lunedì 24 ottobre 2022

UNA BARCA DI NONNI racconto di Ivano Riva. Disegni di Gioela.

 Ti avevo promesso un racconto sulla mia infanzia  "portense" [Porto d'Adda NdR] ma il via tarda a scattare.

Nel frattempo non sono rimasto inattivo.

In occasione della prima Comunione della nipote di Gavina, mia moglie,  ho scritto un raccontino come regalo personale. Per chi è di famiglia è risultato una cosa molto carina. Non so come possa risultare alle orecchie di chi è al di fuori del nostro ambito familiare.

Non è un racconto di storia e credo che non c'entri proprio nulla con il tuo blog. Te lo invio lo stesso, mal che vada ti rubo un quarto d'ora di tempo, sperando di strapparti due risate.

Il racconto gioca sul dilemma di una bambina che, come tante, ha un sacco di nonni. Vuoi perchè non distingue i nonni dei bisnonni , ma anche per via del fatto che i nonni stessi hanno divorziato per poi risposarsi.

Non è una cosa da poco l'imbarazzo di una bimba costretta a dare una risposta alla domanda "Scrivi i nomi dei tuoi 4 nonni".

Ora, a 9 anni, Gioela, la nipote di Gavina, ha ben chiaro chi sono i suoi 4 nonni effettivi, ma non rinuncia a chiamare nonni coloro che da sempre li ritiene tali.

Faccio eccezione io: sono riuscito (credo) a essere per lei un amico dei giochi e delle risate. Ivano


UNA BARCA DI NONNI di Ivano Riva


1 - Un giorno di nove anni fa.

La luce del primo mattino filtra dalle imposte e dà corpo alla camera. I sibili del maestrale, i rumori della strada e l’aspirapolvere della signora del piano di  sopra completano il quadro di questo giorno che inizia oziando sotto le coperte. E’ vero che a primavera la natura si risveglia, però Dalila è convinta che si possa fare con calma. 

Normalmente il mattino è l’inizio della giornata, ma per lei è l’ultima parte della notte, poi oggi è il primo giorno di primavera ma non solo, Gavino è a casa ed è al suo fianco che galoppa negli spazi cosmici del sonno.

A dire il vero, in casa la primavera è arrivata portata da una rondinella il 7 febbraio, e poi dicono che una rondine non fa primavera. In questo momento la ben arrivata dorme comoda nella culla con il viso beato di chi ha visto la Madonna del latte dolce di Sassari. In effetti Gioela è semplicemente satolla e soddisfatta della poppata da poco conclusa. Un adulto pur di  essere al suo posto darebbe un giorno di ferie. Saprebbe apprezzare meglio la beatitudine e l’appagamento che danno una pancia piena e senza lo sforzo di tenere in mano una posata.

Il senso di protezione materno sposta lo sguardo di Dalila dal viso della figlia alla culla e precisamente alla giostrina delle api. Il giorno prima  Francesco, sotto l’effetto di un narghilè allo zenzero, l’ha fatta girare come un calcinculo e un’ape partita per la tangente gli è finita in un occhio.

Ora sembra tutto a posto. Forse l’occhio del fratello un po’ meno.

“Hic “

Ecco è arrivato il singhiozzo. La voglia di prenderla tra le braccia per dare la pacchetta sulla schiena è pari a zero e lei confida nelle risorse umane di Gioela per risolvere il problema. Non è così, anzi è una rumba che sale sempre più di volume. Allunga la mano e le fa una carezza sul pancino, dicono che funzioni. Nulla, prova a stringere le narici e contare fino a dieci ma arrivata a sei  il visino della piccola si fa paonazzo. Molla la presa nel panico. La piccina riprende un colorito normale e a conferma che è tutto a posto arriva un peto discreto, in punta di piedi.

“Hic” 

“Porca miseria”

Dalila valuta la possibilità di  optare per il metodo “spavento”, ma  le sorge il dubbio che poi a spaventarsi sia Gavino che nel suo galoppo alato potrebbe precipitare. Desiste dall’intento.

