"II brianzuolo è sveglio, industre, attoso... Altre volte bonaccioso allegroccio, schietto: ora piuttosto arguto, proverbioso, petulante..." (Cesare Cantù - Storie Minori). Ben si adatta questa descrizione dell'illustre storico Cesare Cantù, del resto pure lui brianzolissimo, al personaggio che vogliamo qui citare.
Paolo Casiraghi nacque a Robbiate nel 1887 da Felice e Antonia Magni, ultimo di quattro figli. Bel giovane forte e robusto, fu assunto alle dipendenze del Comune in qualità diseppellitore, ruolo già ricoperto in precedenza dal padre e, prima ancora, dal nonno Giovanni. Per aiutare la
povera famiglia, Paolo si arrangiava pure in lavori da muratone perché soleva dire: "chi gh'ha un mestee in man ghe manca mea un tòcch de pan"; ed è nello svolgimento di quest'ultima mansione che gli venne affibiato il noto soprannome: "stogn". In breve i fatti.
Il giovane Paolo lavorando nei primi anni del novecento su un' alta impalcatura, all'interno della Chiesa Parrocchiale di Verderio Inferiore, accidentalmente perse l'equilibrio precipitando a piombo sul pavimento ma rimanendo quasi per miracolo incolume, senza un graffio e senza una frattura. Per la gente fu il fisico "stògn" cioè forte e vigoroso a salvare il giovane; ecco svelato il perché del suo soprannome.
Nel 1910 il ventitreenne Paolo convolò a nozze con la bella diciannovenne Angela Consonni detta "la Muretèn", dal colore corvino dei suoi riccioli. Dalla loro unione nacquero quattro figli, ed è proprio dai loro racconti che ci apprestiamo a tracciare, attraverso alcuni gustosi aneddoti, un profilo sulla figura allegra e arguta del nostro personaggio.
Il primo fatto accadde durante la seconda guerra mondiale e vede Stògn intento a giocare a carte nel cortile dei "Peschett", dove era aperta un'osteria, con alcuni amici ed un militare tedesco di passaggio. Vuoi per la pronuncia incomprensibile, vuoi perché il soldato non conosceva il gioco, sta di fatto che Stògn si lasciò scappare un "va là macaco!" A questo punto il militare indignato, che fortunatamente conosceva poco la nostra lingua, alzandosi di scatto lo prese per il bavero gridandogli minaccioso: "Cosa volere dire macaco?" E Stogn calmo e deciso: "Macaco significa giovane alto e bello!".Il militare precisò: "Ooh bene! Io avere un fratello alto e bello come me" e lui subito di rimando: "Allora altro macaco!".
Sempre nel periodo bellico i tedeschi, al momento della trebbiatura, requisivano gran parte del raccolto costringendo i contadini a nasconderne una parte per potere poi sfamare le famiglie. Nell'estate del '44, mentre si era intenti alla trebbiatura e i covoni erano accatastati in grossi pagliai ai piedi del Monterobbio, nei pressi del bivio Moncucco-Duraga, arrivò una pattuglia tedesca al comando di un ufficiale, pronta a requisire tutto il raccolto. Fortuna volle che buona parte del frumento fosse già stata stata nascosta, ma l'ufficiale insospettito da quel magro bottino cominciò a minacciare i poveretti e tramite l'interprete, chiese di parlare col più anziano. Tutti ammutolirono impauriti. Si fece avanti Stògn che, con abile sceneggiata, piangendo e supplicando spiegò all'interprete, indicando il fianco scosceso della collina, che il magro raccolto era dovuto a quel terreno arido e sassoso. L'ufficiale tedesco credette a quella versione e si accontentò del frumento rimasto: e pensare che sul Monterobbio non fu mai seminato grano ma piantato solo viti!
Tornando dal lavoro un caldo pomeriggio d'estate, con un bicchiere di più, Stògn, apprestandosi a entrare in casa, incespicò nei gradini della soglia, andando dritto dritto a capofitto in un cestone che stava nel corridoio di casa e colà piombò addormentato. La moglie preoccupata, non sapendo come trarlo da quella scomoda posizione, corse a chiedre aiuto. Allora "Sandren" e "Togn" amici e vicini di Stògn, l'uno armato di secchio colmo d'acqua e l'altro di pennello a mo' di aspersorio gli diedero una salutare rinfrescata e poi, presolo per i piedi, lo rimisero in sesto sotto gli occhi divertiti della "Muretèn".
Nel periodo di ristrezzette economiche soleva il nostro amico rincuorare la moglie dicendo che "per i debiti non si muore, in galera non si va, si segnano sulla lista e un bel dì si pagherà!" O per meglio dire che "i danee vòn e vègnen!".
Quando invece arrivavano momenti economicamente più favorevoli era solito ripetere agli amici: "Sugarà l'Adda, sugarà ul Tesèn (Ticino) ma mai ul bursèn de Stagnen" ossia "Dio ved e Dio pruved!". Ci sarebbero tante e tante cose ancora da raccontare su questa figura schietta e vivace che è poi la figura dei nostri nonni che hanno vissuto in tempi meno felici di sicuro, ma accettati con serenità di spirito, semplicità e fiducia; questo guardare al passato con affettuosa partecipazione è una sorta di legame sentimentale con le gerenazioni che ci hanno preceduto.
NOTA DELL' AUTRICE
Ho sentito molte volte raccontare questi fatti, in particolare quello della caduta dall'impalcatura di Verderio Inferiore, dai miei vecchi, ma soprattutto dal figlio di "Stogn", Antonio, che conosceva bene anche Verderio perchè è stato per molto tempo, fino agli anni 70, letturista dei contatori della Società Orobia prima e Enel poi.
