Disegno di Marta Cattazzo
domenica 23 dicembre 2012
IL "SUPEN DE NATAL" E ALTRE RICETTE NATALIZIE DELLE FAMIGLIE DI VERDERIO
Ho chiesto ha un buon numero di amici abitanti a Verderio, originari di qui o provenienti da altri luoghi d'Italia o d'Europa, di raccontarmi le ricette natalizie delle loro famiglie. Speravo di ottenere abbastanza risposte per poter formare un menù completo, dall'antipasto al dolce. Purtroppo le risposte sono state poche. Eccole.
"SUPEN DE NATAL" di Giulio Oggioni
Io conosco una ricetta che mi preparava mia madre e che mi raccontava.
Al mattino loro andavano a Messa delle sei. Usciti di chiesa, don Carlo Greppi, parroco dal 1923 al 1951, invitava degli zampognari (di solito nei dintorni ve ne erano alcuni con le pecore: soprattutto bergamaschi).Tornati a casa, svegliavano i bambini e tutti attorno al tavola della cucina mangiavano il “Supen de Natal”, la zuppa di Natale.
Consisteva in un brodo di gallina al quale aggiungevano un pezzo di lardo (successivamente sostituito da burro fatto in casa) con alcune fette di pane raffermo dei giorni precedenti. I più fortunati, aggiungevano anche un goccio di latte e abbondante formaggio grattugiato. Gli anziani preferivano il pane di segale, “pon giald” , al pane. E’ una colazione sicuramente diversa dai giorni nostri. Loro la facevano tutte le mattine. L’unica differenza era che per Natale il brodo era di gallina, quindi più gustoso e prelibato, del solo lardo degli altri giorni.
Mia madre diceva che una zuppa così “medegava”, medicava, tutto il corpo.
Si mangiava in cucina o vicino al camino.
Giulio Oggioni
IL "BISATO" di Leonardo Pavin
La cucina veneta della mia zona era una cucina povera , basata sui prodotti locali : terra e mare. Durante tutto l'anno si mangiava per vivere non viceversa, ma, in alcune circostanze, si facevano delle eccezioni : le donne rimanevano un po' di più ai fornelli ed elaboravano, con la loro fantasia, i piatti tradizionali, sia di terra - tagliatelle, gnocchi, polenta, animali di cortile, maiale - che di mare - pesce e crostacei.
Nella notte di Natale si pregava, non c'era il veglione a tavola, se non nelle case dei ricchi.
Il giorno di Natale si preparavano un po' di salumi per antipasto, un buon brodo per le tagliatelle, un cappone (oppure: anatra, coniglio, faraona) al forno (senza ripieno), oppure un piatto di pesce, specie l'anguilla , "il bisato"
Ecco la ricetta del "bisato" :
fare a pezzi una bella anguilla (meglio il capitone);
infarinare;
rosolare, aggiungere un po' d'olio, un bicchiere d'acqua, un po' di cannella, un barattolo di conserva (quella ristretta fatta in casa);
a cottura servire bella calda sopra la polenta bianca .
Come vedete non era un piatto elaborato, tipo quelli della cucina piemontese (che prendeva molto dalla cucina francese ) o lombarda .
Leonardo Pavin
PIATTI NATALIZI IN VALLE D'AOSTA di Maria Grazia Zigiotto
Abito in Lombardia da diveersi anni e da qualcuno a Verderio Superiore, ma sono nata e ho vissuto finoi a vent'anni in Valle d'Aosta.
Sulle tavole valdostane a Natale non possono mancare la "moccetta" (salume di muscolo di vacca, pecora o capra essiccata e aromatizzata con erbe di montagna, ginepro e aglio) in crostini al miele, il lardo con castagne cotte e caramellate con miele, i crostini con fonduta e tartufo, la zuppa alla Velpelinentze (cavolo, verza, fette di pane raffermo, fontina, brodo, cannella e noce moscata), salsiccia con patate e la carbonada valdostana (sottili strisce di carne macerate nel vino rosso con aromi) con la polenta.
