giovedì 1 ottobre 2020


 

INNATO CORAGGIO, una poesia di Cristina Carlotti

 

INNATO CORAGGIO


“…. A un certo punto

Non ce la fai più con la paura e

non si può far altro che

attraversarla e

arrivare così al Coraggio :

una forma che come

scultura

rimane dentro di noi

insieme ai nostri angeli…”

cri 12/III/2020



 

UN MONDO TRA REALTÀ E FANTASIA di Ivano Riva

Da Ivano Riva, un amico conosciuto da poco, ho ricevuto questo testo di ricordi e di fantasia che molto volentieri pubblico. M.B.

 

UN MONDO ... E FANTASIA

 ACQUA CORRENTE

“Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura, tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all’occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l’Adda ricomincia…”
(Tratto da “I Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni)  

 

Scorre l’Adda, scorre verso sud mantenendo fede alla direzione di quel ramo del lago. Dopo il lungo abbraccio materno e ristoratore lacustre, ora il fiume scorre placido e languido.
I Celti, popolo molto intelligente, quando per la prima volta intravvidero tra la folta vegetazione questo maestoso fiume, lo chiamarono da subito “Abdua”; da lì Adda cioè “acqua corrente”. Peccato non ci fosse uno nei paraggi che avesse fatto notar loro che ogni fiume è “acqua corrente”. Alcuni storici affermano che il termine “corrente” non è riferito allo scorrere delle acque, ma alla capacità di produrre energia elettrica che il fiume ha regalato e regala ancora alla comunità. Quindi, possiamo dire, se questa tesi è valida, che i Celti oltre che intelligenti possedevano anche il dono della preveggenza.
Lasciata Lecco, come dicevamo, il fiume non ha fretta nel suo viaggiare in pianura. È un susseguirsi di placide anse che bagnano i piedi ai monti; ogni tanto rallenta a formare lanche dormienti, infilandosi tra i canneti o lasciandosi accarezzare dalle fronde degli alberi.  

Poi, improvvisamente, a Paderno d’Adda, come se solo allora si fosse accorto di essere in ritardo all’appuntamento con il Po, il fiume si mette a correre a spron battuto lanciandosi in una lunga gola dalle sponde ripide e rocciose; monta su enormi massi lasciandoli  dietro immersi in una schiuma biancastra. È un susseguirsi di curve, controcurve e in questo frenetico andare, ansimante e caotico, non misura le forze, per ritrovarsi alla fine di questo inferno senza più energia. Ora il fiume è sfinito e chiede aiuto a gran voce.
L’Adda è fortunata, la sua richiesta di aiuto è raccolta da una comunità di persone di animo buono che qui vive da secoli. Discendenti dei Celti, queste persone hanno sviluppato un’economia e una cultura che li ha resi ancora più intelligenti dei padri. Infatti si chiamano “portensi”. Sembra un gerundio ma non lo è. Il significato di questo termine è “portatore di luce”, cioè di saggezza. Siamo a Porto d’Adda e qui il fiume si rigenera e si ristora tra sponde accoglienti. Vorrebbe fermarsi per sempre, godere di questa pace bucolica, assaporare le delizie del luogo e dimenticare il motivo del suo viaggio. Ma poi la ragione prevale sul cuore e il fiume riprende il percorso verso il Po.

 

BENVENUTI IN PARADISO

C’è una strada bianca che correndo tra campi fertili, giunge là, dove la pianura lascia il posto a una dolce valle che il fiume Adda ha scavato milioni di anni fa. La strada è affiancata da una roggia brulicante di vita palustre, e attorno sono campi di mais e grano. Qua e là si vedono i “casotti”, depositi per gli attrezzi agricoli. Si arriva da Cornate d’Adda e, dopo la cascina Brugherio, il viandante ha modo di scorgere le prime case del paese. Si giunge in paradiso passando per l’inferno.

Ebbene sì, com’è giusto che sia, il paradiso non è un diritto acquisito, lo si deve guadagnare senza cadere in tentazione. Cascina Brugherio è posta sul cammino per mettere alla prova la purezza d’animo del viandante. Tale cascina è la cartina di tornasole che misura la moralità di chi vuole arrivare alla santa soglia.

 

Sempione

Tra le floride attività commerciali di cascina Brugherio c’è il bar di Maria, luogo di sosta che regala tepore nelle fredde giornate invernali, e frescura nei lunghi e afosi pomeriggi estivi. La pulizia a dire il vero lascia molto a desiderare. La varietà delle bevande è limitata e la lingua madre della locanda non è l’italiano. Deficit, però, che vengono ampiamente compensati da una malcelata attività ludica che si svolge al piano superiore. Attività che si avvale di una lingua internazionale molto comprensibile a qualsiasi viandante. Da qui deriva la nomea della Maria alias “Maria ciapa bigul”. Capite quanto è difficile resistere alla tentazione di salire le scale che conducono al piano “nobile”? Bollenti pensieri nascono quando, sgolandosi una birra, si posano gli occhi sulle grazie della… ehm… timorata di Dio, mentre traffica dietro il bancone. Così, come un diavolo alimenta la fucina buttando sempre più carbone, la signora monta l’altrui produzione ormonale liberando dalle asole sempre più bottoni.
Punto di forza del bar sono i servizi igienici, di prima qualità e in numero tale da soddisfare ogni esigenza corporale degli avventori e, aggiungiamo, pure del circondario. Infatti nel cortile si trovano ben 7 gabinetti, uno di fianco all’altro come soldati al presentatarm. Le turche che ivi si possono trovare sono lavate non già da un’impresa delle pulizie, ma dallo scorrere dell’acqua piovana che filtra dai fori sul tetto. Infatti precario è lo svuotamento dei visceri in giornate di pioggia. Data questa peculiarità la padrona è detta anche “Maria set cess”.
Capita a persone di Porto, in gita di piacere o di lavoro che si trovino nella bassa bergamasca o magari nel varesotto, di sentirsi chiedere da dove vengano. Inutili sono i tentativi di collocare il paesello nelle vicinanze altisonanti come Trezzo, Vimercate, ecc. La gente a queste spiegazioni rimane con un’ipotetica bandierina in mano senza sapere dove collocarla sulla cartina geografica della Brianza. Ma, prima o poi, si alza dal capannello di curiosi una voce maschile che esclama perentoria “Ho capito, è dove c’è “Maria ciapabigul”.
Vasta è la popolarità di questa donna tra le fila dei maschi nostrani. Solo apprensione e stress regala invece all’altra “metà del cielo”, dove si aspetta con trepidazione il sospirato trapasso della nobildonna dandole modo di regalare i suoi diabolici servigi là, dove più sono consoni, cioè all’inferno.

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