Quest'anno la chiesa parrocchiale di Verderio Superiore compie 110 anni.Nle 2002, in occasione del centenario, fu pubblicato il libro: Verderio. La chiesa parrocchiale dei santi Giuseppe e Floriano - 1902 - 2002: un secolo di storia, arte e vita religiosa.
Il testo qui di seguito pubblicato è parte del secondo capitolo di quel libro che, probabilmente, è ancora possibile acquistare presso la parrocchia.Altri brani, di questo e di altri capitoli, sono stati pubblicati in precedenza su questo blog e li potete trovare sotto l'etichetta: Chiesa dei santi Giuseppe e Floriano di Verderio Superiore. M.B.
1896 - 1902: IL PROGETTO, LA REALIZZAZIONE E LA STORIA DELLA NUOVA CHIESA
Il 26 ottobre 1902, una bellissima giornata autunnale, fu grande festa a Verderio Superiore per la consacrazione della nuova chiesa, donata dalla famiglia Gnecchi Ruscone e realizzata grazie anche al lavoro prestato gratuitamente da gran parte degli abitanti.
La liturgia fu celebrata da Sua Eminenza il Cardinale Andrea Carlo Ferrari (1) , Arcivescovo di Milano. Giunto in treno il giorno precedente, 25 ottobre, accompagnato dal cerimoniere canonico don Marco Magistretti (2) e dal cantore canonico don Luigi Mambretti, il Cardinale fu accolto alla stazione di Cernusco Lombardone dal Commendator Francesco Gnecchi Ruscone – Sindaco di Verderio – con alcuni membri della sua famiglia, dal Parroco di Cernusco e da altri sacerdoti della zona.
Giuseppina Gnecchi Turati |
Una ragazza, con l’abito bianco della Congregazione delle Figlie di Maria, lesse un sonetto composto da don Federico Colombo, professore presso il collegio delle Dame Inglesi di Merate:
SALVE, EMINENZA, CHE DA’ LUOGHI SANTI,
OVE PER L’UOM MORIVA IL REDENTORE
RITORNI FRA’ TUOI FIGLI, GIUBILANTI
DI RIVEDER L’AMATO LOR PASTORE.
TE BENEDETTO! TI GRIDIAM FESTANTI,
CHE VIENI A NOI NEL NOME DEL SIGNORE
A CONSACRARE FRA DEVOTI CANTI
L’AUGUSTO TEMPIO ERETTO AL DIO D’AMORE.
QUIVI RACCOLTO IL POPOLO DEVOTO
AL CIELO INNALZERA’ SUE PRECI ARDENTI
TE RICORDANDO, O PADRE , E LA PIETOSA
ELETTA DONNA E I FIGLI, ONDE E’ BEN NOTO
IL COR SUBLIME, SI CHE FRA LE GENTI
VIVRA’ MEMORIA OGNORA GLORIOSA (3)
Sul portale, un’epigrafe redatta dal professor Dino Marazzano, insegnante di lettere di casa Gnecchi, recava il saluto di Verderio:
OGGI DA TUTTI I CUORI SORGA UN INNO DI GRAZIE
PER SUA EMINENZA IL CARDINALE ANDREA CARLO FERRARI
ARCIVESCOVO DI MILANO
CHE REDUCE DA TERRA SANTA
DOVE PATRIA E FEDE RITORNARONO SORELLE
CONSACRA
QUESTO MAGNIFICO TEMPIO
SIMBOLO DI ARTE ELETTA
DI SPLENDIDA MUNIFICENZA
DI SALDA RELIGIONE (4)
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Nei giorni seguenti il quotidiano “L’Osservatore Cattolico” criticò questo testo, laddove faceva riferimento al pellegrinaggio in Terrasanta, svoltosi sotto la guida del Cardinal Ferrari e conclusosi il giorno stesso del suo arrivo a Verderio. Dopo aver affermato che alcuni giornali continuavano a “spropositare” sul comportamento del Cardinale, l’ “Osservatore” scriveva: “Ieri per esempio a Verderio l’epigrafe era assolutamente sconveniente: non è che in Terra Santa fede e patria sono tornate sorelle, vi si ritrovarono sorelle perché sempre lo furono e lo saranno, in Terra Santa e in Italia” (5).
La critica si inseriva nelle polemiche sorte intorno a vari episodi del pellegrinaggio, in particolare alle dichiarazioni di affetto per l’Italia pronunciate dal Cardinale: preludio di un cambiamento dell’atteggiamento della Chiesa Cattolica nei confronti dello Stato Italiano, per la stampa liberale; parole non nuove, che confermavano l’amore, mai venuto meno, dei cittadini italiani cattolici verso il loro paese, per la stampa cattolica.
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Dopo l’accoglienza, in solenne processione il Cardinale si recò alla vecchia chiesa, ove tenne un breve discorso e impartì la Benedizione con la SS. Eucarestia, e poi alla nuova casa parrocchiale. Qui procedette al riconoscimento delle Sacre Reliquie che, deposte in una cassettina con tre grani d’incenso e una piccola pergamena, dovevano essere esposte all’adorazione notturna in una cappella appositamente preparata. Nella pergamena la data e le notizie principali riguardanti la consacrazione e l’annuncio della concessione di un’indulgenza di quaranta giorni a tutti coloro che nell’anno successivo avessero visitato il nuovo tempio.
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La cerimonia della consacrazione, o “dedicazione”, iniziò la mattina del giorno 26 “di buon’ora” e si protrasse fin quasi a mezzogiorno, con l’ultima S. Messa celebrata dal parroco.
Ricostruiamo il rito seguendo la descrizione e le spiegazioni esposte da don Marco Magistretti in un libricino pubblicato a Milano nel 1889 (6).
L’uso di consacrare le chiese risale al periodo apostolico della tradizione cristiana e affonda le radici nel racconto della Genesi, storia di Giacobbe, e in altri libri dell’Antico Testamento (7) . San Silvestro Papa è comunemente ritenuto il maggior ordinatore di questi riti (8) . Intento della Consacrazione è santificare il luogo dell’Offerta Eucaristica e creare un ambiente di santificazione che circondi i fedeli e faccia loro pregustare le gioie della Gerusalemme Celeste.
