lunedì 22 dicembre 2014

VISITARE L'INDIA IN TRENO E TAXI di Monica Colombo

Monica Colombo e Raffaele Pirovano hanno trascorso le loro vacanze di quest'anno in India, utilizzando, nei loro spostamenti il treno e il taxi. Questo il racconto della loro avventura. M.B.

VISITARE L'INDIA IN TRENO E TAXI di Monica Colombo

Partenza il 9  agosto, per la prima volta quest’anno abbiamo prenotato oltre al volo anche i biglietti del treno per i trasporti interni e gli alberghi. Avevamo, infatti, optato per il treno per il nostro primo viaggio in India, gli oltre 100mila km di ferrovia inglese che uniscono le principali città del Paese ci erano sembrati ideali per visitare il Rajasthan, il Madhya e l’Uttar Praddesh. Il nostro piano iniziale, costruito dopo un attento studio dei blog di viaggio online, consisteva in otto città in 20 giorni.




Partenza da Malpensa per Delhi. Partiamo quindi da qui, dalla capitale indiana, con il suo Red Fort e i palazzi del Parlamento. Arrivo di notte, albergo nel centro di Paharganj, vale a dire il bazar, dove tutti dormono tranquillamente, per strada; attraversato silenziosamente uno stretto vicolo, arriviamo nella nostra minuscola camera. Ci adattiamo, capiamo come scavalcare il letto e il comodino per arrivare al bagno e ci addormentiamo con il rumore dei clacson, a cui ci abitueremo presto, come sottofondo.
 




Il giorno dopo, una colazione a base di omelette e banane sul terrazzo rende tutto più gradevole e romantico, il nostro ostello risulta essere molto frequentato da tedeschi e francesi; decidiamo di visitare Connaught Place. Passeggiando per il mercato veniamo in qualche modo sempre accompagnati da persone locali, per anche brevi tratti di strada, ci fanno solo qualche domanda, da dove veniamo, come mai in India, se ci piace la città e quando scoprono che è il primo giorno tutti ci danno il benvenuto e ci mostrano le varie attrattive, chi un tempio sikh, chi la frutta su un banchetto, chi stoffe, un ragazzo ci porta nel locale, secondo lui, migliore di Delhi, offrendoci gentilmente la colazione.
 




Tra una chiacchiera e l’altra, nate così spontaneamente, scopriamo che il Rajasthan può essere visitato anche con un taxi, e dopo una piccola consultazione decidiamo di visitarlo così, in questo modo avremo la possibilità di visitare altre località altrimenti irraggiungibili: Bikaner col suo tempio dei topi, Pushkar la città sacra a Brahma, le Haveli di Mandawa, la maestosa Ranakpur o ancora l’inaspettato Kumbalgarth. Manteniamo solo per il Praddesh le prenotazioni del treno.
Il nostro autista è si chiama Gocky, un ex wrestler, fratello del sindaco del suo villaggio, amante del whisky.
 



Non vogliamo soffermarci su questo primo pezzo di viaggio, Marco che ci ospita sul blog, ha chiesto esplicitamente un focus sul treno, ma vogliamo confermare tutte le dicerie sulle strade in India: sì, gli indiani guidano come pazzi; cadono ciabatte dai tetti stracarichi dei pullman; lungo la strada potreste trovare pellegrini (a volte interi villaggi) in cammino verso un monastero e tende che danno loro vitto e alloggio; in moto ci si può stare fino a  cinque persone; l’asfalto a volte finisce improvvisamente; non si fa nulla senza clacson. Gocky ci ha tenuto un breve corso di guida in india, da cui abbiamo capito che destra e sinistra non fa differenza, è meglio stare piuttosto in centro e quando si vede un ostacolo (camion, auto, mucca..) decidere da che parte andare; se qualcuno ti vuole superare suona il clacson e di conseguenza se vuoi superare qualcuno, suoni; lo stesso vale se vedi una mucca in mezzo alla strada, lei capisce e si sposta, tranquillamente.
Prendere il treno in India non è semplice, ci vuole un po’ per capire il sistema che lo regola e di conseguenza essere pronti per prenotare il biglietto. Ben 8 sono, infatti, le classi tra cui scegliere, che non sono sempre tutte presenti.  Ci sono le classi con aria condizionata e ci sono quelle senza, che non hanno finestrini ma delle sbarre. Ci sono carrozze con prenotazione obbligatoria, ci sono quelle senza prenotazione (NR - no reservation), che assomigliano un po’ alla metro di Milano nell’ora di punta, ma senza porte così che ognuno possa scendere quando vuole. 

