Ti avevo promesso un racconto sulla mia infanzia "portense" [Porto d'Adda NdR] ma il via tarda a scattare.
Nel frattempo non sono rimasto inattivo.
In occasione della prima Comunione della nipote di Gavina, mia moglie, ho scritto un raccontino come regalo personale. Per chi è di famiglia è risultato una cosa molto carina. Non so come possa risultare alle orecchie di chi è al di fuori del nostro ambito familiare.
Non è un racconto di storia e credo che non c'entri proprio nulla con il tuo blog. Te lo invio lo stesso, mal che vada ti rubo un quarto d'ora di tempo, sperando di strapparti due risate.
Il racconto gioca sul dilemma di una bambina che, come tante, ha un sacco di nonni. Vuoi perchè non distingue i nonni dei bisnonni , ma anche per via del fatto che i nonni stessi hanno divorziato per poi risposarsi.
Non è una cosa da poco l'imbarazzo di una bimba costretta a dare una risposta alla domanda "Scrivi i nomi dei tuoi 4 nonni".
Ora, a 9 anni, Gioela, la nipote di Gavina, ha ben chiaro chi sono i suoi 4 nonni effettivi, ma non rinuncia a chiamare nonni coloro che da sempre li ritiene tali.
Faccio eccezione io: sono riuscito (credo) a essere per lei un amico dei giochi e delle risate. Ivano
UNA BARCA DI NONNI di Ivano Riva
1 - Un giorno di nove anni fa.
La luce del primo mattino filtra dalle imposte e dà corpo alla camera. I sibili del maestrale, i rumori della strada e l’aspirapolvere della signora del piano di sopra completano il quadro di questo giorno che inizia oziando sotto le coperte. E’ vero che a primavera la natura si risveglia, però Dalila è convinta che si possa fare con calma.
Normalmente il mattino è l’inizio della giornata, ma per lei è l’ultima parte della notte, poi oggi è il primo giorno di primavera ma non solo, Gavino è a casa ed è al suo fianco che galoppa negli spazi cosmici del sonno.
A dire il vero, in casa la primavera è arrivata portata da una rondinella il 7 febbraio, e poi dicono che una rondine non fa primavera. In questo momento la ben arrivata dorme comoda nella culla con il viso beato di chi ha visto la Madonna del latte dolce di Sassari. In effetti Gioela è semplicemente satolla e soddisfatta della poppata da poco conclusa. Un adulto pur di essere al suo posto darebbe un giorno di ferie. Saprebbe apprezzare meglio la beatitudine e l’appagamento che danno una pancia piena e senza lo sforzo di tenere in mano una posata.
Il senso di protezione materno sposta lo sguardo di Dalila dal viso della figlia alla culla e precisamente alla giostrina delle api. Il giorno prima Francesco, sotto l’effetto di un narghilè allo zenzero, l’ha fatta girare come un calcinculo e un’ape partita per la tangente gli è finita in un occhio.
Ora sembra tutto a posto. Forse l’occhio del fratello un po’ meno.
“Hic “
Ecco è arrivato il singhiozzo. La voglia di prenderla tra le braccia per dare la pacchetta sulla schiena è pari a zero e lei confida nelle risorse umane di Gioela per risolvere il problema. Non è così, anzi è una rumba che sale sempre più di volume. Allunga la mano e le fa una carezza sul pancino, dicono che funzioni. Nulla, prova a stringere le narici e contare fino a dieci ma arrivata a sei il visino della piccola si fa paonazzo. Molla la presa nel panico. La piccina riprende un colorito normale e a conferma che è tutto a posto arriva un peto discreto, in punta di piedi.
“Hic”
“Porca miseria”
Dalila valuta la possibilità di optare per il metodo “spavento”, ma le sorge il dubbio che poi a spaventarsi sia Gavino che nel suo galoppo alato potrebbe precipitare. Desiste dall’intento.
Nel frattempo nota che il singhiozzo della figlia è regolare, non solo, calcola che tra un atto e l’altro passano esattamente nove secondi,
“Incredibile, mia figlia ha il diaframma collegato con un timer”.
Ma non solo, Dalila arriva alla conclusione che nove è la potenza di un numero perfetto, cioè tre. Non è casuale: sua figlia ha qualcosa di magico! Non solo è perfetta come il numero tre ma è potente come il nove. Dal difficile ragionamento ne esce ubriaca e spossata.
Ora la guarda con altri occhi e sente dentro di sè l’orgoglio lievitare e l’ammirazione tracimare.
“Nooooooo!”
Se vi state chiedendo perché improvvisamente Dalila ha urlato vi informiamo subito che un secondo suono si è unito al singhiozzo. Almeno il primo si sente ogni 9 secondi, questo invece è come una carrozza trainata da una quadriga al galoppo. In pratica Gavino sta russando e ora Dalila è presa tra due fuochi. Diciamo che è in stereofonia.
