lunedì 19 novembre 2018

"LA SALETTE" SCOMPARSA. UN INTERVENTO DEL DOTT. GIORGIO BUIZZA, AGRONOMO

Il 15 settembre scorso, aggiornando il blog, avevo segnalato ed espresso il mio rammarico per la scomparsa alla vista dei passanti della cascina "La Salette". Sull'argomento ho ricevuto l'articolo che ora vi presento dal dott. Giorgio Buizza, agronomo e, per dirla tutta, anche mio cognato.
Spero che anche altri, in sintonia o no con noi, intervengano. Tutti i contributi verrano pubblicati, purché siano corredati da firme riconoscibili(almeno nome e cognome)e non contengano insulti. 
Buona lettura.  M.B.



La lettura dell’appello di Marco Bartesaghi per ottenere il ripristino della visuale su “la Salette” è stimolante ed offre lo spunto per sviluppare alcune considerazioni sulla cultura e sulla tutela del paesaggio, oggetto ancora non del tutto identificato e per alcuni ancora evanescente, ma che i Padri Costituenti e lungimiranti hanno pensato bene di inserire nella nostra Costituzione.
La cascina Salette è un esempio di “paesaggio agrario” che dovrebbe avere la stessa dignità del paesaggio urbano, del paesaggio montano e del paesaggio costiero.
Dentro una situazione evolutasi nel corso dei secoli per effetto delle caratteristiche naturali e con l’apporto di numerose generazioni di operatoori, può capitare che l’inserimento di elementi nuovi costituisca una deturpazione del paesaggio preesistente: esempi eclatanti e purtroppo frequenti sono il complesso residenziale costruito sulla costa del mare, dentro uno scenario naturale e altamente suggestivo, oppure l’apertura di un fronte di cava che sventra una montagna e ne cambia completamente i connotati, o la torre del ripetitore che svetta sulla cresta di una montagna, una batteria di pale eoliche….. Sono casi clamorosi che danno origine a proteste spesso inascoltate e che fortunatamente sono sempre meno frequenti.
Ci sono però anche elementi molto meno dirompenti che, per effetto della loro frequenza e ripetitività, contribuiscono a deturpare e a mortificare il paesaggio che per centinaia di anni è rimasto intonso fino a caratterizzare un sito e il suo contorno.
Una siepe ed una recinzione metallica possono essere elementi di alterazione di un paesaggio alla stregua di una nuova strada o di un nuovo viadotto, non in quanto elementi distruttivi quanto elementi di nascondimento di oggetti o di una visuale, di cui la collettività ha potuto finora godere.
La storia e la cultura della nostra agricoltura non ha mai previsto la recinzione metallica attorno al podere; nessun vecchio agricoltore ha mai pensato di recintarsi l’azienda agricola; i confini erano costituiti dai fossi, dalle strade campestri, dai filari di alberi: questi oggetti erano sufficienti a delimitare le proprietà senza bisogno di aggiungere oggetti artificiali, reti, paletti, cancellate.