Il Vescovo celebrante si prepara alla liturgia anteponendo un giorno di digiuno, così ricordando il “Pontefice Eterno” che con il digiuno e i patimenti aprì le porte del cielo.
Il giorno della consacrazione si reca alla chiesa, verifica che sulle pareti interne siano state dipinte 12 croci ed ordina che davanti ad ognuna di esse venga acceso un cero: dodici, come il numero degli apostoli che, predicando il Vangelo, diffusero la luce (i ceri accesi) dove regnavano le tenebre dell’errore. Poi le porte vengono chiuse (come chiuse, anche ai “giusti”, erano, prima della Resurrezione, le porte del cielo); all’interno rimane solo un diacono.
Vescovo e clero, accompagnati dal popolo, raggiungono l’oratorio dove nella notte erano state esposte le reliquie, indossano i sacri indumenti e, cantando le Litanie, invocano l’intercessione dei Santi affinché Dio si dimostri propizio all’opera che si va ad incominciare.
L’officiante prepara l’Acqua Benedetta: all’acqua, che monda dalle macchie come la penitenza dai peccati, viene unito il sale, che preserva dalla corruzione al pari della dottrina evangelica che corregge e conserva la vita sempre nuova della fede. Tornato alla chiesa, compie tre giri intorno all’edificio aspergendo i muri in alto, in basso e a metà altezza. Si dovrebbe servire di un ramoscello di issopo, una pianta già usata nell’Antico Testamento per le solenni aspersioni (9) . Alla fine di ogni giro bussa al portone con il Pastorale e invoca:
“Alzate, oh principi, le vostre porte, e alzatevi porte dell’eternità ed entrerà il Re della Gloria”
Dall’interno echeggia la domanda del diacono:
“Chi è questo Re della Gloria?”,
a cui segue la risposta:
“E’ il Dio forte e potente, il Dio degli eserciti” (10).
Le porte restano chiuse; si aprono solo alla fine del terzo giro, quando il Vescovo bussa tre volte e, mentre fra lui e il diacono si svolge il breve dialogo, clero e popolo gridano: “Aprite, aprite…”.
Pronunciando le parole “Ecco il segno della Croce, svaniscano tutti i fantasmi”, il Prelato con il Pastorale fa un segno di croce sulla parte bassa della porta, entra, seguito solo dal clero e da alcune persone che lo aiuteranno nella cerimonia, si inginocchia all’altare e intona il “Veni Creator” (11) . Intanto un sacerdote sparge cenere sul pavimento, formando una Croce di S. Andrea dagli angoli dell’altare a quelli dell’entrata.
Di nuovo vengono cantate le Litanie, seguite dal “Benedictus” (12) alternato alle parole di Giacobbe: “Oh, come terribile è questo luogo, veramente è la casa di Dio e la porta del cielo” (13) .
Durante il canto il Vescovo traccia su un braccio della Croce di cenere l’alfabeto greco e sull’altro quello latino, metafora della chiesa che, in virtù della Croce di Cristo, ha riunito popoli diversi per lingua, costumi, religione.
Ora prepara una nuova acqua benedetta, chiamata “Gregoriana” perché istituita nel VI secolo da Gregorio Magno (14) . E’ composta da acqua, simbolo dell’umanità di Cristo, vino, della Sua divinità, cenere, della morte, sale, dell’incorruttibilità: Cristo uomo e Dio, morto e risorto.
Si reca alla porta, la segna due volte per preservarla dai nemici interni e da quelli esterni, torna all’altare, lo segna con cinque Croci e compie sette giri intorno ad esso aspergendolo: cinque sono le piaghe di Cristo crocifisso, sette i giri che furono necessari per far cadere le mura di Gerico (15) .
Poi asperge i muri, percorrendo per tre volte il perimetro interno, e i pavimenti, prima a croce e quindi, dal centro della chiesa rivolgendosi ai quattro punti cardinali.
Aiutato da un manovale, con l’acqua benedetta prepara il cemento per suggellare le reliquie nell’altare.
Si riaprono finalmente le porte; in processione Vescovo, clero e popolo prelevano, dall’oratorio dov’erano state esposte, le Sacre Reliquie; segue un breve discorso e la lettura di due testi del concilio di Trento, contro gli “invasori dei beni ecclesiastici” e contro coloro che non pagano le decime. L’officiante si rivolge poi ai fondatori (solo per le chiese di nuova fondazione, com’era il caso di quella di Verderio) e li invita a dichiarare quale dote intendano costituire alla nuova chiesa, per le necessità del culto e il sostentamento dei ministri.
Ora il Vescovo invita il Signore a prendere possesso del suo Tempio; con il Sacro Crisma (16) per tre volte fa un segno di croce sulle porte, poi si avvia all’altare. Dopo aver benedetto quest’ultimo, ancora con il Sacro Crisma, ripone la teca con le reliquie nel “cavo sepolcrale” (17) .
Segue l’unzione dell’altare, ripetuta tre volte per ricordare le virtù fondamentali della vita del cristiano: fede, speranza, carità. Le prime due unzioni vengono effettuate con l’olio dei catecumeni; per l’ultima, che ricorda la virtù più importante, la carità, viene usato l’olio più prezioso, il Sacro Crisma.
Per la consacrazione delle pareti vengono unte le dodici croci dipinte, così ricordando i 12 Apostoli, che grazie allo Spirito Santo, con la predicazione e l’esempio manifestarono ai popoli il grande mistero della Croce.
Sull’altare, con 25 granelli d’incenso si formano 5 croci che, bruciate, rappresentano il primo olocausto della nuova mensa: le ceneri, raccolte, vengono riposte nel sacrario. Mentre il popolo e il clero intonano il Salmo 67, il Vescovo fa il Segno della Croce sulla parte anteriore dell’altare e ai quattro angoli della mensa. Inizia la celebrazione della Santa Messa.
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La nuova chiesa fu intitolata, come già la precedente , a S. Fiorano (18), patrono di Verderio Superiore. In onore della fondatrice, Giuseppina Turati, e di suo marito, Giuseppe Gnecchi Ruscone, la chiesa fu dedicata anche allo sposo di Maria, S. Giuseppe, diventando così chiesa dei santi Giuseppe e Fiorano.
