venerdì 2 luglio 2010

VICENDE DI DONNE: CLEOFE FRIGERIO di Anselmo Brambilla

Un'altra storia di una donna, la terza, raccontata da Anselmo Brambilla. Le precedenti sono state pubblicate su questo blog l'1 eil 17 giugno 2010.
L'illustrazione, anche questa volta è di Sara Bartesaghi.





Nel  mese di gennaio del 1906 il Lavoratore Comasco, noto giornale socialista, pubblicava una corrispondenza da Alserio, piccolo paese della Brianza Lecchese, nel quale si evidenziavano le pessime condizioni in cui  era tenuta dalle autorità la scuola Comunale.

Un prete del paese don Luigi Malinverno, componente della Commissione di vigilanza sulla scuola,  ritenne responsabile  della segnalazione la maestra Cleofe Frigerio, e quindi minacciando di dimettersi dalla commissione la  rimprovera aspramente davanti a tutti i suoi alunni.

Non contento di questo il buon prete fece pubblicare sul Resegone un articolo in cui esternava e rendeva pubblica tutta la sua disapprovazione per l'operato della maestra, rea sospetta di avere mandato al lavoratore Comasco , l'articolo sulle pessime condizioni della scuola.

Naturalmente la Frigerio fu costretta da questa pubblicità a rispondere pubblicamente, non potendolo fare per ovvie ragioni attraverso il Resegone, invia la sua risposta al Lavoratore Comasco.

A questo punto della vicenda, entra in  scena anche il parroco del paese Domenico Parravicino , che dal pulpito , il 4 febbraio 1906 tuona contro il fatto che nella sua parrocchia c'è una maestra socialista che ha il coraggio di scrivere ad un giornale socialista, che a suo dire, l'unica cosa che merita tale giornale, è quella di essere stracciato e bruciato o usato per altri bisogni.

Questa brillante predica ebbe come effetto che su 84 bambini,  solo tre continuarono a frequentare la scuola, tutti gli altri compreso il figlio del Sindaco vennero tenuti a casa. Figurasi se le buone e morigerate famiglie di Alserio potevano affidare i loro innocenti pargoli ad una maestra socialista.

Alla maestra non valsero dodici anni di onorato ed eccellente servizio, e che da sola insegnasse ad ottantaquattro bambini, non valsero a nulla le sue benemerenze scolastiche , solo doveva andarsene per non contaminare con idee anticristiane i pargoli. L'Autorità scolastica manda un ispettore da Como che senza valutare i fatti sospende la maestra, che nel frattempo viene indiziata, oltre che dalle autorità scolastiche anche dalla giustizia, accusata dai buoni cittadini di percosse e maltrattamenti ai bambini.

Assolta sia dall'autorità scolastica (Consiglio Provinciale Scolastico) sia dal pretore di Erba, la Frigerio, che aveva rinunciato anche alla querela nei confronti dei suoi detrattori, doveva essere reintegrata nel suo posto di educatrice. Appena la cosa si seppe la popolazione di Alserio, probabilmente sobillata dai preti, insorse contro la decisione del pretore, minacciando, qualora la maestra avesse l'ardire di tornare, di impedirgli l'entrata nella scuola .

Infatti la mattina del 21 maggio , quando, per ordine del pretore di Erba e accompagnata dai carabinieri la Frigerio si presenta davanti alla scuola, una folla inferocita composta in maggioranza da donne, gli impedisce di entrare.

La cosa si ripete per vari giorni , ad ogni tentativo di entrare nella scuola della Frigerio,  la folla sempre più minacciosa con urla e parolacce glie lo  impedisce. Alla fine anche su consiglio dei carabinieri la maestra si arrende all'intolleranza, desiste e lascia il campo.

Dopo tre mesi di malattia dovuta principalmente alle conseguenze di questi fatti, la Frigerio assistita dall'avvocato Noseda di Como , sporge denuncia per minacce e insulti indicando i due preti come istigatori della gazzarra.

L'istruttoria diede come risultato la denuncia di trentanove persone, poi mandati assolti dal  pretore il 23 novembre 1906 per inesistenza di reato. In appoggio e solidarietà con la maestra, si tiene un partecipato comizio in Como il giorno 8 dicembre1906 dell'on. Caratti , Presidente dell'Unione Nazionale Magistrale, con la partecipazione degli on. Treves, Turati e Berenini (6)

Archivio di Stato Questura di Bergamo - Persone pericolose per l'unità Nazionale Cartella 20

Anselmo Brambilla 7 giugno 2001

NOTA
(6) Il Prealpino 6/12/1906

DERVIO, CORENNO PLINIO, DORIO, OLGIASCA








DERVIO (2)






CORENNO PLINIO (1)



LA CENTRALE DI CORENNO PLINIO




CORENNO PLINIO (2)



SIESTA



ALTO LAGO





 DORIO (1)



DORIO (2)