Dessert ce n'è per tutti i gusti! Le pere Martin sec con lo sciroppo (pere cotte con zucchero, vaniglia chiodi di garofano, acqua e vino rosso, ridotte a sciroppo), servite con crema di cioccolato e panna montata; le tegole, dei tipici pasticcini secchi; il mecoulin, un pane al latte arricchito con l'uvetta, preparato con ingredienti semplici e genuini secondo una ricetta tradizionale di cogne. Infine il caffè mandolà, molto robusto, alle mandorle tritate.
Tegole valdostane
Ingredienti: 200 g di zucchero; 80 g di nocciole; 80g di mandorle bianche; 60 g di burro; 60 g di farina bianca tipo 00; 1 bustina di vanillina; 4 albumi d'uovo
Preparazione: frullate, con un mixer, lo zucchero, le nocciole e le mandorle; aggiungete gli albumi, il burro a temperatura ambiente, la farina e la vanillina. Quando l'impasto è pronto, stendete su una teglia (sulla quale è stata posta la carta-forno) le tegole, dando loro la tipica forma a disco sottile. Fate cuocere al forno a 180° per 7-10 minuti.
Una foto delle tegole che portiamo a casa quando andiamo a trovare i miei fratelli ad Aosta. |
Ed ora la ricetta di un antipasto natalizio!
Motsetta (o moccetta)e lard d'Arnad con castagne e miele
La motsetta o mocetta e Lard di Arnad con castagne e miele è un prodotto tipico della valle d'Aosta. È carne essiccata di muscolo di vacca, che nasce dalla necessità di conservare a lungo la carne durante l'inverno
Ingredienti (per 4 persone):
150 grammi di moccetta di Villeneuve
200 g di Lard d'Arnad DOP
20 castagne bollite
2 cucchiai di miele di montagna
1/4 di bicchiere di grappa valdostana
Preparazione:
Disponete un ventaglio di moccetta, tagliata finemente a macchina, che copra i due terzi del piatto e completate il resto con il Lard d'Arnad DOP affettato leggermente più spesso. In questo modo si otterrà una corona di petali su tutto il piatto.
Servite gli affettati accompagnati dalle castagne, precedentemente glassate con il miele di montagna e profumate col la grappa. Decorate il tutto con un rametto di rosmarino fresco e profumato
sabato 22 dicembre 2012
SCENE DELLA VITA DI MARIA E DELL'INFANZIA DI GESU' DIPINTE DA GIOVANNI CANAVESIO di Marco Bartesaghi
Con queste immagini si conclude la presentazione dei dipinti di Giovanni Canavesio presso il santuario di Notre Dame des Fontaines a La Brigue in Francia, iniziata il 9 settembre scorso, con la Passione di Cristo delle pareti laterali, e proseguita il 5 dicembre, con il Giudizio Universale della facciata interna.
Le scene di vita di Maria e dell'infanzia di Gesù occupano invece l'arco triofale della chiesa, la grande apertura che divide lo spazio dell'aula da quello del presbiterio.
In questo schema, tratto da un opuscolo in vendita presso il santuario, la sequenza delle immagini:La natività della Vergine, a sinistra; la sua presentazione al Tempio e il matriminio, in centro; l'Annunciazione, sopra l'arco; la Visitazione a destra. |
Natività |
Adorazione dei Re Magi |
Massacro degli innocenti |
Circoncisione |
Fuga in Egitto |
Presentazione al Tempio |
"PEL NATALE", PROSE RIMATE DI DI LUIGINA GEROSA RUSCONI
"Sorrisi infantili" è un libretto edito nel 1904 dalla "Casa editrice milanese E. Trevisini di Luigi Trevisini", un'azienda nata nel 1859 e ancora esistente: 63 pagine, di "prose rimate", come le definisce l'autrice, Luigina Gerosa Rusconi, direttrice dell'asilo infantile Umberto I di Lecco.
Il piccolo volume è diviso in sei parti, ciascuna delle quali raggruppa i brani relativi ad un unico argomento: preghiere a Dio; inni patriottici; ginnastica ordinata ed imitativa; doni ed occupazioni froebeliane; in occasione di saggi; poesie diverse.
Un gruppo di poesiole della sezione "Preghiere a Dio" è dedicata al Natale: ne ho scelte tre da presentarvi. Non sono particolarmente belle, sono abbastanza ingenue, ma comunque mi sembra documentino bene un modo per avvicinare i bambini alla religione, all'inizio del secolo scorso. M.B.