Nel pomeriggio il Cardinale amministrò il Sacramento della Cresima a 75 ragazzi e 57 ragazze di Verderio e dei paesi vicini, nati fra il 1890 e il 1896 (19), benedisse la casa parrocchiale e il nuovo stendardo della Compagnia delle Figlie di Maria.
Poi fece visita alla famiglia Gnecchi con il Parroco che, in ringraziamento per l’opera compiuta, recò in dono un album sottoscritto da tutti i capifamiglia della parrocchia (20) . Accompagnato dal Parroco e dal comm. Francesco Gnecchi Ruscone, il Cardinale lasciò infine Verderio per la stazione di Cernusco Lombardone, salutato dagli applausi dei fedeli.
Il giorno dopo, 27 ottobre, con solenne processione fu trasferita la statua della Madonna del Rosario dalla vecchia alla nuova chiesa.
Si concludevano così le cerimonie e i festeggiamenti (21) : grande era stata la partecipazione di popolo, giunto anche dai paesi vicini e, specificava il Parroco nella sua cronaca, “dalla riva bergamasca”. Per tre giorni le orecchie dei convenuti erano state allietate dalle musiche della Banda di Merate e frastornate, probabilmente, dai ripetuti colpi a salve dei cannoni grandinifughi (22); il tempo si era mantenuto splendido e il clima caldo. Un solo inconveniente: l’ “alleggerimento di qualche borsellino” di coloro che erano stati poco attenti nel custodirlo.
Nei giorni e nelle settimane seguenti la stampa quotidiana e periodica dedicò spazio alla nuova chiesa e alla cerimonia della Consacrazione: particolarmente apprezzata fu la scelta di uno stile architettonico legato alla tradizione del romanico lombardo; unanimi furono le lodi per la munificenza della famiglia Gnecchi e per il lavoro del nobile Fausto Bagatti Valsecchi, ideatore dell’opera, e dell’ingegner Enrico Combi, suo realizzatore (23) .
La presentazione della chiesa venne affidata all’architetto Luca Beltrami che la descrisse accuratamente in un opuscolo intitolato “La nuova chiesa di Verderio Superiore” (24). Un ampio articolo, anch’esso dedicato all’aspetto architettonico, apparve sulla rivista “L’Edilizia Moderna” (25).
L’amministrazione comunale in un manifesto fatto affiggere sui muri del paese espresse il proprio compiacimento per la buona riuscita dei festeggiamenti e della celebrazione; il Sindaco, Francesco Gnecchi Ruscone ne approfittò per ringraziare, anche a nome dei suoi fratelli, i capifamiglia per l’album ricordo che aveva ricevuto in omaggio (26).
Da quel giorno nella nuova chiesa la comunità, non solo religiosa, ha festeggiato i momenti felici e pianto in quelli tristi e dolorosi. Il 25 ottobre 1902 moriva Brigida Gariboldi di cinque mesi, figlia di Antonio e Chiara Valtolina; il Parroco, nel registro dei defunti, annotava: “Questa infante fu la prima ad essere portata nella nuova chiesa consacrata il 26 ottobre 1902” Il 12 novembre Ida Sala, di Verderio, figlia di Giò Battista e Sofia Sironi, sposava Carlo Filippo Molteni, residente a Cassago Brianza; il Parroco scriveva: “Questo è il primo matrimonio celebrato in questa chiesa nuova, dedicata a S. Giuseppe e S Fiorano”. Il 21 novembre moriva Oggioni Patrizio di 74 anni, figlio di Federico e Rachele Cereda: “Morto in causa di caduta. Primo funerale di adulto fatto nella nuova chiesa” (27).
I Battesimi invece vennero amministrati per qualche mese ancora nella vecchia parrocchiale. Il primo celebrato in quella nuova è del 13 aprile 1903. Lo ricevette Rosa Angela Oggioni, di Ferdinando e Cassago Filomena, abitante in cascina “La Salette”. Rosa Angela Oggioni in seguito divenne Suora dell’Immacolata, assunse il nome di Suor Valeriana e svolse il suo servizio negli Stati Uniti e in Canada. Tornata in Italia in età avanzata, dopo la morte avvenuta a Genova il 5 dicembre 1989, fu sepolta nel cimitero di Verderio Superiore (28).
Nonostante vi si celebrassero ormai quasi tutte le funzioni, per diventare sede della parrocchia la nuova chiesa dovette attendere ancora qualche tempo. Il trasferimento avvenne nel 1904, grazie a un decreto dell’Arcivescovo di Milano del 18 marzo, che ottenne l’approvazione reale, prevista dalla legge, il 25 agosto (29).
Il nuovo tempio di Verderio suscitava l’interesse dei fedeli e degli appassionati d’arte della zona: a conclusione della sua cronaca annuale il Parroco, compiaciuto, annotava: “ La nuova chiesa dal giorno dell’inaugurazione è stata la meta di quotidiane visite di intelligenti nell’arte, di Signori, di pellegrinaggi e di un popolo immenso” (30).
-2-L’esigenza di una nuova chiesa*
“ la chiesa era troppo piccola per tanta popolazione, di modo che la maggior parte per mancanza di comodi era obbligata a stare in piedi o nel mezzo o sulla porta sotto il pronao nella stagione meno rigida, le donne stipate sulle panche o accovacciate nelle cappelle, i piccoli a frotte sui gradini dell’altare o nel già ristretto coro”.
Così don Luigi Galbiati descriveva la chiesa parrocchiale dopo pochi giorni dalla sua nomina a Vicario Spirituale di Verderio Superiore, avvenuta l’11 novembre 1897, in coincidenza con le dimissioni del novantaduenne parroco don Olimpio Tacconi.
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Nell’ultimo decennio dell’ottocento il Comune di Verderio amministrava una popolazione di più di 2000 abitanti, residenti nelle due frazioni di Verderio Inferiore e Superiore, unite dal 1872. Ognuna delle due frazioni superava i mille abitanti, con una costante prevalenza, di qualche decina di unità, per Verderio Inferiore (31) .
Molti, la maggioranza, i contadini dediti principalmente alla coltivazione di frumento e granoturco e all’allevamento del baco da seta. A Verderio Superiore erano in gran parte coloni della famiglia Gnecchi Ruscone; alcuni conducevano i terreni del beneficio parrocchiale. Unici altri possidenti, fra le famiglie residenti, erano i Cassago soprannominati “Lazzaretti”.
