggiù, tra le case e i bar e la chiesa:
nei vari cortili del centro si eran formate,
sull' "erone" giocando si davan battaglia.
Ma noi si stava nei prati a rincorrer farfalle;
e c'eran sempre le benedette ciliege a farci gola!
Oppur si calciava un pallone nei campi del collegio,
o si pedalava tutti quanti sino al Campo Robinson.
Ci ripetevan "L'Italia va male, bisogna risparmiare!"
e si pattinava tutti quanti via Manzoni su e giù,
quelle domeniche senza auto col sole a picco,
quelle domeniche d'un tempo lontano che fu.
Ti ricordo cosi, cara mia vecchia strada,
perchè davvero non trovo più verde da calpestare!
E mentre ti sfreccian troppe auto pur a quest’ora,
con passo lento ripercorro le tue storie da raccontare.
noi della via Manzoni dal 27 e più;
eravam tutti dei vivaci ragazzini
noi della leva dal 1967 in giù.
C'era tanto tanto verde da calpestare;
c'eran le ciliege con coraggio da rubare!
e si dovevan sempre formar le squadre
per ritornar stanchi la sera vincitori o vinti.
Ci raccontavan delle bande della piazza,
laggiù, tra le case e i bar e la chiesa:
nei vari cortili del centro si eran formate,
sull' "erone" giocando si davan battaglia.
Ma noi si stava nei prati a rincorrer farfalle;
e c'eran sempre le benedette ciliege a farci gola!
Oppur si calciava un pallone nei campi del collegio,
o si pedalava tutti quanti sino al Campo Robinson.
Ci ripetevan "L'Italia va male, bisogna risparmiare!"
e si pattinava tutti quanti via Manzoni su e giù,
quelle domeniche senza auto col sole a picco,
quelle domeniche d'un tempo lontano che fu.
Ti ricordo cosi, cara mia vecchia strada,
perchè davvero non trovo più verde da calpestare!
E mentre ti sfreccian troppe auto pur a quest’ora,
con passo lento ripercorro le tue storie da raccontare.
Solo ora cade una foglia
Solo ora cade una foglia.
Disegna la sua traiettoria lieve,
immersa in un silenzio cupo:
la quiete dopo la tempesta..
Solo ora cade una foglia.
S'adagia finalmente a terra,
posandosi, ahimé, in una pozza.
Già..è toccata a lei.
E' toccata a lei, povera foglia giallastra,
sporcarsi il dorso di rosso sangue!
Perchè la pozza è accanto ad un corpo inerme!
la tempesta di fuoco e bombe han le sue colpe;
il soldato e' morto ucciso per l'indifferenza di tanti.
SOLO ORA CADE UNA FOGLIA,
solo ora il mondo guarda laggiù.
Ed è, come sempre, troppo tardi,
e ci si infanga le scarpe di rosso sangue,
ma non ci si chiede dove tutti abbiam sbagliato,
che le scarpe nuove dobbiamo andar a comprare
Queste due prime poesie, scritte da Ezio Brugali, un abitante di Busnago, fanno parte della raccolta intitolata "Le emozioni donate".
***
Francesco Frigerio
Amore e basta
L'amore non ha occhi
ma battiti di cuore,
l'amore non ha orecchie
ascolta con l'anima,
l'amore non cammina
sbatte le ali,
l'amore non ha parole
ma sguardi,
l'amore non chiede
dà,
l'amore non brucia
riscalda,
l'amore è amore e basta.
ma battiti di cuore,
l'amore non ha orecchie
ascolta con l'anima,
l'amore non cammina
sbatte le ali,
l'amore non ha parole
ma sguardi,
l'amore non chiede
dà,
l'amore non brucia
riscalda,
l'amore è amore e basta.
Francesco Frigerio, classe 1985, abita a Verderio. Alcune sue poesie,compresa quella qui presentata, insieme a quelle di altri giovani autori, sono pubblicate nella rivista "Sentire" n. 22, acquistabile in Amazon libri.