“Gavino, Gavino ti prego!”
La disperazione l’assale, ma proprio quando non sa più da che parte girarsi ha un lampo di genio e prova su di lui quello che non ha funzionato con la figlia : gli tura le narici. Il gesto è deciso e la presa ferrea. Dopo qualche secondo il possessore del naso accenna a un inutile scuotimento, poi in un crescendo inarrestabile il naso soffia come un mantice sulla brace. Quando Dalila lascia la presa il silenzio ritorna padrone della camera. Infatti anche Gioela, forse solidarizzando con il padre, si azzittisce. Dalila ora è soddisfatta come una chioccia quando mette in riga i pulcini.
Adesso si gode gli ultimi scampoli di notte….si fa per dire. Il gallo ha cantato da un bel pezzo!
Si tira sul mento la coperta mentre con lo sguardo vaga oziando tra le foto appese alle pareti della camera. Bella la foto che la ritrae con Gavino a Barcellona, è la sua preferita. Certo che festeggiare il fidanzamento in Spagna, il paese delle cornate, non è stato il massimo, ma forse è stato un viaggio scaramantico.
Sembra ieri quando Dalila conobbe Gavino. Lì per lì l’aveva scambiato per un romano, precisamente un burino de Trastevere. E che vuole questo?
Poi successe una cosa strana: un giorno che se ne andava a passeggio lo vide a un tavolino del Falò con una tipa. Embè, che me frega? Girato l’angolo della via si bloccò di colpo con un pugno nello stomaco. Ma che è? Innestando la marcia del gambero ritornò all’angolo e sbirciò. Li vide con il cellulare in mano nei classici gesti di chi si scambia il numero. La gelosia le dilatò le mucose nasali.
Dalila si è sempre definita una tollerante, vivi e lascia vivere, ma quella volta la rabbia che le montava dentro le fece giurare che quell’uomo doveva diventare suo, a prescindere.
E così fu!
Per dovere di cronaca dobbiamo riferire che la tipa che stava al tavolino era Giuliana, una suora laica di Badesi, missionaria nelle Filippine. Stava chiedendo a Gavino se fosse disposto a organizzare un torneo di calcetto per raccogliere fondi per un orfanotrofio.
Nel letto Gavino si gira e nel sonno la cinge in vita con un braccio.
Dalila pensa alla prima volta che Gavino allungò, seppur discretamente, la mano. Che emozione ma anche che paura. Una paura che la inibiva e assurdamente lei immaginò che, come una spada di Damocle, incombesse sulla mano del suo Gavino una mannaia impugnata dal nonno Domenico. Che pensieri contorti si rincorrevano nella sua mente. E poi immaginò che in quel preciso momento (notare che erano le 2.00 di notte) la nonna Pina, per salvare la nipote dalle tentazioni, fosse in ginocchio nella chiesa di Balai a pregare santu Bainzu ischabizzaddu.
Intanto i rumori dalla strada arrivano sempre più forti, É il fermento della città nel giorno inoltrato. Dalila capisce che malvolentieri è arrivato il momento di abbandonare il materasso. Lo sforzo per alzarsi le corruga il viso mentre Gavino, è il colmo, ha ripreso a russare.
Contemporaneamente nella camera c’è qualcuno che, non vista, si sveglia e si guarda attorno.
“Toh, la mamma si sta alzando dal letto. Che bella la mia mamma, con quegli occhioni! E pensare che la prima volta che l’ho vista pensavo fosse la governante filippina. Babbo quando russa mi ricorda i tre porcellini. Che bello svegliarsi e vedere la mamma e il babbo”.
2 - Ai giorni nostri..
Beh, oggi le cose sono cambiate per Gioela. Il risveglio del mattino è meno sereno, accompagnato non dalla vista rassicurante di mamma e babbo, ma da un incubo venuto forse da un pianeta lontano.
Dicono che è suo fratello e che lo dovrebbe chiamare Emanuele, ma a lei viene sempre istintivo chiamarlo Bufera. Perché quel nome? Beh, provate a passare un quarto d'ora in cameretta con lui e lo capireste. Secondo Gioela questo bimbo è nato mentre nella costellazione di Giove infuriava un tornado e nello stesso tempo Saturno litigava con Uranio.
In un secondo tempo Gioela aggiornò questa teoria. Avenne che in un tranquillo giorno di marzo Bufera si scatenò e preso il mazzo di carte del gioco “Solo” andò sul terrazzo.
Potete immaginare cosa fece: lanciò le carte sulla strada ai passanti gridando: “Prendete e giocate.” Il tuffarsi della gente sulle carte, le auto bloccate e i pianti e le urla dei bimbi spaventati dal caos che si era creato, disegnarono una scena apocalittica.
Quando mamma Dalila intervenne, Bufera aveva già lanciato 55 carte. La sera Gioela triste triste nella sua camera si teneva tra le mani le rimanenti 57 carte e fu allora che alla sua teoria astrologica aggiunse che nel giorno in cui nacque Bufera il Toro aveva infilzato la Vergine.