C’erano poi artigiani – fabbro, calzolaio, falegname, mugnaio, arrotino, sarto – ,gli osti, il prestinaio, la levatrice, il segretario comunale, il maestro. Figura di prestigio era l’ “agente di campagna” che curava gli interessi della famiglia Gnecchi: in quegli anni il Cav. Eugenio Lissoni (32).
Sul territorio comunale operavano tre aziende industriali per la torcitura della seta: nel 1894, comprendevano 2570 fusi, occupavano 145 persone, in prevalenza donne adulte (78) e ragazze sotto i quindici anni (59), per una media di 145 giorni di lavoro l’anno (33) .
Una scuola, classificata come rurale di classe terza era frequentata da bambine e bambini che dovevano sottostare all’obbligo scolastico: nel triennio 1892-1895 la media degli obbligati alla frequenza fu di 99 bambini. Il corso scolastico era triennale, la prima classe mista, nelle successive maschi e femmine erano separati (34).
L’unione tra le due frazioni resisteva dal 1872, ma tra il 1896 e il 1905 si consumò la separazione che tuttora permane (35).
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Autonome già dal 1779 erano invece le due Parrocchie, appartenenti alla Pieve di Brivio. Quella di Verderio Superiore era retta dal 1844 da don Olimpio Tacconi, originario di Treviglio; lo coadiuvava, dal 1864, don Severino Fraschina, nato a Tesserete, Canton Ticino, nel 1832.
La chiesa parrocchiale aveva una superficie di 130 - 140mq, insufficiente, come già si è detto, ad ospitare i fedeli che abitualmente partecipavano alle funzioni, e assai malandata, come risulta da diverse testimonianze: “L’esistente chiesa […]è in uno stato miserevole di deperimento”, così si esprimevano parroco e fabbricieri in un’istanza inviata all’autorità civile per ottenere il permesso di erigere il nuovo tempio (36).
Nella relazione compilata dopo la visita pastorale del Cardinal Ferrari, avvenuta nel marzo del 1897, si affermava: “E’ da desiderarsi che si provvegga alla decorosa ristaurazione della Chiesa” (37).
Questo compito sarebbe spettato alla Fabbriceria (38), la quale però dichiarò subito di non essere in grado di far fronte alla spesa. Un restauro, fra l’altro, non avrebbe risolto il problema delle dimensioni e, per un ampliamento, non esisteva spazio sufficiente intorno all’edificio.
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Fu Giuseppina Turati Gnecchi a prendere l’iniziativa, decidendo di donare alla comunità una nuova chiesa, attingendo al proprio patrimonio personale.
Nata a Busto Arsizio il 12 marzo 1826, Giuseppina era figlia di Francesco e di Angela Pigna. Il padre, cui Vittorio Emanuele II, con decreto del 4 settembre 1862, aveva concesso il titolo di Conte trasmissibile al primogenito maschio, era un notissimo industriale cotoniero. La Ditta Turati Radice, con sede in via Meravigli a Milano, aveva stabilimenti di tessitura a Busto Arsizio e di filatura a Castellanza.
Quando maturò l’idea di far costruire la chiesa, Giuseppina era vedova del commendator Giuseppe Gnecchi Ruscone, sindaco di Verderio dal 1859 al 1889, promotore, insieme alla moglie, di diverse iniziative benefiche e di scuole per adulti, serali per gli uomini e festive per le donne. Dal loro matrimonio, avvenuto nel 1846, nacquero Francesco, Ercole, Amalia, Carolina, Antonio ed Erminia.
La famiglia Gnecchi, originaria di Garlate, era presente a Verderio dal 1842, quando i fratelli Giuseppe e Carlo ereditarono da uno zio materno, Giacomo, i beni che questi possedeva avendoli acquistati nel 1824 dal Marchese Decio Arrigoni. Ereditarono anche il suo cognome, Ruscone, che da allora identifica questo ramo della famiglia: Gnecchi Ruscone. Dal 1888, con l’acquisto dei possedimenti della famiglia Confalonieri Strattman, divennero proprietari della gran parte dei terreni e degli edifici di Verderio Superiore, comprese le due antiche ville padronali.
Prima della chiesa la famiglia aveva già realizzato e donato al paese alcune opere di notevole interesse pubblico: l’asilo infantile, il cimitero, l’acquedotto “Fonte Regina”. Successivamente fecero erigere il municipio e la scuola, in un’unica struttura, e l’ambulatorio e la maternità in due piccoli edifici gemelli, in via delle Rimembranze.
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Nella primavera del 1898, con una lettera al Cardinale – “Eminentissime Princeps” – la famiglia si offrì di costruire una nuova chiesa – “capacissimam atque ornatiorem” - , una nuova casa parrocchiale e di devolvere al “Beneficio Parrocchiale” un terreno adiacente a quello su cui sarebbero sorti i due edifici. Il valore dei beni, comprensivo delle spese di costruzione, veniva stimato intorno alle duecentoventimila lire.
In cambio chiedeva di avere, attraverso un contratto di permuta, gli edifici che venivano lasciati liberi: la chiesa e le annesse abitazioni, compresa una casa occupata dai coloni del parroco. Il valore di questi immobili si aggirava intorno alle novemila lire.
La risposta dell’Autorità Ecclesiastica fu positiva: veniva accettata la proposta di permuta; al parroco si raccomandava di vigilare che le condizioni indicate venissero rispettate rigorosamente (39).
Parallelamente la Fabbriceria appoggiò il progetto presso l’autorità civile per ottenere il consenso che a questa competeva. Nell’istanza gli scriventi esprimevano entusiasmo per il disegno della nuova chiesa, la sua ampiezza, circa 500mq, l’ubicazione in “località più comoda e centrale dell’abitato” (40).
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L’edificazione del nuovo tempio, ma pure la sua gestione una volta che l’opera fosse giunta a termine, avrebbe rappresentato anche per il titolare della parrocchia un impegno assai gravoso.
Gli Gnecchi, preoccupati che l’anziano parroco potesse non avere energie sufficienti, si attivarono per trovare un sostituto che fosse di loro gradimento.