***
Alberto Spallone
I balconi delle case
I balconi delle case
così assolati
così soli
Quante storie hanno visto
coi loro occhi di muro,
di un tempo perso
di un tempo andato
I balconi delle case
così isolati abbandonati
così stanchi -
depositi del niente
mai nessuno se n'è accorto
Sempre soli, chiusi lì,
prigionieri dei ricordi
così assolati
così soli
Quante storie hanno visto
coi loro occhi di muro,
di un tempo perso
di un tempo andato
I balconi delle case
così isolati abbandonati
così stanchi -
depositi del niente
mai nessuno se n'è accorto
Sempre soli, chiusi lì,
prigionieri dei ricordi
(Stazione ferroviaria di Osnago ore 14,30
15 maggio 2015)
15 maggio 2015)
Alberto Spallone abita a Paderno d'Adda. Nel 2015 ha pubblicato una raccolta di poesie, che non contiene quella qui pubblicata.
***
Adriana De Cani
Risveglio
Sei venuto straniero
su questa selvaggia terra
assopita nel tempo
dove stagioni passate
sonnecchiavano i loro ricordi.
Il vento e il sole
la tingono di nuovi colori.
Vive, freme, trema
questa terra
sotto il passo leggero.
Ulisse
Nel cielo una luce
rompe il buio della notte.
Un'ombra cammina nella luce.
È Ulisse che cerca nella dimora.
rompe il buio della notte.
Un'ombra cammina nella luce.
È Ulisse che cerca nella dimora.
Maria
Hai mendicato amore
come pane per sfamarti
come acqua per dissetarti.
Ti hanno risposto
Non è dignitoso mendicare
come pane per sfamarti
come acqua per dissetarti.
Ti hanno risposto
Non è dignitoso mendicare
Adriana De Cani è un'abitante di Verderio.
***
Teresina Bonalume Biella
Scomparsa
L'ho avvertita accanto a me, fin dal primo istante di vita quando percepii il mio iniziale respiro e il mio conseguente primario vagito. Era là. Una perfetta ombra scura. Un'ombra oltre la mia, quella che la luce proietta a ogni movimento.
Essa, quell'ombra così scura e delineata nella sua inequivocabile forma cammina sempre in maniera costante accanto a me in ogni attimo della mia esistenza.
In parallelo. Mai in sintonia.
E io penso, finché essa mi cammina a lato e un poco distante quel tanto che basta per non esserne sfiorati, avrò ancora la possibilità di respirare e Lei non mi ghermirà con la sua affilata falce. Finché non attraverserà quella strada per incrociare la mia continuerò umanamente a vivere.
È così che la Morte, sì, quell'ombra scura dai contorni definiti che mi viaggia accanto fin dalla nascita non avrà ancora ciò che da tempo brama: il mio unico corpo.
In molte ricorrenze purtroppo, l'ho vista carica ed esultante per la sua preda, gongolante di bottino.
In quegli istanti anche la mia personale ombra si piegava dal pianto al suo passaggio, nel riconoscere che essa, la Morte, si portava via a due passi da me le persone più care. Il dolore avanzava trafiggendo, lacerando il mio cuore già ferito e nulla mi rimaneva se non “odiare” quell'ombra così difforme e così temuta quale portatrice di tragedie umane.
No, non la voglio come esempio di equità e neppure lontanamente come “amica” e men che meno “sorella” come il grande Francesco la definì.
Ma ne pavento la presenza e ne diffido ad ogni istante il suo intervento su di me.
Però. Però essa, la Morte, mi sospinge, m'incalza, mi sprona a riflettere su quel voler attraversare in un momento qualunque la mia strada per porsi di fronte a me, arrestare la mia esistenza e caricarsi così del mio già inerme corpo lasciando nuda, allibita e indifesa la mia stessa anima.
Questa riflessione mi induce e ponderare e a riconoscere la caducità del mio esistere e nel medesimo momento a non sciupare inutilmente il tempo concesso in situazioni e problemi da nulla, inconsistenti.
No, non posso dilapidare il mio esistere dalle cose che veramente contano. Non posso dissipare o disperdere i miei personali sforzi o talenti per le cose effimere, appariscenti, inutili. No, non posso.
