venerdì 30 agosto 2013

1 -2 SETTEMBRE 1880. UN'ESCURSIONE AL "PIZZO DEI TRE SIGNORI" di Antonio Gnecchi Ruscone (seconda parte)

TESTO: seconda parte della cronaca della salita al Pizzo dei Tre Signori, scritta da Antonio Gnecchi Ruscone nel 1880. La prima parte è stta pubblicata su questo blog il 14 agosto scorso.

IMMAGINI: le immagini di montagna in bianco e nero, indipendenti dal testo,  che corredano questa seconda parte del racconto sono di mio cognato Giorgio Buizza, lecchese, che ringrazio.
 Di lui ( sotto l'etichetta Giorgio Buizza) potete leggere su questo blog i seguenti articoli:

CONSIDERAZIONI SULLA POTATURA DEGLI ALBERI

PLATANI IN UNGHERIA E CROAZIA

IL PLATANO DI VERDERIO



UN'ESCURSIONE AL "PIZZO DEI TRE SIGNORI" di Antonio Gnecchi Ruscone (seconda parte)

Dopo 5 minuti io capii che una mia povera gamba compressa da 4 o 5 altre non poteva più resistere ad un certo senso di dolore, quindi piano, piano, piano me la disvincolai dal più che [....] peso di altre sue simili  e l'appoggiai ad una parete di quel canile per non essere d'impiccio agli altri. Non l'avessi mai fatto ! Un improvviso rumore come di qualcosa che cade fece balzare in piedi tutti quanti, ad eccezione di me che ne conoscevo la causa, e spaventati si misero ad urlare: È l'orso! E c'era ben ragione di temere avendo alcune ore prima udito dal pastore che l'orso si aggirava appunto in quei monti e che pochi giorni prima aveva avuto una visitina della poco cara bestiaccia. Si accese il lume con tutta la celerità possibile, e lo spavento cessò ben presto quando si capì che il rumore era proveniente da una grossa pietra ch'io involontariamente aveva staccato dalla parete con la gamba. Si rise dell'errore, almeno da parte mia, però gli altri tre vollero si tenesse acceso il lume ad ogni buon conto. Dopo una mezz'oretta di commento si ritentò di dormire. Tutto congiurava contro di noi. Una capra che proprio in quella notte non aveva voglia di dormire continuava ad aggirarsi intorno alla capanna a raschiare qua e là con le zampe ed a disturbarci col mesto din din della sua campanella.
 

 
Aig du Dru e Aig Verte dalla P.ta Helbronner (22/9/1972)

Dico poi tra parentesi che all'[....] fantasia dei miei tre soci la capra, o per meglio dire il rumore da essa prodotto doveva per lo meno provenire da un orso.
Ma non basta. Un topolino, forse socio del Club Alpino s'era spinto fin su là, e fissata la sua dimora in compagnia del pastore, impertinentemente e tenacemente continuava a rosicchiar carte per poter penetrare in un certo involto contenente un buon pezzo di strachino di Gorgonzola che trovammo poi alquanto decimato. Non avete mai provato quanto sia carino un topo in camera di un povero diavolo che vorrebbe dormire? No. Ebbene non ve l'auguro
Ma qui non terminano le nostre pene. Una quantità di insettini amanti, anzi troppo amanti della compagnia degli uomini, avendo in noi trovato dei robusti giovanotti e di carne saporita, si misero a cenare avidamente. Ciò per vero dire c'accomodava assai poco, accesi tutti i lumi che potei trovare a mia disposizione e tutti d'acordo cercammo e frugammo per poter scoprire  ....
Ahimè scoprimmo troppo!  - Il gentile pastorello credendo fare cosa grata agli ospiti aveva preparato un molle cuscino su cui noi fidenti avevamo deposto le nostre teste . Quel cuscino era composto di un mucchio di biancheria di un tempo che fu e che .... Basta, non voglio più oltre offendere le delicate orecchie delle mie gentili lettrici.
 