Pel Natale
Balocchi e confetti
Natale a noi porta;
Di gioie ogni sorta
Tal giorno ci dà.
L'amico saluta
Con modo grazioso
E un detto affettuoso
Sul labbro gli sta.
Se alcuno lontano
Abbiamo parente,
Ritorna ridente
E lieti ci fa.
La mamma prepara
Un bel vestitino
Che proprio benino
Sul corpo starà.
Ma prima di tutto
C'insegna una breve
Preghiera, che lieve
Su in ciel salirà.
Ascolta tu dunque,
Divin pargoletto,
Il semplice detto;
È breve, così;
Il babbo, la mamma
Amici e parenti,
Fa tutti contenti
In questo bel dì.
Natale a noi porta;
Di gioie ogni sorta
Tal giorno ci dà.
L'amico saluta
Con modo grazioso
E un detto affettuoso
Sul labbro gli sta.
Se alcuno lontano
Abbiamo parente,
Ritorna ridente
E lieti ci fa.
La mamma prepara
Un bel vestitino
Che proprio benino
Sul corpo starà.
Ma prima di tutto
C'insegna una breve
Preghiera, che lieve
Su in ciel salirà.
Ascolta tu dunque,
Divin pargoletto,
Il semplice detto;
È breve, così;
Il babbo, la mamma
Amici e parenti,
Fa tutti contenti
In questo bel dì.
Altra*
Sei piccino, piccino, piccino;
Non ancora sai reggerti in piè,
Ed io t'amo, mio caro bambino,
perché so che del mondo sei re.
So che i bimbi ti piacciono tanto,
Che ti è caro lo stare con lor;
E che, quando ti vengono accanto,
Li ricolmi di molti favor.
Orsù dunque, gentil pargoletto,
Uno sguardo pur volgi su me;
In ricambio, gran parte d'affetto
Serberò nel mio core per te.
Il mio babbo tu rendi contento
Anche quando l'opprime il lavor;
Fa che mamma neppure un momento
Nella vita la provi il dolor.
Non ancora sai reggerti in piè,
Ed io t'amo, mio caro bambino,
perché so che del mondo sei re.
So che i bimbi ti piacciono tanto,
Che ti è caro lo stare con lor;
E che, quando ti vengono accanto,
Li ricolmi di molti favor.
Orsù dunque, gentil pargoletto,
Uno sguardo pur volgi su me;
In ricambio, gran parte d'affetto
Serberò nel mio core per te.
Il mio babbo tu rendi contento
Anche quando l'opprime il lavor;
Fa che mamma neppure un momento
Nella vita la provi il dolor.
Altra
Le labbra son dischiuse
Da poco alla parola;
Però una prece sola
Sapemmo già imparar;
E a te, caro Bambino,
Oggi la recitiamo
Perché sicuri siamo
Che ascolto ci sai dar.
Il babbo, la mammina,
Tutti i benefattori,
Ricolma di favori,
Fa lieti in questo dì.
E noi, per ringraziarti,
Le mani giungeremo
E un bacio manderemo
A te, proprio così. (bacio)
Da poco alla parola;
Però una prece sola
Sapemmo già imparar;
E a te, caro Bambino,
Oggi la recitiamo
Perché sicuri siamo
Che ascolto ci sai dar.
Il babbo, la mammina,
Tutti i benefattori,
Ricolma di favori,
Fa lieti in questo dì.
E noi, per ringraziarti,
Le mani giungeremo
E un bacio manderemo
A te, proprio così. (bacio)
* Nel libro la parola "altra" è stata utilizzata dall'autrice per staccare poesie successive inerenti allo stesso tema.
mercoledì 5 dicembre 2012
LA SCIENZA NEL 3°
MILLENNIO
L'Uomo e l'Ambiente
2° ciclo di
conferenze
Venerdì
14 dicembre 2012
ore
21,00
Sala Civica di Verderio
Inferiore
LA COLORATA LENTEZZA DELLE GALASSIE
Relatore Giuseppe GAVAZZI
PROFESSORE DI ASTRONOMIA
UNIVERSITA' DEGLI STUDI MILANO - BICOCCA
Ciclo di conferenze promosso
dalle Amministrazioni Comunali di Verderio Inferiore e Superiore, grazie alla
collaborazione scientifica gratuita dei professori Gabriella CONSONNI e Giuseppe
GAVAZZI, della Facoltà di Agraria dell'Università degli Studi di
Milano.
LA "FINE DEL MONDO" ..... DI GIOVANNI CANAVESIO di Marco Bartesaghi
Chiedo scusa se anch’io ho deciso di infilarmi nella gran “cagnara” dell’annunciata prossima fine del mondo: mi è sembrata una buona occasione per tornare sull’opera di Giovanni Canavesio, l’artista presente a Verderio con il polittico della chiesa parrocchiale di San Giuseppe e Floriano, mostrando alcune immagini del suo Giudizio Universale, dipinto sulla facciata interna della chiesa di Notre Dames des Fontaines, a La Brigue, Francia.
E poi io, delle “fini del mondo” sono un veterano: è già la seconda a cui partecipo. La prima volta negli anni sessanta, non ricordo anno, giorno e ora e neanche chi fu ad annunciarla. Ricordo però che fu una giornata positiva. Prima di tutto perché non successe niente, la fine del mondo era stata rimandata. Ma soprattutto perché mia mamma, che ci aveva creduto, per non disperdere la famiglia in un simile momento, aveva tenuto a casa me e mia sorella dalla lezione di pianoforte a cui avremmo dovuto partecipare quel pomeriggio e che ci pesava così tanto che ancor oggi ricordiamo i “buoni motivi” che la fecero saltare.
E poi io, delle “fini del mondo” sono un veterano: è già la seconda a cui partecipo. La prima volta negli anni sessanta, non ricordo anno, giorno e ora e neanche chi fu ad annunciarla. Ricordo però che fu una giornata positiva. Prima di tutto perché non successe niente, la fine del mondo era stata rimandata. Ma soprattutto perché mia mamma, che ci aveva creduto, per non disperdere la famiglia in un simile momento, aveva tenuto a casa me e mia sorella dalla lezione di pianoforte a cui avremmo dovuto partecipare quel pomeriggio e che ci pesava così tanto che ancor oggi ricordiamo i “buoni motivi” che la fecero saltare.
martedì 4 dicembre 2012
NOVEMBRE 1951, ALLUVIONE IN POLESINE: PADERNO D'ADDA OSPITA SEI FAMIGLIE DI PROFUGHI di Marco Bartesaghi
Il 21 novembre 1951, a pochi giorni dall'esondazione del fiume Po che aveva inondato le terre del Polesine, provocato vittime e immensi danni all'agricoltura e alle abitazioni, costretto migliaia di persone a lasciare la propria terra, il comune di Paderno d'Adda aveva risposto alla lettera del Comitato Provinciale Pro Alluvionati di Como, comunicando di aver dato vita, come richiesto, al Comitato Comunale, che si sarebbe assunto il compito di coordinare e incrementare la raccolta di fondi, già iniziata per un moto spontaneo della popolazione.
Il manifesto- appello del comune di Paderno d'Adda ai propri cittadini |
Il comune di Paderno aveva in precedenza risposto all'appello alla solidarietà promosso dalla RAI, con la trasmissione radiofonica "Catena della Fraternità", chiedendo l'assegnazione di 20 bambini, che altrettante famiglie erano disposte ad ospitare nell'emergenza, e mettendo a disposizione indumenti e generi alimentari, per il valore di 1.500.000 lire, da inviare alle zone sinistrate con la colonna organizzata dall'ente.
Lettera di ringraziamento della RAI |
In paese erano anche state raccolte 520.000 lire, oltre alle 218.000 consegnate all'ente radiofonico direttamente da alcuni privati. Un altro milione e mezzo in materiale di vario genere fu consegnato al Comitato Provinciale Pro Alluvionati.
IL buon successo della raccolta di fondi e di beni, soprattutto capi di vestiario, era stato possibile anche grazie alla presenza sul territorio di diverse aziende, per lo più maglifici, i cui proprietari avevano dato un proprio contributo, a cui si erano aggiunti i ricavi delle collette fra gli operai.