Rivolsero l’attenzione a don Luigi Galbiati, un sacerdote non più giovane, da molti anni coadiutore a Merate, suo paese natale, dove si occupava con passione dell’oratorio per i giovani.
Un primo approccio, lo narra lui stesso nel “Cronicus”, avvenne in casa dell’avvocato Antonio Baslini, Sindaco di Merate, nell’autunno del 1896. La moglie dell’ospite, Elena Gnecchi, nipote di Giuseppina, accennò al progetto della nonna per la costruzione della chiesa e cercò di capire cosa don Luigi pensasse di un eventuale incarico a Verderio. Domanda e risposta erano state molto generiche, ma gli Gnecchi si sentirono comunque incoraggiati e attesero l’occasione opportuna per avanzare una loro ambiziosa richiesta al Cardinale: ottenere per sé il diritto di nomina dei parroci a Verderio Superiore, come riconoscimento per le opere che si accingevano a realizzare.
Tale proposta fu fatta al Cardinale in occasione di una sua visita a Merate , il 2 ottobre 1897: la risposta fu positiva ma, per non impegnare in modo definitivo i successori, il Prelato pose un limite di cento anni alla concessione.
Come successore di don Olimpio Tacconi venne quindi proposto don Luigi Galbiati che accettò l’incarico, non senza rimpianto per la parrocchia di Merate alla quale, anche per le sue origini, era particolarmente legato (41) .
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Il diritto di scegliere il parroco di Verderio Superiore, che la famiglia Gnecchi pensava di essersi assicurato per cento anni, non ebbe vita così lunga: alla morte di don Luigi, don Carlo Greppi, contestò la pretesa della famiglia di nominare il successore, ottenne ragione e divenne parroco contro il parere degli Gnecchi che avevano presentato un altro candidato (42).
-3- La costruzione della chiesa e della casa parrocchiale.
Al progetto della chiesa lavorarono il nobile Fausto Bagatti Valsecchi e l’ingegner Enrico Combi.
Il primo, unito agli Gnecchi da legame di amicizia, aveva già curato per la famiglia la ristrutturazione della casa milanese in via Filodrammatici e quella della villa di Verderio acquistata dai Confalonieri.
Non è facile risalire a come furono suddivisi i compiti fra Bagatti e Combi. Qui ci si limita ad evidenziare due diverse ipotesi apparse in pubblicazioni dell’epoca: l’opuscolo di Luca Beltrami e l’articolo de “L’Edilizia Moderna”(vedi note 22 e 23)
Nel primo, l’autore attribuisce il ruolo principale a Bagatti Valsecchi, mentre Combi sarebbe stato impegnato prevalentemente nella fase di costruzione. Diametralmente opposta l’opinione espressa nell’articolo de “L’Edilizia Moderna”, secondo cui Combi avrebbe redatto il progetto e diretto i lavori, mentre Bagatti Valsecchi avrebbe curato soprattutto le “forme decorative”.
Un’annotazione interessante si trova anche nel “Liber Cronicus”: il parroco ricorda che erano stati esposti “alla pubblica ammirazione […] i bei disegni in istile lombardo del rinomato Ing.e Arch.to Cav. Enrico Combi di Milano, su cui vi aveva trasfuso il suo eletto ingegno e buon gusto”.
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La posa della prima pietra ebbe luogo il 4 settembre 1898, prima domenica del mese, tradizionale giorno di festa per il paese.
Il Cardinal Ferrari aveva espresso a Giuseppina Gnecchi il desiderio di celebrare il rito, ma l’improvvisa morte dell’ingegner Giuseppe Brini, genero della Signora, consigliò una cerimonia in tono minore. Il 29 agosto 1898 il Parroco chiese alla Curia Arcivescovile, ottenendola, l’autorizzazione ad impartire lui stesso la benedizione al posto dell’Arcivescovo in quanto, per “sopraggiunto lutto domestico della famiglia Gnecchi”, si riteneva opportuno “bandire ogni clamore” (43).
Il rituale della cerimonia era codificato nel “Pontificale Romano” (44) nel caso che l’officiante fosse un Vescovo; trattandosi invece di un semplice sacerdote, la liturgia era stabilita dal “Rituale Romano” (45).
La vigilia il parroco benedisse le fondamenta e la Croce in legno piantata nel luogo ove sarebbe sorto l’altare maggiore e destinata a restarvi fino a lavori ultimati.
La benedizione e la posa della prima pietra avvennero nel pomeriggio del giorno 4 settembre, dopo i Vesperi.
Una solenne processione si recò dalla chiesa parrocchiale all’area del cantiere dove erano le fondamenta. In un cilindro di vetro, ricoperto di latta, fu inserita una pergamena con un testo in latino composto dal professor Dino Marazzano, lo stesso che alla Consacrazione redigerà il brano con cui verrà accolto il Cardinale:
“ Templi S. Josepho dicati, quod pro vetere, angusto atque labente, suis impensis, Fausto de Bagatis et Henrico Combio Architectis, Josepho Clappis magistro extruendum statuit, Josephina Gnecchi Ruscone de Turatis, hanc primam petram, benedictam a D. Aloysio Galbiati, anno p. Ch. n. MDCCCXCVIII, die quarto septembris, Leone XIII Pontifice et Humberto I regnante, deposuit” (46) .
Seguivano le firme: Giuseppina Turati vedova Gnecchi, Francesco Gnecchi fu Comm. Ing. Giuseppe, Isabella Gnecchi Bozzotti, Rino (Cesare) Gnecchi, Vittorio Gnecchi, Carla Gnecchi, Ercole Gnecchi fu Comm. Ing. Giuseppe, Maria Gnecchi Sessa, Pia Gnecchi, Marco Gnecchi, Ernesto Gnecchi, Antonio Gnecchi fu Comm. Ing. Giuseppe, Rina Gnecchi Rossi, Alessandro Gnecchi, Giuseppe Gnecchi, Giannina Gnecchi, Antonio Baslini, Elena Baslini Gnecchi, [..] Bonfanti, Sandra Begalia, Giuseppina Begalia, don Luigi Galbiati Parroco di Verderio Superiore, don Alfonso Brambilla Prevosto di Sesto S.Giovanni, Enrico Combi Architetto, Fausto Bagatti Valsecchi, professor Dino Marazzano, Ing. Giuseppe Dubini, Paolo Maesani, don Severino Fraschina coadiutore di Verderio Superiore, don Gaetano Caspani Parroco di Paderno d’Adda, don Ignazio Cesati Parroco di Verderio Inferiore, Clapis Giuseppe capomastro, don Giuseppe Verderio coadiutore di Verderio Inferiore, don Luigi Colombo, don Severino Longoni Parroco di S.Zeno, don Enrico Panzeri Parroco di Robbiate, don Elia Caverzario coadiutore di Merate, Padre Alberto Rusca Missionario di Rho, Eugenio Lissoni (47).
Con la pergamena furono introdotte nel cilindro alcune monete di argento e di rame con l’effigie di Umberto I e una con quella di Leone XIII.
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Erano destinate, le parole del professor Marazzano legate al nuovo edificio sacro di Verderio, a provocare critiche e polemiche: succederà con il saluto al Cardinale il giorno della Consacrazione; successe con la pergamena or ora citata. Don Luigi Galbiati, infatti, osservò che , seppur bello letterariamente, il brano conteneva alcuni errori: primo, il non aver specificato che il parroco aveva celebrato la liturgia per delega dell’Arcivescovo; secondo, l’aver attribuito alla Signora Giuseppina Gnecchi la posa della prima pietra, “funzione del tutto episcopale, assolutamente vietata a una donna”.
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Il rito terminò con i discorsi del Parroco e di don Alfonso Brambilla, Prevosto di Sesto S. Giovanni, per alcuni anni apprezzato coadiutore a Verderio Superiore.
Anche questa, come quella della Consacrazione, fu una bella giornata di festa per Verderio: buono il tempo, piacevole la musica della Banda di Merate, bella l’illuminazione del paese. Un solo inconveniente: il furto del portafoglio del Parroco, con circa venti lire, “lasciato sconsideratamente sulla scrivania del proprio studio, aperto liberamente al pubblico…divoto”.
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La costruzione della chiesa fu affidata a Giuseppe Clapis, capomastro originario di Bernareggio.
La sua impresa, di cui faceva parte anche il figlio Francesco, a sua volta capomastro, era dedita soprattutto all’edificazione di abitazioni di pregio – palazzi e ville – e chiese. Fu attiva a Milano e provincia, nel comasco e nel meratese. Il vecchio municipio e quello attuale, già Villa Confalonieri, progettato da Fausto e Giuseppe Bagatti Valsecchi, e il palazzo oggi sede della Cassa di Risparmio sono edifici realizzati dai Clapis a Merate. A Cernusco Lombardone intervennero sulla Centrale ENEL, su Villa Morchio, divenuta poi abitazione dei dirigenti dell’azienda elettrica e recentemente abbattuta, e su Villa Isacchi. Sempre a Cernusco è conosciuto ancora come “Casa Clapis” un imponente edificio costruito nel 1910 da Francesco, che ne fu anche proprietario. Sembra inoltre che ai Clapis si debba la costruzione o l’ampliamento di almeno trenta chiese (48).
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La popolazione della Parrocchia diede il proprio contributo lavorando gratuitamente allo scavo delle fondamenta e alla preparazione dei materiali utilizzati poi dall’impresa durante la settimana.
Tali impegni venivano svolti soprattutto di domenica, per non trascurare le abituali occupazioni. Il Parroco dovette perciò chiedere all’Arcivescovo che i parrocchiani potessero lavorare nei giorni festivi, derogando al precetto del riposo. Il permesso venne accordato, purché il lavoro non venisse svolto durante le funzioni, nelle solennità e si facesse uso del minor numero di feste possibile (49) .
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Numerose le ditte artigiane che contribuirono alla fabbrica della chiesa.
Le fornaci dei Fratelli Rossi di Ronco fornirono i mattoni; la ditta Repellini di Castelvetro Piacentino, le terrecotte lavorate. Le opere in legno furono curate dalle ditte Consonni di Cernusco e Stucchi di Verderio; quelle in ferro da Antonio Cattaneo di Verderio e dai Fratelli Casalini di Carsaniga, frazione di Merate. Da Milano giunsero le parti in marmo e pietra , dalla Ditta Ing. Fossati; quelle in vetro dai Fratelli Goggia e in bronzo da Giovanni Lomazzi,.
Consonni e Lomazzi avevano già lavorato a Verderio in occasione della ristrutturazione di Villa Gnecchi: il primo realizzando i manufatti in legno, in particolare i pavimenti, il secondo quelli in bronzo. Quest’ultimo era un collaboratore abituale dei fratelli Bagatti Valsecchi.
Il fabbro Antonio Cattaneo, originario di Lecco, dove era nato il 16 aprile 1851, abitava a Verderio Superiore in piazza Grande n.6, attuale piazza Roma. Il figlio Giulio continuò l’attività del padre: negli anni venti del ‘900 fu titolare, in società con Vittorio Gnecchi Ruscone, di una ditta specializzata in ferro battuto artistico denominata “Arte del Ferro”, che aveva sede nell’edificio in mattoni a vista situato all’odierno numero civico 18 di via Principale (50) .
La decorazione pittorica fu compiuta da Ernesto Rusca (1866 – 1947): i disegni erano stati preparati da Bagatti Valsecchi, che già in passato aveva lavorato con questo artista. Tra le carte dell’Archivio Parrocchiale è conservata una lettera del pittore torinese Giovanni Stura, che si offriva come decoratore (51) .
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Insieme alla chiesa sorsero la casa parrocchiale e l’annessa casa colonica. I lavori incominciarono nell’aprile del 1900 dopo che, nella “seconda festa di Pasqua”, fu posata la prima pietra. Anche in questa occasione fu interrata una pergamena con le firme delle autorità del paese e dei sacerdoti invitati.
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La sera del 18 luglio 1899, nella villa di Verderio, moriva Giuseppina Gnecchi Turati. Giunta in paese all’inizio del mese, per trascorrere un periodo di vacanza, fu presto colta da malessere. Le sue condizioni, inizialmente non preoccupanti, si aggravarono successivamente, rendendo inutili le cure del dottor Viscardi di Osnago e del professor Rezzonico di Milano. Ai solenni funerali, celebrati il giorno 20, gli oratori don Adalberto Catena, Preposto di S.Fedele in Milano, don Pietro Rusconi e ingegner Giuseppe Dubini, sottolinearono l’amore per la famiglia, di cui era stata insostituibile fulcro, e l’attenzione e generosità verso i più poveri, manifestata attraverso innumerevoli opere di beneficenza.