M. Bianco e M. Mandit dalla funivia (22/9/1972)


Quella notte fu feconda di molte altre piccole avventure ed infecondissima di sonno ma ormai ne ò dette abbastanza e tiro avanti.
Appena appena si ebbero gli indizii di una vicina alba, appena [....] cantò il gallo (che però non c'era) chiamammo il nostro Magni ed accese le lampade ci avviammo per raggiungere finalmente la sospirata cima.
Il cielo era serenissimo e limpido, la luna splendeva ancora in quella volta d'un azzurro molto più cupo di quello che siam soliti vedere noi altri poveri mortali delle marcite Lombarde. Il freddo era freddo ma aveva in sé qualcosa di piacevole. Non avete mai provato la voluttà del freddo ? No. Non so che dirvi!
Quando appena incominciava il primo albore ci trovammo in vista della cima che maestosa sorgeva ad un centinaio di [passi (?)] sopra la nostra testa.
L'ultimo tratto per arrivare alla cima è molto erto, [....] e letteralmente composto di rocce affatto prive del benché minimo muschio; solo qua e là appare qualche ghiacciaia o qualche ammasso di neve in alcune depressioni della roccia. Quest'ultimo passo come ho già detto è il più difficile e faticoso di tutto il rimanente, ma il gran desiderio di raggiungere la cima ci pose le ali ai piedi.
Quando il sole mandava i suoi primi raggi indorando le più alte vette, noi raggiungevamo la cima. D'intorno non vedevamo che cime di monti e cielo, tutto era silenzioso, non udivasi che il fischiare della brezza mattutina fra le rocce, ed il gracchiare di qualche ardita cornacchia che si era spinta fin lassù. Davanti aprivasi una vita affatto nuova, tanto e sì grande era la folla di pensieri che colassù passava per la testa che se l'uomo potesse nutrirsi di soli pensieri, vi sarei stato un anno senza annoiarmi un minuto. Ad un tratto fummo tutti quanti avvolti in una nube leggera e trasparente che illuminata dai primi raggi rossissimi del sole sembrava di fuoco. Che piacere, che poesia trovarsi in mezzo a quella nube ed in cima ad un'alta montagna, è impossibile descriverlo! L'uomo così in alto si sente più potente, più orgoglioso; e dire che uno stupido (mi si perdoni l'epiteto forse un po' troppo slanciato) osò dire che gli alpinisti sono poveri infelici poiché non trovano nelle loro ardite escursioni  altra soddisfazione che stancarsi maledettamente e morire dal freddo. "Non ragioniam di lor, ma guarda e passa" (1).
Eravamo pure forniti di un cannocchiale e per lungo tempo stettimo lassù ammirando tutte le catene di montagne che ci si stendevano davanti, e buona parte delle quali erano di nostra conoscenza. Vidi anche il mio maestoso [....] (2), di buona memoria, spiccarsi al cielo maestosamente con la sua cima acuta e bianchissima la in fondo alla Valtellina , e gli mandai un amichevole [....]. Dalla cima del Pizzo si à  poi un'idea completa e precisa di tutta la catena delle Prealpi, di cui, dopo il Legnone è la montagna più alta infatti questa misura 2617 metri ed il Pizzo 2398.
Del resto qui faccio punto e non parlo più né di bella vista né di monti, sarebbe impresa troppo lunga, ed impossibile parlarne degnamente. Chi desiderasse avere un'idea esatta di quello stupendo panorama non à che andare in cima al Pizzo, io mi disimpegno dal descriverlo ed anzi passo ad una cosa molto prosaica. Figuratevi che anche in cima al Pizzo con tante bellezze di natura all'intorno ed in mezzo a una deliziosa auretta mattutina ci venne fame e fummo costretti a dar mano alle nostre provvigioni ed a divorarle con un appetito da veri alpinisti, là dove molte carte indicavano che altre persone al pari di noi poco poeti avevano mangiato.
Però prima di abbandonare quel delizioso luogo lasciammo una memoria della nostra ascensione , con una carta da visita che ponemmo in una bottiglia ben turata e che trovammo lassù con entro i nomi di tanti altri individui, alcuni dei quali di nostra conoscenza. Noi però prima di deporre il nostro nome in quella bottiglia  scrivemmo ciascuno un detto, un pensiero qualunque caratteristico dell'individuo. L'ameno e positivo Brini scrisse, "L'alpinista filosofo guarda nelle acque del Pizzo il bel cielo, se non vuole cadervi dentro".
 