 Nel frattempo nota che il singhiozzo della figlia è regolare, non solo, calcola che tra un atto e l’altro passano esattamente nove secondi, 

“Incredibile, mia figlia ha il diaframma collegato con un timer”.

Ma non solo, Dalila arriva alla conclusione  che nove è la potenza di un numero perfetto, cioè tre. Non è casuale: sua figlia ha qualcosa di magico! Non solo è perfetta come il numero tre ma è potente come il nove. Dal difficile ragionamento ne esce ubriaca e spossata. 

Ora la guarda con altri occhi e sente dentro di sè l’orgoglio lievitare e l’ammirazione tracimare.

“Nooooooo!”

Se vi state chiedendo perché improvvisamente Dalila ha urlato vi informiamo subito che un secondo suono si è unito al singhiozzo. Almeno il primo si sente ogni 9 secondi, questo invece è come una carrozza trainata da una quadriga al galoppo. In pratica Gavino sta russando e ora Dalila è presa tra due fuochi.  Diciamo che è in stereofonia. 

“Gavino, Gavino ti prego!” 

La disperazione l’assale, ma proprio quando non sa più da che parte girarsi ha un lampo di genio e prova su di lui quello che non ha funzionato con la figlia : gli tura le narici. Il gesto è deciso e la presa ferrea. Dopo qualche secondo il possessore del naso accenna a un inutile scuotimento, poi in un crescendo inarrestabile il naso soffia come un mantice sulla brace. Quando Dalila lascia la presa il silenzio ritorna padrone della camera. Infatti anche Gioela, forse solidarizzando con il padre, si azzittisce. Dalila ora è soddisfatta come una chioccia quando mette in riga i pulcini. 

Adesso si gode gli ultimi scampoli di notte….si fa per dire. Il gallo ha cantato da un bel pezzo!

Si tira sul mento la coperta mentre con lo sguardo vaga oziando tra le foto appese alle pareti della camera. Bella la foto che la ritrae con Gavino a Barcellona, è la sua preferita. Certo che festeggiare il fidanzamento in Spagna, il paese delle cornate, non è stato il massimo, ma forse è stato un viaggio scaramantico. 

Sembra ieri quando Dalila conobbe Gavino. Lì per lì l’aveva scambiato per un romano, precisamente un burino de Trastevere. E che vuole questo? 

Poi successe una cosa strana: un giorno che se ne andava a passeggio lo vide a un tavolino del Falò con una tipa. Embè, che me frega? Girato l’angolo della via si bloccò di colpo con un pugno nello stomaco. Ma che è? Innestando la marcia del gambero ritornò all’angolo e sbirciò. Li vide con il cellulare in mano nei classici gesti di chi si scambia il numero. La gelosia le dilatò le mucose nasali.

Dalila si è sempre definita una tollerante, vivi e lascia vivere, ma quella volta la rabbia che le montava dentro le fece giurare che quell’uomo doveva diventare suo, a prescindere.

E così fu!

Per dovere di cronaca dobbiamo riferire che la tipa che stava al tavolino era Giuliana, una suora laica di Badesi, missionaria nelle Filippine. Stava chiedendo a Gavino se fosse disposto a organizzare un torneo di calcetto per raccogliere fondi per un orfanotrofio.

Nel letto Gavino si gira e nel sonno la cinge in vita con un braccio.

Dalila pensa alla prima volta che Gavino allungò, seppur discretamente, la mano. Che emozione ma anche che paura. Una paura che la inibiva e assurdamente lei immaginò che, come una spada di Damocle, incombesse sulla mano del suo Gavino una mannaia impugnata dal nonno Domenico. Che pensieri contorti si rincorrevano nella sua mente. E poi immaginò che in quel preciso momento (notare che erano le 2.00 di notte) la nonna Pina, per salvare la nipote dalle tentazioni, fosse in ginocchio nella chiesa di Balai a pregare santu Bainzu ischabizzaddu. 