Alla sua morte, la chiesa, che tanto aveva desiderato venisse realizzata, era ben lontana dall’essere portata a termine: i muri raggiungevano solo il piano delle finestre. A quest’altezza, a suo ricordo, furono murati, sulla parete esterna del transetto sinistro, un bassorilievo raffigurante Cristo Risorto e una lapide con un’epigrafe in latino: HAEC CHRISTI RESURGENTIS/ IMAGO POSTERIS MEMORET/ TEMPLI EXTRUCTIONEM HUC/ USQUE PERVENISSE DIE XV/ KAL AUG MDCCC JC OVO/ IOSEPHINA GNECCHIA DE/ TURATIS MUNIFICENTISSIMA/ CONDITRIX IN DNO QUIEVIT.
* Questo paragrafo è già stato pubblicato su questo blog il 21 maggio 2011
NOTE
(1) Andrea Carlo Ferrari nasce il 3 Agosto 1850 da una famiglia contadina di Lalatta di Protopiano, nell’Appennino parmense. Ordinato sacerdote nel dicembre 1873, riceve la Consacrazione Episcopale il 29 Giugno 1890. Nel 1891 è nominato Vescovo di Como. Diventa Arcivescovo di Milano nel 1894, succedendo al Cardinale Calabiana. Muore nel 1921. Il 10 Maggio 1987 è stato proclamato Beato da Giovanni Paolo II.
(2) Marco Magistretti nasce a Milano il 19 Luglio 1862; riceve l’ordinazione sacerdotale il 20 Dicembre 1884. Si dedica allo studio della liturgia Ambrosiana. E’ vice – cerimoniere e cappellano corale della Cattedrale e, successivamente, prefetto e maestro delle cerimonie. Si dedica anche a studi profani: per la “Società del Giardino” collabora all’edizione delle “Poesie Milanesi di Carlo Porta”, Milano, 1921. E’ socio e consigliere della “Società Storica Lombarda”. Muore a S. Giovanni della Castagna (Lecco) nella notte fra il 20 e 21 novembre 1921.
(3) Una raffinata versione a stampa del testo è conservata in: Archivio Parrocchiale di Verderio Sup. (APVS), Titolo II,Arcivescovo.cl.1, “Visite pastorali dal 1571”,Cart.1, Fasc. 16/1,varie. Monsignor Federico Colombo nasce ad Asso il 20 novembre 1852 e viene ordinato sacerdote nel 1876. A Merate, dove insegna presso il collegio Alessandro Manzoni, promuove la fondazione dell’Istituto femminile della Beata Vergine, più conosciuto come istituto delle “Dame Inglesi”, inaugurato nel 1889. Una lapide, murata su una parete interna dell’istituto, lo ricorda come “cameriere segreto” di Pio XI di cui, nell’infanzia, era stato compagno di giochi. Morì il 18 novembre 1927.
(4) Cfr. Lega Lombarda, n.290, 27-28/10/1902.
(5) L’Osservatore Cattolico, n.247, 27 –28/10/1902.
(6) Riti e cerimonie per la solenne dedicazione di una chiesa, Marco Magistretti, Milano, 1889 (vedi nota 2). Da questo testo sono tratti i riferimenti alle Sacre Scritture delle note seguenti.
(7) Genesi XXVIII,18; XXXIII,20; XXXV,14. 1 Re VIII,63. Esdr VI,16. 1 Mac IV, 56 e 59.
(8) San Silvestro I, fu Papa dal 314 al 335.
(9) Lev XIV, 6. Nm XIX, 6.
(10) Salmo XXIII, 7 – 10.
(11) Inno di autore ignoto risalente alla fine del IX secolo. Entra a far parte della liturgia nel 1049, quando Leone IX lo intona al Concilio di Reims. E’ uno dei più comuni inni della chiesa, cantato sempre all’inizio di solenni azioni sacre.
(12) Cantico pronunciato da Zaccaria alla circoncisione del figlio Giovanni Battista. Prende il nome dalla prima parola della versione latina del brano.
(13) Genesi XXVIII, 17.
(14)San Gregorio I Magno nacque nel 540 e fu Pontefice dal 590 al 604. Grande teologo, compose molte opere. Da lui prende il nome il canto gregoriano.
(15) Gs I, 5.
(16) Olio mescolato a balsamo, consacrato dal Vescovo durante la “Messa Crismale” del Giovedì Santo.
(17) Detto anche “Sepolcrino”, è una cavità realizzata nella piastra dell’altare. Può essere posta nella parte anteriore o posteriore; deve essere chiusa con un coperchio in pietra (anche di natura diversa da quella dell’altare) e suggellata con cemento.
(18) S. Fiorano, o Floriano, originario di un piccolo paese nel sud dell’attuale Austria, visse nel III secolo. Subì il martirio a Lauriacum (attuale Lorck), dopo aver resistito alle torture con cui il governatore romano Aquilino aveva cercato di convincerlo a rinnegare la fede cristiana. E’ un Santo invocato per la protezione dagli incendi: viene comunemente rappresentato con in mano una caraffa, nell’atto di spegnere un fuoco. A Verderio Superiore la sua intercessione è tradizionalmente richiesta per le malattie degli occhi dei bambini.
(19) APVS,Titolo I, Anagrafe, Cresime 1826, Comunioni 1898.
(20) L’album è conservato nell’archivio personale del signor Carlo Gnecchi Ruscone di Inzago.
(21) A ricordo, nella facciata interna della chiesa, fu posata una lapide: TEMPLUM HOC INSIGNI PIETATE AC MUNIFICENTIA A JOSEPHINA GNECCHIA RUSCONIA DE TURATIS ANNO DOMINI MDCCCLXXXXVIII CONDITUM FRANCISCUS HERCULES ANTONIUS FILII MEMORIAM MATRIS COLENTES EMINENTISSIMO CARDINALI ANDREA KAROLO FERRARIO ARCHIEPISCOPO. MEDIOLANENSI CONSECRATE ABSOLUTUM DEDICAVERUNT ANNO A NATIVITATE DNI MCMII DIE XXVI MENSIS OCTOBRIS FAUSTUS DE BAGATIS DE BELVIGNATE PRISCAE ARTIS MEMOR ARCHITECTO HENRICO COMBIO ADIVVANTE DELINEAVIT ET EXORNAVIT.