 
Dente del Gigante dalla funivia (22/9/1972)


Ed io .... No, non ve lo voglio dire, lo leggerete voi se sarete curiosi e se le gambe vi sapranno portare su quella cima.
Ma purtroppo l'ora si faceva tarda e dovevamo quantunque a malincuore discendere .
In 4 salti fummo vicini alla spelonca del pastore, su di un bel altipiano ed al di sotto scorgevasi un precipizio in fondo del quale stava il bel lago d'Inferno, laghetto molto simile a quello del Sasso. Colà ci venne ad incontrare il pastore col suo stupido sorrisetto e recando in mano un bellissimo mazzolino di edelweiss di una grossezza immensa, di proprietà e monopolio unico di detto pastore poiché a lui solo era nota quella [....] dove i bei fiori crescevano. Dopo aver fatto una seconda e più abbondante colazione ed aver dato al pastorello un paio di lire , che accettò con una compiacenza ed un sorrisetto come fossero stati due milioni si espose alla guida il nostro progetto: eccolo. Vorremmo discendere da una parte nuova e per esempio da Bellano dove si prenderebbe il battello delle 4 1/2 per andare a Lecco. Che ne dice? È possibile questa discesa?
A far la via a passo di corsa sì altrimenti no, si giunge a Bellano a notte, camminando comodamente si impiegano 12 ore, quindi signori miei la cosa è impossibile; giorni fa condussi una compagnia di 4 persone sul Pizzo , e v'era pure una donna (3) discesero a Bellano ma in due giorni, si fermarono una notte a Premana; così potrebbero fare anche loro.

A queste confortevoli parole, misi automaticamente le mani in tasca, estrassi l'orologio: erano le 7 e dissi: e noi si tenta, mettiamoci in cammino ...e .... e .... e .... Le gambe son forti forse giungeremo in tempo, se una donna andò fino a Premana, noi andremo fino a Bellano! Se vi riusciremo potremo dire di aver fatto in un giorno quello che gli altri fanno in 2, avremo fatto insomma qualcosa di nuovo.
Queste parole animarono la compagnia e alzati in piedi ci incamminammo nell'ardua impresa, quantunque potei scorgere con la coda dell'occhio il nostro Magni crollare la testa. Si passò la valle d'Inferno dove si incontrarono due bellissimi laghi, quello cioè delle trote e quello delle rane, che però, a nostro malincuore, non potemmo rimirare ed esaminare come meritavano per la scarsezza di tempo.
Si passarono altre moltissime valli e vallette di cui non mi ricordo neppure il nome fra mezzo alle quali abilmente ci dirigeva la nostra guida non forviando di un sol metro dalla retta via.

La bellezza e la poesia dei d'intorni (sic) non ci faceva neppure pensare che ci fosse la possibilità di stancarci, e sempre progredivamo a passo da bersaglieri su e giù per quei monti guardando qua e là per rilevare i punti più belli che però non posso descrivervi per la mancanza di tempo. Vi dirò solo che se conoscete la Valsassina quei luoghi le assomigliano di molto.