Intanto i rumori dalla strada arrivano sempre più forti, É il fermento della città nel giorno inoltrato. Dalila capisce che malvolentieri è arrivato il momento di abbandonare il materasso. Lo sforzo per alzarsi le corruga il viso mentre Gavino, è il colmo, ha ripreso a russare.

Contemporaneamente nella  camera c’è qualcuno che, non vista, si sveglia e si guarda attorno. 

“Toh, la mamma si sta alzando dal letto. Che bella la mia mamma, con quegli occhioni! E pensare che la prima volta che l’ho vista pensavo fosse la governante filippina. Babbo quando russa mi ricorda i tre porcellini. Che bello svegliarsi e vedere la mamma e il babbo”.


2 - Ai giorni nostri..

Beh, oggi le cose sono cambiate per Gioela. Il risveglio del mattino è meno sereno, accompagnato non dalla vista rassicurante di mamma e babbo, ma da un incubo venuto forse da un pianeta lontano. 

Dicono che è suo fratello e che lo dovrebbe chiamare Emanuele, ma a lei viene sempre istintivo chiamarlo Bufera. Perché quel nome? Beh, provate a passare un quarto d'ora in cameretta con lui e lo capireste. Secondo Gioela questo bimbo è nato mentre nella costellazione di Giove infuriava un tornado e nello stesso tempo Saturno litigava con Uranio. 

In un secondo tempo Gioela aggiornò questa teoria. Avenne che in un tranquillo giorno di marzo Bufera si scatenò e preso il mazzo di carte del gioco “Solo” andò sul terrazzo.

Potete immaginare cosa fece: lanciò le carte  sulla strada ai passanti gridando: “Prendete e giocate.” Il tuffarsi della gente sulle carte, le auto bloccate e i pianti e le urla dei bimbi spaventati dal caos che si era creato, disegnarono una scena apocalittica.

Quando mamma Dalila intervenne, Bufera aveva già lanciato 55 carte. La sera Gioela triste triste nella sua camera si teneva tra le mani le rimanenti 57 carte e fu allora che alla sua teoria astrologica aggiunse che nel giorno in cui nacque Bufera il Toro aveva infilzato la Vergine.

Non bisogna cadere nell'errore di pensare che la vita della bimba fosse tribolata. Assolutamente no! La bimba godeva di una vita serena e spensierata, malgrado Bufera.

E venne il periodo della prima Comunione.

In occasione di questo momento religioso il Sindaco della città di Porto Torres pensò di invitare i bimbi  in Municipio per proporre loro un suo progetto. Quel mattino si presentarono in Municipio tutti i bimbi con le loro mamme. 

Qual era il progetto del sindaco? Egli lanciò l'idea di una serata canora per raccogliere fondi e realizzare così un nuovo parco giochi in viale delle Vigne. Il sindaco voleva far capire ai bimbi che la prima Comunione doveva essere anche un momento per fare qualcosa di utile per la loro città.

A un certo punto Gioela alzò una mano. Vedendola il sindaco le chiese cosa volesse. Timidamente lei chiese chi  avrebbe cantato. Il sindaco la ringraziò per la domanda che gli dava modo di spiegarsi meglio. In pratica ogni bimbo o bimba avrebbe cantato una canzone a sua scelta accompagnati da una band composta dai 4 nonni. Sul palco ogni band avrebbe trovato a sua disposizione 2 chitarre, una batteria e una tastiera. A quelle parole tutti i bimbi urlarono di gioia e già pensavano quale canzone avrebbero cantato. Gioela aveva già il titolo: “Farfalle”. 

Bella l'idea di coinvolgere i nonni con i nipoti.

Uscita dal Comune Gioela era su di giri e insieme alla mamma se ne tornava a casa volando sul marciapiede dalla gioia. A un certo punto la bimba si bloccò. La mamma le chiese cosa avesse. Lei rispose che non aveva 4 nonni, ma molti di più mettendosi   a contarli con le dita. In quel mentre si levarono strombazzate di clacson. Scusate, ci siamo dimenticati di dire che Gioela era ferma sulle strisce pedonali. Ne nacque un quieto dialogo tra Dalila e il viso che sporgeva dal finestrino della prima auto in coda.