VERSO OLGIASCA



 
OLGIASCA

domenica 20 giugno 2010

STORIA DEI NOSTRI COGNOMI di Beniamino Colnaghi


Breve sintesi tratta dal sito dell'Associazione Storica Lombarda
Introduzione
Il nostro cognome è un patrimonio storico che ci contraddistingue, eppure generalmente non sospettiamo neppure che possa avere un significato. I nostri cognomi vedono la loro origine attorno alla metà del XII secolo, in un periodo in cui evidentemente il semplice nome di battesimo non consentiva più l'identificazione delle persone che portavano lo stesso nome: ciò era presumibilmente dovuto al forte sviluppo demografico legato ad un momento di sviluppo economico. Non dimentichiamo che siamo nel periodo della nascita dei Comuni. In Lombardia l'origine del cognome è varia: può derivare da un nome di paese o città (Viganò, Brivio, Colnago) o dal nome di battesimo di un antenato (Andreoni, Stefanoni, Arnaboldi), oppure da una devozione particolare verso un santo (Mauri per san Mauro), o, ancora, da un mestiere esercitato da un avo (Medici, Ferrari, Tagliabue) o da sue particolarità fisiche (Grandi, Neri, Bianchi, Rossi, Grassi)  ed infine, connessi a nomi di animali (Ratti, Gatti, Volpi). Ma, a mio parere, la parte più interessante di questi studi è quella relativa alla località di provenienza dei cognomi, cioè il "da dove siamo partiti".
E' ovvio che chi ha cognomi tipo Parma, Cantù, Vergani discende da un avo originario appunto di Parma, Cantù o Villa Vergano. Per i Mauri potremmo dire che gli studi effettuati li riconducono al lago di Pusiano come i Viscardi partono da Calusco. Le approfondite ricerche hanno condotto ad un risultato ben preciso: l'esistenza di un flusso migratorio diretto specialmente a Milano, effettuato in modo massiccio dalle valli prealpine, dalla Brianza e dalle valli della bergamasca. Un esempio classico di questo flusso è quello dei Brembilla che provengono, per l'appunto, dalla località bergamasca Brembilla.  I loro avi sono sicuramente quegli abitanti di questo paese cacciati nel 1443 dai Veneziani perché fedeli ai Visconti e che vennero favorevolmente accolti nel ducato milanese appunto per la loro fede viscontea.
Nei registri anagrafici i cognomi hanno generalmente la forma plurale perché si designa così la famiglia: fanno eccezione quelli di derivazione femminile come Marta, Sala, Beretta, ecc. Inoltre nei cognomi sono rintracciabili parecchie impronte dialettali: Valtellina è divenuto Oltolina, Savini Saini, Taleggio, Tavecchio. Inoltre il fenomeno del "rotacismo" - che trasforma la l intervocalica in r - ha modificato ad esempio Oltolina in Ortolina, Belluschi in Beruschi e via di questo passo.
Nel percorso storico dei cognomi v'è ancora da annotare che un ruolo rilevante al loro formarsi lo ebbero le tradizioni della cancelleria, dapprima quella notarile e successivamente anche quella ecclesiastica, anche se è  proprio quest'ultima ad avere sancito migliaia di cognomi. Infatti, a prescindere dalla mole di atti notarili fortunatamente a noi pervenuti d'epoca due/tre/quattrocentesca, è con il Concilio di Trento che, a partire dal 1564, viene fatto obbligo ai parroci di tenere un registro dei battesimi con nome e cognome per evitare, in particolare, matrimoni tra consanguinei. I parroci, come già fatto dai notai, dovendo indicare con esattezza la persona fecero spesso diventare cognome il nome del padre, oppure utilizzarono particolarità fisiche come si è già detto prima o un qualsivoglia altro aspetto che per la comunità indicava, sotto il profilo orale, quella particolare persona o famiglia.
E' di tutta evidenza che da questo discorso rimangono fuori le famiglie "storiche" la cui presenza aveva segnato la storia del territorio e per le quali esisteva già un sistema codificato di identificazione. Due esempi significativi per tutti: I Pusterla e i Confalonieri. Per il primo: famiglia di Milano, le cui gesta riempiono le cronache del Medioevo milanese, annovera sette tra Consoli del Comune e Consoli di Giustizia, due Arcivescovi (Anselmo 1116-1136) e Guglielmo (1361-1370) e compare nella Matricola Nobilium Familiarum del 1377, elenco di famiglie i cui membri potevano entrare a far parte dei canonici ordinari del Duomo. Un Francesco Pusterla che tramò contro Luchino Visconti fu giustiziato nella piazza del Broletto nel 1341. Un altro Pusterla, Giovanni,  castellano di Monza, fu accusato da Giovanni Maria Visconti d'aver partecipato all'uccisione di Maria Visconti: venne fatto azzannare da mastini e successivamente decapitato e squartato. Nello stemma di famiglia si vede un'aquila stilizzata che può rappresentare appunto una porta d'accesso. Confalonieri: anche qui famiglia antichissima. In origine il confanonerius era il portatore del gonfalone arcivescovile, cioè il  signifer della Chiesa milanese. A Milano, successivamente, accompagnavano il nuovo arcivescovo dalla sua entrata in città sino alla dimora. In compenso ricevevano il cavallo su cui era arrivato il nuovo presule ed il baldacchino di cui loro stessi avevano retto le aste. Lo stemma di famiglia è un gonfalone spiegato. La famiglia compare nel famoso elenco del 1377 - vedi i Pusterla -  e compare ancora con Federico - 1785/1846 - grande uomo liberale e rivoluzionario, condannato dapprima a morte poi all'ergastolo dagli Austriaci nel 1823.