 
Monti della Brenva (1° piano). Cresta di Penterey (2° piano). Da funivia per rif. Torino (22/9/1972)


Infilammo poi un lunghissimo sentiero di una rimarchevole pendenza e tutto a ciotoli acuti, e lungo parecchi chilometri. Questo modo di camminare non è proprio troppo comodo specialmente quando si ànno  delle scarpe un pochino corte. Io però ero ben fornito, come pure tutti gli altri ad eccezione di Brini, il quale di tanto in tanto si impazientiva con le scarpe, procedendo però sempre senza lamentarsi e, quel che è più, senza fermarsi.
Era una bella giornata e di mano in mano che si discendeva il caldo si faceva sentire in modo molto noioso e tanto più per noi che venivamo nientemeno che dalle nevi. Pure nessuno osava fare osservazioni e come se nulla fosse si progrediva senza mai rallentare il passo che avevamo preso in principio . quando si fu a metà della valle che conduce al ponte di Premana, un bel boschetto di grossi castani con un bel prato spirante frescura ci colpì tutti quanti, ed unanimi ci fermammo per mangiare ufficialmente e per riposare segretamente . Quando poi furono totalmente finiti gli ultimi avanzi delle nostre provvigioni e interamente vuotato l'ultimo fiasco di vino, la guida che come noi non era animata da un certo qual amor proprio soggiunse: Non pensate abbia poca fiducia nel loro valore alpinistico, ma per amor del vero bisogna che dica che se fanno conto di camminare come finora ànno  fatto fino a Bellano v'arriveranno mezzo morti e fors'anche non vi arriveranno che a sera. Queste parole erano prudenti ed assennate tanto più che uno di noi, che non nomino ma che non ero io, sembrava durar fatica a seguirci. Ci guardammo tutti in faccia  come volessimo dire: il Magni à ragione, è proprio da matti far l'alpinista in questo modo, fermiamoci a Premana a pernottare od anche a Bellano giungendovi con tutto il nostro comodo possibile, che domattina sul [....] partiamo in battello per  Lecco ....
 




Val Codera (18/8/1962)


Ma nossignori, nessuno osò esternare questo bel progetto, e si decise invece di continuare la nostra marcia forzata fin che ci fosse stato possibile, e che se verso le 3 - 3 1/2 ci fossimo trovati ancora a 3 o 4 ore da Bellano , allora ci saremmo dati per vinti. E così dicendo riprendemmo il camino , e giunti a Premana tirammo lungo il fiato, credendo di aver fatto gran che. Poveri illusi, non avevamo che di poco oltrepassato la metà strada. Ma qui m'accorgo che vi tiro troppo per le lunghe: se noi ci siamo stancati tanto, abbiamo anche goduto, ma voi che leggendomi non godete nulla, non potete permettermi che vi abbia ad annoiar tanto ed a seguirci palmo per palmo in una strada tanto lunga sotto un sole cocente, quindi come se nulla fosse, portandomi tutta io la fatica,vi porto di botto a Margno dove si giunse alla 1 3/4 e si entrò in un'osteria per una quarta o quinta colazione se non erro. Brini appena giunto si fece dare una camera per farsi un bagno e per utilizzare [....] tre o quattro unguenti diversi. Ticozzi ed io ci provammo a divorare una mezza dozzina d'uova. Il povero Formenti fattosi [.... .... .... ....] si sdraiò su di una panca; il troppo cognac e la troppa acqua da lui bevuta in istrada gli avevano fatto male. Questo piccolo incidente turbò sulle prime il nostro piano e ci credettimo dover passare colà la notte; ma il bravo Formenti, non volendo che per causa sua andasse a male la nostra ardita spedizione , che già era a buon punto, si fece forte e balzò in piedi. Proseguiamo - disse - non ò più nulla.
Io domandai a varie persone in quante ore si sarebbe discesi a Bellano, ma secondo il solito non ne potemmo capir nulla, poiché chi ci dice 4, chi 3, chi 2 ed una bella ragazza ci disse perfino 1 1/2. Animati da questa buona parola uscite dalle labbra di una ninfa montanina le nostre gambe ripresero lena ed infatti in meno di un'ora potemmo giungere alla vista del lago. Eravamo a buon punto. Ad un tratto tutti quanti impallidimmo - nientemeno che si vide un battello solcare pacificamente le onde tranquille del lago. Ahimè fatiche gettate al vento , inutili sudori, gambe e stomaci inutilmente sprecati ...!!
 

