lunedì 24 ottobre 2011

SOMMOSSA E PROCESSO A 10 CONTADINI DI CALCO di Anselmo Brambilla

Premessa

A Calco, paese rurale abitato prevalentemente da contadini, anche se sul suo territorio si trovano grandi e magnifiche ville  come in molti altri paesi della Brianza, la maggioranza della popolazione ha sempre vissuto stentatamente coltivando la terra, solitamente proprietà di Nobili famiglie risiedenti nella stragrande maggioranza a Milano.

Utilizzavano le imponenti dimore solo come luogo di vacanza e riposo: le ville alle nobili famiglie, la terra ai contadini, da lavorare ovviamente.

Legati alla proprietà da generazioni, quasi schiavizzati, in condizioni materiali instabili e a volte miserevoli, i contadini lavoravano duramente per strappare alla terra collinosa  quei pochi magri frutti  che consentivano loro di sopravvivere sperando in un futuro migliore
.
Quindi, malgrado la relativa tranquillità della sua gente, non mancarono a Calco episodi di reazione anche violenta alle angherie e ai soprusi a cui era quotidianamente sottoposta dagli onnipotenti proprietari terrieri., i quali, solitamente, affittavano o davano in uso la terra alle famiglie contadine in vari modi.

Il più usato e remunerativo per loro, era quello in cui il padrone deteneva la proprietà, il contadino coltivava la terra e alla fine il prodotto veniva diviso teoricamente a metà.

Oltre che alla cessione della metà dei prodotti, però, il contadino aveva una serie di obblighi da onorare, che andavano dalla consegna del cappone a Natale, del vino, dei migliori bozzoli ecc , fino ai lavori da fare, gratuitamente, per la manutenzione del giardino o della  villa del padrone chiamati pendenze o " pendizi".

Più che una relazione economica fra le parti , il rapporto con il  contadino era inteso da parte dei padroni terrieri come una specie di paternalistica elargizione, più o meno benevola secondo l'indole del tipo in questione.

Questa forma di statica, oppressiva sudditanza, si mantenne più o meno uguale per  molti secoli.

Solo a partire dal novecento, e principalmente  dopo la prima guerra mondiale, si stabiliscono regole e si cerca di legalizzare e umanizzare il rapporto fra contadini e proprietari delle terre da loro coltivate.

Con l'emancipazione dei lavoratori della terra e la conseguente nascita delle organizzazioni contadine, le così dette leghe bianche, (in Emilia leghe rosse ) si comincia concretamente a regolamentare la materia.

Il rapporto fra le parti attraverso contratti consente al contadino di conquistare  dei diritti , minimi ma pur sempre fondamentali .

Vecchia cartolina di Calco


Le associazioni dei contadini, come già detto chiamate nelle nostre zone leghe bianche legate al Partito Popolare, erano in prima linea nella lotta per la conquista dei diritti e per l'emancipazione della classe.

Aspre e dure lotte si svolsero negli anni successivi alla prima guerra mondiale, fino all'avvento del fascismo, per vincere la resistenza ostinata e in alcuni casi ottusa dei vari proprietari terrieri.

Qui riportiamo un fatto successo a Calco nel 1920 il quale, pur non avendo nulla di eclatante, è sicuramente significativo della situazione di malessere sociale vissuta dalla maggioranza delle popolazioni delle nostre zone.

Anselmo Brambilla


Sommossa e processo ai 10 contadini di Calco

Mercoledì, 29 dicembre 1920, ha avuto il suo epilogo il clamoroso episodio avvenuto il 12 novembre scorso a Calco.

Quel giorno, di buon mattino l'Ufficiale Giudiziario presso il Tribunale di Lecco, Signor, Angelo Molteni si era recato a Calco per procedere allo sfratto di un colono, certo Bassani Ambrogio, dagli immobili che egli e suo fratello Carlo Bassani detenevano in affitto, immobili di proprietà di Brambilla Celestina.

Colà giunto, l'Ufficiale Giudiziario, assistito da 4 militi della Benemerita, trovò la corte dello stabile, ove lo sfratto doveva effettuarsi, gremita di una fitta folla di contadini decisi ad impedire che lo sfratto potesse aver luogo.

Mercé le pratiche svolte da un tale Felice Ripamonti, il quale fece da intermediario tra la folla, la padrona e l'Ufficiale Giudiziario, questi credette savio prorogare alle13,30 le operazioni di sfratto.

Nel frattempo andò a chiamare rinforzi e, terminate le incombenze del caso, si reco a fare colazione con i quattro militi.

La colazione fu interrotta perché giunse trafelato il Ripamonti ad avvertire che la massa dei contadini stanchi di aspettare e irritata dal forzato digiuno aveva invaso l'abitazione della Signora Brambilla, infrangendo vetri e mobili e facendo man bassa di vari oggetti per il valore di circa lire 500, e aveva costretto l'impaurita Brambilla a sottoscrivere una privata scrittura concedente ai coloni Bassani una proroga dell'affitto dei terreni e della casa colonica che essi detenevano.

Sopraggiunto il Molteni con i carabinieri fu possibile ristabilire la calma, furono fatti parecchi arresti a casaccio.

LA testata del settimanale lecchese "IL PREALPINO"


Intanto fu arrestato il Felice Ripamonti perché il Molteni ritenne che egli dopo aver finto di fare il paciere avesse inscenato la sommossa.

Furono arrestati i coloni Bassani, Ambrogio e Carlo e i figli di quest'ultimo, Angelo e Giacomo, e altri sette individui.

Il processo iniziatosi martedì, terminò a mezzogiorno di mercoledì; numeroso il pubblico dei Calchesi.

Durante il processo i capi d'accusa di cui si faceva addebito agli imputati, vennero molto vuotandosi di contenuto, cosicché la difesa sostenuta dall'Onorevole Merizzi e dall'Avvocato Rigoli ebbe facilitato il suo compito.

Essa sostenne che la massa amorfa non potesse essere ritenuta colpevole di un fatto nel quale non si poteva prescindere dalla ragione morale che l'aveva determinato.

I fatti a cui la massa dei contadini si era abbandonata dovevano considerarsi in uno di quegli impeti di pazzia collettiva che invadono le folle eccitate. Epperò non si potevano addebitare i fatti contestati a quei pochi arrestati a casaccio che si trovavano confusi nella moltitudine.

Il Tribunale ritenne colpevoli i coloni Angelo, Carlo e Giacomo Bassani di semplice oltraggio all'Ufficiale Giudiziario e li condannò a pene variabili tra i due e i tre mesi; mandò assolto l'Ambrogio Bassani, il Ripamonti Felice e tutti gli altri.

La mite sentenza ha prodotto buona impressione nel pubblico presente all'udienza.

Fonti:
Il Prealpino 1 Gennaio 1921
Archivio Comunale Calco

Calco 7\6\2001         Anselmo Brambilla

1 commento:

  1. Grazie per questa analisi e di ricerca. Utile da sapere così tanti dettagli!

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