Il Platano di Verderio
Anche trascurando gli aspetti formali e il riconoscimento ufficiale si deve ammettere che un albero grande, bello, sano e vetusto, può diventare un oggetto rappresentativo di una comunità e un’attrattiva per i cittadini e i turisti.
Gli elementi naturalistici di un territorio, molto più che in anni passati, sono diventati oggetto di
attenzione e di interesse da parte di molti cittadini che con il passare del tempo e con l’aumentare dell’urbanizzazione spinta e vorace, hanno rare occasioni di poter ammirare questi oggetti viventi spettacolari che, per cause fortuite o per attenzioni e cure particolari, sono riusciti a conservarsi integri e vitali.
A tutti piacerebbe sapere chi ha piantato il platano e quando. Nonostante le ricerche non si è
potuto, finora, dare risposte precise. Si può ipotizzare che il platano facesse parte di un filare di alberi piantato al bordo della strada come consuetudine-regola del passato. In territorio agricolo era normale piantare alberi lungo la strada in vicinanza dei fossi, per fare ombra ai passanti e produrre legna per il camino (oltre a tante altre cose positive, valorizzate solo in tempi recenti, che tralascio per ragioni di spazio).
Tutti gli altri platani coetanei sono andati persi, distrutti, tagliati. È rimasto l’ultimo della fila (o il
primo se visto dall’altra parte) piantato in vicinanza dell’incrocio di due strade importanti, sotto cui poi è stato posizionato anche un semaforo; il fosso laterale alla strada ha garantito il necessario apporto di acqua per le radici almeno fino a quando i campi non sono diventati un parcheggio e il fosso è sparito.
Probabilmente in vicinanza del piede dell’albero non sono stati fatti scavi distruttivi per ospitare tubazioni, impianti, servizi, reti, ecc. Ciò ha garantito la crescita equilibrata tra ciò che sta sopra e ciò che sta sotto il profilo del suolo.
L’amministrazione pubblica, sempre a corto di risorse, ha pensato bene di non intervenire con tagli di ridimensionamento drastico tali da ingenerare cavità e marciumi e insediamento di parassiti.
L’albero, dal canto suo, ha svolto il suo compito di albero, la sua missione, utilizzando l’energia solare disponibile e abbondante, sintetizzandola con acqua e sali minerali, assorbendo la sua parte di CO2 e trasformando il tutto in sostanza organica rappresentata da foglie, rami, gemme e legno e, alla fine, paesaggio. Non ha causato sinistri, non ha lasciato cadere grossi rami sulla sede stradale: si è comportato bene e non ha richiamato reazioni strane da parte degli amministratori e dei cittadini.
È evidente il contrasto tra gli sforzi e l’impegno dell’albero a mangiarsi la CO2 restituendoci ossigeno e frescura, e il turbine di veicoli che gli girano sotto, sull’anello stradale, che fanno il contrario: bruciano ossigeno, ed emettono inquinanti tra cui CO2. Al momento pare che, in generale, stiano vincendo i gas di scarico dei veicoli. Ma qualche albero fa “resistenza” e chiede di essere aiutato.
Attualmente il platano gode di una discreta protezione fisica fornita dal muretto che delimita l’aiuola centrale; l’aiuola è difficilmente raggiungibile a piedi, a rischio di essere travolti dai veicoli che girano attorno, perciò è improbabile che vengano causati danni per calpestio, incisioni alla corteccia, vandalismi.
Qualcuno ha provato a cozzare con l’auto contro il muretto di prismi, ma non è riuscito ad arrivare fin contro il platano.
Avrebbe bisogno di essere aiutato nella stagione calda da un apporto aggiuntivo di acqua in
sostituzione delle piogge sempre più ridotte; la resilienza degli alberi è molto superiore alla nostra; dai risultati ottenuti sembra che il platano si sia ben adattato allo stato dei luoghi e alle modifiche apportate: le radici lavorano, le gemme sono tante, la chioma è densa, le foglie svolgono il loto compito e l’albero continua a crescere. Siamo a circa 35 metri di altezza e altrettanti 35-36 metri di diametro della chioma.
Certamente se gli venissero forniti 4-5 metri cubi di acqua al giorno nella stagione calda aumenterebbe il suo vigore e le sue dimensioni. Visti i risultati positivi è meglio però accontentarsi di una crescita più modesta senza aggiungere costi e risparmiando l’acqua.