IL buon successo della raccolta di fondi e di beni, soprattutto capi di vestiario, era stato possibile anche grazie alla presenza sul territorio di diverse aziende, per lo più maglifici, i cui proprietari avevano dato un proprio contributo, a cui si erano aggiunti i ricavi delle collette fra gli operai.
La lettera con cui la I.M.E.C presenta l'offerta sua e dei suoi operai. |
Nella lettera al Comitato Provinciale, Paderno affermava anche di poter ospitare quattro famiglie di profughi composte da quattro o cinque persone. La risposta a questa opportunità non si fece attendere e, indirizzate a Paderno dal centro di smistamento di Milano, pochi giorni dopo l'alluvione cominciarono a giungere le prime famiglie: il 23 novembre Ada Moretti, vedova Perseghin, con le figlie Carla ed Erina, di 13 e 11 anni, provenienti da Loreo, in provincia di Rovigo (RO); il 25, da Rovigo, Biase Antonelli con la moglie Assunta Veronese; il 30, da Villadose (Ro), Norina Roccato con i figli Luigino, 15 anni, e Luciana, 9 anni, raggiunti il 7 dicembre dal capo famiglia, Gino Mariotto, e l'11 gennaio 1952, dalla mamma di questi, Amalia Catan, dimessa dall'Ospedale Maggiore di Milano. Antonietta Gianni, nubile, da Polesella (RO), giunse il 29 novembre; il 30, da Pincara (RO), arrivarono Teresa Pavan con il figli Ginetta, 14 anni, Ivana, 10, e Giuseppe, 4; Giovanni Corazza, il capo famiglia, si ricongiunse a loro il 29 dicembre. Da Pincara, sempre il 30 novembre, arrivarono Ubaldino Altafini con la moglie Gabriella Corazza e la figlia Mariachiara.
Diciannove persone, appartenenti a sei nuclei famigliari diversi, provenienti da cinque località del Polesine, furono quindi ospitate in locali ricavati dal'edificio comunale di Paderno d'Adda, in piazza della Vittoria, e in case di privati.
Diciannove persone, appartenenti a sei nuclei famigliari diversi, provenienti da cinque località del Polesine, furono quindi ospitate in locali ricavati dal'edificio comunale di Paderno d'Adda, in piazza della Vittoria, e in case di privati.
Una scheda del censimento dei profughi effettuato il 15 dicembre 1951 |
I profughi ospitati ufficialmente risultavano però essere 20, perché della famiglia di Giovanni Corazza faceva parte anche un altro figlio, Severino, classe 1930, seminarista, che, dopo pochi giorni di permanenza a Paderno, aveva fatto ritorno al seminario di Rovigo; fra le carte dell'archivio comunale è conservata una sua lettera di ringraziamento al sindaco e la relativa risposta. Eccone alcuni brani:
"È certo - scrive Severino Corazza - che se è ben doloroso abbandonare il proprio paese, la propria casa, quell'intimità famigliare che rende felice il nido domestico, se è crudo perdere la propria casa, tutto il lavoro di una vita in poche ore come è toccato a noi, è altrettanto consolante trovare una mano pietosa come la sua che ci dia un letto su cui posare i corpi oppressi, un pane per sfamarci, un lavoro per tentare di ricostruirci una nuova esistenza"
"È certo - scrive Severino Corazza - che se è ben doloroso abbandonare il proprio paese, la propria casa, quell'intimità famigliare che rende felice il nido domestico, se è crudo perdere la propria casa, tutto il lavoro di una vita in poche ore come è toccato a noi, è altrettanto consolante trovare una mano pietosa come la sua che ci dia un letto su cui posare i corpi oppressi, un pane per sfamarci, un lavoro per tentare di ricostruirci una nuova esistenza"
Nella risposta, il sindaco Luigi Bianchi, dopo aver espresso gratitudine per le belle parole della lettera ed essersi rammaricato di aver potuto fare troppo poco "in proporzione alla vastità della sciagura", evoca il sentimento di fratellanza, scomparso durante il recente conflitto e resuscitato dal disastro del Polesine:
"Le sue parole suonano [...] molto commoventi e ci fanno sperare, così come desideriamo, quella profonda fraternità che ancora pochi anni orsono sembrava irraggiungibile.
