venerdì 14 febbraio 2014

CI VUOLE O NO L'ACCENTO? GRAVE O ACUTO? MA QUAL È QUELLO GRAVE? di Marco Bartesaghi e ...

Se aveste un amico appassionato di grammatica italiana, potrebbe capitare anche a voi, come è capitato a me, di passare qualche mezz’ora del primo dell’anno a discutere delle regole per segnare gli accenti sulle parole (la sua passione nella passione) e trovare, alla fine, che l’esperienza, oltreché anomala, sia stata divertente, e forse utile.
Perché proprio gli accenti? Perché nella scuola, secondo lui, l’argomento è tradizionalmente trascurato e viene perlopiù risolto insegnando ad apporre una piccola, ibrida mezzaluna o “scodellina” sulla vocale da accentare.
Basterebbe invece, sempre secondo lui, trasmettere alcune, poche e chiare regole in grado di risolvere tutti i casi che si possono incontrare durante la scrittura.
Ora, da alunno che ha ascoltato la lezione, cercherò di ripeterla con precisione, chiedendo solo un po’ di pazienza, ma non troppa….
Il problema si pone quando è obbligatorio indicare l’accento grafico (per es. nelle parole tronche con due o più sillabe: città, giovedì, lassù, parlò, perché…). L’accento può essere GRAVE o ACUTO e bisogna sapere quale usare.

ACCENTO GRAVE: indica un timbro/suono aperto della vocale su cui cade ed è inclinato da sinistra verso il basso:

à
ACCENTO ACUTO: indica un timbro/suono chiuso della vocale su cui cade ed è inclinato da destra verso il basso:

é

̕1) La vocale a ha sempre suono aperto e quindi vuole sempre l’accento grave: città, papà…
 

2) La vocale i e la vocale u hanno sempre suono chiuso e quindi vorrebbero sempre, a rigore, l’accento acuto, ma solo poche case editrici lo utilizzano, mentre è entrato nell’uso anche per queste vocali l’accento grave (non essendovi possibilità di equivoco fra suono aperto e chiuso): giovedì, partì… lassù, virtù… 
 

3) La vocale o può avere suono aperto e quindi volere l’accento grave oppure suono chiuso e quindi volere l’accento acuto. Tuttavia, per nostra… fortuna, in finale di parola, nei casi in cui l’accento grafico è obbligatorio, il suono è sempre aperto e dunque l’accento è sempre grave: parlò, rococò…
 

4) La vocale e può avere suono aperto e quindi volere l’accento grave oppure suono chiuso e quindi volere l’accento acuto. Tuttavia, per nostra fortuna o… quasi, in finale di parola, nei casi in cui l’accento grafico è obbligatorio, il suono è… quasi sempre chiuso e dunque l’accento è… quasi sempre acuto: né, perché…  Vi sono solo poche eccezioni, parole con la e finale aperta e dunque accento grave: è (voce del verbo essere), cioè, tè, caffè, piè (di pagina)…
 

Il discorso è stato lungo, ma si sarà capito che la conclusione pratica è breve, e semplice, come dice il mio amico, e io con lui, e potrebbe essere insegnata sin dalle scuole elementari, eliminando la “scodellina” di cui sopra, comoda nella scrittura a mano, ma… inesistente in grammatica, e nei nostri computer. In un’ora di lezione, con esempi più numerosi e più divertenti dei miei, anche i bambini potrebbero imparare e ricordare per sempre una regola molto logica e molto facile.
 

RIASSUMENDO
A fine parola, quando è obbligatorio, sulle vocali a, i, u, o  si deve mettere l’accento grave: città, giovedì, lassù, parlò…
 

A fine parola, quando è obbligatorio, sulla vocale e si deve mettere l’accento acuto: né, perché…, tranne in poche eccezioni, che vogliono l’accento grave: è, cioè, tè, caffè, piè…
Più breve di così…





P.S. Terminato l'articolo, l'ho fatto leggere all'anonimo amico, affinché lo correggesse e sistemasse. Il risultato che avete letto è più farina del suo sacco che del mio. M.B.

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