venerdì 14 novembre 2014

IL MESTIERE DI SINDACO: BRUNO MAPELLI SINDACO DI VERDERIO INFERIORE DAL 1973 AL 1990 di Marco Bartesaghi

Bruno Mapelli, che è stato dirigente IBM per tanti anni, oggi, in pensione, non ha un computer e non viaggia, mai.
Sono le prime cose che scopro di lui, mentre armeggio con il registratore, con il timore che ho sempre, accendendolo, che non funzioni e, spegnendolo, che sparisca tutta la registrazione, come una volta effettivamente è accaduto.


Al mio stupore risponde che, proprio perché pensionato, teme di passare davanti al computer tutto il tempo libero, per cui lo ha eliminato. E poi, appunto perché ex IBM, l’ha già usato tanto quando lavorava.
Per lavoro ha anche girato il mondo in lungo e in largo quindi, da vent’anni, non va più in vacanza.
Bruno Mapelli, classe 1947, sposato, dal 1971, con Sandra Maria Ponzoni, è stato sindaco di Verderio Inferiore dal 1973 al 1990. Questa intervista verte sulla sua attività di amministratore pubblico, ma prima parliamo della sua professione e della sua famiglia.


LA FAMIGLIA E IL LAVORO

Bruno (B) - . Sono perito chimico, ma la mia aspirazione era quella di fare il medico, perché sono un animale sociale, e fare il medico mi avrebbe permesso di rendermi più utile agli altri.
 

Marco (M) – Perché hai rinunciato?
B - Mio papà, Carlo, è morto quando avevo 15 anni e mezzo. Si era ammalato di TBC, proprio l’anno in cui nascevo. Allora non c’era ancora la penicillina. Ti curavano con il pneumotorace: iniettavano aria tra pleura e polmone per tenerli staccati. In quel momento era l’unica cura. Ha tirato avanti con problemi cardiaci e respiratori, finché è morto all’età di 57 anni.
 

M- Che mestiere faceva?
B - Lavorava in una ditta di Milano che produceva vino, lo imbottigliava e lo distribuiva. Servivano tutte le grosse osterie della città. Lui era un po’ il capo e quindi prendeva anche un buon stipendio.
Con la sua morte, però, ho dovuto mettere da parte l’aspirazione a fare il medico, anche se mia sorella Carla e suo marito Ermanno, non avendo figli, mi incoraggiavano a farlo.
 

Curt de la palasina
M – Non ne hai approfittato?
B – No, sarei dovuto arrivare fino a 26 - 27 anni sulle loro spalle. Mi sono detto “comincio a fare il perito chimico e poi si vedrà”: anche allora si poteva andare all’università, facendo un esame di ammissione. Però, quando ho finito le superiori, non c’era più una lira da nessuna parte, mia mamma non lavorava, anzi era malata anche lei …
 

M – Eravate rimasti tu, tua mamma e tua sorella?
B - Avevo anche un’altra sorella, Angela, che era suora, del Sacro Cuore a Brentate, una frazione di Sulbiate, col nome di Teodolinda (come la nonna materna). Lei aveva deciso di farsi suora a 19 anni; Carla si è sposata molto giovane, aveva circa 18 anni. Il papà le aveva incoraggiate. Solo che i pochi risparmi erano finiti. Anche la suora, per dire, aveva dovuto portare la dote, perché allora si usava così.
 

M – Dove abitavate?
B - Quando sono nato io, abitavamo in via Roma 13, in “curt de la Palasina”. Le mie sorelle, che erano molto più anziane di me, una del 1934 e l’altra del '35, erano invece nate in via Piave, nella “curt di Fereé”. Mia mamma, Agnese Oggioni, era di Verderio Superiore, cascina Alba.


M – Torniamo al tuo lavoro: in IBM che compiti svolgevi?
B – In IBM ho compensato in parte il fatto di essere un medico mancato: ero diventato responsabile del servizio infermeria e avevo sotto di me i medici. Anzi ti dirò di più: quando è uscita la legge 626, quella antinfortunistica, sono diventato responsabile del servizio prevenzione e protezione di tutta l’IBM Italia. Inoltre ero responsabile, sempre per l’IBM, della protezione ambientale di “Europa, Medio Oriente e Africa” e per la sicurezza sul lavoro di “Spagna, Portogallo, Israele e Turchia”.
 

M - Viaggiavi molto per questo ruolo nell’ambito della sicurezza?
B - Moltissimo. Per questo adesso non viaggio più. Andavo a fare delle revisioni, a promuovere programmi. Ero impegnato anche sul risparmio energetico e sul problema ambientale e sono stato  membro della commissione ambiente di Confindustria e di Assolombarda.


M - A che livello di Confindustria?
B - A livello nazionale. Si discuteva delle leggi ambientali e della loro applicazione. Ti rendevi conto di  quanto fosse variegato il mondo delle imprese. I politici ti chiedevano di fare delle proposte, ma quello che andava bene a un settore, non andava bene a un altro, gli interessi erano contrapposti.


M – Non erano in nessun modo conciliabili?
B - Si trovavano delle sintesi ma, come tutte le sintesi, erano annacquate e quindi i politici che le ricevevano non erano in condizione di poterle tradurre in provvedimenti efficaci.
 

M – Di che anni stiamo parlando?
B – Anni ottanta. Andavo anche a parlare nelle Università, perché la politica ambientale IBM era all’avanguardia a livello mondiale. Superava le leggi vigenti dappertutto.
 

M - In che senso?
B - Che era oltre, e applicava le proprie regole molto avanzate anche nei paesi in cui le leggi non c’erano. Molto prima dei tempi previsti dalla legge americana, l’IBM aveva tolto il freon, uno dei gas colpevoli del buco dell’ozono, dai suoi processi di produzione; in Sudafrica, dove le leggi ambientali erano poca cosa, nelle nostre sedi, usavamo gli stessi criteri che usavamo negli Stati Uniti, cioè i più restrittivi.
Questo principio non valeva solo per gli ambienti di lavoro. Anche nel marketing l’ obiettivo era di costruire macchine che fossero più ecologiche possibile e che a fine vita potessero essere riciclate fino al 90%. Per questo bisognava collegarsi ai reparti di progettazione: ad esempio, se mettevi un’etichetta adesiva su una parte in plastica riciclabile, spendevi di più a togliere quell’etichetta di quanto risparmiassi riciclando il prodotto: non era più conveniente.
 

