venerdì 10 luglio 2015

DA VERDERIO A CISANO - NOTE DI UN ANTIQUARIO - il testo di Francesco Gnecchi Ruscone



Giornale di Famiglia, Fascicolo N.° 720, 22 gennaio 1882

Le comunicazioni fra Verderio e Cisano non sono ora più così numerose come lo erano pel passato quando si aveva colà lo stabilimento che andava per nostro conto; ma negli anni scorsi non saprei dire quante dozzine di volte mi occorse di fare il tragitto da Verderio a Cisano e viceversa. Gli è così che ebbi campo di studiare palmo a palmo e direi quasi a memoria questa strada e di raccogliere - sempre per effetto di quella benedetta passione delle raccolte che è il nostro tic caratteristico - un poco per volta le iscrizioni di ogni genere che si incontrano lungo la via e di offrirle qui riunite ai benigni lettori del Giornale di Famiglia.
M'era venuto il pensiero e avevo accarezzato per molto tempo il progetto di dedicare il frutto delle mie fatiche a Mommsen (1) perché ne facesse un'appendice alla sua raccolta delle iscrizioni latine, ma visto che poche sono latine, le più italiane ed alcune di lingua esotica, dopo mature riflessioni ho deciso di tenerle tutte per uso nostro particolare.
Tale raccolta dovrebbe provare come il paese che stiamo per percorrere sia eminentemente civile....e se mai alcune proveranno anche come non sia sempre stato forte nella letteratura e nella grammatica, sarà tutta storia anche questa; né io per un malinteso amor di patria, tenterò di falsarla, ma prometto di dare tutti i documenti nella più integrale genuinità.
Fatto questo breve preambolo, incomincio addirittura a schierare partendo da Verderio in ordine topografico, la mia raccolta, e dimandando venia anticipatamente per le eventuali involontarie dimenticanze, prevengo i Signori che vorranno seguirmi nel mio viaggio che allungheremo forse un pochino la strada con qualche digressioncella, onde pescare qualche documento di più. Pel medesimo motivo d'aumentare la messe dei documenti mi permetterò di citare qualche iscrizione che c'era ed ora non c'è più, come pure qualche altra che ci potrebbe e dovrebbe essere e non c'è.
Incomincerò anzi da queste, ed ecco per prima la lapide che era destinata ad essere messa alla Cascina Amalia, la quale come sapete prese il suo nome dalla circostanza che venne eretta nell'anno del matrimonio dello zio Carlo colla zia Amalia (2).


I

AD MEMORIAM
AMALIAE DECII
CUM
CAROLO GNECCHI
DIE MAI 1844
NUPTIARUM
EXTRUCTA ET VOCATA

Altra iscrizione è la seguente che papà aveva preparato per ricordare l'incendio della casa detta dei Besana, in Verderio, avvenuto nell'estate del 1861 e il successivo riattamento e ampliamento:


II

AMPLIOR
E CINERIBUS MEIS
ANNO MDCCCLXI

Non vi pare romanamente concisa tale iscrizione, e degna forse di monumento più importante, come sarebbe per Mosca dopo l'incendio?
La lapide si farà; frattanto a rammentare il ristauro della casa fu scritta la data 1861 sul frontone prospiciente la piazza grande (3).
La seguente è destinata per la casa detta del Lazzaretto forse perché al tempo della peste servì da Lazzaretto. Era una delle case più antiche di Verderio, e dal lato storico e artistico fu gran peccato l'averla restaurata (4). Così però non dicono quelli che l'abitavano, e che avevano sulla loro testa una continua minaccia di rovina


III

INSTAURATAM
ANNO MDCCXCV
FRATRES GNECCHI
RENOVABANT
ANNO MDCCCLXVII


La Cascina Isabella

Accennerò come nel ristauro, o per dirla coll'iscrizione, nel rinnovamento del 1867, si trovò in quelle mura una palla di cannone in ferro, ricordo della battaglia di 80 anni prima (5). La palla si conserva in casa nostra.Una quarta iscrizione finalmente simile a quella della Cascina Amalia è destinata alla nuova cascina Isabella onde ricordare l'origine di quel nome ed è la seguente:

IV

AD MEMORIAM
ISABELLAE BOZZOTTI
CUM
FRANCISCO GNECCHI
DIE XII FEBRUARI 1871
NUPTIARUM
EXTRUCTA ET VOCATA


Giornale di Famiglia, Fascicolo N.° 721, 29 gennaio 1882

Come ben potete immaginare ho frugato per tutta la casa (6) per trovare qualche iscrizione o leggenda da citare prima di metterci in viaggio per Cisano, ma le sole parole che mi fu dato ritrovare sono quelle che erano incise sulla base del gran bacino dell'antico torchio
V

AD EVUM ERECTUM
ANNO MDCCLXXXV
AUSPICE CAN. LAZZARO VILLA


Una parte della lapide V staccata dalla sua sede al momento dell'abbattimento dell'edificio






e più basso, all'esterno del grande avello destinato a ricevere il vino una corona marchionale col monogramma

ossia Marchese Arrigoni (7), antico proprietario della nostra casa, come ancora risulta dai parecchi stemmi che tuttavia vi si trovano dipinti o scolpiti.
L'auspice Canonico Lazzaro Villa era l'agente del marchese (8). Recherà sorpresa il vedere un Canonico agente di una fattoria; ma allora ciò era nell'indole dei tempi. Don Lazzaro apparteneva alla Canonica di Carate e godeva del benefizio di cui gode attualmente il vecchio amico di casa Don Vitale (9), cosicché fra canonicato, benefizio e fattore se la sarà passata abbastanza bene, tanto che si credette autorizzato a far passare il suo nome alla posterità, incidendolo nella pietra in luogo di quello del suo padrone.
Le parole però della gonfia iscrizione furono ben presto smentite dal fatto e l'evum non durò neppure un secolo. Nel 1877 il famoso e colossale torchio del cui tipo ormai ben pochi esemplari rimangono venne distrutto onde far luogo, nell'ampio locale che occupava, al ricevimento e alla moritura dei bozzoli. I parecchi quintali di legname ben stagionato di rovere e noce, che costituivano l'immensa mole del torchio vennero trasformati parte in mobili e parte in calore, e la pietra portante l'iscrizione venne collocata ad aeternam rei memoriam nello stesso locale, al di sopra della porta che dà ingresso alla scuderia, ove rimase fino a quest'anno 1881; quando in seguito alla costruzione dei locali attigui alla scuderia, subì una nuova trasmigrazione e venne collocata esteriormente, al di sopra del portone d'ingresso al locale del torchio.
Esaurita così facilmente la messe lapidaria di casa, usciamo per fermarci però a pochi passi dal cancello, all'Oratorio dedicato a Santo Ambrogio (10), onde raccogliere un'iscrizione che ora è appena appena leggibile e fra poco sarà del tutto cancellata dai devoti piedi dei fedeli. Come si usava nei tempi addietro questa lapide posta a ricordo del marchese Arrigoni di cui abbiamo discorso più sopra è collocata nel pavimento al di sopra della tomba che ne racchiude le ceneri e in poco più di un secolo le lettere furono quasi totalmente consunte.



VI

HIC JACET
DUX EQUITUM
DON IOHN MARIA ARRIGONUS
QUI ANNOS NATUS LXXX
OBIIT VII ID.SEPT.
A M,DCCXXIX

La lapide VI come appariva al momento della stesura dell'articolo per Archivi di Lecco

Prima degli Arrigoni erano proprietari di casa nostra e casa Confalonieri riunite, gli Airoldi (11) dei quali parlava un'iscrizione esistente sulla porta dell'accennato oratorio di Sant'Ambrogio, anteriormente al restauro ma sventuratamente non mi fu possibile raccoglierla essendo già da parecchi anni resa inintelligibile dalle ingiurie del tempo.