“Signora vuole togliersi di mezzo dalla strada?”

“Eh, che maniere, un po' di pazienza.”.

“Pazienza? E quanta pazienza devo avere.”

“Eh, il tempo che ci vuole per mia figlia per contare i nonni.”

“Eh che cavoli. Sono 5 minuti che sono fermo, quanti nonni ha sua figlia?”

“Una barca!!!”. 


Una volta a casa la bimba si cercò un angolo tranquillo per riflettere e trovare una soluzione al suo dilemma. E a questo pro si chiuse in bagno. Evitò la cameretta dato che vi era in corso un lancio di biglie da parte di Bufera. Venne sera senza che ella trovasse la soluzione. A tavola chiese aiuto ai genitori. Mamma propose un turn-over di nonni a ogni strofa, ma la cosa non piacque alla bimba. Babbo all'inizio sembrava indifferente alla questione ma dopo due bicchieri di birra si alzò in piedi e a gran voce esclamò:

“Ci sono, ho trovato la soluzione. Semplicemente ogni strumento sarà suonato da due nonni!”

“ Che vuoi dire?” chiese Dalila mentre Gioela pendeva dalle labbra di babbo.

“Voglio dire che la batteria sarà suonata da due nonni, ognuno avrà una bacchetta. La tastiera sarà suonata a quattro mani.

“E le chitarre?” chiese scettica Dalila mentre Gioela pendeva meno dalle labbra di babbo.

“Semplice, uno tiene il manico e l'altro strimpella!”

Finita quella frase, Gavino notando lo sguardo fulminante della moglie, si rimise a sedere quieto  come un cagnolino a cuccia.

La notte fu per Gioela un susseguirsi di pensieri che non la portavano da nessuna parte. Dopo anni a vantarsi di avere tanti nonni che voleva dire tanti regali e tanto affetto ora si ritrovava a rimpiangere di non avere 4 nonni come tutti.

Gioela aveva il terrore che i nonni e le nonne litigassero per suonare i 4 strumenti. Che brutta figura davanti al pubblico presente.

Gira che ti rigira trovò la soluzione: avrebbe cantato da sola senza la band. Restava il problema di come fare per non far salire tutti quei nonni sul palco. 

Un pomeriggio, mentre era immersa nei suoi pensieri, guardava distrattamente Bufera che era alle prese con i funghi che la mamma aveva messo in ammollo. Prendendone uno alla volta ne staccava la cappella dicendo: “Fuori uno, fuori due, fuori tre...”.

Nella sua testa maturò la soluzione: avrebbe fatto in modo che i nonni per vari motivi fossero impossibilitati a presentarsi alla serata. Prese carta e penna e mise per iscritto il piano che doveva scattare la mattina del giorno della festa canora.

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3 - 4 giugno, il giorno del concerto serale.

Nonna Betta al mattino riceve una telefonata da Gioela.

“Ciao nonna sono Gioela, volevo sentirti.”

“Oh ciao Gioela, che carina.”

“Che fai di bello oggi, nonna?”

“E che devo fare? Sono in ospedale e mi curano.”

“Ah bene, nonna mi raccomando, non ti muovere da lì e stai bene. Ciao ciao.”

Chiusa la telefonata Gioela strofinandosi le mani mormora: “E una è a posto!”

Ora pensa a nonna Francesca e la immagina sulla corriera. 

Sì, dovete sapere che Gioela, venuta a conoscenza di una gita della parrocchia alla Madonna del Latte, ha convinto nonna Francesca a parteciparvi dicendole che avrebbe avuto latte gratis per un anno. Ma Gioela non sa che la nonna quel mattino aveva ricevuto una telefonata che la informava che la gita non si sarebbe fatta dato che avevano trovato la corriera con le gomme forate.