M -E quindi?
B - E quindi il laboratorio trovava altre soluzioni: ad esempio stampava la scritta direttamente sulla plastica. Fra i  programmi IBM  c'era la ricondizionatura: alle macchine in buono stato si cambiavano i pezzi usurati e poi si vendevano come usate.
Uno dei miei compiti era di andare in giro a promuovere questi programmi.
 

M - Quando sei andato in pensione?
B - Nel 2003, dopo 37 anni di lavoro, ma sono rimasto ancora come consulente fino al 2008. In seguito, siccome ero stato responsabile dei servizi ausiliari di due stabilimenti, fra cui quello di Vimercate  …
 

 
Stabilimento IBM di Vimercate (foto da web)



M – I servizi ausiliari cosa sono?
B -Sono i servizi di base: energia elettrica, aria compressa, riscaldamento, raffreddamento: ero il responsabile della manutenzione di tutti questi impianti e quindi ne ero diventato la memoria storica. Così, quando c’è stato il progetto di adibire lo stabilimento di Vimercate alla produzione di pannelli fotovoltaici, mi hanno richiamato, ancora per un anno e mezzo, per dare una mano. Poi non se ne è fatto niente, e adesso tutto è lì praticamente chiuso. È un peccato (1).
 

M - C’è ancora tutto?
B – Sì, ma adesso sarà tutto lasciato andare e ormai sarà anche obsoleto.
 

M – Altri incarichi?
B - Ho lavorato anche all’ufficio assunzioni dello stabilimento di Vimercate.
 

M – Una curiosità. Due dei sindaci che ti sono succeduti a Verderio Inferiore, Primo Oliveira e Alessandro Origo (2), erano anch’essi dipendenti IBM …
B – Sì, Oliveira era un ingegnere dell'IBM, che adesso lavora a San Francisco. Era segretario della DC.
 

M – E Origo?
B – Sandro lo conosco da una vita. Siamo cresciuti insieme, nati tutti e due in “curt de la Palasina”, lui ha due anni meno di me. Anche lui è perito chimico. In IBM io ero in produzione, lui in laboratorio; io ero dirigente, lui rappresentante sindacale. 



SINDACO A 26 ANNI


M - Diventi sindaco di Verderio Inferiore nel 1973, quando Enrico Zoia si dimette …(3)
B - Zoia aveva cambiato lavoro e quello nuovo era dalle parti di Busto Arsizio. Stava là tutta la settimana e, così, era difficile fare il sindaco. Io ero già il suo vice.
 

M - Quando erano state le elezioni?
B -Nel 1970.
 

M – Era la prima volta che venivi eletto?
B – Sì. Prima di quell'esperienza avevo fondato, insieme ad altre persone, un centro giovanile, che si chiamava CGV, Centro Giovanile Verderiese - non superiore o inferiore, solo verderiese, perché già allora avevo quest’ottica unitaria. Era un centro culturale, apartitico.  


M - Chi faceva parte di questo circolo?
B - Io ero il presidente, poi c’era un direttivo con Leonello Colombo, Orazio Fumagalli, Felice Pozzoni, tutte persone che in seguito sono diventate amministratori comunali. Poi c’erano altri giovani.
 

M - In che anni siamo?
B - Metà anni sessanta: 1965, ‘66 ….. Lo abbiamo chiamato verderiese perché volevamo coinvolgere anche quelli di Verderio Superiore. Io ero collegato, con Franco Colombo, Elio Sala, Tarcisio Sala, Colombo Mario (4). E volevo coinvolgerli. Una persona che ci ha aiutato molto e ha avuto un ruolo importante è stato un chierico che aveva più o meno la nostra età e veniva dal seminario di Venegono, don Peppino Maffi. Ora è monsignore e, del seminario di Venegono, è diventato rettore. L’ho incontrato recentemente, perché è venuto da queste parti a fare le Cresime, e si ricorda ancora di quell’esperienza.
 

M - Cosa proponevate?
B - Organizzavamo dibattiti interessanti: ne ricordo uno sull’enciclica Humanae Vitae. Organizzavamo gite e portavamo la gente a sciare. Avevamo messo in piedi anche un inizio di biblioteca, una cosa da poco, però era un inizio. Io e altri, che avevamo dei libri disponibili, li avevamo portati lì.
 

M - In quegli anni c’era un’associazione giovanile anche a Verderio Superiore, quella di Giulio Oggioni (5) e altri. Avevate contatti?
B - È venuta un po’ dopo. Prima mi sono dimenticato di citare Giulio, ma lui è sempre stato un fulcro per queste cose.
 

M - Quando è nato il CGV tu non eri ancora consigliere comunale. Come vi rapportavate con l’amministrazione ?
B – La criticavamo. L'accusavamo di non fare niente per i giovani, del fatto che i giovani andavano via, eccetera. Insomma, le solite cose. Però erano critiche che volevano essere costruttive, perché in fondo erano democristiani come noi. Zoia, poi, era uno che s'era dato da fare, s'era sbattuto veramente.
 

M – Avevate una sede, un punto di ritrovo?
B – Dove adesso c'è l'ufficio postale, c'era un circolo ricreativo, un CRAL, di cui era presidente Antonio Colombo, il papà di Leonello. Ci trovavamo lì.
 

Sulla destra dell'immagine l'ufficio postale. Nello stesso edificio era la sede del municipio di Verderio Inferiore
 
M – In quel edificio poi c'è stato il municipio di Verderio Inferiore, se non sbaglio?
B - Sì era lì dentro. In origine era un solo piano. Poi era stato rialzato di uno e noi, come amministrazione, l’avevamo rialzato di un altro ancora. L’ultimo piano era adibito ad alloggio per il segretario comunale. Allora per convincere un segretario comunale a venire in un paese piccolo come il nostro, per il quale veniva pagato di meno, bisognava concedere qualcosa e scendere a qualche compromesso: gli avevamo fornito un appartamento.
 

