Nato a Milano il 30 dicembre 1902 da Luigi Gasparotto e Maria Biglia, nativi di Sacile (Pordenone) e trasferitisi a Milano subito dopo il matrimonio nell'estate del 1897.
Maturità classica al liceo Berchet di Milano. Iscritto come uditore all'Università Commerciale Bocconi, anno accademico 1921 - 22 e successivamente a Giurisprudenza all'Università degli Studi di Milano.
Laurea in legge, giugno 1926 con una tesi su "La concorrenza sleale nell'azienda industriale" all'Università degli Studi di Milano, allora in via S. Michele del Carso 25.
Studio con il padre in via Donizetti 32 a Milano, dove era la prima abitazione di famiglia, dall'arrivo fino al 1935.
Scalatore, alpinista, autore di prime ascensioni sulle Alpi (gli è dedicata una via sul Monte Rosa), condusse esplorazioni nel Caucaso (1929), dove gli è intitolata una vetta nel massiccio dell'Elbruz, e in Groenlandia (1934).
Alpinista militare e tenente di complemento degli Alpini, fu anche Accademico del CAI e appartenne alla scuola militare di alpinismo; frequentandola rafforzò i legami con molti, fra i quali il generale Masini, antifascisti come lui e attivi da quegli anni fino alla Resistenza.
Nello studio comune padre e figlio esercitavano la professione, il primo come penalista e il secondo come civilista. Il primo non condivideva e non approvava le attività sportive del secondo, che riteneva disdicevoli e non consone alla professione scelta.
IL CIPPO IN MEMORIA DI LEOPOLDO GASPAROTTO
SUL LUOGO DEL SUO ASSASSINIO, ALL'ESTERNO
DEL CAMPO DI FOSSOLI
Leopoldo aderì a Giustizia e Libertà e al Partito d'Azione e per il PDA fu il primo comandante militare delle bande di GL in Lombardia, ruolo tenuto, dopo la di lui cattura, da Leo Valiani.
Nel 1935 si era sposato con Nuccia Colombo, "Adele" che condusse con lui l'attività cospirativa e politica; insieme vivevano nella casa di via Melegari 2, dove viveva pure il padre.
Nei 45 giorni (25 luglio - 8 settembre 1943) promosse attivamente l'organizzazione degli antifascisti e degli azionisti e legò a sé, in particolare intorno al progetto di costituzione di una "Guardia Nazionale" che si opponesse alla penetrazione delle truppe tedesche, molti giovani che dalla caduta del fascismo si erano risvegliati all'attività politica, tra i quali l'allora giovanissimo operaio dell'Alfa Romeo Giulio "Nino" Seniga.
Affiancato da Alberto Martinelli, poi deportato in Germania e caduto,continuò fino all'8 settembre, a Varese nella villa di famiglia e a Milano nel garage attiguo alle macerie della vecchia abitazione e dello studio colpiti dai bombardamenti , gli sforzi volti a realizzare la "Guardia Nazionale". L'operazione fallì dopo che il Generale Ruggeri, comandante del Distretto Militare di Milano, rifiutò di fornire le armi e di concorrere alla difesa della città opponendosi all'ingresso delle truppe tedesche.
Il 12 settembre accompagnò la moglie e il figlio al confine svizzero e nei giorni seguenti, tramite i suoi uomini, fece espatriare il padre. Giuliano, il secondo figlio, nacque a Lugano nel 1944, tre mesi prima che Leopoldo morisse.
Seguì il passaggio alla clandestinità.

Aveva costituito, sin dai 45 giorni, un sistema informativo, anche con l'avvocato Barni e il notaio Virginio Neri, che segnalasse i movimenti e i posizionamenti delle truppe tedesche, di cui erano noti i movimenti per l'entrata in Italia sin dai giorni seguenti il 25 luglio. Dopo l'8 settembre questo reseau fu volto ad impossessarsi dei piani della linea gotica, compito che sembra fosse riuscito ad assolvere. Questo, insieme con l'attività di costituzione di gruppi partigiani e bande nelle montagne della Lombardia, l'organizzazione dei rifornimenti e di depositi di viveri e armi, i continui spostamenti tra molteplici luoghi della regione e i collegamenti apertamente e regolarmente tenuti con Milano, in modo spericolato e aperto, fino all'interno del Palazzo di Giustizia, fu all'origine della sua cattura per tradimento, avvenuta in Piazza Castello a Milano, alle ore 17 dell'11 dicembre 1943.

Rinchiuso a S. Vittore, torturato più di una volta, trasferito a Verona, interrogato e torturato al comando generale delle SS, fu inviato con i compagni al campo di concentramento di Fossoli.
Fu ucciso il 22 giugno 1944, alla vigilia del trasferimento in Germania: un gruppo di SS giunto da Verona, lo trasportò a qualche chilometro di distanza dal campo e lo falciò alla schiena.
Dopo la Liberazione gli fu attribuita la Medaglia d'oro al Valor Militare.
Autore di numerose relazioni di scalata, di viaggio, di esplorazioni alpinistiche, che documentò anche iconograficamente, tenne un diario della sua esperienza di prigionia.
A lui è intitolato un sito internet tenuto dai ragazzi del Liceo Berchet di Milano, dove studiò.
Pierluigi Gasparotto IL CAMPO DI FOSSOLI Il campo di fossoli fu istituito nel 1942 dagli italiani, per ospitare prigionieri di guerra. Dopo l'8 settembre 1943 fu acquisito dai tedeschie che lo utilizzarono come luogo di concentramento per prigionieri, ebrei e politici, destinati alla deportazione verso i campi di sterminio. Da Fossoli sono partiti 8 convogli ferroviari, 5 dei quali destinati ad Auschwitz. Dopo la fine della guerra, dal 1947 al 1952 il campo fu occupato dalla comunità di don Zeno Saltini, che in seguito darà vita a Nomadelfia. Dopo il 1953 a Fossoli abitarono, fino alla fine degli anni sessanta, famiglie di profughi dalmati e giuliani. M.B.Le fotografie sono mie. M.B.