(22) Uno fra i tanti strumenti ideati dall’uomo per cercare di proteggersi dalla grandine. I cannoni grandinifughi furono progettati alla fine del XIX secolo da Albert Stiger, borgomastro di una cittadine della Stiria: erano mortai che permettevano di sparare polvere di mina fra le nuvole. Verificatane l’inefficacia, vennero abbandonati intorno al 1904. (cfr. Enciclopedia Agraria Italiana, voce: grandine). Nel 1901, a Merate, fu costituito un consorzio per il loro utilizzo: il 30 aprile di quell’anno si svolse a Verderio una cerimonia per la loro benedizione.
(23) In APVS sono conservati i seguenti giornali del 1902: Resegone, n.1080, 24 –25/10; Il Buon Cuore - giornale settimanale per le famiglie, n.53, novembre 1902; Lega Lombarda, n.282, 19/10; n.290, 27/10; n.293, 30 – 31/10; L’Osservatore Cattolico, n.247, 27 – 28/10; Il Nuovo Popolo Cattolico, n.44, 1/11; Pro Familia – Rivista Settimanale Illustrata, n.106, 2/11; L’Illustrazione Italiana, n.44, 2/11; La Domenica del Corriere, n.45, 9/11; Il Secolo, 27 – 28/10; La Sera 26 – 27/10; La Perseveranza 27/10; Il Bene (organo del Pio Istituto dei Figli della Provvidenza) n.44, novembre 1902.
(24) La nuova Chiesa di Verderio Superiore, Luca Beltrami, Milano, 1902. Una seconda edizione dell’opuscolo è stata realizzata, in anni recenti,dalla Parrocchia di Verderio Sup. Il testo del Beltrami, senza che venisse menzionato l’autore, fu pubblicato dalla rivista “Brianza”, numero 2 – 3, marzo 1929.
(25) L’Edilizia Moderna, anno XII, fascicolo IX, 1903.
(26) Cfr. Lega Lombarda, n.293, 30 – 31/10/1902.
(27) APVS, Registro Morti, 1901 – 1974, pagine 26 e 27; Titolo I, Anagrafe, Matrimoni, Vol. 3, 1897 – 1929, pagina 6.
(28) APVS, Titolo I, Anagrafe, Battesimi, Vol. 8, pagina 36.
(29) Due copie del decreto del Cardinal Ferrari e una del regio decreto sono conservate in APVS, Titolo VI, Chiesa e Luoghi Sacri, cl. 1,2,3,4, cart. 1, fasc. 2.
(30) Questa e buona parte delle altre notizie relative alla Consacrazione della chiesa sono tratte da: Liber Cronicus, cronaca di Verderio Superiore dal 1897 al 1913, Don Luigi Galbiati, APVS. Da questo punto del testo in poi, le citazione non corredate da specifica nota s’intendono tratte da questo volume.
(31) Comuni e loro popolazioni ai censimenti dal 1861 al 1951, ISTAT, 1960.
(32) Stato d’Anime 1893, APVS.
(33) Notizie sulla condizione industriale della Provincia di Como, in: Annali di Statistica, fascicolo LII, 1894., pag.79
(34) Prospetto delle scuole e loro classificazione, Archivio Comunale Verderio Sup. (ACVS), allegato al verbale del Consiglio Comunale Straordinario, 11 marzo-4 aprile/1895.
(35) Il 23 aprile 1896, non essendo stata accolta la loro richiesta di installare una conduttura per portare l’acqua della Fonte Regina a Verderio Inferiore, si dimisero dal Consiglio Comunale i nobili Federico e Ippolito Annoni: questo può essere considerato il primo di una serie di atti che portarono alla divisione. Seguirono: una petizione per la separazione dei bilanci (1898); la richiesta di formare due comuni autonomi (1902); la costituzione dei due comuni (1905).
(36) APVS, Titolo VI, Chiese e luoghi sacri, cl.1-2-3-4, cart.1 fasc. 2/1.
(37) Archivio Diocesano, Milano, Visite pastorali del Cardinale Ferrari.
(38) Organo amministrativo che provvedeva alla conservazione e manutenzione della chiesa e ne gestiva i beni.
(39) Vedi nota 36.
(40) Vedi nota 36.
(41) Cfr. Liber Cronicus, cit., pagg. 2 e seguenti
(42) Cfr. APVS, Liber Cronicus 1914 – 1936, Galbiati – Greppi, pagg.249 – 50.
(43) APVS, Titolo VI, Chiesa e Luoghi Sacri, cl. 1,2,3,4, cart. 1, fasc. 2.
(44) Libro liturgico che contiene i testi per le celebrazioni riservate al vescovo.
(45) Libro liturgico contenente le formule e i riti delle celebrazioni sacramentali e similari
(46) Luca Beltrami, op. cit., pag.7
(47) ACVS, Posa della prima pietra della costruenda chiesa Parrocchiale, cat.7, cl.6, cart.5, fasc.1.
(48) Le notizie sull’impresa Clapis sono state fornite dalla signora Claudia Cavallaro, pronipote di Giuseppe Clapis, e dalla signorina Angela Pirovano, da sempre abitante a Cernusco Lombardone in “Casa Clapis” Le ringrazio sinceramente per la collaborazione.
(49) Vedi nota 36.
(50) L’elenco degli artigiani è tratto da Luca Beltrami, op. cit., pag. 28; altre notizie in I fratelli Bagatti Valsecchi architetti anche in Brianza, Marialuisa Pampaluna, in “Quaderni della Brianza”, n 136/137, anno 2001. Documenti sul lavoro di Consonni e Lomazzi in Villa Gnecchi e sulla Ditta “Arte del Ferro” sono conservati in Archivio Storico Di Verderio (ASV).
(51) Vedi nota 36..
Le immagini di questo articolo, non legate direttamente al testo, sono tratte dal fascicolo di Luca BELTRAMI, La Nuova Chiesa di Verderio Superiore, pubblicato in occasione della Consacrazione della chiesa.
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