venerdì 8 giugno 2012

COLTIVAZIONE DEL LINO NELLA BASSA PAVESE E CREMONESE di Carla Deambrogi Carta


Fino alla fine degli anni '10 del '900, in maggio, si potevano vedere, nella bassa pavese e cremonese, campi verde-azzurri: erano i campi di lino in piena fioritura.
A fine giugno il lino era maturo e veniva raccolto, non falciandolo, ma strappandolo dal terreno.
E subito iniziavano le sequenze della lunga e paziente lavorazione per ottenere, alla fine, la preziosa fibra tessile.
Ecco le varie fasi della lavorazione:
- la seccagione delle piante;
- la sbocciolatura, che consisteva nella separazione della pianta dai semi: operazione che veniva effettuata battendo la pianta con un bastone snodato;
- la macerazione;
- l'asciugatura sull'aia;
- la spadolatura, effettuata con una spatola (la "sbàula") per staccare la parte rigida (la "rèsca") dalla fibra;
- la pettinatura;
- la filatura, che negli anni più lontani non veniva eseguita in filande, ma veniva fatta a mano con fuso e conocchia.

Non si filava solo il filo "bello", anche la stoppa che veniva usata per fare i sacchi, ma anche le lenzuola (non quelle da "corredo" da sposa): era un lino grezzo che a dormirci avrà certo grattato un po'.
Quel mondo è ormai scomparso, un mondo non certo da rimpiangere di cui, però, è giusto conservare la memoria.

P.S. Della fibra di lino ottenuta, tre quarti andavano al proprietario dell'azienda agricola e un quarto alla famiglia del salariato che aveva effettuato la lavorazione, la quale era compito delle donne.

Carla Deambrogi Carta

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