E nonno Matteo? Il poveretto si è trovato alla porta i carabinieri che lo accusano di avere rubato 5 pecore al vicino Cuccureddu, il pastore. In effetti le pecore stanno legate al gelso nel suo cortile e si chiede chi fosse l'artefice di questo brutto scherzo. 

I carabinieri lo informano che una telefonata anonima con una voce da bambina, che  secondo loro era alterata, li aveva informati del furto. . 

Triste è la scena nel vedere compare Matteo con le manette ai polsi scortato da due carabinieri dirigersi verso la camionetta. La gente si è assiepata ed è senza parole, mai avrebbe immaginato che Matteo fosse un ladro. A un giornalista della Nuova Sardegna un vicino di casa afferma che ci sono di mezzo i servizi segreti deviati.

Proprio mentre Matteo sta salendo sulla camionetta, dal fondo della strada arriva di corsa Cuccureddu, il pastore. Dopo un paio di minuti nonno Matteo è libero con il pastore che continua ad abbracciarlo ringraziandolo. Ringraziandolo di cosa? 

In pratica è successo che il tetto della stalla che ospitava le pecore è crollato e il furto le ha salvate. Noi sappiamo però che il furto l'ha commesso Gioela per bloccare il nonno.

E come Gioela blocca nonna Peppa? Facile. Alle 10,00 Gioela si presenta da nonna Peppa sapendo che di lì a poco avrebbe preso la mezza pastiglia di Cumadin. Infatti da brava nipotina la aiuta mettendo la mezza pastiglia nel bicchiere aggiungendone però altre 4. Poi saluta e se ne va con un diabolico sorriso sulle labbra. Quello che Gioela non sa è che la nonna come al solito aveva la sera prima mischiato le medicine e quello che bevve non era Cumadin ma Diarstop.

Proprio in quel momento nella macchia mediterranea verso l'Argentiera cammina guardingo nonno Gianpiero. Che ci fa lì? Semplice, Gioela la sera prima gli fece visita e dopo quattro chiacchiere, con noncuranza pose il giornale che si era portato sul tavolo, aperto a una pagina precisa. Il nonno lì per lì non lo degnò di uno sguardo, ma poi il titolo a lettere cubitali attirò la sua attenzione.

“Da due giorni un orso marsicano gira facendo razzie di galline nelle zone dell'Argentiera. C'è una grossa taglia per chi lo cattura, vivo o morto.”.

Gioela vide subito negli occhi del nonno ardere le fiamme del cacciatore e capì di avere fatto Bingo.


Ora Gianpiero sta seguendo fresche tracce di orso. C'è da dire che c'è una pecca nel suo aspetto: nell'eccitazione della caccia si è messo la cartucciera di traverso, alla Pancho Villa. Nel caso sentisse i morsi della fame si è messo nella bisaccia una teglia intera di lasagne. Quello che non sa è che Gioela ha sostituito i proiettili nella cartucciera con finti proiettili che scoppiano nella canna. Niente di grave, Gioela si è informata bene sui danni collaterali. Sembra che al massimo al nonno gli si brucino la barba e i capelli quel tanto che basta a non poter essere presente la sera alla festa.

Ed ecco l'orso, è sdraiato dietro un cespuglio. Veloce come un fulmine Gianpi punta il fucile nella sua direzione mirando alla testa. L'orso notando Gianpiero si rizza sulle due zampe guardingo. 

Questa immagine terrorizza il nostro cacciatore: l'animale che vede non è un orso marsicano ma bensì un grizzly  alto due metri. Aggrappandosi a una flebile speranza cerca di convincersi che forse si tratta  dell'orso Yoghi. Per confermare ciò si guarda a destra e a sinistra cercando Bubu, che non c'è ovviamente. Ecco che nel nostro amico il coraggio del cacciatore fa spazio piano piano all'istinto di conservazione, e ciò lo porta in men che non si dica a girarsi di scatto e correre a gambe levate. L'orso credendo che sia un gioco si mette a correre proprio nella sua direzione. Il signor Gianpiero non ha mai corso così veloce nella sua vita, ma questo non basta, e nel panico perde la bisaccia. Al limite delle forze con il cuore che gli scoppia in petto, dandosi ormai per morto, si ferma aspettando una zampata che però non arriva. Si gira e vede l'orso che, trotterellando, si allontana tenendosi la teglia di lasagne.