I Cognomi
Esaminiamo ora alcuni cognomi lombardi e brianzoli, alcuni dei quali molto diffusi a Verderio:
Acquati: Cognome diffuso in tutt'Italia, anche se Acqua è tipicamente diffuso al nord. L'origine è legata a due possibili radici, che si identificano in toponimi (contenenti il vocabolo acqua, acque), o nel mestiere del distributore o venditore d'acqua (acquaiolo, acquarolo)

Annoni: La famiglia milanese de Annono (da Annone, sull'omonimo lago alle porte di Lecco) è registrata nella Matricola Nobilium Familiarum del 1377 (o 1277, la datazione è incerta), elenco delle famiglie nobili di Milano i cui membri avevano diritto all'elezione passiva come canonici ordinari del Duomo.
La parentela de Annono compare tra le famiglie guelfe di Brianza a cui Galeazzo Visconti, con un suo editto del 1385, perdonò il favore che essi avevano testimoniato ai Savoia.
Dal Dizionario Feudale delle Provincie Lombarde componenti l'antico stato di Milano all'epoca della cessazione del sistema feudale (1796) dovuto al Casanova, si ricava: 1625: diploma di re Filippo IV per la concessione del feudo di Gussola (Cremona) a Giacomo Antonio Annoni; 1659:  il feudo di Merone è concesso a Paolo Annoni; 1676: il feudo di Cerro al Lambro è concesso a Carlo Annoni con il titolo di conte.
Per concludere, secondo i più accreditati studiosi, il toponimo di Annone è da ricondurre al nome personale germanico Ano, Anone.

Bartesaghi: è tipico della zona del comasco, di Inverigo, Erba, Como, Pusiano ed Albavilla e soprattutto del lecchese, di Annone Di Brianza, Lecco e Mandello Del Lario, e di Giussano nel milanese, Bartezaghi è tipico di Bareggio nel milanese, Bartezzaghi è sempre tipico del milanese, di Vittuone in particolare, sono entrambi molto rari, dovrebbero derivare da un nome di località originata dal vocabolo celtico barto = foresta, bosco forse ad intendere appunto una zona boscosa il suffisso -aghi è chiaramente il plurale del celtico -ago (campo) ad intendere la zona coltivata in prossimità di un bosco.

Colnago e Colnaghi: Cognome lombardo, particolarmente dell'area compresa tra le provincie di Pavia, Milano, Lecco e Bergamo, dovrebbe essere stato originato da soprannomi legati al toponimo Colnago (MI). Negli "Statuti delle acque e delle strade del contado di Milano fatti nel 1346" Colnago risulta incluso nella pieve di Pontirolo e viene elencato tra le località cui spetta la manutenzione della "strata da Vimarcate" come "el locho da Colnago" (Compartizione delle fagie 1346).
Nei registri dell'estimo del ducato di Milano del 1558 e nei successivi aggiornamenti del XVII secolo Colnago risulta ancora compreso nella medesima pieve (Estimo di Carlo V, Ducato di Milano, cart. 38).
Colombo: nell'impero romano Columbus e Columba erano nomi di schiavi.  Nei primi secoli della cristianità era molto diffuso perché veniva attribuito ad essa il significato di purezza. A Milano appaiono nel 1266. Presenti nel lecchese e in Valsassina dal Cinquecento. Nel 1690 Bernardo Colombo  fu creato marchese di Segrate. Nel 1845 Buffini scriveva, nei "Ragionamenti storici economici e statistici e morali intorno all'Ospizio dei Trovatelli di Milano" che il cognome era dato agli abbandonati bimbi dell'Ospedale Maggiore perché l'insegna di quel logo è una colomba che vola sopra una portantina. In ogni caso il cognome è assai diffuso nelle nostre zone ed è pur vero che in parecchi archivi ottocenteschi ho trovato questo cognome attributo a bambini "esposti", cioè abbandonati."
Frigerio: lombardo delle provincie di Varese, Como, Lecco, Bergamo, Brescia e Milano. Una possibile origine è dal cognome austriaco Fritscher (si pronuncia fricer o friger), un'altra possibilità è la derivazione dal nome goto Frigeridus, meno probabile, vista l'attuale concentrazione e diffusione una derivazione dal tardo latino frigerius (colui che fa fresco).
II cognome Frigeri e Frigerio, al modo stesso di Frigieri, Fruggeri e Forghieri riflette il personale medievale Frigerius, Frogerius di derivazione franca (dal germ. *frithu - "pace, amicizia" e da *gaira - "lancia") forse "amico della lancia". Fonte: F. Violi. Cognomi a Modena e nel Modenese, 1996.; il nome Frogerius potrebbe essere derivato dal personale germanico Fridger. Förstemann 532 [NOTA 1]
Mandelli: direttamente da Mandello del Lario. Nobile famiglia milanese, ben presente in epoca comunale con consoli e un podestà.. Vi sono dei Mandelli anche tra i prigionieri fatti da Federico II nella battaglia di Cortenova (1237) e mandati nel regno di Napoli. I Mandelli sono inseriti nella Matricola Nobilium Familiarum di Milano del 1377, i cui membri avevano diritto all'elezione passiva quali canonici del Duomo. Nel 1536 il conte Giacomo Mandelli otteneva da Carlo V l'investitura della contea di Maccagno Inferiore, territorio che, del resto, la sua famiglia possedeva già da oltre 400 anni. Il possesso passò poi ai Borromeo nel 1718.
Mapelli: dalla località bergamasca di Mapello. L'Olivieri presuppone che il nome abbia una discendenza dalla voce milanese mappa che indicava il cavolfiore e che trovava analogia nel cantonticinese mapp cioè pannocchia di granoturco, assimilabili alla posizione geografica del luogo. La schiatta è rappresentata nell'elenco dei Mille Homines Pergami del 1156. Segnalo un Guillelmus de Mapello, rettore di Lombardia nel 1178. Compaiono nel monzese nel 1350 negli statuti dei mercanti con Petrus de Mapello. In epoche più recenti, l'avvocato Achille Mapelli (1841-1894) fu uno dei Mille di Garibaldi e deputato al Parlamento.



Motta: in toponomastica francese, con il significato di altura e poi di poggio con castello. Il termine appare solo nel basso latino ma sicuramente vanta radici più antiche. Questi toponimi sono abbastanza diffusi e indicano per l'appunto famiglie i cui antenati provenivano da alture.  