Il ritorno a questi sentimenti di nobile e sentita fratellanza fanno ancora grandi l'uomo nella sua piccolezza e nella sua impotenza; e di questo noi ci sentiamo debitori verso i fratelli del Polesine così duramente provati".
"Le sue parole suonano [...] molto commoventi e ci fanno sperare, così come desideriamo, quella profonda fraternità che ancora pochi anni orsono sembrava irraggiungibile.
Il ritorno a questi sentimenti di nobile e sentita fratellanza fanno ancora grandi l'uomo nella sua piccolezza e nella sua impotenza; e di questo noi ci sentiamo debitori verso i fratelli del Polesine così duramente provati".
Il 20 novembre 1951 il Consiglio dei Ministri emanò un decreto (n.1184, convertito in legge il 20 gennaio 1952) che estendeva ai profughi delle zone colpite dall' alluvione le provvidenze assistenziali previste per i profughi per eventi di guerra. In particolare, il decreto affermava che le spese relative al ricovero ed al mantenimento di quelli bisognosi erano a carico dello stato e che, coloro che non usufruivano di questa assistenza diretta, avevano diritto ad un sussidio giornaliero di lire 250 per il capofamiglia e per la persona isolata, e di lire 100 per ciascun componente a carico. La commissione comunale, cui spettava la valutazione dello stato di bisogno delle famiglie, stabilì che tutte quelle ospitate a Paderno erano in condizione di ricevere i sussidi, i quali venivano erogati attraverso l'Ente Comunale di Assistenza (E.C.A).
In due diverse occasioni furono concessi aiuti straordinari: in prossimità del Natale 1951 ogni persona poté usufruire di una cifra di 2500 lire e a febbraio del 1952 vennero distribuiti 20 Kg di farina, 1 Kg di zucchero e 500 g di olio a testa e i ragazzi di età inferiore a 14 anni, a Paderno erano in 7, ricevettero dalla Croce Rossa una scatola di latte condensato.
Dovendo far fronte alle spese per l'accoglienza dei profughi, con una lettera indirizzata al Comitato Provinciale pro Alluvionati (1 dicembre 1951), il Sindaco Bianchi chiese di poter trattenere la somma di 520.000 lire raccolta fra la cittadinanza, assicurando che del suo utilizzo sarebbe stata prodotta regolare contabilità. La risposta fu negativa: per i il versamento del
La richiesta del sindaco Bianchi di poter trattenere la somma raccolta, sostenute per far fronte alle spese per l'accoglienza dei profughi e, sotto la risposta del Comitato Provinciale |
denaro il comune doveva attenersi a quanto stabilito dal Comitato Provinciale, mentre poteva rivolgersi alla prefettura per ottenere l'anticipazione dei fondi necessari al mantenimento dei profughi. Sull'argomento tornò il sindaco al momento del versamento della cifra raccolta: consegnò infatti un assegno di 420.000 lire, chiedendo l'autorizzazione di trattenere 100.000 lire per la liquidazione delle spese di prima sistemazione degli assistiti.
Per tornare alle loro case le famiglie degli sfollati dovettero attendere che esse fossero di nuovo in grado di accoglierle. Per sincerarsene, il comune di Paderno, dal gennaio 1952, scrisse ai comuni di provenienza, per avere informazioni sullo stato delle abitazioni.
Il comune di Polesella, rispose (25 gennaio) che la casa di Antonietta Gianni era ancora gravemente danneggiata e pericolante: resterà a Paderno fino ai primi di maggio.
Mai invasa dalle acque, invece, l'abitazione di Biase Antonelli e della moglie Assunta Veronese che partirono all'inizio di febbraio.
La signora Ada Moretti, vedova Perseghin, tornò con le figlie al suo paese, Loreo, a febbraio, ma trovò una brutta sorpresa: la sua casa era ancora allagata. Il sindaco scrisse allora al Prefetto di Como, si scusò per l'inconveniente, chiese che la famiglia potesse rientrare a Paderno e raccomandò che alla signora, vedova di guerra e in disagiate condizioni economiche, fosse prestato particolare riguardo. Saranno fra gli ultimi a lasciare Paderno, all'inizio di agosto.