Certo che per un cacciatore dovere la vita alle lasgne non è cosa da divulgare.

E i nonni Mariuccia e Antonio? Nessun problema: a mezzogiorno Gioela si presenta da loro con due pizze. Un piccolo pensiero che i nonni apprezzano molto. Tornando a casa Gioela ridacchia sotto i baffi immaginando i nonni in bagno sul water a turno per ore e ore. In effetti i nonni passano sì il pomeriggio in bagno, ma non a turno, bensì insieme per cercare di bloccare la lavatrice che in centrifuga sbatte a destra e sinistra e non c'è modo di fermarla. La lavatrice iniziò la centrifuga proprio nel momento in cui i due si apprestavano a gustare le pizze. Quando finalmente dopo un'ora tornano in cucina, notano che le pizze sono sparite. Se le è mangiate il gatto che ora è alle prese con una forte evacuazione corporale.

C'è il turno anche di nonna Gavina. Nel primo pomeriggio troviamo Gioela e la nonna percorrere a piedi un viottolo. Gioela aveva detto alla nonna che un amico produce del pecorino di ottima qualità. La donna si è interessata subito e infatti si stanno dirigendo dal pastore  Naturalmente non c'è nessun pastore e nessun formaggio: è una trappola della furba Gioela. 

Dopo lo sfiancante cammino di chilometri, Gavina con la nipote giunge a un capanno nel bosco senza immaginare cosa l'aspetta. E' stanca, grondante di sudore e i piedi che gli scoppiano nelle scarpe. Maledetta l'idea di mettersi le scarpe da tennis plastificate. Appena entrata nel capanno succede tutto in un attimo: tre bambini la immobilizzano e in un batter d'occhi si ritrova stesa su un tavolaccio, legata e con i piedi nudi. Non capisce cosa sta succedendo e il terrore l'assale. 

 Vede uno dei tre bimbi prendere una confezione di sale e con un pennello cospargerlo su i suoi piedi sudati. Gavina comincia a intuire a cosa sta andando incontro e la conferma arriva quando, da una porticina laterale, arriva lemme lemme una capra.

Poco dopo Gioela e gli amici camminano nel bosco per tornare a casa. La bimba sta immaginando la nonna che impazzisce mentre la capra le lecca le piante dei piedi. Si è informata bene: la lingua ruvida della capra scatena un prurito pazzesco. Sa anche però che la pazzia durerà qualche ora e poi la nonna ritornerà normale. 

Ma ancora una volta le cose non vanno come pensa Gioela. Usciti i bimbi la capra si avvicina famelica a quei piedi piccini dalla forma vagamente palmipede. Mentre si appresta a estrarre il ruvido arnese qualcosa nell'aria attira la sua attenzione. Spalanca le sue narici e qui compie il suo grande errore. Gli effluvi provenienti dai piedini la fanno stramazzare a terra svenuta. 

Dopo un'ora di fatica e pazienza Gavina riesce a liberarsi dai lacci e torna a casa.

L'ultima vittima è nonna Lucia. L'idea di Gioela è come una sceneggiatura di un film. Su suo ordine i soliti tre amichetti stanno andando a casa di nonna Lucia per rapirla e nasconderla in un casolare fino al giorno dopo. Inoltre Gioela sta valutando  l'idea di chiedere un riscatto a nonna Mariuccia. Tutto avviene come stabilito: i tre amichetti entrano silenziosi nella casa della poveretta. La legano, la imbavagliano e fuggono in bicicletta. C'è una piccola pecca: i tre, molto scarsi in aritmetica, si sono intrufolati non nella casa al civico 6 ma al 9, dove abita la signora Pasqualina portandosela via.