M - Dov'era il municipio di Verderio Inferiore prima di essere collocato lì?
B – Era nel sottoscala delle scuole elementari [ora sede della scuola dell'infanzia "L'Aquilone"] scuola dell'. Il consiglio comunale si faceva nelle aule scolastiche.
 

M - E gli uffici?
B - Gli uffici … c'era un impiegato e un messo comunale. Non è che ci fossero tante cose. Eravamo un migliaio di persone, 980. E la gente continuava ad andar via.
 

M - E il salone dietro, dove adesso ci sono gli ambulatori?
B – Quello era una chiesa sconsacrata, perché quell’area era occupata dal vecchio oratorio maschile del paese, abbandonato quando era stato costruito il nuovo oratorio.
 

M - In quali anni?
B - Ero un bambino, avrò avuto 7 o 8 anni, quindi 1954/ '55.



 

Villa Gallavresi prima di diventare sede del municipio di Verderio Inferiore (foto GC.Cerdea)
M – Dopo però, al piano terra è entrato l'ufficio postale. Come mai?
B – L'ufficio postale, che prima era dove adesso c'è la fiorista, continuava a subire rapine. Gli impiegati minacciavano di rifiutarsi di lavorare. Le poste ci dicevano che se non avessimo trovato un'altra sede, l'ufficio sarebbe andato via. Così abbiamo deciso di fare un sacrificio e di portare gli uffici comunali al primo piano, anche se non c'era l'ascensore. Ci siamo anche accollati la spesa di un vigilantes, pur di non far chiudere l'ufficio.
 

M – La scelta di acquistare villa Gallavresi per farne il municipio è stata una scelta delle tue amministrazioni?
B – Sì, sì. Guardavamo a villa Gallavresi perché il comune al primo piano non andava bene (barriere architettoniche, e non solo). Però era difficile perché di soldi non ce n'erano e anche perché molti consiglieri comunali non erano propensi a fare mutui, cioè a fare “debiti”. Allora io dovevo far capire che erano sì debiti, ma momentanei, che non erano fini a se stessi, che si riusciva poi a pagarli. Senza fare di questi debiti, neanche i buchi delle strade si sarebbero riparati. Le nostre uniche entrate erano la tassa di famiglia - e tieni conto che a Verderio eravamo tutti operai e agricoltori, più quattro commercianti e quattro osterie – e il dazio sui materiali edili e su altre cose.
M – I trasferimenti dallo stato?
B - Non c'erano ancora.


LA FOGNATURA E L'IMPIANTO DI DEPURAZIONE

M – Sei stato sindaco per un periodo abbastanza lungo, dal 1973 al 1990, tre tornate amministrative e mezza: quali sono stati i problemi più grandi che hai dovuto affrontare?
B - Quello della fognatura credo sia stato il più impegnativo. Tutta la fognatura di Verderio Superiore veniva scaricata in una cava poco a valle di cascina ai Prati. Una situazione antigienica, che portava un sacco di topi. In più, quando pioveva tanto, l'acqua tracimava e allagava tutta la zona circostante. Era quindi necessario costruire un impianto fognario, ma, contemporaneamente si doveva pensare a un depuratore: sarebbe stato inutile costruire il primo, senza pensare al suo punto d'arrivo, il secondo. A Vimercate stava nascendo il consorzio nord est milanese. Io volevo aderire, ma la provincia di Como non era disposta ad aiutarci; allora abbiamo dovuto arrangiarci da soli e abbiamo costituito un nostro consorzio.
 

M - Chi ne faceva parte?
B – Verderio Inferiore e Superiore, Paderno d'Adda e Robbiate.
 

Depuratore (foto GC. Cereda)


M - Difficoltà?
B - Il problema che ci si presentava era quello di dove mandare l'acqua in uscita dal depuratore, non essendoci a valle un corso dove scaricarla. L'unica soluzione, purtroppo costosa, era quella di riportarla nell'Adda, utilizzando delle pompe. Inoltre, per evitare che si allagasse il territorio di Aicurzio in occasione di acquazzoni particolarmente violenti, si era dovuto costruire uno scolmatore vicino a Paderno.
La persona che più si è impegnata per risolvere il problema della fogna è stato Leonello Colombo, che è stato anche il presidente del consorzio.
 

M - Per il depuratore, se non sbaglio, ci sono stati un po’ di problemi fra Verderio Superiore e Inferiore?
B - No, direi di no. Il grosso problema l’abbiamo avuto con Paderno e Robbiate, su come ripartire le spese, sia per la costruzione che per la gestione. Per la costruzione qualche contributo l’avevamo ottenuto, ma la gestione costava. Paderno diceva che era troppo, Robbiate anche. Allora abbiamo chiesto al tecnico, che stava seguendo la realizzazione dell'impianto, di trovare un sistema di ripartizione delle spese, che tenesse conto o del numero degli abitanti o dei metri cubi equivalenti forniti al depuratore dai vari comuni.
Questo consorzio è stato attivo finché è subentrata ECOSISTEM.


L'on. Ezio Citterio inaugura il depuratore consortile. Nella fotografia si riconoscono : Bruno Mapelli, alle spalle di Citterio; il sindaco di Merate Luigi Zappa, al centro con il cappotto scuro; Leonello Colombo, il primo a sinistra; Felice Pozzoni, il secondo da sinistra (foto da libro "Verderio")


ALLARME ACQUA POTABILE

M – Altri problemi affrontati?
B – Un altro grosso problema  è stato quello dell’acqua potabile. Noi avevamo un unico pozzo, in piazza Annoni, dove c’era la torre dell’acquedotto e adesso c'è il monumento ai caduti. L’acqua era sempre andata bene, cioè era sempre stata considerata potabile, secondo le misurazioni fatte dagli enti preposti. Quando questi hanno adottato nuovi strumenti di misura, la nostra acqua non rientrava più nei parametri di potabilità: conteneva solventi clorurati, trielina, in quantità superiore ai limiti consentiti.
 

M - Non era cambiato niente nell’acqua, ma erano cambiati i criteri di misurazione?
B - Non i criteri, gli strumenti. Quindi il pozzo doveva essere chiuso …
 

M – Era inquinamento dovuto all’agricoltura?
B - No, l’agricoltura avrebbe portato un eccesso di nitrati, per via dei concimi. Invece i nitrati erano a posto. Era inquinamento da trielina, probabilmente da qualche fabbrica di cromatura a monte, magari verso Calco, Olgiate. Le acque della falda vanno da nord a sud, e anche gli inquinati scendono verso sud, dove siamo noi. Ero disperato, non sapevo come fare. Verderio Superiore aveva l’acqua della Fonte Regina e del pozzo di  Cascina San Carlo: insufficienti per alimentare i due paesi.
Allora ho chiamato un tecnico, un signore anziano che qualcuno mi aveva indicato. Questo signore, un vecchietto che avevo anche paura a far salire sulla scala dell’acquedotto, mi disse: “no, no, si può risolvere, si può risolvere”. Come? Ero chimico anch’io ma non vedevo la soluzione. “Se all'interno della torre piezometrica facciamo nebulizzare l'acqua, i solventi che contiene si separano, perché sono molto più leggeri, ed evaporano: così li eliminiamo”. L'abbiamo fatto e l'acqua è ritornata ad essere considerata potabile.
 

 
La torre piezometrica in piazza Annoni


M – Tutto questo in che anni succedeva?
B - Anni ottanta. Questo problema aveva anche fatto nascere delle domande inquietanti: se l’acqua era inquinata anche prima che ce ne accorgessimo, non avrebbe potuto avere effetti cancerogeni? Per tranquillizzare gli animi ho dovuto fare un'assemblea pubblica con un esperto, il professor Silvio Garattini (6).
 

M – Cosa disse?
B - Spiegò che i solventi clorurati non si accumulano nell’organismo, perché nel momento in cui si respira vengono eliminati. Non essendoci accumulo non c'è possibilità che si sviluppi il cancro. Le minoranze su questo tema erano agguerrite, giustamente. Però eravamo intervenuti subito, non è che avessimo sottovalutato il problema.
 

- E l’avevate risolto ...
B - Però in quel momento ci siamo resi conto che anche l'acqua era diventato un problema. Così abbiamo puntato ad entrare nel consorzio dell’acquedotto meratese. Anche lì c’erano i pro e i contro, le minoranze ci stavano e non ci stavano, comunque siamo andati avanti.
 

M - Perché le minoranze non ci stavano?
B – Dicevano che, essendo piccoli, non ci avrebbero tenuto tanto in considerazione
 

M - Il complesso di essere piccoli?
B - Sì, c’era il complesso di essere piccoli. Invece dopo ci siamo trovati bene, anche per il fatto di essere entrati nell’ Acquedotto della Brianza, che pescava l’acqua da fonti del lago di Lecco, e ci garantiva l’approvvigionamento, attraverso condotte che doveva fare anche per Merate. Da questo acquedotto ricevevamo anche un contributo. Che è un po' quello che succede ancora adesso, anche se la società è cambiata.


    

Perché questa fotografia? Perché la costruzione indicata dalle frecce, alle spalle dei cresimandi era il cosidetto "buton", la fontana a cui attingevano l'acqua gli abitanti di Verderio Inferiore. Si trovava sull 'angolo dell'attuale via  IV Novembre (foto propr. Giorgio Oggioni)





IL PIANO REGOLATORE GENERALE


M - Tu sei stato anche il sindaco del primo piano regolatore di Verderio Inferiore …
B - Sì, avevamo iniziato a lavorarci da subito. Prima c'era un regolamento edilizio che, però, faceva acqua da tutte le parti. Quando abbiamo cominciato a fare i rilievi per il nuovo piano, abbiamo trovato case dove dovevamo costruire le strade. Case vecchie, che forse erano state costruite ancor prima del regolamento edilizio, ma che non erano segnate da nessuna parte.
 

M – Cosa vi aveva convinto della necessità di avere un PRG?
B - Siamo intervenuti anche perché la Regione Lombardia cominciava a premere verso i comuni che ancora non lo avevano. Addirittura aveva fatto una legge, che secondo me era stata uno sbaglio, secondo la quale, nei comuni senza un piano regolatore si potevano comunque costruire capannoni artigianali, anche in zone agricole, purché non superassero un decimo di copertura [ es.:per fare un capannone di 1000 metri quadri ce ne volevano 10000]. Era un modo anche per spingere i comuni a dotarsi di un piano regolatore.
 

 
Lavori per la costruzione di via Zamparelli (foto GC. Cereda)

 
M – Sei soddisfatto del PRG che avete predisposto?
B – Sono convinto che il nostro Piano sia stato fatto con un criterio di salvaguardia del centro storico. Forse anche un po' troppo restrittivo, tanto da non aver sempre favorito la ristrutturazione dei cortili: era più facile spostarsi verso le costruzioni nuove, anche perché costava meno. È stata fatta qualche ristrutturazione ma il sistema era un po' macchinoso: bisognava delimitare i comparti, e così via. Ma era quello che si poteva fare in quel momento.
 

M - La minoranza vi contestava la previsione di un'eccessiva espansione …
B – Sì. Devo anche essere sincero: non credevo che lo si sarebbe mai completato. Chi immaginava, allora, che tanta gente avrebbe deciso di venire a Verderio ad abitare? Invece venivano in molti, si cominciava a costruire condomini. Per la zona di via Zamparelli, ad esempio, era prevista tutta edilizia convenzionata: chi pensava che si venisse a Verderio a costruire in edilizia convenzionata? Invece è successo.
C'è stato movimento anche a livello industriale: in poco tempo erano stati creati 150 posti di lavoro.
Il PRG conteneva anche alcune buone idee riguardanti il traffico. La circonvallazione [via Caduti della Libertà, via Manzoni], che sembrava dovesse rimanere sulla carta perché troppo costosa, invece è stata fatta.
Quello che ci manca adesso, che però sarebbe anche facile da realizzare, è una circonvallazione sul lato est del paese che potrebbe incrociarsi con la strada provinciale verso Cornate e che libererebbe Verderio Superiore di un po’ di traffico, perché quello proveniente da Sulbiate non dovrebbe più passare per il centro del paese.