 
Il veunza e il Mangart Piccolo di Coritenza (28/7/1959)


Un momento - disse il provvido Ticozzi: levò il portafogli, un orario, e ci mostrò come dall'ora si poteva solamente ammettere che quel battello era diretto a Colico e non a Lecco. Ed infatti non erano che le 3 1/2 ed il battello per Lecco non partiva che alle 4 1/2. Questa elementare considerazione ci consolò molto, radoppiò le nostre forze presso a svanire e per non tirarvi troppo alle lunghe vi dirò che mentre suonavan le 4 noi entravamo nel Caffè di Bellano in riva al lago, molto freschi relativamente ai tanti chilometri che avevamo indosso. Molti vedendo questi 4 alpinisti reduci all'apparenza da qualche cima lontana ci domandarono la nostra provenienza e sentendo = dalla cima del Pizzo , ci guardavano in faccia con aria d'incredulità e non l'avrebbero creduto se la nostra guida abbastanza nota in quei paesi non avesse attestato la verità dei nostri detti e lodato l'abilità delle nostre gambe.
All'imbarcadero incontrammo il [lungo (?)] avv. Aureggi che ci doveva essere socio nella nostra spedizione, ma che invece aveva pensato meglio di tentare una spedizione sulla (sic) Bernina. Il poveretto però non fu fortunato come noi , ché colto da una forte tormenta, dovette moggio, moggio ritornarsene ad [.... ....].
Alle 4 1/2 il battello giunse a Bellano e nel tranquillo tragitto fino a Lecco la simpatica brezza vespertina e due ore di placido riposo ci ridonarono completamente le nostre forze ed il nostro vigore di prima, sì che si giunse a Lecco non come reduci da una gita alpina, ma da una gita di piacere sul lago. Fummo accolti da una folla di persone , che per tutta la strada ci tempestarono di domande, finché giunti a casa, dopo una sesta e ultima refezione, che chiameremo pranzo o cena come più vi piace, ciascuno se ne andò a dormire e ne aveva ben diritto . Io la mattina dopo alle 9 ero a Verderio, ed alle 9 1/2 giravo per la campagna col mio cane in traccia di quaglie. Brini, che doveva partire con me, non si vide, Morfeo l'aveva vinto. Taccio degli altri.
 

 
Sfinge e Pizzo Ligoncio (18/8/1962)


Ora vorrei dare un parere a chi dei miei lettori è alpinista: andate sul Pizzo dei 3 Signori, che ne vale veramente la pena; ma per carità non scendete a Bellano che è veramente una cosa da matti, o, se proprio avete il desiderio di fare questa strada che è molto bella, pernottate a Premana, che allora la vostra escursione sarà comoda e ricompensatissima.
Seconda avvertenza o consiglio paterno: evitate di dormire a Piazzotto a meno che non vogliate fare un po' di penitenza dei vostri peccati, ma se invece desiderate farla in altro modo dormite al Sasso, certamente nemmeno al Sasso troverete grandi cose ma almeno vi si potrà dormire. Alla mattina poi, mettendovi in moto di buon ora, potrete giungere alla cima prima che il sole sia spuntato, e discendendo dalla stessa parte potrete trovarvi comodamente a Lecco per la sera, facendovi trovare una carrozza ad Introbbio dove anzi potrete pranzare , tanto più che esistono buonissimi alberghi.
Ed ora finisco - e n'era ben ora - perdonatemi se abusai un po' troppo della vostra pazienza.


 

Ultime notizie: L'orso che tanto ci fece spavento non era un orso ma un'orsa. Venne uccisa nelle vicinanze di Premana da tre intrepidi cacciatori ...peccato che io non poteì essere il fortunato quarto!.



ANTONIO GNECCHI




NOTE
(1)"Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa."
Canto III dell'Inferno, al verso 51
(2) Parola poco comprensibile. Forse "Tresero", e quindi Pizzo Tresero
(3) Nota n. 1 dell'autore: "Chi vuole sapere chi fu la signora c'ebbe tanto coraggio, sappia che fu la signora Sala di Malgrate, maritata Stabilini".

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