Ogni volta che volgo il mio sguardo verso lei, sì, quell'ombra scura mantellata, guardinga e armata di tutto punto pronta a togliermi il mio respiro, penso a una sola cosa: a vivere bene, con gioia, in armonia.
È allora che dal profondo del mio essere, intonato e melodioso, sale un canto perfetto, intimo, trascendente. È il canto dell'anima. Quell'anima che mi fu data in maniera gratuita da quel Creatore Senza Tempo che m'ha voluta qui sulla madre Terra e m'ha posto col pensiero in una valle infinita, là dove più niente e nessuno mi farà più soffrire. È il gaudio eterno. Quello che ha inizio con la nostra personale nascita.
E, beffarda se ne va ora “sorella” Morte con il carico inestimabile del mio corpo.
Ma Cristo ha vinto la morte!
Essa, quell'ombra così scura e delineata nella sua inequivocabile forma cammina sempre in maniera costante accanto a me in ogni attimo della mia esistenza.
In parallelo. Mai in sintonia.
E io penso, finché essa mi cammina a lato e un poco distante quel tanto che basta per non esserne sfiorati, avrò ancora la possibilità di respirare e Lei non mi ghermirà con la sua affilata falce. Finché non attraverserà quella strada per incrociare la mia continuerò umanamente a vivere.
È così che la Morte, sì, quell'ombra scura dai contorni definiti che mi viaggia accanto fin dalla nascita non avrà ancora ciò che da tempo brama: il mio unico corpo.
In molte ricorrenze purtroppo, l'ho vista carica ed esultante per la sua preda, gongolante di bottino.
In quegli istanti anche la mia personale ombra si piegava dal pianto al suo passaggio, nel riconoscere che essa, la Morte, si portava via a due passi da me le persone più care. Il dolore avanzava trafiggendo, lacerando il mio cuore già ferito e nulla mi rimaneva se non “odiare” quell'ombra così difforme e così temuta quale portatrice di tragedie umane.
No, non la voglio come esempio di equità e neppure lontanamente come “amica” e men che meno “sorella” come il grande Francesco la definì.
Ma ne pavento la presenza e ne diffido ad ogni istante il suo intervento su di me.
Però. Però essa, la Morte, mi sospinge, m'incalza, mi sprona a riflettere su quel voler attraversare in un momento qualunque la mia strada per porsi di fronte a me, arrestare la mia esistenza e caricarsi così del mio già inerme corpo lasciando nuda, allibita e indifesa la mia stessa anima.
Questa riflessione mi induce e ponderare e a riconoscere la caducità del mio esistere e nel medesimo momento a non sciupare inutilmente il tempo concesso in situazioni e problemi da nulla, inconsistenti.
No, non posso dilapidare il mio esistere dalle cose che veramente contano. Non posso dissipare o disperdere i miei personali sforzi o talenti per le cose effimere, appariscenti, inutili. No, non posso.
Ogni volta che volgo il mio sguardo verso lei, sì, quell'ombra scura mantellata, guardinga e armata di tutto punto pronta a togliermi il mio respiro, penso a una sola cosa: a vivere bene, con gioia, in armonia.
È allora che dal profondo del mio essere, intonato e melodioso, sale un canto perfetto, intimo, trascendente. È il canto dell'anima. Quell'anima che mi fu data in maniera gratuita da quel Creatore Senza Tempo che m'ha voluta qui sulla madre Terra e m'ha posto col pensiero in una valle infinita, là dove più niente e nessuno mi farà più soffrire. È il gaudio eterno. Quello che ha inizio con la nostra personale nascita.
E, beffarda se ne va ora “sorella” Morte con il carico inestimabile del mio corpo.
Ma Cristo ha vinto la morte!
Teresina Bonalume Biella abita a Verderio. Questo blog in passato ha già pubblicato un suo scritto. Lo potete trovare a questo indirizzo:
Ringrazio per avermi dato la possibilita' di leggere due peesie della mia raccolta, ringrazio soprattutto per la serata che mi ha permesso di apprezzare, conoscere poesie e poeti che diversamente non avrei mai avuto occasione di ascoltare. Un plauso particolare a Teresina Bonalume Biella, che ha letto con forte passione e recitazione il suo interessante scritto. - Ezio Brugali -
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