Mottadelli: semplicemente i Motta da Ello. In un registro battesimi di Sirtori appaiono: 1572, Elisabeth di Motti da Ello; 1572 Fernardo di Motti da Ello. Unificandosi il cognome appare ai più incomprensibile, ma se scrive in tre parole diventa perfettamente chiaro.
Novati:  da Novate frazione di Merate, da Novate Milanese, da Novate Mezzola (Sondrio). Tutti e tre appartengono alla categoria dei toponimi prediali, cioè di nomi che afferiscono a terreni in quanto oggetto di norme giuridiche (servitù prediali) o fiscali (imposta prediale); la forma latina altomedievale praedialis deriva dal latino praedium cioè proprietà fondiaria. Questo toponimo compare in Lombardia, in Piemonte e nel Canton Ticino. Novate ha come radice il cognomen latino Novus: quindi, presumibilmente, la proprietà di un Novus.  Il toponimo venne utilizzato come predicato nobiliare dalla famiglia Medici da Novate per l'appunto, famiglia che compare con questa dicitura nella matricola delle famiglie nobili di Milano del 1277. Questa schiatta è talvolta chiamata, nei documenti, solo Novati. Dal Casanova si ricava che nel 1567 re Filippo II concede, con un diploma, che il feudo di Covo (CR) passi a Ferrante Medici de Novate, mentre nel 1661 re Filippo IV concede il titolo di marchese a Francesco Ferrante Novati che è un discendente del Medici del 1567.

