venerdì 18 dicembre 2009

L'ADORAZIONE DEI PASTORI NELLA CHIESA PARROCCHIALE DI VERDERIO SUPERIORE di Elisabetta Parente

Questo brano è parte del capitolo intitolato La chiesa dei santi Giuseppe e Floriano: la genesi architettonica e le sue opere, scritto da Elisabetta Parente per il libro La chiesa parrocchiale dei santi Giuseppe e Floriano 1902 - 2002: un secolo di storia, arte e vita religiosa, pubblicato dalla parrocchia di Verderio Superiore in occasione del centenario della costruzione della chiesa.
m.b.







Di discrete dimensioni è il bel dipinto inserito nella cappella, a destra dell'altare, di san Giuseppe, uno dei santi a cui è dedicata la chiesa.
Si tratta di un'opera ad olio, eseguita su tavola, databile intorno alla seconda metà del XVI secolo.
Nell'archivio parrocchiale vi è un documento che riguarda la visita pastorale dell'arcivescovo di Milano Andrea Carlo Ferrari, compiuta nel 1905: in esso viene citata quest'opera, definita "di molto pregio, per essere stata dipinta da Pellegrino Tibaldi (1527 - 1596) al tempo di san Carlo Borromeo".
Il dipinto rappresenta l'Adorazione di Gesù da parte dei pastori, traendo spunto dalla descrizione del Vangelo di san Luca. Questo soggetto presenta forti legami tematici con la Natività e l'Adorazione dei Magi: i tre temi, infatti, mostrano molte similitudini iconografiche e il ripetersi degli stessi elementi, come per esempio la capanna, la mangiatoia, il bue e l'asino.
Nella tavola di Verderio, non si può non ammirare come la scena, complessa ed orchestrata a più livelli, sia composta con sapienza.


In primo piano, nel livello più vicino allo spettatore, trova posto la Sacra Famiglia.
Giuseppe e Maria sono inginocchiati per terra: il padre mostra i simboli del lungo cammino da poco interrotto (il piede calzato posto in evidenza, il bastone stretto in una mano); la madre, con le mani giunte, è raccolta in preghiera.
Entrambi sono in adorazione del piccolo Gesù, posto per terra, tra le due figure.
Se nell'antichità Gesù era raffigurato invariabilmente sdraiato dentro una mangiatoia, è a partire dal XV secolo che appare questa importante variante; il bambino è deposto per terra, a volte su un semplice lenzuolo, come in quest'opera, a volte su un lembo del manto della Vergine, secondo un'iconografia di origine fiamminga, comunque sul nudo suolo per simboleggiare l'umiltà e la natura umana di Cristo.
A chiudere la scena, quasi ad isolare in maggior raccoglimento i protagonisti, vi sono il bue e l'asino, resi con abilissimo naturalismo.
Alle spalle della Sacra Famiglia si apre la capanna, più una citazione del luogo in cui è avvenuta la nascita che non ambiente atto ad ospitare l'evento descritto.
E' interessante notare quanto sia diverso il significato attribuito alle "rovine" presenti nell'opera. L'architettura che ha protetto la nascita del Redentore è poco più di un rudimentale riparo: la copertura del tetto è rotta in più punti, le mura appaiono solcate da numerose crepe. Proprio in queste spaccature però si insinuano e fioriscono, puntando verso il cielo, arbusti e ramoscelli verdi. Lo stato della capanna vuole quindi testimoniare come in quel luogo tanto semplice ha visto la luce, attraverso la nascita di Gesù, il nuovo corso della storia e la redenzione di tutto il genere umano.
Alle spalle della Vergine appare invece, bene in evidenza, una colonna spezzata posta su un alto basamento. Elemento rappresentativo dell'architettura classica, la colonna in rovina è stata spesso utilizzata dagli artisti come simbolo di lutto e di morte. E' molto frequente incontrare, raffigurati nella Natività o nell'Adorazione, templi romani o architetture classiche erosi e in disfacimento, senza che nessun tipo di vegetazione li ricopra.

Il messaggio sotteso è, come nella tavola di Verderio, evidente: i resti dell'architettura classica servono ad affermare la fine del mondo pagano, mentre le pietre in rovina della capanna, simbolo di una povertà densa di futuro segnano l'avvento del mondo cristiano.
Ad adorare il Cristo, appena nato, sono accorsi i pastori. Gli umili della terra, prima ancora dei re, si presentano, a destra e a sinistra della capanna, a rendere omaggio a Gesù. Secondo la leggenda, anche i pastori, come più tardi i Magi, portarono doni al bambino: uova, latte e un agnello i cui piedi, come anticipazione della crocifissione, erano legati l'un l'altro.


Nella nostra opera i pastori non recano doni e la nostra attenzione viene totalmente catturata dalla bellezza dei loro volti, quasi ritratti dal vero e dalla solenne semplicità dei loro gesti.
In alto, nell'estremità sinistra del quadro, si affacciano sulla scena, posati su dense nubi rosate, gli angeli, coloro che hanno dato ai pastori la lieta notizia della nascita del Salvatore. Sebbene queste figure angeliche siano suggerite proprio dalla narrazione evangelica, è pur vero che solo un artista del XVI secolo poteva rappresentare un concerto celeste con tale trasporto e verità d'immagine, arricchito dalla visione degli splendidi strumenti musicali.



Infine, posta fra cielo e terra, distesa fra il coro angelico e le figure dei pastori, si apre una bella veduta paesaggistica. Di semplice orchestrazione, mostra poche piante, alcune più vicine, altre più lontane ed un semplice casolare, la campagna con i sentieri percorsi dai pastori.
Nella tavola di Verderio è rappresentato l'evento lieto della nascita di Gesù e dell'adorazione, senza che nessun elemento, più o meno scoperto, venga a prefigurare il futuro e doloroso destino del Cristo, come molto spesso accade invece nelle opere del tardo Cinquecento, dove i simboli della Passione trovano posto vicino alla figura di Cristo bambino.
Anche se l'attribuzione a Pellegrino Tibaldi, grande maestro attivo nella Milano della Controriforma, caratterizzata dall'azione di san Carlo Borromeo, non è dato certo, lo stile con cui è stata eseguita la tavola mostra indubbiamente la mano di un artista di grande finezza esecutiva.
L'opera si inserisce nel filone della pittura tardo manierista.
Le figure, che sono tracciate con un disegno preciso ed accurato, sono piacevolmente ricercate nei volti e rivestite di morbidi panneggi, i cui dettagli sono estremamente curati. Si vedano, per esempio, la camicia ed il mantello, appena intravisto e fermato al collo, del pastore posto all'estrema sinistra del quadro.
L'intonazione gradevole dell'opera viene completata dall'attenta ricerca cromatica.
I colori, dati per velature sovrapposte, sono preziosamente accordato fra loro: splendido l'accostamento di veste verde, sopravveste rosa, manto dalla calda tonalità gialla di Giuseppe, così come è notevole, di un colore quasi trasparente, la veste rosata della Vergine.

ELISABETTA PARENTE


1 commento: