Anni settanta. Maurizio Besana scatta una foto a un gruppo di amici che frequentava abitualmente il fiume Adda. Cinquant'anni dopo Germano Lisignoli e Fabrizio Oggioni la guardano e ricordano
sabato 29 febbraio 2020
GERMANO E FABRIZIO: DIALOGO INTORNO A UNA VECCHIA FOTOGRAFIA
Anni settanta. Maurizio Besana scatta una foto a un gruppo di amici che frequentava abitualmente il fiume Adda. Cinquant'anni dopo Germano Lisignoli e Fabrizio Oggioni la guardano e ricordano
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venerdì 28 febbraio 2020
UNA FOTO, ORMAI IMPOSSIBILE, SCATTATA DA MAURIZIO BESANA NELLA PRIMA METÀ DEGLI ANNI SETTANTA
Maurizio Besana in una recente fotografia |
Maurizio Besana è in primo luogo un falegname, ma da sempre ha fatto fotografie, scattandole, sviluppandole e stampandole in proprio, quando ancora si usavano le pellicole.
Molte delle immagini da lui realizzate hanno avuto come soggetto Verderio e molte ora non possono più essere rifatte perché il soggetto è del tutto cambiato.
Quella che vi presenta è stata ripresa dalla corte dove abita, conosciuta come "curt del legnamée", del falegname (non lui, un suo predecessore) o "curt del murnée", del mugnaio.
Dirimpetto all'androne d'entrata si vede l'arco ribassato dell'accesso alla "curt di Lau", un edificio che è stato abbattuto negli anni ottanta del novecento. Sullo sfondo, aldilà del muretto e del cancello, le piante nascondono l'asilo Giuseppina Gnecchi.
In primo piano l'entrata della "curt del legnamée" o del "Murnée"; aldilà della strada l'entrata dell "curt di Lau" |
Questa è invece la fotografia scattata oggi più o meno dalla stessa posizione.
La "curt di Lau" è stata sostituita da un moderno edificio.
Un'altra differenza che si può notare è l'acciottolato in primissimo piano: ancora integro nella foto degli anni settanta, con tante chiazze di cemento in quella di oggi.
IL MONDO IN MUSICA DI DORIANO RIVA di Marco Bartesaghi
Doriano Riva quando ha compiuto sette anni ha ricevuto in regalo una fisarmonica.
Doriano suona la fisarmonica in un'osteria |
Ce l'ha ancora, la stessa, e non ha mai smesso di suonarla, anche adesso che di anni ne ha settanta. Più in generale, non ha mai smesso di fare musica, anche con altri strumenti, compresa la sua voce.
Negli anni sessanta e settanta del secolo scorso ha dato vita, insieme ad altri ai primi complessi musicali nati a Verderio, gli "Evasi" poi diventati "Cleptomani".
In questo video Doriano racconta la sua storia "musicale", che continua oggi con il complesso dei "No limit" con cui ha suonato alla festa dei suoi settant'anni che ha offerto ad amici e conoscenti al circolo Pintupi.
IL VIDEO
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mercoledì 26 febbraio 2020
PROGETTO DON ADRIANO un CD di canzoni della Santa Messa a favore di Don Adriano Valagussa
Dal novembre del 2017 Don Adriano Valagussa è missionario nella parrocchia di Palma Soriano, nella diocesi di Santiago de Cuba. È un missionario fidei donum perché il suo impegno nasce da un accordo fra la diocesi di Milano e quella di Santiago.
Don Adriano, ordinato sacerdote a Milano l'11 giugno 1977, è nato a Verderio Inferiore il 27 febbraio 1950.
Con Verderio ha mantenuto sempre un buon rapporto tanto che, quando nell'aprile 2019 il tetto della sua chiesa è crollato, la comunità parrocchiale si è attivata per aiutarlo, accogliendo la proposta di Doriano Riva, musicista, di trasformare in “canzoni” i “canti” solitamente eseguiti in coro durante le Sante Messe. Ne è nato un CD dalla cui vendita sono stati raccolti soldi per la parrocchia cubana di don Adriano. Per chi volesse, è ancora possibile acquistarlo, con un'offerta di almeno 10 euro, richiedendolo a Doriano all'indirizzo e-mail: dorianoriva@gmail.com.
Dall'iniziativa è nata anche una serata di presentazione del CD, che si è svolta all'oratorio di Verderio ex Inferiore, a cui era presente anche don Adriano, in Italia per un periodo di riposo.
Don Adriano, ordinato sacerdote a Milano l'11 giugno 1977, è nato a Verderio Inferiore il 27 febbraio 1950.