Oggioni e Oggionni: da Oggiono, sul lago omonimo, nome che deriva poi da Augionis, cioè luogo ricco d'acqua. La forma corretta dovrebbe essere la seconda, che è anche la meno diffusa. In dialetto si dice Ugionn e ciò ci permette di collocare il toponimo con altri che terminano nello stesso modo e cioè Consonno, Caronno, Biandronno.  Nomi questi in cui si vede un composto del nome gallico "dunno", variante di "duno" col significato di monte e poi castello, che si trova in parecchi nomi lombardi, piemontesi, cantonticinesi e francesi come Comeduno (BG), Verduno (CN), Solduno (C.Ticino). Negli Atti del Comune di Milano compaiono Jacobus de Ogiono, Resonadus de Uglono, Ubertus de Uglono, Lanciavetula Ogionus. I de Uglono sono presenti a Monza almeno dal Trecento e li si trova nei primi elenchi dei mercanti: nel 1350 troviamo Dominichus de Uglono; nel 1476 compaiono Bertholameus et filius de Uglono, Franciscus de Uglono, Johannes, Contrinus et fratres de Uglono.  Nella rubrica censuaria di Monza del 1537 compaiono sei famiglie Oggioni tra cui Madonna Angela da Ogion, dove il titolo madonna indica che la famiglia era nobile.
Pirovano: appartiene ad una nobile famiglia di capitanei che conta due arcivescovi milanesi: Oberti I (1146-1166) ed Oberto IV (1206-1211). Nell'elenco del 1377 delle famiglie nobili milanesi i cui membri avevano diritto all'elezione passiva come canonici ordinari del Duomo, la famiglia appare in due rami: i Pirovano ed i Pirovano da Tabiano. Nel monzese appaiono attorno al Cinquecento anche con la forma Piroino (in dialetto diciamo Piroeuven). Dal Casanova, nel suo dizionario feudale, ricaviamo: nel 1501 il senato approva la concessione fatta da Luigi XII, re di Francia, per l'erezione in contea del vicariato di Desio, di cui fu investito il fisico Gabriele Pirovano ed i suoi discendenti; nel 1558 vengono concessi a Gian Franco Pirovano, per sé e discendenti, alcuni redditi in varie terre dello stato e della giurisdizione di Meleto; 1635, diploma di Filippo IV per la concessione del feudo di Cassino Scanasio (Mi) a Giovanni Pirovano. Il feudo cessò alla morte del marchese abate Filippo Pirovano, avvenuta nel 1673.
Riva: è un cognome che deriva da un nome di luogo attestante la presenza di un lago o di un fiume e, pertanto, è molto diffuso. Per i nostri territori abbiamo la possibilità  d'individuarne tre ceppi distinti: un gruppo a Legnano, un gruppo a Galbiate (de ripa de Galbiate) ed anche un gruppo a Mantova ove era situato un loro palazzo. Tra i de Ripa o, successivamente, Riva, si rammenta in particolar modo Bonvesin (buonvicino) della Ripa nato presumibilmente a Milano tra il 1240 ed il 1250 e vissuto praticamente sempre in città salvo un periodo trascorso a Legnano. Era un frate dell'ordine degli Umiliati, autore di opere sia in latino che in volgare ma, soprattutto un attento testimone della vita del suo tempo. La bibliografia su di lui è abbondantissima in quanto i suoi scritti sono stati oggetto di ampi ed autorevoli studi. La sua opera forse più nota è il "De magnalibus Mediolani" che ci consente di avere a disposizione un'ampia fotografia di Milano nel periodo. Come si diceva il cognome è tanto diffuso che è praticamente impossibile scegliere da quale zona od atto pubblico partire: è ben presente nelle nostre terre sin dalla metà del XII secolo. Negli Atti del Comune di Milano appare "qui dicitur de Riva, Ripa, Rippa con i nomi personali di Albertus, Bonacorso, Durans, Girardus, Guido, Johannes, Rogerio, Ventura e Vitalis. In una pergamena del monastero di san Vittore in Meda, del 10 dicembre 1252, con la quale la badessa Maria de Besuzio cede il mercato del borgo e la curaria del mercato stesso, appare un Rivanus de Ripa/Rippa filius Guilielmus. Nel Quattrocento troviamo a Galbiate dei mercanti di lana sottile oltre a coltivatori di campi sparsi un po' in tutta la Brianza.
Sala: dall'editto di re Rotari del 643 (codice delle leggi longobarde) sappiamo che con sala venivano indicati,: casa signorile, casa colonica e stalla. Parecchi sono i toponimi che sono rimasti con la designazione sala: Sala al Barro, Sala Comacina, Sala di Calolziocorte, Sala di Vassena ecc. Ciò non permette di identificare un preciso ceppo di provenienza delle famiglie con questo cognome che, peraltro, vista la diffusione del toponimo, è ben radicato nelle nostre terre.
Salomoni: Salamon e Salomon, molto raro, sono tipici del trevigiano, Salamone è specifico della Sicilia, Salamoni rarissimo è forse un errore di trascrizione di Salomoni che ha un nucleo nel bolognese ed uno nel bresciano e veronese, Salomone è diffuso in tutto il sud, ma in particolar modo in Campania, questi cognomi derivano tutti dal nome ebraico Shelam (pacifico).
Scotti: all'origine vi è un aggettivo etnico usato come soprannome e cioè Scotus = scozzese così come Franciscus significava dapprima franco e poi francese. E' un cognome, vista l'origine, abbastanza diffuso ovunque. Negli Atti del Comune di Milano troviamo: Scoto, de Scoto e Scotus con Alderius, Giacomo, Gironus, Guilielmus, Guinizo, Lanfrancus, Montinus, Mutus, Petrus, Rogerius, Saccus e Ubertus. Compare anche uno Scoto de Marchione, scriba pot. Alexandrie ed uno Scotus Artinixius de burgo Vicomercato. Nel 1237 viene indicato nell'elenco di affittuari della chiesa monzese. Troviamo anche degli Scotti nobili: 1237, ser Rugerius del Scotis; 1291, dominus Ribaldus de Scotis; 1301, Sangius de Scotis è tra gli estensori degli statuti della comunità dei mercanti di Monza; Facino e Giacomo Scotti risultano registrati tra i mercanti nel 1476. A Meda, in una pergamena del 1252 con la quale il monastero di san Vittore rinuncia all'honor, districtus e alla jurisdicio sul borgo stesso, compare quale abitante di Meda  e consiliarius (consigliere)  Guarinus de Scoto. Successivamente ancora a Monza appaiono negli elenchi dei mercanti con: 1385, dominus Aserbinus de Scoto, consiliarius et consultor (dell'amministrazione comunale); 1448, dominus Bernardus de Scotis che possiede una casa dove ora vi è il Municipio della cittadina. Sappiamo anche che nel 1458 moriva spectabilis vir dominus Ballinus del Scotis huius terre Modoetiae che era stato podestà di Novara e Lodi. Abbiamo anche un Ottaviano Scotto che emigrò a Venezia dove diede un forte impulso all'arte della stampa ed ivi morì nel 1498. Il Casanova ci informa che nel 1671 re Carlo II assegnò il feudo di Colturano ad una famiglia Scotti che vi poggiò il titolo di conte.
Sirtori: dalla località brianzola di Sirtori. Questo cognome è accostabile al termine "serta" cioè prato e luogo recintato, diffuso nelle provincie di Bergamo, Sondrio, Varese e nel Canton Ticino. Sono presenti nei nostri territori almeno dal XII secolo e nel monzese sono attestati dal Trecento già nei primi elenchi dei mercanti: 1326, Galvagnolus de Syrtori; 1350 Galvagniolus de Serturi; 1411-27, Lancelotus de Syrtori; 1470-76, Johannes de Syrtori, 1518, Francius de Sirtori; 1518 dominus Joannes Andrea de Sirtori.  Anche nella rubrica censuaria monzese del 1537 si trovano, quali addetti all'arte della lana: Baltisar de Sirtolo, mercante da lana; dominus Guielmus de Sirtol, cernidor da lana; Sanctino da Sirtol, lissador, maestro; Jacomo da Sirtol, garzoto cioè garzatore. Dal Casanova, nel suo Dizionario Feudale, ricaviamo: 1650, assegnazione del feudo di Torrevilla con Lissolo a Francesco Sirtori; il possesso cessò nel 1773 quando Guido Innocente Sirtori decedeva senza prole.
Spada: è un antichissimo cognome milanese riconducibile ad un capostipite che doveva essere un armaiolo specializzato nella fabbricazione di spade. Oppure un qualcuno talmente abile con la spada che con essa venne identificato. Abbiamo un Albertus Spata de Mediolano nel 1196 che fu testimonio nel Duomo di Monza della nomina ad arcivescovo di Ariprando da Rho da parte di Oberto da Terzago,  vescovo di Milano. Compare anche nell'elenco dei prigionieri fatti da Federico II alla battaglia di Cortenova (1237) con Lampunninus Spata in jocta.
Stucchi: un'ipotesi vuole che il cognome derivi dal nome Eustachio (dal greco Eustàchios cioè colui che dà buoni frutti). Sicuramente è presente da secoli nei nostri territori. Lo troviamo negli atti del Comune di Milano con Martinus Stucchus e negli elenchi dei mercanti di lana sottile, sempre di Milano, del 1393 con Bonulus Stuchus. Negli elenchi di mercanti di Monza del 1518 compare Paulus Stuchus e, ancora, nel 1559, nei registri battesimi del Duomo di Monza con Michel Stuco.
Valtolina:  è una deformazione dialettale di Valtellina, così come lo sono anche Voltolina, Oltolina, Ortolina e Vantellini.
Verderio: dalla località di Verderio che, a sua volta, deve il proprio nome alla presenza in loco di un viridiarium (o viridarium), cioè di un verziere, un giardino od un parco. Il toponimo si ritrova già in pergamene del X secolo: anno 934, Verederio; 996, Verederio, 997, Verederio, 998, Verderio, 998, Verederio. Anche in Francia compaiono toponimi assolutamente assimilabili: Le Verdier, Le Verger che, a loro volta, si ritrovano in cognomi tipici quali Verger e Duverger. Nel monzese compaiono solo nel 1500 con Nicola da Verderio e Clara de Verdè nel 1537.
Viganò: dalla località di Viganò in Brianza. Il toponimo, anche qui, è assai antico: si tratta infatti, in origine, di un genitivo plurale latino: vicanorum (cioè dei vicani, gli abitanti del vicus), in sintesi la comunità rurale mediaevale già presente in epoca romana e preromana. Dunque una terra vicanorum cioè una terra posseduta da tutti gli abitanti del vicus. Nel tempo il toponimo assume la forma (che si ritrova nelle antiche pergamene) di Vicanore, Viganore e, infine, Viganò. Assimilabile a Viganò sono altri due toponimi che si trovano in Renate e nella pieve d'Agliate e che, nel tempo con la tendenza spianatrice del dialetto, si sono ridotti a Vianò. Il cognome si trova negli Atti del Comune di Milano nel 1266 con de Viganore. Sono assenti nelle carte monzesi sino al Cinquecento, il che significa che sono colà approdati successivamente.
Villa: è anche questo un toponimo antichissimo ed è inteso col significato di villaggio. E' un cognome assai diffuso e ciò è dovuto all'esistenza di parecchi toponimi identici giunti sino a noi: basti pensare a Villa Raverio, Villa Romanò, Villa D'Adda. A ciò si aggiunga che questo toponimo è rintracciabile in tutt'Italia e che, con il fenomeno dell'immigrazione, possiamo avere il cognome Villa che arriva, ad esempio, dal napoletano. Troviamo a Monza, già nel Duecento, un podestà Taddeo de Villa ed anche un suo milite Rodolfo de Villa, indicati nella rubrica censuaria che riguarda la confezione del pane. Nel liber consignationis prebendarum del 1237 i Villa appaiono stanziati a Sesto, Missaglia, Maggiolino, Masnaga, Bulciago. Compaiono anche negli Statuti dei Mercanti dal 1326 al 1350 con otto rappresentanti. Il Casanova ci dice che nel 1751 il feudo di Grezzago veniva concesso a Giovanni Villa.
Viscardi: da un nome personale germanico latinizzato successivamente nelle forme di Guiscardus e Viscardus, col significato di "capitano ardito". I Viscardi nostrani paiono provenire da Calusco, nella bergamasca: nella metà del Quattrocento un Joannes de Viscardis aveva beni nella vicinia di santo Stefano a Bergamo.