L'8 febbraio, giorno del sopralluogo dei tecnici comunali, la casa della famiglia Altafini, in comune di Pincara, risultava ancora inabitabile per i gravi danni subiti. Gli Altafini partiranno all'inizio di aprile.
Il primo marzo fece rientro a Villadose la famiglia di Mariotto Gino, che era stato richiamato dal datore di lavoro.
Il comune di Polesella, rispose (25 gennaio) che la casa di Antonietta Gianni era ancora gravemente danneggiata e pericolante: resterà a Paderno fino ai primi di maggio.
Mai invasa dalle acque, invece, l'abitazione di Biase Antonelli e della moglie Assunta Veronese che partirono all'inizio di febbraio.
La signora Ada Moretti, vedova Perseghin, tornò con le figlie al suo paese, Loreo, a febbraio, ma trovò una brutta sorpresa: la sua casa era ancora allagata. Il sindaco scrisse allora al Prefetto di Como, si scusò per l'inconveniente, chiese che la famiglia potesse rientrare a Paderno e raccomandò che alla signora, vedova di guerra e in disagiate condizioni economiche, fosse prestato particolare riguardo. Saranno fra gli ultimi a lasciare Paderno, all'inizio di agosto.
L'8 febbraio, giorno del sopralluogo dei tecnici comunali, la casa della famiglia Altafini, in comune di Pincara, risultava ancora inabitabile per i gravi danni subiti. Gli Altafini partiranno all'inizio di aprile.
Il primo marzo fece rientro a Villadose la famiglia di Mariotto Gino, che era stato richiamato dal datore di lavoro.
Più difficile il rientro per la famiglia di Giovanni Corazza, la cui casa era stata distrutta per tre quarti dall'alluvione. Fino all'estate del 1953 risultano ancora presenti in paese e, dai documenti conservati in archivio, si evince che i rapporti fra il comune e la famiglia non sono più tanto cordiali.
Le condizioni della casa di Pincara della famiglia Corazza |
Il 27 marzo 1953, il sindaco di Paderno, Carlo Gerosa, scrive a quello di Pincara, per dirgli che i locali occupati dalla famiglia Corazza gli servono per le prossime elezioni politiche e quindi di attivarsi per il suo rientro a casa o per la sistemazione in un centro di accoglienza alluvionati della provincia di Rovigo.
Tre giorni dopo, 31 marzo, la prefettura di Como scopre, dopo quasi due anni, che i Corazza non si trovano nelle condizioni di assoluto bisogno previsto dalla legge per avere diritto al sussidio e quindi glielo revocano a partire dal 30 aprile.
Il 6 luglio il sindaco di Paderno scrive alla prefettura di Como, ricordando che il Corazza si trova a Paderno con la famiglia dal novembre 1951, che si rifiuta di tornare al suo paese perché non vi troverebbe una casa e che, per decisione della prefettura stessa, gli è stato sospeso il sussidio. Siccome il Corazza occupa due locali, "che venivano concessi in linea del tutto eccezionale e solo provvisoriamente", dove il comune "deve conservare il materiale elettorale (urne, cabine e tramezzi)" e "non si decide a lasciarli liberi" e"non potendo per considerazioni ovvie, adire l'Autorità Giudiziaria" il sindaco chiede alla prefettura di attivarsi per il rientro al comune di provenienza o di trovare alla famiglia una sistemazione in un centro raccolta profughi della provincia.
Dai documenti conservati non si riesce a conoscere la data di partenza da Paderno d'Adda della famiglia Corazza.
Il 6 luglio il sindaco di Paderno scrive alla prefettura di Como, ricordando che il Corazza si trova a Paderno con la famiglia dal novembre 1951, che si rifiuta di tornare al suo paese perché non vi troverebbe una casa e che, per decisione della prefettura stessa, gli è stato sospeso il sussidio. Siccome il Corazza occupa due locali, "che venivano concessi in linea del tutto eccezionale e solo provvisoriamente", dove il comune "deve conservare il materiale elettorale (urne, cabine e tramezzi)" e "non si decide a lasciarli liberi" e"non potendo per considerazioni ovvie, adire l'Autorità Giudiziaria" il sindaco chiede alla prefettura di attivarsi per il rientro al comune di provenienza o di trovare alla famiglia una sistemazione in un centro raccolta profughi della provincia.