Foto di Gabriele Aldeghi

Il restauro edilizio della Cascina Salette, ben progettato e ben eseguito, ha restituito un edificio in disuso alla piena e aggiornata utilizzazione: non più stalle inattive, fienili, magazzini, abitazioni poco igieniche, ma appartamenti civili, confortevoli, dotati di tutti la moderna tecnologia.
I campi attorno alla cascina, aree squisitamente agricole, appezzamenti coltivati, non hanno cambiato destinazione: hanno mantenuto i caratteri dell’attività agricola e del paesaggio agrario, proprio quello che ha motivato un certo tipo di intervento sull’edificio.
Perché dunque nascondere tutto e recintare? Come si è potuto autorizzare un intervento tanto dirompente e alterante? Quali sono stati i parametri utilizzati dalla commissione di esperti del paesaggio che hanno dato l’assenso a tale modificazione?
La rete metallica al perimetro della proprietà non fa parte della cultura agricola né del suo paesaggio, ma serve a poco anche per tenere lontani gli eventuali ladri. I vecchi agricoltori recintavano, per necessità di protezione, lo spazio dedicato all’orto, per salvaguardare oltre che la verdura e la frutta i polli razzolanti e gli animali dell’allevamento famigliare.  Questo spazio era di solito localizzato nelle immediate vicinanze della cascina, di facile controllo nei confronti di possibili intrusioni dei ladri di polli o della volpe.
Non aveva senso fare una recinzione lontana 100 metri perché, a quella distanza dalla cascina, qualunque accesso estraneo era tollerato e non destava preoccupazioni, salvo giungere in prossimità della cascina dove l’intruso avrebbe potuto essere riconosciuto e fermato.
La siepe di conifere esotiche realizzata a ridosso della recinzione, con alberi di alto fusto (Cupressocyparis leylandii) è, in termini di paesaggio, un intervento di forte impatto negativo e, per di più, contrario alle norme: secondo il codice della strada gli alberi d’alto fusto possono essere piantati ad una distanza dal ciglio stradale pari almeno all’altezza dell’albero a maturità.
Oltre a ciò che si può visionare direttamente sul posto, non conoscendo la documentazione di progetto, non si possono fare considerazioni fondate e cogenti, ma semplici supposizioni.
Si può dunque immaginare che le attenzioni paesaggistiche delle commissioni varie e della Soprintendenza siano andate a verificare volumi, aperture, pendenze del tetto, sagome dei camini, colori delle facciate, disegno dei serramenti, rispetto materico, ecc. fino al minimo dettaglio per quanto riguarda l’edificio, ma non abbiano neppure considerato che piantare una siepe e una recinzione lungo la strada pubblica avrebbe voluto dire nascondere alla collettività il risultato (interessante) del restauro dell’edificio
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Foto di Gabriele Aldeghi
La siepe di cupressacee è destinata a crescere molti metri; tenerla a bada per contenerla ad una altezza accettabile sarà sicuramente costosissimo; dopo qualche iniziale impegno si rinuncerà a tenere la siepe entro l’altezza giusta, quella che consenta di delimitare la proprietà lasciando però in vista La Salette, inserita nel suo contesto agricolo, perciò la siepe diventerà un ostacolo e una barriera visuale.
Il piacevole edificio dall’architettura particolare ed esclusiva, interessante sotto l’aspetto storico ed architettonico, sarà tolto alla vista di coloro che transitano sulla strada da e per Verderio. La collettività perderà la memoria di un elemento paesaggistico unico e irripetibile.
Se questo è il risultato dello sforzo e dell’impegno dei numerosi tecnici che hanno visionato il progetto di restauro per autorizzarne l’attuazione, si può dire che l’esito non soddisfa, significa che il tempo trascorso ad esaminare pratiche e progetti, o il tempo dedicato alle carte, alle relazioni, alle autorizzazioni e ai timbri non è impiegato nel migliore dei modi. Significa che le norme vanno interpretate ed applicate in modo coerente e con il supporto di conoscenza e di riferimenti culturali non facilmente reperibili sul mercato.
E’ anche con i dettagli che un progetto si qualifica. La installazione di una siepe formata da alberi d’alto fusto, appartenenti a specie esotiche, destinata a formare una barriera impenetrabile, non certo ai ladri o ai malintenzionati, ma allo sguardo del passante e del turista e di coloro che amano il bello e godono anche di un semplice sguardo su una proprietà altrui, è in evidente contraddizione con le norme di tutela del paesaggio e con la finalità di riqualificazione che ha dato forma e sostanza al progetto edilizio.
Come si diceva, forse il dettaglio della siepe con recinzione non è neppure stata oggetto di valutazione paesaggistica; nessuno ci ha pensato. Se così fosse, prendendo visione del risultato concreto, potrebbero esserci oggi motivi per imporre alla proprietà la modifica di quanto è stato installato, riconducendo tutto ad una dimensione accettabile. Non si tratta di spostare la siepe di conifere esotiche alla distanza prevista dal codice della strada, ma di ripensare alla scelta della siepe utilizzando specie locali di dimensioni idonee a lasciare libera la visuale sulla Cascina e sul territorio circostante
Il paesaggio attorno alla Salette, secondo la Costituzione, non è di proprietà dei soli residenti che possono godere della loro privacy e della loro nicchia privata. Il paesaggio è un bene collettivo cioè di tutti; tutti i passanti hanno il diritto di essere suggestionati da una visione inaspettata, da una cascina decorata a righe orizzontali, da una struttura modernizzata, ma storicamente correlata al territorio che la circonda.
 

14 ottobre 2018
 

Giorgio Buizza


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