Beniamino Colnaghi
 
NOTA [1] 
Il 22 guigno 2012 ho ricevuto dal signor Fabrizio Frigerio questa mail:

"Gentile Signor Bartesaghi,

sul sito Bartesaghi-Verderio-Storia, Lei ha pubblicato la Storia dei notri cognomi di Beniamino Colnaghi, che a proposito del cognome Frigerio riprende la falsa derivazione germanica con un'etimologia fantasiosa ed errata.

Se può, veda di correggerla con l'autentica, che troverà su https://it.wikipedia.org/wiki/Frigerio#Etimologia

Grazie e cordiali saluti

Fabrizio Frigerio"
 
Nella pagina wikipedia indicata nella mail ho trovato l'ipotesi di etimologia del cognome Frigerio che qui di seguito riporto:

"Il cognome Frigerio deriva dal termine lombardo del bagolaro[1] (Celtis australis L.), chiamato frigié (Como), frigè (Pavia) frigée o freggée (Milano), frégié (Ticino)[2], detto pure spaccasassi[3] per la forza delle sue radici nel rompere sassi anche di notevoli dimensioni, e il cui legno flessibile dei rami serviva una volta per fabbricare fruste.

La forma Frigerio è una derivazione latina da frigée, dove la e lunga è stata rimpiazzata dal suffisso -erius, diventato poi in italiano -erio.[4]

Delle interpretazioni fantasiose ne fanno una derivazione germanica, come ad es. il nome di battesimo "Frodgari" (Frond + gari) che vorrebbe dire "lancia prudente"[5]".

 Ringrazio io signor Frigerio per il suo contributo.
Marco Bartesaghi
 
 

sabato 19 giugno 2010

A CASCINA BERGAMINA LE POESIE DI GIANCARLO CONSONNI



Giancarlo Consonni, poeta
è nato a Merate il 14 gennaio 1943. Ha vissuto fino al 1967 a Verderio Inferiore, cittadina della Brianza, per poi trasferirsi a Milano, dove si è laureato in Architettura nel 1969. E' professore ordinario di Urbanistica al Politecnico di Milano. Dagli anni Ottanta scrive e pubblica poesia, soprattutto nella lingua lombarda della natia Brianza: Lumbardia, Prefazione di Franco Loi (I Dispari, 1983), Viridarium, Commento di Franco Loi, (All'insegna del pesce d'oro, 1987), In breve volo, Presentazione di Raffaello Baldini (All'insegna del pesce d'oro, 1994), Vûs, con una nota di Cesare Segre (Einaudi, 1997), Luì, Einaudi, Torino 2003.