Paolo Casiraghi nacque a Robbiate nel 1887 da Felice e Antonia Magni, ultimo di quattro figli. Bel giovane forte e robusto, fu assunto alle dipendenze del Comune in qualità diseppellitore, ruolo già ricoperto in precedenza dal padre e, prima ancora, dal nonno Giovanni. Per aiutare la
Paolo Casiraghi è il ragazzo in prima fila. |
povera famiglia, Paolo si arrangiava pure in lavori da muratone perché soleva dire: "chi gh'ha un mestee in man ghe manca mea un tòcch de pan"; ed è nello svolgimento di quest'ultima mansione che gli venne affibiato il noto soprannome: "stogn". In breve i fatti.
Il giovane Paolo lavorando nei primi anni del novecento su un' alta impalcatura, all'interno della Chiesa Parrocchiale di Verderio Inferiore, accidentalmente perse l'equilibrio precipitando a piombo sul pavimento ma rimanendo quasi per miracolo incolume, senza un graffio e senza una frattura. Per la gente fu il fisico "stògn" cioè forte e vigoroso a salvare il giovane; ecco svelato il perché del suo soprannome.
"stogn" |
Nel 1910 il ventitreenne Paolo convolò a nozze con la bella diciannovenne Angela Consonni detta "la Muretèn", dal colore corvino dei suoi riccioli. Dalla loro unione nacquero quattro figli, ed è proprio dai loro racconti che ci apprestiamo a tracciare, attraverso alcuni gustosi aneddoti, un profilo sulla figura allegra e arguta del nostro personaggio.
Il primo fatto accadde durante la seconda guerra mondiale e vede Stògn intento a giocare a carte nel cortile dei "Peschett", dove era aperta un'osteria, con alcuni amici ed un militare tedesco di passaggio. Vuoi per la pronuncia incomprensibile, vuoi perché il soldato non conosceva il gioco, sta di fatto che Stògn si lasciò scappare un "va là macaco!" A questo punto il militare indignato, che fortunatamente conosceva poco la nostra lingua, alzandosi di scatto lo prese per il bavero gridandogli minaccioso: "Cosa volere dire macaco?" E Stogn calmo e deciso: "Macaco significa giovane alto e bello!".Il militare precisò: "Ooh bene! Io avere un fratello alto e bello come me" e lui subito di rimando: "Allora altro macaco!".
Sempre nel periodo bellico i tedeschi, al momento della trebbiatura, requisivano gran parte del raccolto costringendo i contadini a nasconderne una parte per potere poi sfamare le famiglie. Nell'estate del '44, mentre si era intenti alla trebbiatura e i covoni erano accatastati in grossi pagliai ai piedi del Monterobbio, nei pressi del bivio Moncucco-Duraga, arrivò una pattuglia tedesca al comando di un ufficiale, pronta a requisire tutto il raccolto. Fortuna volle che buona parte del frumento fosse già stata stata nascosta, ma l'ufficiale insospettito da quel magro bottino cominciò a minacciare i poveretti e tramite l'interprete, chiese di parlare col più anziano. Tutti ammutolirono impauriti. Si fece avanti Stògn che, con abile sceneggiata, piangendo e supplicando spiegò all'interprete, indicando il fianco scosceso della collina, che il magro raccolto era dovuto a quel terreno arido e sassoso. L'ufficiale tedesco credette a quella versione e si accontentò del frumento rimasto: e pensare che sul Monterobbio non fu mai seminato grano ma piantato solo viti!
Tornando dal lavoro un caldo pomeriggio d'estate, con un bicchiere di più, Stògn, apprestandosi a entrare in casa, incespicò nei gradini della soglia, andando dritto dritto a capofitto in un cestone che stava nel corridoio di casa e colà piombò addormentato. La moglie preoccupata, non sapendo come trarlo da quella scomoda posizione, corse a chiedre aiuto. Allora "Sandren" e "Togn" amici e vicini di Stògn, l'uno armato di secchio colmo d'acqua e l'altro di pennello a mo' di aspersorio gli diedero una salutare rinfrescata e poi, presolo per i piedi, lo rimisero in sesto sotto gli occhi divertiti della "Muretèn".
Angela consonni, la moglie |
Nel periodo di ristrezzette economiche soleva il nostro amico rincuorare la moglie dicendo che "per i debiti non si muore, in galera non si va, si segnano sulla lista e un bel dì si pagherà!" O per meglio dire che "i danee vòn e vègnen!".
Quando invece arrivavano momenti economicamente più favorevoli era solito ripetere agli amici: "Sugarà l'Adda, sugarà ul Tesèn (Ticino) ma mai ul bursèn de Stagnen" ossia "Dio ved e Dio pruved!". Ci sarebbero tante e tante cose ancora da raccontare su questa figura schietta e vivace che è poi la figura dei nostri nonni che hanno vissuto in tempi meno felici di sicuro, ma accettati con serenità di spirito, semplicità e fiducia; questo guardare al passato con affettuosa partecipazione è una sorta di legame sentimentale con le gerenazioni che ci hanno preceduto.
"Stogn" con una nipote |
Ho sentito molte volte raccontare questi fatti, in particolare quello della caduta dall'impalcatura di Verderio Inferiore, dai miei vecchi, ma soprattutto dal figlio di "Stogn", Antonio, che conosceva bene anche Verderio perchè è stato per molto tempo, fino agli anni 70, letturista dei contatori della Società Orobia prima e Enel poi.
Questo articolo è stato pubblicato dal notiziario parrocchiale di Robbiate di luglio-agosto 1994.
Maria Fresoli
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