Con Verderio ha mantenuto sempre un buon rapporto tanto che, quando nell'aprile 2019 il tetto della sua chiesa è crollato, la comunità parrocchiale si è attivata per aiutarlo, accogliendo la proposta di Doriano Riva, musicista, di trasformare in “canzoni” i “canti” solitamente eseguiti in coro durante le Sante Messe. Ne è nato un CD dalla cui vendita sono stati raccolti soldi per la parrocchia cubana di don Adriano. Per chi volesse, è ancora possibile acquistarlo, con un'offerta di almeno 10 euro, richiedendolo a Doriano all'indirizzo e-mail: dorianoriva@gmail.com.
Dall'iniziativa è nata anche una serata di presentazione del CD, che si è svolta all'oratorio di Verderio ex Inferiore, a cui era presente anche don Adriano, in Italia per un periodo di riposo.
Nell'ottobre del 2017, prima della partenza di don Adriano per Cuba, il quotidiano Avvenire.it aveva pubblicato un articolo, da cui ho estratto il suo racconto di come è maturata la sua scelta di partire:
Don Valagussa: «Andare in missione a 67 anni? Un dono di Dio»
«Ho 67 anni, sono prete da 40. Mai avrei pensato, a questa età, di andare a Cuba in missione. C’è chi mi dice: "Mi spiace che vai via". E chi mi dice: "Ammiro il tuo coraggio". Ma la cosa più bella, vera e sconvolgente, che non mi stanco di ripetere a tutti, è che non c’è alcun merito e alcun progetto mio, in tutto questo. È il Signore che mi ha fatto un dono straordinario, al quale ho cercato di resistere un po’, all’inizio. È come se la mia vocazione sacerdotale mi fosse restituita in una forma nuova. È grazia data a me perché possa sovrabbondare per tutti.
Era l’inizio del 2016 quando, ad un incontro di preti, il cardinale Scola ci disse che l’arcivescovo di Santiago de Cuba, Dionisio Guillermo García Ibáñez, chiedeva fidei donum per la sua diocesi. Lo ascoltai come un avviso fra altri, senza farci caso – ricorda don Adriano –. Il giorno che ha cambiato tutto è il 4 novembre scorso. In Duomo c’è il Giubileo diocesano del presbiterio. "Non ci vado", avevo deciso la sera prima. Ero stanco. Al mattino avevo la Messa in parrocchia, sarei arrivato tardi, mentre al pomeriggio dovevo iniziare le visite alle famiglie per Natale. All’ultimo momento cambio idea: vado. Hanno già iniziato. Faccio a tempo a confessarmi. E ad ascoltare il cardinale. Che prima parla del discepolo come missionario secondo l’Evangelii Gaudium. Poi rilancia la richiesta di monsignor Dionisio. Quelle parole sono state come una botta. Mi sono sentito un fuoco, dentro. E mi sono spaventato, sentendomi risuonare nella mente la domanda: "Perché non ci vai tu, Adriano?". Sono avanti con gli anni, non so la lingua, sto bene a Cassago, mi sono risposto. Ho resistito cinque giorni. Poi ho dato la mia disponibilità. L’allora vicario generale, monsignor Delpini, l’ha raccolta e mi ha detto: "Vai bene tu". Ora – dice il sacerdote – sto vivendo tutto questo con grande serenità. E nel segno della gratitudine. Verso la comunità di Cassago, anzitutto, che mi ha accolto otto anni fa; verso alcune famiglie e alcuni sacerdoti amici con cui ho camminato, nell’ambito di Cl, condividendo un’esperienza di preghiera e fraternità che mi ha salvato dal diventare un prete burocrate. Questa missione a Cuba non è una grazia solo per me, è un segno per tutti. Dice che il Vangelo non è una teoria e che Gesù chiama davvero, nel concreto della nostra vita. I ragazzi e i giovani, qui, ho l’impressione che ora mi guardino in modo diverso».
IL VIDEO
martedì 25 febbraio 2020
ME SO MIA L'INGLES tre canzoni di Doriano Riva
Nel video che vi presento Doriano Riva interpreta tre classici del Rock a modo suo e in dialetto.