Fonte:
http://www.premioantoniofogazzaro.it/giuria_poesia_.html
 
GIANCARLO CONSONNI foto di Denise Motta 

giovedì 17 giugno 2010

SACCHEGGIO ALLA CASA AIROLDI DI ROBBIATE DOPO LA BATTAGLIA DEL 28 APRILE 1799 a cura di Maria Fresoli



Nel fondo "Airoldi di Robbiate" dell'Archivio di Stato di Milano, sono conservati due documenti che, pur essendo molto posteriori come data, riguardano la battaglia di Verderio del 28 aprile 1799, combattuta fra l'esercito austro - russo, che ebbe la meglio, e quello francese. Alla fine della battaglia i soldati russi saccheggiarono la casa dei conti Airoldi, disperdendo i documenti comprovanti l'appartenenza alla nobiltà della famiglia. Nei documenti che qui si presentano due testimoni,  Francesco Consoni e Giovanni Panzeri, raccontano che la famiglia Airoldi di Robbiate è sempre stata conosciuta come famiglia di antica nobiltà.


1° documento (1)

Oggi giorno 31 luglio 1858
Essendosi trasferito in Robbiate l'I.R. Commissario Distrettuale di Brivio allo scopo di sentire i più provetti ed onorati terrieri sull'opinione che si tiene della Nobiltà della casa di S. E. l'I, R. Tenente maresciallo Barone Paolo Ajroldi di Robbiate e sugli avvenimenti dell' anno 1799, per cui possa essere probabile che la sullodata Illustrissima famiglia abbia perduto in tale circostanza le carte relative alle prove della Nobiltà di cui era insignita.
Comparso il nominato Consoni Francesco quondam Giovanni Antonio d'anni 76 antico terriero di detto Comune di Robbiate, ed interpellato in argomento, come sopra rispose:


CASA AIROLDI IN PIAZZA PAOLO AIROLDI 
A ROBBIATE  - Foto 1


"Io ho sempre sentito dire che la famiglia Ajroldi di Robbiate, dalla quale discende S. E. il Tenente Maresciallo Barone Paolo è nobile et tale posso assicurare che è sempre stata considerata da tutti questi terrieri e dai circostanti anche nei tempi della mia infanzia.
La famiglia Ajroldi aveva sepolcro proprio nella Chiesa Parrocchiale di Robbiate, ed in riguardo specialmente il padre di S. E. l'attuale I. R. Tenente Maresciallo Barone Paolo de Ajroldi posso assicurare che comunemente lo chiamavano Don Ambrogio.
Il quanto poi agli avvenimenti del 1799, osservo che avendo i soldati francesi toccata una sconfitta sul Veronese si erano ritirati parte verso Lecco e parte verso Cassano, per il che, vedendo le armate Austro Russe, scoperto il porto di Brivio, lo scelsero per attraversare l'Adda.
Allora i Francesi si concentrarono in Verderio e, passando per Robbiate  una mano di soldati che li chiamavano "quelli di Roan", vi saccheggiarono più abitazioni, percotendo e ferendo diversi comunisti che stavano per celarsi per lo spavento nelle case. Ma ritiratisi i Francesi successero subito gli Austro Russi, e specialmente i Russi si distinsero a rubare. Anzi, essendo a quel tempo Deputato di Robbiate Don Giovanni Ajroldi, fratello maggiore di don Ambrogio, padre di S.E. l'attuale I. R. Tenente Maresciallo Barone Paolo, ne invasero la sua casa che posero a soqquadro e, spogliatolo persino della camicia che aveva indosso, lo lasciarono con pugni e ributtanti villanie.
Ritengo che in tal occasione ogni documento riguardante la prova di Nobiltà dell'Illustrissima famiglia Ajroldi sarà stato distrutto.
Di tutto quanto ho detto sono pronto a dare conferma anche con giuramento in prova di che, mi sottoscrivo di mia propria mano.
Consoni Francesco"

L' I. R. Commissario Distrettuale
D.re Francesco Casati
                                             
(1)  Archivio di Stato Milano,  Fondo  Ajroldi di Robbiate - cart. 4  -  fasc.  2       

CASA AIROLDI DI ROBBIATE - Foto 2


2°Documento (2)

...Comparso il nominato Panzeri Giovanni del fu Antonio d'anni 74, antico terriero di detto Comune di Robbiate, ed interpellato in argomento come sopra, rispose:

"non solo in Robbiate ma in tutti i circonvicini paesi che io conosco, la famiglia dalla quale dipende S.E.  l'I.R.  Tenente Maresciallo Barone Paolo de Ajroldi, fu sempre stata Illustrissima, ciò che equivale a Nobile, ed il padre di S.E. sullodata chiamatasi Don Ambrogio.
L'illustrissima famiglia Ajroldi aveva sepolcro proprio nella Chiesa Parrocchiale di Robbiate.
Nella circostanza della battaglia di Verderio, seguita nella primavera del 1799, il comune di Robbiate incontrò gravissimi disordini, essendo stato depredato prima dai Francesi, che si concentrarono in Verderio, e poi dai Russi, che passato l'Adda a Brivio si avvicinarono a Verderio per respingerli. E' provabilissimo, ed anzi ritengo per certo che da tale circostanza la famiglia Ajroldi abbia perduto ogni documento di propria nobiltà di cui era insignita, imperocché, essendo in quel tempo Don Giovanni Ajroldi (Fratello maggiore di don Ambrogio)primo deputato la cui casa fu la più investita, e tra le tante disgrazie che quell'ottimo signore ebbe e sostenne, fu di vedersi saccheggiare dai Russi la casa, i quali gli tolsero persino la camicia che indossava e con villania di pugni e schiaffi lo lasciarono ignudo.
Di tutto il suesposto mi dichiaro pronto all'occasione di dare conferma con giuramento, in prova di che, siccome illetterato mi firmo col seguente segno di croce".