Dai documenti conservati non si riesce a conoscere la data di partenza da Paderno d'Adda della famiglia Corazza.
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I "CANARINI" DI VERDERIO SUPERIORE di Marco Bartesaghi
Questa fotografia appartiene al signor Armando Villa. Sul retro una data, 1939, e un nome, "I Canarini". Così si chiamava la squadra di calcio di Verderio Superiore, composta da ragazzi di sedici/diciassette/diciotto anni, alcuni dei quali provenienti da fuori paese. Di nome, veramente, ne avevano anche un altro, probabilmente meno ufficiale: "i picchiatelli".
Grazie alla memoria del signor Armando, "mascotte" della squadra, è possibile dare un nome a quasi tutti i giocatori.
Grazie alla memoria del signor Armando, "mascotte" della squadra, è possibile dare un nome a quasi tutti i giocatori.
Prima fila, da sinistra: Mario Mapelli, Primo Colombo, Luigi Villa.
Seconda fila: Mario Besana (Zarel), un giocatore di Villa d'Adda, Angelo Villa.
Terza fila: Guido Sala, Giuseppe Villa (Nisciöla), Ambrogio Villa , un giocatore di Calusco, Fracassetti di Villa d'Adda.
La squadra, non essendoci un campo di calcio a Verderio Superiore, giocava le sue partite e Paderno d'Adda, nei pressi della stazione e della fabbrica di cariole e badili MMM, Metallurgica Martinelli Morbegno.
Per esprimere il loro appoggio alla squadra, iI sostenitori dei "Canarini"avevano a disposizione un inno, di autore ignoto, ma di non modeste pretese:
Seconda fila: Mario Besana (Zarel), un giocatore di Villa d'Adda, Angelo Villa.
Terza fila: Guido Sala, Giuseppe Villa (Nisciöla), Ambrogio Villa , un giocatore di Calusco, Fracassetti di Villa d'Adda.
La squadra, non essendoci un campo di calcio a Verderio Superiore, giocava le sue partite e Paderno d'Adda, nei pressi della stazione e della fabbrica di cariole e badili MMM, Metallurgica Martinelli Morbegno.
Per esprimere il loro appoggio alla squadra, iI sostenitori dei "Canarini"avevano a disposizione un inno, di autore ignoto, ma di non modeste pretese:
L'è rivà el Verdé cunt el balun
Bim, bum goal
Gli attaccanti son veloci,
i mediani son precisi
terzini formidabili
e il portiere nazional.
Grazie al signor Armando Villa per la fotografia e la collaborazione.M.B.
Etichette:
Archivio Armando Villa,
personaggi,
sport
domenica 2 dicembre 2012
LE BICICLETTE SCHIACCIAMACCHINE DI LAMBRATE di Marco Bartesaghi
Un'opera di "street art"di grandi dimensioni, parecchie decine di metri di muro, si trova a Milano in via Predil, di fianco all'entrata della stazione "posteriore" di Lambrate.
Tento una lettura.
Lo spazio è completamente occupato da una miriade di vetture "parcheggiate" ordinatamente, ma in modo così fitto da rendere impossibile per loro qualsiasi movimento.
All'estremità destra del dipinto tre grandi animali, ibridi fra scimmia e topo, tengono fra le mani un nastro bianco che rappresenta, credo, una strada.
Sembra che le bestie tirino il nastro verso sé, provocando il rovesciamento delle auto più vicine.
Verso il centro della scena, quattro enormi biciclette procedono incuranti delle macchine schiacciandole e distruggendole.
All'estremità sinistra del dipinto le auto si diradano fino a scomparire, e alcune figure umane, viste di schiena, si allontanano con fare spiritato.
In rete ho trovato alcune immagini del dipinto, il "nome" dell'autore: BLU, la data di realizzazione:2009 . Questo l'indirizzo: http://www.blublu.org/index.htm
Per rendere l'idea delle dimensioni dell'opera ho tentato un assemblaggio delle immagini. Eccolo:
Per rendere l'idea delle dimensioni dell'opera ho tentato un assemblaggio delle immagini. Eccolo:
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