Non bisogna cadere nell'errore di pensare che la vita della bimba fosse tribolata. Assolutamente no! La bimba godeva di una vita serena e spensierata, malgrado Bufera.
E venne il periodo della prima Comunione.
In occasione di questo momento religioso il Sindaco della città di Porto Torres pensò di invitare i bimbi in Municipio per proporre loro un suo progetto. Quel mattino si presentarono in Municipio tutti i bimbi con le loro mamme.
Qual era il progetto del sindaco? Egli lanciò l'idea di una serata canora per raccogliere fondi e realizzare così un nuovo parco giochi in viale delle Vigne. Il sindaco voleva far capire ai bimbi che la prima Comunione doveva essere anche un momento per fare qualcosa di utile per la loro città.
A un certo punto Gioela alzò una mano. Vedendola il sindaco le chiese cosa volesse. Timidamente lei chiese chi avrebbe cantato. Il sindaco la ringraziò per la domanda che gli dava modo di spiegarsi meglio. In pratica ogni bimbo o bimba avrebbe cantato una canzone a sua scelta accompagnati da una band composta dai 4 nonni. Sul palco ogni band avrebbe trovato a sua disposizione 2 chitarre, una batteria e una tastiera. A quelle parole tutti i bimbi urlarono di gioia e già pensavano quale canzone avrebbero cantato. Gioela aveva già il titolo: “Farfalle”.
Bella l'idea di coinvolgere i nonni con i nipoti.
Uscita dal Comune Gioela era su di giri e insieme alla mamma se ne tornava a casa volando sul marciapiede dalla gioia. A un certo punto la bimba si bloccò. La mamma le chiese cosa avesse. Lei rispose che non aveva 4 nonni, ma molti di più mettendosi a contarli con le dita. In quel mentre si levarono strombazzate di clacson. Scusate, ci siamo dimenticati di dire che Gioela era ferma sulle strisce pedonali. Ne nacque un quieto dialogo tra Dalila e il viso che sporgeva dal finestrino della prima auto in coda.
“Signora vuole togliersi di mezzo dalla strada?”
“Eh, che maniere, un po' di pazienza.”.
“Pazienza? E quanta pazienza devo avere.”
“Eh, il tempo che ci vuole per mia figlia per contare i nonni.”
“Eh che cavoli. Sono 5 minuti che sono fermo, quanti nonni ha sua figlia?”
“Una barca!!!”.
Una volta a casa la bimba si cercò un angolo tranquillo per riflettere e trovare una soluzione al suo dilemma. E a questo pro si chiuse in bagno. Evitò la cameretta dato che vi era in corso un lancio di biglie da parte di Bufera. Venne sera senza che ella trovasse la soluzione. A tavola chiese aiuto ai genitori. Mamma propose un turn-over di nonni a ogni strofa, ma la cosa non piacque alla bimba. Babbo all'inizio sembrava indifferente alla questione ma dopo due bicchieri di birra si alzò in piedi e a gran voce esclamò:
“Ci sono, ho trovato la soluzione. Semplicemente ogni strumento sarà suonato da due nonni!”
“ Che vuoi dire?” chiese Dalila mentre Gioela pendeva dalle labbra di babbo.
“Voglio dire che la batteria sarà suonata da due nonni, ognuno avrà una bacchetta. La tastiera sarà suonata a quattro mani.
“E le chitarre?” chiese scettica Dalila mentre Gioela pendeva meno dalle labbra di babbo.
“Semplice, uno tiene il manico e l'altro strimpella!”
Finita quella frase, Gavino notando lo sguardo fulminante della moglie, si rimise a sedere quieto come un cagnolino a cuccia.
La notte fu per Gioela un susseguirsi di pensieri che non la portavano da nessuna parte. Dopo anni a vantarsi di avere tanti nonni che voleva dire tanti regali e tanto affetto ora si ritrovava a rimpiangere di non avere 4 nonni come tutti.
Gioela aveva il terrore che i nonni e le nonne litigassero per suonare i 4 strumenti. Che brutta figura davanti al pubblico presente.
Gira che ti rigira trovò la soluzione: avrebbe cantato da sola senza la band. Restava il problema di come fare per non far salire tutti quei nonni sul palco.
Un pomeriggio, mentre era immersa nei suoi pensieri, guardava distrattamente Bufera che era alle prese con i funghi che la mamma aveva messo in ammollo. Prendendone uno alla volta ne staccava la cappella dicendo: “Fuori uno, fuori due, fuori tre...”.
Nella sua testa maturò la soluzione: avrebbe fatto in modo che i nonni per vari motivi fossero impossibilitati a presentarsi alla serata. Prese carta e penna e mise per iscritto il piano che doveva scattare la mattina del giorno della festa canora.
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