MILANO: pomeriggio di domenica 18 marzo 1945.
Sono a casa di una mia compagna di classe. Dobbiamo studiare fisica che il professore non ha avuto il tempo di spiegare , perché poco dopo l'inizio della lezione, è suonato l'allarme aereo che è durato 50 minuti.
La materia è tanta e difficile. Siamo così concentrate che perdiamo la nozione del tempo. A un certo punto guardo l'orologio: manca un quarto alle 7. Panico: alle 8 inizia il coprifuoco e la mia casa è lontana.
Raccolgo in fretta e furia le mie cose, scendo le scale a precipizio e di corsa raggiungo la fermata del tram.
Sono a casa di una mia compagna di classe. Dobbiamo studiare fisica che il professore non ha avuto il tempo di spiegare , perché poco dopo l'inizio della lezione, è suonato l'allarme aereo che è durato 50 minuti.
La materia è tanta e difficile. Siamo così concentrate che perdiamo la nozione del tempo. A un certo punto guardo l'orologio: manca un quarto alle 7. Panico: alle 8 inizia il coprifuoco e la mia casa è lontana.
Raccolgo in fretta e furia le mie cose, scendo le scale a precipizio e di corsa raggiungo la fermata del tram.
Milano - Piazza Fontana bombardata |
Passano pochi minuti e il tram arriva ma è gremitissimo: solo due persone, spingendo a più non posso, riescono a salire; in sette restiamo a terra.
Dopo sette o otto minuti arriva un altro tram che, però, espone il cartello "Deposito Messina", per cui non farà l'intero percorso. Salgo comunque per avvicinarmi un po' più a casa.
Prima che il tram devii per raggiungere il deposito scendo, perché so che lì vicino c'è la fermata di due linee tranviarie che passano non molto lontano dalla mia abitazione.
Le persone che sono in attesa mi assicurano che ogni sera a quell'ora passa l'ultima vettura che fa il suo regolare percorso. Mi tranquillizzo un po'. Dopo pochi minuti il tanto agognato tram arriva. Saliamo: tutti i passeggeri tengono gli occhi incollati all'orologio che c'è al centro della vettura.
Io scendo alla terza fermata: mancano nove minuti alle 8; dovrei farcela. Mi metto a correre all'impazzata. A metà strada incrocio una pattuglia tedesca. "Haus! Haus!" mi urla uno dei due militari. Continuo a correre. Eccomi davanti a casa finalmente. Mancano due minuti alle 8. Mi fermo un attimo davanti al portone per riprendere fiato. Nell'androne incontro la portinaia: mi sorride e mi dice: "dall'aspetto che hai, devi averla fatta una bella corsa!"
Mi avvio verso le scale : mi aspettano 91 gradini che, contrariamente al solito, salgo lentamente, col cuore ancora in tumulto.
Dopo sette o otto minuti arriva un altro tram che, però, espone il cartello "Deposito Messina", per cui non farà l'intero percorso. Salgo comunque per avvicinarmi un po' più a casa.
Prima che il tram devii per raggiungere il deposito scendo, perché so che lì vicino c'è la fermata di due linee tranviarie che passano non molto lontano dalla mia abitazione.
Le persone che sono in attesa mi assicurano che ogni sera a quell'ora passa l'ultima vettura che fa il suo regolare percorso. Mi tranquillizzo un po'. Dopo pochi minuti il tanto agognato tram arriva. Saliamo: tutti i passeggeri tengono gli occhi incollati all'orologio che c'è al centro della vettura.
Io scendo alla terza fermata: mancano nove minuti alle 8; dovrei farcela. Mi metto a correre all'impazzata. A metà strada incrocio una pattuglia tedesca. "Haus! Haus!" mi urla uno dei due militari. Continuo a correre. Eccomi davanti a casa finalmente. Mancano due minuti alle 8. Mi fermo un attimo davanti al portone per riprendere fiato. Nell'androne incontro la portinaia: mi sorride e mi dice: "dall'aspetto che hai, devi averla fatta una bella corsa!"
Mi avvio verso le scale : mi aspettano 91 gradini che, contrariamente al solito, salgo lentamente, col cuore ancora in tumulto.
Carla Deambrogi Carta
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