Noi viaggiamo soprattutto di notte, in quanto sono tratte da 10 o16 ore di treno, anche se per non più di 700 chilometri. Le cuccette sono comode, possono essere a due o a tre piani (questa è la principale differenza tra seconda e terza classe con AC). Assomigliano molto alle cuccette dei vecchi regionali Trenitalia, solo che gli scompartimenti sono separati dal corridoio da tende blu scuro.
 




I biglietti li abbiamo prenotati online, dall’Italia. È necessario prenotare per tempo, perché i treni indiani tendono ad essere molto affollati e si potrebbe correre il rischio di finire in lista di attesa (hai il biglietto, ma non il posto, aspetti che qualcuno disdica, non abbiamo capito cosa accade se questo non succede).
In treno abbiamo viaggiato tra Agra, Kahjuraho, Varanasi e Delhi.
Le stazioni sono affollatissime, anche quella di Kahjuraho che è un paese di poco più di 19 mila abitanti (per l’India un piccolo villaggio) l’abbiamo trovata piena di gente.
I treni non sono sempre puntualissimi, quindi gli indiani che sono esperti e non si lasciano scoraggiare da questi inconvenienti, sono tutti prontissimi per le lunghe attese. Con coperte da stendere per terra, cuscini, schiscette stracolme di cibo come se non ci fosse un domani, sono pronti per il viaggio. È come se ogni stazione fosse un villaggio, con gente che va e viene e persone che restano, in quanto molti in stazione ci abitano.
Anche noi non siamo da meno con un libro, dei biscotti, dell’acqua. Seduti su una panchina (che nonostante la gente è sempre libera, gli indiani preferiscono sdraiarsi per terra) chiacchieriamo con i vicini e osserviamo il via vai. Gente sovraccarica di borse, persone che discutono, cenano, corrono a prendere un treno in corsa e si aggrappano a qualche mano “amica” che li tira su, oppure che si arrampicano sul tetto, passeggiano avanti indietro a piedi nudi abbandonando le ciabatte in un angolo, perché vuoi mettere con avere la pelle a contatto della terra?  A notte fonda, le banchine delle stazioni indiane sono vive.
 



All’ingresso di ogni carrozza con prenotazione un controllore si accerta del biglietto e ti accompagna nella cuccetta, ti dà lenzuola, cuscino e coperte. Qui tutti dormono.
 Sono molti i turisti che decidono di viaggiare in treno in India, addirittura nella tratta Kahjuraho-Varanasi la carrozza è pressoché piena di stranieri, condividiamo la cuccetta con due italiani, di Milano, che conoscono Verderio perché erano venuti al Pintumpleanno e quest’anno a settembre ci sono tornati, il mondo è minuscolo.
Alla mattina un ragazzino urla qualcosa, vende chai, roti, samosa e namkin; la colazione. Più si va verso sud, dal finestrino il paesaggio indiano cambia da secco e arido a verde e lussureggiante. Sul vagone ci capita di scambiare qualche parola, un sorriso, una stretta di mano, una foto.  Ma qui è tutto più tranquillo rispetto all’esterno, nelle cuccette si parla bisbigliando, si cerca di non dar fastidio, non c’è rumore, ci si riposa.
L’ultima città è Varanasi, o Benares, città sacra, una delle più antiche del mondo, qui i pellegrini Hindu vengono a purificarsi nelle acque del Gange, lavano via i peccati, e a morire, ottenendo la moksha.
 




Mentre noi dopo riti e preghiere, tappeti e sete, foto e strette di mano, spezie e zafferano, scimmie e topi, templi e fiori, forti e palazzi, sorrisi e silenzi, tuktuk, risciò, treni, cammelli, elefanti, biciclette, barche e Tata, ritorniamo a Delhi e a casa, lasciando un Paese pieno di contrasti, non solo tra caste, ma anche tra estrema gentilezza e furbizia, tra volontà di crescere e innovare e rassegnazione, bisogni concreti e spirituali, rumore assordante e silenzio rigoroso.

1 commento:

  1. Ther sono molti Luoghi Da Visitare In India come parchi nazionali, templi, mahals, fortezze e stazioni di collina.

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