"SATISFACTION", dei Rolling Stone, diventa "SE DESFESCIUM";
"MICHELLE", dei Beatles, diventa "PINCIANEL"
"GIMME SOME LOVIN", dei Spencer Davis Group, diventa "JIMMY DAC U L'OLI"
Buon ascolto
PARACARRI di Marco Bartesaghi
Con il prefisso para iniziano tante parole che danno il nome a oggetti molto umili, ma assai preziosi, che si assumono il compito di prendere su di sé i fastidi, le “botte”, i colpi che, in loro assenza, sarebbero destinati ad altri: il parafulmine si becca la scarica altrimenti destinata alla casa; il parabrezza e il paraorecchie ci proteggono dalle insidie del vento e poi il parastinchi, il parabordo, il parabrace, il parafango, il paraurti. ll paraocchi è un caso un po’ particolare: è un oggetto reale quello usato per non far imbizzarrire i cavalli; non lo è invece quello che usiamo quando decidiamo di non voler vedere ciò che è impossibile non vedere.
Il paracarro l'ho lasciato per ultimo perché gli voglio dedicare il resto di questo articolo, ponendo l’attenzione su quegli esemplari che si trovano a Verderio.
Il vocabolario Treccani, in versione online, descrive i tipi di paracarro in base alla loro funzione.
Il primo è quello che si trova ai bordi delle strade, soprattutto extraurbane, e serve ad impedire alle macchine - in passato ai carri - di invadere le banchine laterali.
A Verderio ce n’è una lunga fila sul lato ovest della via Contadini Verderesi, quella che porta a Paderno d’Adda; due file molto più brevi, composte da elementi di diverse dimensioni, sull’ultimo tratto del viale che porta a cascina Bergamina; quattro sulla strada consorziale per cascina Airolda, in corrispondenza della svolta ad angolo retto che immette sul rettilineo diretto alla cascina. Possiamo far rientrare in questa categoria anche i paracarri che, in piazza Gnecchi, separano il parcheggio dalla striscia riservata ai pedoni.
I paracarri fin qui citati sono dei bei paracarri, ricavati da vari tipi di granito, disegnati, scolpiti e sagomati con cura.
Quelli su via dei Contadini risalgono al 1864, quando il conte Confalonieri si offri di alzare, rettificare ed allargare, a sue spese , la strada preesistente. Alti circa un metro, in granito, hanno forma cilindrica ma terminano con una calotta semisferica, sotto la quale, per una decina di centimetri, il diametro del cilindro è un po’ più ampio e ha l'aspetto di un anello.
Un tempo erano più numerosi e disposti su entrambi i lati della strada. In seguito alcuni sono stati utilizzati per altri scopi, come quelli che impediscono l’accesso delle macchine sul sagrato della chiesa dei santi Giuseppe e Floriano e dal retro della chiesa a via Papa Giovanni XXIII.
Quella di ostacolare il passaggio dei carri, allora, e delle auto oggi è una seconda funzione attribuita ai paracarri e descritta dal vocabolario. La svolgevano, tendendo una catena, anche i due elementi posti all’inizio della salita a ciotoli che porta alla villa ex Arrigoni.
Altri paracarri già in via Contadini sono invece finiti in mano a privati e alcuni di essi sono stati utilizzati, ad esempio, per delimitare un orto.
Sono belli anche gli ultimi quattro paracarri che si trovano sulla strada per la Bergamina, in granito a grana rosa, terminano con un tronco di cono a gradini e una sfera tagliata circa a tre quarti.
Anche se più semplici, fanno la loro bella figura anche i paracarri sulla strada per l'Airolda. Penso che il loro scopo fosse quello di evitare che i carri provenienti dalla cascina finissero nel fossato dopo aver affrontato la curva.
Ma la funzione che più di tutte giustifica il nome “paracarro” è quella così descritta dal vocabolario Treccani: “ i paracarri erano anche disposti nelle strade dei vecchi centri abitati, lungo i basamenti di edifici importanti ai lati di passi carrai, per proteggere le murature dagli urti dei carri”.
Di questi a Verderio ce ne sono molti, sparsi su tutto il territorio, molto diversi fra loro, messi a guardia anche di edifici non importanti. .
Due, imponenti, si trovano ai lati dell'entrata della cascina Bergamina. Molto grandi, hanno forma complessa e terminano in alto con una sfera quasi completa. Ricordano una pedina, un po' tozza, degli scacchi. Furono acquistati negli anni trenta del novecento da Gianfranco Gnecchi Ruscone perché i due piccoli paracarri, ancor oggi presenti sugli angoli del portale, non erano sufficienti a proteggerlo dai grandi carri che, molto carichi, entravano in cascina.
Quasi tutti i portali delle corti di Verderio sono dotati, agli angoli, di paracarri di diversa forma e di diverso materiale, più o meno “eleganti”. Eccone alcuni esempi.