[Dispiace dover distinguere ancora, così spesso, fra Verderio Superiore e Inferiore, ma non c’è altro modo più comodo per farsi capire]




L'incrocio fra via Sala e via Caduti della Libertà (foto prop. GC. Cereda)


LO SMALTIMENTO DEI RIFIUTI

M – Lo smaltimento dei rifiuti è un problema che si è fatto via via più importante. A quei tempi come agivate?
B – Fino a un certo momento le cose erano state abbastanza semplici: i rifiuti organici venivano mischiati al concime e utilizzati nei campi. Carta e legno venivano bruciati. Quel poco che avanzava – plastica in pratica non ce n’era ancora – negli anni settanta, inizi anni ottanta, lo conferivamo a un forno inceneritore che era stato costruito dal comune di Merate. Più che un forno era uno “stufone”, una grande stufa …
 

M – Era un impianto controllato da qualche ente?
B – Insomma ... erano altri tempi. Avevamo anche iniziato, in modo pionieristico, una raccolta differenziata. Il proprietario del bar in piazza faceva un po' da straccivendolo: ritirava ferro e altri materiali e li vendeva. È stato lui a proporci di fare la raccolta differenziata. Avevamo messo nei cortili dei bidoni di plastica e la gente cominciava a dividere le lattine di ferro, il vetro, la carta (questa un po' meno perché si bagnava). Il signore del bar vendeva quello che raccoglieva e ci guadagnava qualcosa e noi non pagavamo niente.




Forno inceneritore di Valmadrera (foto Resegone - online)

M – Poi però il problema si è ingrandito …
B – Sì, e si è cominciato a parlare del forno inceneritore, uno vero, a Valmadrera. Noi siamo stati fra i primi ad aderire al consorzio, quando il forno era ancora in progettazione. Poco dopo di noi è entrato anche Verderio Superiore. Appena c'era un consorzio sovracomunale noi aderivamo, perché, per il discorso della sinergia, ritenevamo che un servizio dovesse per forza costare di meno. Era una nostra visione politica, che penso abbia pagato.





UN CAPANNONE "FUORI LUOGO"

M – Mi sembra che tu sia soddisfatto dei risultati raggiunti dalle tue amministrazioni. C’è almeno una cosa che non rifaresti?
B - Permettere la costruzione del capannone, oggi Del Curto (7), in zona agricola. Per la legge regionale di cui prima abbiamo parlato, che consentiva, in assenza di PRG, di costruire con una copertura fino a un decimo dell’area posseduta, eravamo stati costretti a conceder il permesso.
 

M – Non era ancora la ditta di adesso, la Del Curto?
B – No, era una società che costruiva prefabbricati in cemento, la ditta Lissoni.
Abbiamo discusso fino all'ultimo, e fino all’ultimo abbiamo cercato di dissuaderli. Devo anche dire, che eravamo combattuti: quello era uno dei primi capannoni che venivano costruiti a Verderio, fra l'altro nel settore edilizio. Noi avevamo muratori a bizzeffe, che per lavorare dovevano andare in bicicletta nei paesi vicini. Per questo eravamo combattuti: da un lato ci sembrava giusto bloccare la costruzione (ma se la ditta avesse fatto ricorso al TAR avrebbe vinto), dall'altro lato c'era da considerare che avrebbe potuto dare lavoro: magari solo a 10 persone, però quelle 10 persone avrebbero trovato lavoro qui.
L'unico beneficio ricavato da questa storia è che, in cambio della concessione, dalla ditta abbiamo avuto il terreno dove adesso c'è il campo di calcio.



LA POLITICA COME SCELTA DI SERVIZIO

M – Chi, più di tutti ha condiviso il tuo impegno?
B - Leonello Colombo, che è stato sempre il mio vicesindaco, Felice Pozzoni e Orazio Fumagalli (8). In giunta inserivamo sempre qualche giovane. Ma restavano una volta sola e poi se ne andavano.
 

 
La palestra in costruzione (foto prop. GC. Cereda)



M - Hai smesso di fare il sindaco nel 1990. Quali sono stati i tuoi impegni successivi?
B - Ho fatto il presidente del consorzio del centro sportivo. Un esperienza … Ci voleva una pazienza di Giobbe. Pensa che ho dovuto misurare al millimetro, perché la palestra doveva essere perfettamente metà di qua (Verderio Inferiore) e metà di là (Verderio Superiore).
Poi sono entrato nel consorzio dell'acquedotto di Merate e, quando è diventato S p A, sono stato nel direttivo, dove sono rimasto anche nei passaggi successivi della trasformazione della società. In seguito  sono entrate altre persone più “partitizzate” e io mi sono fatto da parte e ho smesso di fare politica attiva, anche se mi spiace perché un po' manca. Ma non mi troverei più bene, anche le persone sono cambiate, non so se in meglio o in peggio. Sono diverse, da come la penso io, da come sono cresciuto . Un po' più arroganti: sembrano tutti usciti da Harward, tutti bostoniani.
 

M – L'umiltà, come categoria politica, non è mai stata tanto in auge...
B - Ci sono sempre stati i politici rampanti. Ma, quelli rampanti - rampanti di strada ne hanno sempre fatta poca; quelli rampanti, che però avevano qualcosa sotto, un po' di carriera l'hanno fatta. Insomma ho fatto il mio tempo. Se mi chiedono qualcosa, un aiuto, un consiglio, ci sono. Con Origo, l'attuale sindaco, c'è sempre un dialogo aperto e, di fronte ai problemi seri, ci si è sempre sentiti, consultati.



M - Quali motivazioni ti avevano spinto a dedicarti alla politica?
B - Aiutare la gente, la solidarietà. Ritenevo che la politica fosse una forma di servizio verso la comunità. Poi ci sono state anche motivazioni religiose. Ero molto attento alla dottrina sociale della chiesa.
 

