martedì 13 settembre 2011

E ARRIVO' IL 1943... di Carla Deambrogi Carta

 
E arrivò il 1943, un anno di fame, di paure, di sfollamenti dalle città devastate dai bombardamenti aerei. L'anno della tragica ritirata di Russia, della resa in Africa Settentrionale, dello sbarco in Sicilia. Spesso i bollettini di guerra, che nei locali pubblici era d'obbligo ascoltare in piedi, davano le notizie degli insuccessi militari usando giri di parole del tipo "tattica elastica difensiva" oppure "arretramento strategico".
Ma quando arrivarono le grandi disfatte non fu più possibile usare giri di parole. Restava solo la propagande che dilagava e non risparmiava neppure i periodici per ragazzi.
Ricordo come sul "Balilla" venivano messi in ridicolo i capi degli stati nemici dell'Italia:
Re Giorgetto d'Inghilterra
Per paura della guerra
Chiede aiuto e protezione
Al ministro Churcillone

Rousveltaccio trottapiano,
presidente americano,
prende ordini ognora
dalla terribile Eleonora

Stalinino, l'orso rosso del Cremlino


E così, giorno dopo giorno, si arriva al 25 luglio, il crollo del fascismo, e all'8 settembre, il crollo del paese.
Immagine tratta dall'Archivio online de La Stampa


Io, l'8 settembre, mi trovavo dai miei nonni che abitavano in una frazione a pochi chilometri da Sartirana Lomellina, in provincia di Pavia.
Fin dalla metà del 1941 era arrivato a Sartirana un gruppo di prigionieri inglesi che, ogni giorno venivano alla stazione a lavorare nei campi, fianco a fianco coi contadini del posto.
La mattina del 10 settembre, i prigionieri, rimasti senza sorveglianza per la fuga delle loro sentinelle, hanno lasciato il loro accampamento e si sono trasferiti nella frazione. In Italia ormai da due anni, se la cavavano abbastanza bene con la lingua italiana. Chiedevano notizie sull'andamento della guerra e soprattutto volevano capire perché le loro guardie se ne fossero andate.
Intanto cominciavano ad arrivare, per poi ripartire dopo poche ore o all'indomani, i nostri ex militari, pochi ancora in divisa, la maggior parte vestiti con abiti avuti dai civili che, oltre a non essere della loro taglia, erano spesso anche malconci. La loro speranza era quella di raggiungere le loro case, distanti anche centinaia di chilometri.
I prigionieri guardavano, incuriositi e sbalorditi nello stesso tempo, questo continuo passaggio di giovani e volevano sapere che cosa fosse successo.
Dopo qualche giorno è cominciata a farsi strada fra alcuni prigionieri l'idea di lasciare il loro rifugio e tentare di raggiungere la Svizzera, idea accolta dalla maggior parte di loro con molta perplessità o ritenuta addirittura inattuabile. Ma alla fine quell'idea è prevalsa e così hanno incominciato a raccogliere le loro cose.
Noi li abbiamo riforniti di viveri non deperibili e abbiamo procurato loro abiti civili e una cartina stradale. Al momento della partenza erano commossi e qualcuno non sembrava più molto convinto della scelta fatta.
Ci siamo abbracciati, li abbiamo salutati con tanta commozione, ma anche con tanta pena nel cuore. Io avevo quindici anni e ricordo  che quella sera ho stentato molto a prendere sonno.
Ma non tutti sono partiti: Giovanni è rimasto. Non se l'era sentita di affrontare i pericoli e le incognite che quel viaggio certamente riservava. Forse sperava che i tedeschi non sarebbero venuti a cercarlo in quella frazione circondata da risaie e marcite.
Invece i tedeschi sono arrivati con un'automobile e un autocarro. Quando Giovanni li ha visti è andato verso di loro, rassegnato e apparentemente tranquillo.
Dopo aver parlottato una decina di minuti con i due ufficiali tedeschi si è avviato verso l'autocarro. Prima di partire si è voltato e ha salutato con un cenno della mano e un sorriso triste le persone che erano presenti.
E così abbiamo visto partire anche lui, ma non abbiamo potuto abbracciarlo, non abbiamo potuto dimostrargli apertamente i nostri sentimenti.
Più volte in questi anni mi è capitato di pensare a quei giovani prigionieri inglesi. Come sarà stata la prigionia di Giovanni? E gli altri? Ce l'avranno fatta a passare il confine o i soldati tedeschi li avranno trovati e fermati infrangendo il loro sogno di libertà?
Interrogativi che resteranno per sempre senza risposta.

Carla Deambrogi Carta

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