L'I.R. Commissario D.re Francesco Casati  

(2) Archivio di Stato Milano- fondo Ajroldi di Robbiate - cart. 4 - fasc.2                              

IL "COUS COUS" DELLA SIGNORA KAROUACHE


La signora Karouache, originaria del Marocco, da anni abitante a Verderio Superiore, anche quest'anno ha preparato il cous cous per la festa dell'intercultura, che si è svolta a Verderio il 12 e il 13 giugno.







Dovendolo preparare pe molte persone, in questa occasione la signora ha acquistato il cous cous già pronto. Quando la quantità necessaria è minore lo prepara da sola, impastando semolino, farina e poca acqua e lavorando il prodotto fino a ridurlo a piccoli semini. Il procedimento lo vedremo un'altra volta.


 Il cous cous deve essere cotto a vapore. Si usano in genere due pentole di alluminio sovrapposte: in quella sottostante si può far bollire acqua o, meglio, mettere a cuocere una delle pietanze che verrà poi servita con il cous cous. In questo caso si otterrà un sapore più intenso.




Quando è pronto il cous cous viene travasato in una marmitta e mescolato per far uscire il vapore ed asciugare.



 A parte vengono cucinati i cibi da servire con il cous cous: il pollo,

i ceci cotti con cipolle e uvette,




la carne di pecora e quella di manzo,


le verdure stufate, qui non ancora preparate.





VICENDE DI DONNE: BRIGIDA DONIZZETTI di Anselmo Brambilla





 Questa è la seconda storia di una donna raccontata da Anselmo Brambilla. La prima è apparsa su questo blog l'1 giugno scorso.
Anche il disegno che illustra questa puntata è di Sara Bartesaghi






Brigida Donizzetti

di Antonio e Teresa Animelli, nata ad Almenno San Bartolomeo il 6 luglio 1906. Era domiciliata in Lecco in quanto moglie dell'operaio comunista Giovanni Gandolfi (4), emigrato clandestinamente  verso la fine del 1936 in Francia per sfuggire alle persecuzioni fasciste.

La Donizzetti madre di una bimba di sei anni, impiegata come operaia cartucciera alla Fiocchi verso la fine del 1938 , decide di raggiungere il marito in Francia, in quanto moglie di un comunista era una sorvegliata speciale, e quindi la cosa non era per niente facile. Decide di giocare d'astuzia , ritorna con la bambina a  casa dei suoi, nella frazione Carosso di Palazzago dove per un certo tempo rimane, sempre mantenuta sotto stretto controllo dalla Questura.

Alla fine con uno stratagemma riesce ad eludere la sorveglianza, ritorna nella città lariana con la scusa di riprendere il suo posto nella Fiocchi, arrivata alla stazione di Lecco acquista, per lei e la figlia, un biglietto del treno per Sondrio, essendo sorvegliata speciale la biglietteria avvisa la Questura, che manda fonogrammi alla Questura di Sondrio con l'invito di arrestare la pericolosa sovversiva in fuga.



Ovviamente a Sondrio la Donizzetti non arriverà mai, degli amici la portano a Como da dove viene aiutata ad espatriare in Svizzera e successivamente in Francia dove alla fine delle sue peripezie, con la figlia, raggiungerà il marito.

Gli agenti della Questura, dopo avere inutilmente aspettato il suo arrivo, mestamente inviano un rapporto alla Questura di Lecco e Bergamo dove dicono che; la  pericolosa sovversiva , presumibilmente aiutata da altri sovversivi è andata a raggiungere il marito in Francia.

Lettera (5) del marito alla Donizzetti datata 4 febbraio 1937 con mittente il fratello Edoardo 10 Rue des Monsiers Montrenis - Seine Francia, anche se un po' sgrammaticata, è significativa delle condizioni in cui vivevano le famiglie delle persone perseguitate dal fascismo.

"Carissima vengo con le mie, dopo avere ricevuto le tue lettere, sono molto contento che tanto te, come la bambina, state bene.

Senti alla prima lettera che mi scrivi mettermi (mettimi) una fotografia della bambina, come della prima , come della seconda.

Che tanto mi stanno a cuore, e anche una delle tue, caro mio amore, che sento sempre il tuo amore che mi dice, farti (fatti) forte che anche questa passerà, e diverremo molto felici, come sempre siamo stati nel passato.

Devi perdonarmi se quando ero a casa mi arrabbiavo.

So che ti sgridavo sempre a dietro, ma nel mio cuore sentivo sempre di amarti, e di volerti tanto bene, come sempre ti avevo detto nel mio primo incontro.

Vorrei segnare (insegnare) alla bambina , che suo papà, è stato vittima del fascismo, e farei sempre segnare (insegnare), non di pregare dio, ma di essere cosciente verso i bambini.

Salutami tanto lo zio da parte mia, di Edoardo e tutti, e cerca di non abbandonarlo lo zio che è tanto buono.

Ricevi tanti saluti e baci da tuo marito tanti bacioni alla piccina che tanto ho voglia di vederla, e anche te.

Tanti saluti a tua famiglia da parte mia, salutami il cugino e cugina Piero e Pierina e i miei nipotini dagli un bacione a ciascuno. 

Giovanni di nuovo saluto tuo e per sempre.

Giovanni 4 febbraio 1937"

Anselmo Brambilla

NOTE
(4) Con il fratello Edoardo aveva combattuto in Spagna, nelle brigate  internazionali.
(5) Lettera conservata nell'Archivio di Stato di Bergamo Fondo Questura - Persone pericolose per l'Unità Nazionale Cartella 22