M - Sei sempre stato eletto sindaco in liste della Democrazia Cristiana (DC) …
B – Sì, non si usavano ancora le liste civiche. I nostri concorrenti erano il Partito Comunista (PCI) e il Partito Socialista (PSI).
 



M – Come ti collocavi all’interno del tuo partito?
B - La DC era composta da una sinistra e una destra. Io mi sentivo più vicino alla sinistra, perché ero più in sintonia con i personaggi di questa parte, senza nulla togliere agli altri.
 

M - A quali uomini politici sei stato più legato?
B - A Cesare Golfari, presidente della regione Lombardia, al presidente della provincia di Como, Giovanni Fiamminghi, a Guido Puccio, che poi era diventato sindaco di Lecco (9).
Altri personaggi, sindaci di Merate, mi hanno aiutato molto, anche come ideali: l'ingegner Zappa, il dott. Giacomo Romerio, che è stato anche amministratore dell'ospedale di Lecco, Giuseppe Ghezzi. Tutte persone con le quali ci si poteva misurare
(10).
Naturalmente poi c’è Enrico Zoia che è stato sempre in contatto con noi.
In quel periodo stava prendendo piede Comunione Liberazione. Ho conosciuto Roberto Formigoni con cui ho spesso animatamente discusso.
 

Enrico Zoia, sindaco di Verderio Inferiore dal 1961 al 1973
M - Il partito ti aiutava anche come amministratore?
B – Sì, il partito era una scuola di politica. E poi c’erano gli altri sindaci che ti aiutavano a dirimere i dubbi.
 

M – Il tuo impegno politico andava anche oltre i confini di Verderio?
B - Ho frequentato molto la vita di partito: si facevano molti convegni interessanti, non c'era solo il congresso ogni qualche anno.
Sono stato vicepresidente dei giovani democristiani della provincia Como, quando avevo 17 - 18 anni, e partecipavo alle iniziative delle varie sezioni. Non avevo la macchina, mi portava Leonello. Siccome, però, ero un po' di sinistra mi boicottavano: mi dicevano che c'era un'assemblea in un posto e magari era stata la sera prima o era prevista per la sera dopo. E pensare che facevo chilometri e chilometri in macchina, su e giù per le valli.
 

M – Hai avuto incarichi sovracomunali?
B – Ho fatto parte del Consiglio direttivo del comprensorio lecchese, l'ente che esisteva prima che nascesse la Provincia di Lecco.
Avevo ricevuto sollecitazioni a fare politica anche a più alti livelli. Ma, mi dicevo, cosa ci vado a fare? A fare quello che è lì ad alzare la mano? Preferisco cercare di contare qualcosa nel mio piccolo paese, dove posso fare e decidere, insieme ad altri ovviamente. E l'ho fatto, fino a poco tempo fa. 


M – Come ti sembra la politica oggi?
B - Mi sembra che sia un po' caduta in basso, che non ci siano più ideali. Conta solo la finanza e l’economia, il PIL e lo spread.
È un altro mondo e questa cosa mi pesa. Anche il modo di fare politica: parlo di Renzi, un ex democristiano, come me. Io non mi sarei mai approcciato così ai problemi. So anch'io che ogni tanto bisogna tirar fuori gli attributi, ma un conto è far questo, un altro conto è rottamare di qui, rottamare di là. Come se io fossi andato da Zoia e gli avessi detto: senti Zoia tirati da parte che vado avanti io …
Questo modo di fare mi dà molto fastidio.





 



M - Quando ho intervistato Zoia, ricordo che che mi avevano molto colpito alcuni aspetti della vita politica di quando lui era sindaco. Mi riferisco, ad esempio, alle assemblee dei capi famiglia  in cui si discutevano i problemi del paese e i modi in cui affrontarli; alle lettere che spediva agli abitanti in servizio militare, per tenerli aggiornati sulla vita del comune; alle molte opere realizzate in paese attraverso il lavoro volontario, che coinvolgeva molti abitanti, senza distinzione di appartenenza politica.
B - C'era anche un modo diverso di considerare i partiti e la politica. Zoia è stato il primo a mettere in piedi una giunta di centro sinistra, con un assessore socialista. Siamo cresciuti con uno spirito aperto. Ad esempio, il nostro circolo famigliare, pur essendo considerato il circolo dei “rossi”, era aperto a tutti e il sindaco, di qualunque colore fosse, era nel consiglio direttivo. È vero che lì si facevano le feste dell'Unità e dell'Avanti, però partecipavano tutti e tutte le famiglie andavano lì a far la spesa. Siamo nati in questo ambiente, dove le differenze ideologiche non erano così marcate. I comunisti non andavano in chiesa (e anche questo non è poi così vero), però non impedivano agli altri di andarci. Alla costruzione dell’asilo parrocchiale hanno contribuito anche socialisti e comunisti: il sabato … anzi no, il sabato no perché si lavorava … la domenica, martello e cazzuola e via!
Non c'è mai stata grande differenza neanche fra quelli che andavano all'oratorio e quelli che non andavano. Al massimo un po' di goliardia: noi eravamo chiamati i “Paulòt” gli altri li chiamavamo ... mah … non so come li chiamavamo. 





M - Oggi siamo “Verderio”. Allora eravamo ancora divisi in due comuni, Inferiore e Superiore, entrambi retti da amministrazioni democristiane. Qualche tensione tra voi però c'era. Cosa ricordi?
B – Noi abbiamo sempre avuto la visione del paese unico e cercato di coinvolgere Verderio Superiore. “Se non volete unirvi a noi - dicevamo - “facciamo almeno dei consorzi”. E ne abbiamo fatti tanti .
 

M - Se siete riusciti a farli, vuol dire che anche loro ci stavano.
B – Sì, sì. Solo che quando abbiamo proposto di fare il Piano Regolatore insieme non c'è stato verso. Dicevano che non si poteva perché loro erano già più avanti di noi. 