Poi ci sono i paracarri che non riparano gli spigoli dei portali ma i muri iN corrispondenza delle curve nelle vie del centro storico, soprattutto in via Angolare – come sembra ovvio - e in via Campestre
Quasi sempre sono semplici sassi non lavorati, grandi ciotoli raccolti e adoperati così come sono stati trovati e come il ghiacciaio li aveva depositati durante il suo cammino dalle Alpi alla valle dell'Adda.
Di uno in particolare, in via Angolare, penso di conoscere il suo punto di partenza: essendo verde penso sia di “serpentino” e, se non sbaglio, il serpentino che si trova da queste parti arriva dalla val Malenco.
Marco Bartesaghi
Il paracarro l'ho lasciato per ultimo perché gli voglio dedicare il resto di questo articolo, ponendo l’attenzione su quegli esemplari che si trovano a Verderio.
Il vocabolario Treccani, in versione online, descrive i tipi di paracarro in base alla loro funzione.
Il primo è quello che si trova ai bordi delle strade, soprattutto extraurbane, e serve ad impedire alle macchine - in passato ai carri - di invadere le banchine laterali.
Via Contadini Verderesi, ex Strada per Paderno |
Piazza Gnecchi Ruscone |
Piazza Gnecchi Ruscone |
I paracarri fin qui citati sono dei bei paracarri, ricavati da vari tipi di granito, disegnati, scolpiti e sagomati con cura.
Quelli su via dei Contadini risalgono al 1864, quando il conte Confalonieri si offri di alzare, rettificare ed allargare, a sue spese , la strada preesistente. Alti circa un metro, in granito, hanno forma cilindrica ma terminano con una calotta semisferica, sotto la quale, per una decina di centimetri, il diametro del cilindro è un po’ più ampio e ha l'aspetto di un anello.
Un tempo erano più numerosi e disposti su entrambi i lati della strada. In seguito alcuni sono stati utilizzati per altri scopi, come quelli che impediscono l’accesso delle macchine sul sagrato della chiesa dei santi Giuseppe e Floriano e dal retro della chiesa a via Papa Giovanni XXIII.
Sagrato della chiesa dei santi Giuseppe e Floriano |
Paracarri con catena che limitano l'accesso a via papa Giovanni XXIII |
Quella di ostacolare il passaggio dei carri, allora, e delle auto oggi è una seconda funzione attribuita ai paracarri e descritta dal vocabolario. La svolgevano, tendendo una catena, anche i due elementi posti all’inizio della salita a ciotoli che porta alla villa ex Arrigoni.
Villa ex Arrigoni |
Sono belli anche gli ultimi quattro paracarri che si trovano sulla strada per la Bergamina, in granito a grana rosa, terminano con un tronco di cono a gradini e una sfera tagliata circa a tre quarti.
Cascina Bergamina |
Strada per cascina Airolda |
Ma la funzione che più di tutte giustifica il nome “paracarro” è quella così descritta dal vocabolario Treccani: “ i paracarri erano anche disposti nelle strade dei vecchi centri abitati, lungo i basamenti di edifici importanti ai lati di passi carrai, per proteggere le murature dagli urti dei carri”.
Di questi a Verderio ce ne sono molti, sparsi su tutto il territorio, molto diversi fra loro, messi a guardia anche di edifici non importanti. .
Due, imponenti, si trovano ai lati dell'entrata della cascina Bergamina. Molto grandi, hanno forma complessa e terminano in alto con una sfera quasi completa. Ricordano una pedina, un po' tozza, degli scacchi. Furono acquistati negli anni trenta del novecento da Gianfranco Gnecchi Ruscone perché i due piccoli paracarri, ancor oggi presenti sugli angoli del portale, non erano sufficienti a proteggerlo dai grandi carri che, molto carichi, entravano in cascina.
Entrata di Cascina Bergamina |
Via Sant'Ambrogio |
Via Angolare |
Piazza Roma |
Via Roma |
Angolo tra via Piave e viale Rimembranze |
Poi ci sono i paracarri che non riparano gli spigoli dei portali ma i muri iN corrispondenza delle curve nelle vie del centro storico, soprattutto in via Angolare – come sembra ovvio - e in via Campestre
Quasi sempre sono semplici sassi non lavorati, grandi ciotoli raccolti e adoperati così come sono stati trovati e come il ghiacciaio li aveva depositati durante il suo cammino dalle Alpi alla valle dell'Adda.
Via Angolare |
Angolo tra via Angolare e via Campestre |
Di uno in particolare, in via Angolare, penso di conoscere il suo punto di partenza: essendo verde penso sia di “serpentino” e, se non sbaglio, il serpentino che si trova da queste parti arriva dalla val Malenco.
Paracarro in "serpentino in via Angolare |
Marco Bartesaghi
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