4 - La serata canora.

Gioela è tranquilla e serena. La canzone l'ha preparata per bene ed è sicura di fare un bel figurone. Non è semplice cantare a cappella, ma lei è fiduciosa delle proprie capacità. Sa che babbo e mamma, forse pure Bufera, sono tra il pubblico. Questa aspettativa evoca un pentimento. Il pensiero va ai nonni e le nonne che ha eliminato uno a uno. Si chiede se non avesse esagerato, se qualcuno si fosse fatto male. Per esempio la nonna Peppa con tutto quel Cumadin come sta? Un senso di rimorso per ciò che ha fatto ai nonni inizia a insinuarsi nella sua coscienza, ma non si può più tornare indietro.

La chiamano, è il suo turno. Sale sul palco accompagnata dagli applausi scroscianti del pubblico. Cerca i volti di babbo e mamma regalando loro un grande sorriso. Oddio c'è anche Bufera, speriamo che non combini guai. Si avvicina al microfono e annuncia il titolo della canzone: “Farfalle”. Un boato di approvazione sale dal pubblico. Aspettando che cali il silenzio, Gioela percepisce dei rumori di passi dietro di sè. Il suono di una chitarra nelle casse acustiche e un colpo di grancassa la fanno voltare. Quello che vede la lascia a bocca aperta, frastornata. I nonni e le nonne le stavano sorridendo, ognuno con il proprio strumento pronti a suonare. Paradossalmente una grande gioia le riempì il cuore. Nelle fila dei fiati c'è nonna Peppa pronta a soffiare in un bottiglione vuoto di vino. Alla ritmica c'è nonno Matteo con i campanacci. 


Si gira verso il microfono per dare inizio alla canzone ma si accorge che l'emozione e la gioia le hanno bloccato il respiro: non riesce a cantare! Il pubblico le regala un lungo applauso di incoraggiamento, ma Gioela non ricorda neppure le parole della canzone. Un nuovo suono le giunge da dietro, come il tintinnio che provoca una posata su un bicchiere. Si volta e vede sullo schermo gigante alla parete una ripresa in diretta dalla camera d'ospedale di nonna Betta. Con in mano un forcipe è pronta a usarlo su una serie di flebo di varia grandezza.

Ma non è finita. Sull'altra metà dello schermo, in una diretta dal paradiso, appaiono nonno Paolino con un flauto e nonno Domenico con una cetra. Gioela scoppia  a ridere quando nota che i due nonni hanno due ali che spuntano da dietro le spalle. Miracolosamente la risata la libera dalla morsa che le opprime il petto, e finalmente la bimba ritrova il fiato per cantare. Si gira decisa verso il microfono con l'immagine di nonno Domenico che le fa il pollice alzato.

Alla fine della canzone per Gioela, oltre alle farfalle volano gli applausi, le urla di gioia di babbo e mamma, le rimanenti 57 carte di “Solo” e i baci dei nonni.

Poi ella volge lo sguardo verso il cielo per vedere nonno Domenico e nonno Paolino volteggiare tra le stelle con le loro buffe alette da galletti amburghesi.

Quello che Gioela non sa è che i due furbacchioni approfittando del fatto di suonare gomito a gomito con nonna Betta hanno colto l'occasione per fare (appunto) i galletti. Non solo, le decantarono le bellezze del Paradiso, le gite con i picnic sulle stelle. Senza tralasciare il fatto che lassù nei villaggi turistici i cuochi, d'obbligo, devono essere sardi e ciò è graranzia di ottima cucina. E poi si beve un ottimo Vermntino di Vòenere..

Insomma è andata a finire che le strapparono un arrivederci molto prossimo. 

Infatti la luna e le stelle non dovettero attendere molto per vedere nonna Betta svolazzare nell'azzurro del cielo con un paio di alette da galletto amburghese verso il Paradiso e verso i due furbacchioni.





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