È che a Verderio Superiore c'è sempre stata una corrente del NO all'unificazione.
L'impressione che ho sempre avuto è che temessero che noi li avremmo messi da parte: perché eravamo  più giovani e più irruenti (non alla Renzi, eh, perché non mi va). Però non abbiamo mai litigato e, devo dire, ci siamo sempre rispettati.
 

M - E col sindaco di Verderio Superiore, Armando Villa (11), come erano i tuoi rapporti?
B - Con Villa ho avuto un buon rapporto, anche se, devo dire, un po' di perplessità c'era. Sull'unificazione, probabilmente, aveva qualche difficoltà nella sua giunta, e anche in consiglio comunale. Noi invece eravamo tutti uniti e convinti di andare avanti verso l'unificazione.
 

M – Su questo tema come erano schierate le minoranze?
B - Il PCI è sempre stato con noi, a favore dell'unificazione. Il PSI no, era contrario.
Nei referendum per la fusione dei comuni, a Verderio Inferiore ha sempre vinto il Sì; sommando i voti fra Verderio Inferiore e Superiore avrebbero sempre vinto i Sì …
 

M -No, la prima volta no: la somma dei Sì era inferiore a quella dei No.
B - Però eravamo lì vicini. La seconda ancora più vicini ...
 

M - La seconda volta, facendo la somma avrebbero vinto i Sì (12).
B - Forse la prima volta non erano ancora maturi i tempi. Avevamo cominciato a spingere un po' troppo e allora gli amministratori di Verderio Superiore avevano cominciato a temere che li avremmo estromessi.
Circolava anche qualche voce che volessimo l'unificazione perché io desideravo fare il sindaco del comune unico. Questo è stato uno dei motivi per cui, nel novanta, ho deciso di farmi da parte.
 

M – Me ne hai già parlato per quanto riguarda il tema dell'unificazione, ma, se non sbaglio un po' su tutto andavate più d'accordo con i comunisti che con i socialisti …
B – Diciamo di sì ...Devo dire che, sul piano personale, i membri del PCI erano molto più leali.
 





M -Spiegati meglio …
B - Quello che avevano da dire te lo dicevano in faccia: ci sto, non ci sto. Uscivano con il volantino con scritto: vi diremo questo, questo e quest'altro. Il PSI ti diceva “Sì, sì; vedremo, vedremo”, e poi ti trovavi un volantino che ti stroncava. Ti attaccavano anche personalmente, il che non andava bene. Con Adelio Origo (13), buonanima, che era l'esponente più influente, discutevo giorno e notte - una volta ci hanno anche tirato l'acqua in testa - ma non si riusciva a smuoverlo:  se aveva un'idea quella rimaneva e basta. Secondo me volevano solo differenziarsi, sia dalla DC che dal PCI. Dovevano sempre e comunque avere una posizione diversa. Però ci siamo sempre rispettati e siamo rimasti amici.
 

M – I socialisti erano stati anche gli unici contrari all'acquisto di villa Gallavresi
B - Sì, infatti. Nonostante tutto ho sempre cercato di coinvolgerli. Una cosa che come amministratore ho sempre fatto è stata quella di coinvolgere la gente. Siamo stati i primi in tutto il meratese a costituire le commissioni di studio. Ne avevamo tre o quattro: cultura, sport tempo libero urbanistica. E anche una commissione lavoro, perché a quel tempo c'eravamo posti l'obiettivo di portare lavoro in paese, perché tutti eravamo pendolari. Volevamo che venisse qui qualche fabbrichetta, non dico la Falk o la Breda ...
 

M – Con quale risultato?
B – Qualche industria eravamo riusciti a farla venire, ed erano tutte industrie tendenzialmente pulite. Mi ricordo che con Sandro Origo, che forse era membro della commissione o indipendentemente da ciò, avevamo girato industria per industria e le avevamo schedate. Volevamo essere tranquilli che sul territorio non ci fossero problemi di inquinamento.
 

- Erano visite ufficiali? Ci andavate come Amministrazione Comunale?
B – Sì. Mi ricordo che prendevamo appuntamento con le ditte e al sabato, per un certo numero di settimane, eravamo andati a visitarle.
 

M - Nessuno si è mai rifiutato di accogliervi?
B - No, anche perché ci presentavamo in un certo modo, senza dare l'impressione che fossimo lì a creare problemi, a dare multe o altro. Volevamo solo conoscere le realtà delle loro azienda. Se riscontravamo qualche problema dicevamo: “Secondo noi questa cosa qui non va bene. Se vuole le diamo una mano a sistemarla”. Ci presentavamo anche come periti chimici. Erano incontri costruttivi.
 

M – Qualcuno accettava i vostri consigli?
B - Sì. Ricordo, ad esempio, una ditta che stava costruendo un suo impianto di depurazione. Noi ci siamo accorti che l'impianto era totalmente sbagliato. Il proprietario ci ha dato retta, e alla fine ci ha ringraziato (quando lo incontro mi ringrazia ancora). Era stato anche nostro interesse consigliarlo bene, perché il depuratore pubblico era nuovo e con il suo, sbagliato, lo avrebbe potuto danneggiare



M - Il tuo periodo di sindaco 1973 – 1990, comprende le lotte sindacali e giovanili, il dissenso cattolico e la fine dell'unità politica dei cattolici, il femminismo e i referendum sulle leggi del divorzio e dell'aborto, la diffusione dell'uso dell'eroina, il terrorismo e l'assassinio di Aldo Moro. Come hai vissuto, in prima persona, questi avvenimenti e come si ripercuotevano sulla vita del paese?
B – Ti rispondo in ordine sparso. Il clima del terrorismo l'ho respirato soprattutto nell'esperienza lavorativa.
Su divorzio e aborto avevo delle mie convinzioni: io sono cattolico, anzi cerco di esserlo, perché è difficile, però siamo in uno stato laico e i diritti vanno riconosciuti. Poi uno li può usare o non usare: sta alla libera coscienza di ognuno di noi la scelta se usarli o no.
 

M - Uso di droga, eroina. Quando eri sindaco si era presentato questo problema?
B - Qualche caso sì, però come amministrazione non è che potessimo fare più di tanto, non eravamo attrezzati. Gli interventi che avevamo fatto erano stati rivolti più che altro verso genitori.
 