Cose che si potrebbero fare
Dargli un nome. Come per andare al bar o in pizzeria si indica il nome specifico del locale, sarebbe bello che anche il platano venisse chiamato confidenzialmente con un nome appropriato e confidenziale. Potrebbe essere un vero e proprio nome come Paolo o Piero o Platy (eviterei di chiamarlo “Pino” per non ingenerare confusione) oppure un più generico “Platano della rotonda” oppure “Platano della Battaglia”, considerato che nella località una targa ricorda l’avvenuta battaglia di Verderio del 1799 tra truppe austriache e francesi.
La battaglia odierna è quella di riuscire a sopravvivere ai cambiamenti climatici che ci prospettano anche cose funeste.
Nello stesso luogo è posizionata anche la targa che ricorda la deportazione da Verderio ad Auschwitz dei componenti della famiglia Milla (1943).
Coinvolgendo la cittadinanza a partecipare a un concorso per dare un nome all’albero si diffonderebbe un primo livello di riconoscenza e di interesse verso l’albero stesso.
Esporre una targa (oggi si usano i Totem) di riconoscimento e di riconoscenza per spiegare all’ignaro passante/turista che si trova in presenza di un albero di eccezionale valore ornamentale e ambientale, per presentare la sua scheda anagrafica con misure e dettagli, per spiegare cosa ci fa lì, quell’albero in mezzo alla strada, per fare in modo che l’albero diventi un segno unificante della comunità che ci vive intorno e memoria del passato (probabilmente è trascorso più di un secolo da quando il platano è stato piantato).
Bisogna proporre qualche manifestazione pubblica di richiamo: la giornata di primavera, la giornata d’autunno, la festa del patrono, il mercato dei prodotti naturali, le visite didattiche per le scolaresche, per giovani e anziani, per godere di questa meraviglia della natura.
Cura e manutenzione sono necessarie. È doveroso salvaguardare l’integrità dell’albero e la sua sicurezza per prevenire la caduta di rami che naturalmente possono seccare all’interno della chioma e che potrebbero provocare danni ai veicoli in transito. A questo proposito si rileva che l’ultima potatura è stata eseguita alla fine di dicembre del 2017: la maggior parte dei cittadini non si è neppure accorta della potatura che è stata eseguita da climber specializzati che, in modo quasi impercettibile alla vista, nel volgere di una giornata di intenso lavoro appesi alle corde, hanno portato a terra più di 10 q.li di ramaglie.
Perché intervenire nuovamente?
Il platano, come molte specie di alberi, è piuttosto sensibile alle radiazioni solari; tende a sviluppare maggiormente in direzione sud, da dove proviene il maggiore irraggiamento.
La chioma infatti ha i rami più lunghi verso sud che verso nord e un modesto riequilibrio della chioma, con l’accorciamento dei rami più estesi, potrebbe tornare utile per prevenire eventuali schianti.
Inoltre il disseccamento dei rami interni, che beneficiano di poca illuminazione, richiede la periodica pulizia per evitare che anche rametti di poco peso cadano sui veicoli in transito.
I danni più gravi in queste condizioni potrebbero essere causati da una forte nevicata ma si confida che una forte nevicata interessi le montagne e i campi da sci e risparmi la pianura. In ogni caso è necessario prevedere ogni eventualità.
L’utilità della potatura è confortata dal fatto che, nonostante alcuni recenti, dirompenti fenomeni atmosferici, nessun danno si è verificato sulla pianta e nessuna interruzione della circolazione è avvenuta a causa dell’albero.
A coloro che invocano potature drastiche, che gioiscono nel vedere alberi capitozzati, senza fronde, con monconi imploranti rivolti verso il cielo, va spiegato che, disponendo di spazi adeguati, gli alberi crescono da soli e con continuità, gratuitamente, fino a diventare grandi e forti. Va spiegato anche che i danni più gravi agli alberi ornamentali non sono causati dagli eventi atmosferici, ma dai giardinieri che intervengono senza cognizione di causa e dai proprietari che, pensando di fare un servizio agli alberi, li massacrano con interventi distruttivi.
La salute e le dimensioni raggiunte dal Platano di Verderio sono la dimostrazione vivente che con poche e misurate cure si ottengono splendidi risultati. Compito dei cittadini e degli amministratori del patrimonio pubblico è di conservarlo, accudirlo e consegnarlo, sempre in ottima forma, alle generazioni future.
Da perseguire la scelta del nome per questo monumento arboreo con il concorso dei cittadini oppure da far scegliere agli alunni delle scuole elementari. Un primo impegno per la prossima Amministrazione?
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