M –  Il problema dell'immigrazione e il conseguente incontro con religioni, usi e costumi diversi dai nostri, cominciava a presentarsi quando tu eri ancora sindaco ma è scoppiato soprattutto negli anni successivi. Come pensi che ti saresti rapportato con questa problematica?
B – Partiamo così: se io fossi sindaco e qualcuno venisse a dirmi “costruisco una moschea”, lo lascerei fare. Per il principio generale, di cui ho già parlato prima, che in uno stato laico i diritti di tutti vanno riconosciuti. Ma anche perché ho imparato in IBM a vivere in un ambiente multietnico, dove le differenze culturali e religiose erano all'ordine del giorno, e dovevi imparare a conviverci.
Un episodio che mi ha fatto capire quanto si debba stare attenti alle usanze degli altri mi è capitato anche facendo il sindaco.



 
Bruno Mapelli con l'ambasciatore del Ghana e sua moglie


M – Racconta.
B - L'ISAM, una ditta di maglieria di Verderio, doveva stipulare un contratto con il Ghana per una grossa commessa di T-shirt. Per la firma era venuto, tramite la Camera di Commercio, l'ambasciatore del Ghana in Italia, accompagnato dalla moglie. Io ero presente e avevo fatto anche un discorso in inglese. Tutto bene: alla fine il contratto era stato firmato.
Dopodiché li abbiamo portati a mangiare all'Hotel Adda. Antipasto: salumi. Immediatamente si sono alzati e, indignati, hanno fatto per andarsene. Li ho rincorsi per capire cosa fosse successo: chi è che pensava allora alla storia del maiale, che certe religioni non lo consentivano? L'ambasciatore, un giovane colonnello dell'aviazione, era intrattabile, non ne voleva sapere, diceva: “Stracciamo il contratto perché ci avete fatto un affronto”. La moglie sembrava un pochettino più malleabile. Le ho chiesto “Ma signora cosa è successo?” Mi ha spiegato e allora le ho detto: “Facciamo sparire tutto e ricominciamo da capo, lei cerchi di convincere suo marito” e così è stato.
Questo episodio mi aveva molto colpito e fatto capire che bisognava imparare a tener conto delle diversità.





NOTE
 (1) Lo stabilimento IBM di Vimercate fu realizzato nel 1966 su un'area industriale di 287.000 mq con una superficie coperta di 110.000 mq.
(2) Primo Oliveira è stato sindaco di Verderio Inferiore dal 1990 al 1995. Alessandro Origo dal 1995 al 2004 e dal 2009 al 2014. Dal 2004 al 2009, ha ricoperto l’incarico di Assessore al Bilancio nella giunta guidata da Marina Pezzolla. Nella primavera del 2014 è stato eletto sindaco del nuovo comune di Verderio.
(3) Enrico Zoia è stato sindaco di Verderio Inferiore dal 1961 al 1973. In questo blog, sotto l’etichetta “Archivio Enrico Zoia”, puoi trovare notizie su lui e sulla sua figura di amministratore locale.
(4) Esponenti DC di Verderio Superiore. Tarcisio Sala è stato per molti anni vicesindaco e assessore ai lavori pubblici; Mario Colombo è stato assessore ai servizi sociali. Franco Colombo e Elio Sala sono stati consiglieri comunali.
(5) Giulio Oggioni è stato consigliere comunale per due tornate amministrative, negli anni settanta e ottanta del secolo scorso. Durante il secondo mandato è stato assessore alla ciltura e allo sport. Appassionato di storia locale, ha scritto diversi libri. Ha collaborato più volte con questo blog. Puoi trovare i suoi contributi sotto l'etichetta che porta il suo nome.
(6) Silvio Garattini è uno scienziato italiano, ricercatore scientifico in farmacologia, medico e  docente in chemioterapia e farmacologia, direttore dell' Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri” Cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Silvio_Garattini
(7) Situata in via G. Matteotti 39, la Del Curto Srl è un azienda che si occupa di riciclaggio del legno.
(8) Leonello Colombo,è stato sempre vicesindaco e assessore ai lavori pubblici; Orazio Fumagalli ha ricoperto l'incarico di assessore allo sport e all'istruzione; Felice Pozzoni è stato assessore all'urbanistica.
(9) Cesare Golfari (1932 – 1994) è stato presidente della Lombardia dal 1974 al 1979. Fu eletto senatore nel 1987 e nel 1992. Giovanni Fiamminghi(? – 2008) è stato sindaco di Malgrate dal 1964 al 1970, poi presidente della Provincia di Como per tre mandati tra gli anni ’70 e ’80. Guido Puccio è stato sindaco di Lecco dal 1970 al 1975.
(10) Luigi Zappa è stato sindaco di Merate dal 1964 al 1975; Giuseppe Ghezzi dal 1975 al 1985; Giacomo Romerio dal 1985 al 1990.
(11) Armando Villa è stato sindaco di Verderio Superiore dal 1955 al 1995. In questo blog trovi notizie su di lui sotto l’etichetta “Archivio Armando Villa”.
(12) I risultati dei tre referendum per la fusione dei due comuni:
1993: Verderio Sup. 469 Sì (40,53%) - 673 No (58,17%);Verderio Inf. 658 Sì (55,72%) - 500 No (42,34%);    Totale Sì 1127 – Totale No 1173
2003: Verderio Sup. 570 Sì (46,99%) - 633 No (52,18%);     Verderio Inf. 764 Sì (65,02%) - 400 No (34'04%); Totale Sì 1334 – Totale No 1033
2013: Verderio Sup. 782 Sì (83,73%) - 152 No (16,27%);    Verderio Inf. 820 Sì (76,42%) - 250 No (23,30%); Totale Sì 1602 – Totale No 402
(13) Adelio Origo, esponente del PSI di Verderio, è stato più volte consigliere comunale di Verderio Inferiore, come rappresentante di quel partito. Al momento della sua morte, avvenuta nel marzo del 2008, era però consigliere comunale nella lista di minoranza denominata: “Insieme per Verderio Inferiore”.



Marco Bartesaghi









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