***

Senza commenti citerò prima di lasciare Verderio le tre lapidi del Cimitero che riguardano la nostra famiglia, la prima a memoria dello zio Giacomo Ruscone, la seconda dei nonni Giuseppe Antonio e Giuseppa Gnecchi (12), la terza infine dei due nostri piccoli fratelli gemelli, nati e morti a Verderio.

VII


IACOBO RUSCONI
QUI
IUSTITIAM CUM HUMANITATE
CONSOCIAVIT
ARTES ET INDUSTRIAM
MAXIME RURALEM FOVIT
PIE ET PATIENTER
VITAM EXPLEVIT
ANNO DOMINI M,DCCCXXXII
AETATIS SUAE LVIII
REQUIEM
Lapide dedicata a Giacomo Ruscone





VIII
 
II°
SACRO ALLA MEMORIA
DI GIUSEPPE ANTONIO GNECCHI
MORTO IMPROVVISAMENTE IL 9 GENN. 1857
NELLA ETA' DI 72 ANNI
E DI GIUSEPPA RUSCONI
MORTA PIAMENTE DOPO SETTE SOLI MESI
D'INCONSOLATA VEDOVANZA
IL 18 AGOSTO 1857 NELL'ETA' DI ANNI 69
CONJUGI ESEMPLARI PER NOVE LUSTRI
OSSERVANTI DEI DOVERI CRISTIANI
GENITORI AMOROSI E ZELANTI
SEMPLICI DI COSTUMI E MODESTI
BENEFICI FRUGALI OPEROSI
I FIGLI CARLO E GIUSEPPE PONGONO DOLENTI
IN SEGNO DI DEVOZIONE E DI AFFETTO
INVOCANDO LA PREGHIERA DEL FEDELE
A SUFFRAGIO DELLE ANIME LORO CARE

Lapide dedicata a Giuseppe Antonio Gnecchi



IX
 
III°
ALLA SOAVE MEMORIA
DI DUE FIGLI GEMELLI
CHE NATI ANZITEMPO
IL GIORNO 3 APRILE 1849
SALIRONO L'INDOMANI
DA QUESTA INFELICE
ALLA PATRIA CELESTE
I GENITORI
GIUSEPPE E GIUSEPPINA GNECCHI
POSERO IN SEGNO D' AFFETTO


Lapiode dedicata ai gemelli Gnecchi morti poco dolo la nascita

Giornale di Famiglia, Fascicolo N.°722, 5 febbraio 1882

Usciti appena dal paese verso ponente ci troviamo sul terreno che fu il campo di battaglia come ce lo rammenta l'iscrizione:


AI MORTI
NELLA
BATTAGLIA
28 APRILE 1799
ETERNA PACE

Cippo ai piedi della colonna in Piazza della Battaglia




scritta sulla base di una magra colonna, la quale fu posta, non ho potuto ben precisare in quale anno, ma a memoria dei viventi, a sostituire un più antico crocione di legno, il quale portava l'iscrizione consimile:

PREGATE PER LI POVERI MORTI
NELLA GRAN BATTAGLIA
TRA FRANCESI E AUSTRO-RUSSI
QUI COMBATTUTA
LI 29 APRILE 1799 (13)

Questa battaglia è l'avvenimento più importante nella storia di Verderio. Non trovo quindi fuori del caso di unire qui una piccola illustrazione presa da un antico disegno posseduto dall'ing. Monzini.Io l'ho copiata fedelmente ma non potrei garantire che l'originale sia stato disegnato dal vero.


Fotografia della stampa disegnata e incisa dall'Amati e riprodotta da Gencchi per il Giornale di Famiglia

Due altre iscrizioni relative alla battaglia esistono nei pressi di Verderio che conviene citare a maggior schiarimento storico. L'una dopo aver mutato diversi posti andò a fermarsi nella casa Annoni a Verderio Inferiore e suona così:


XI

ERA IL DI' 28 APRILE DEL 1799
QUANDO MILIZIE IMP. AUSTRIACHE
CAPITANATE DAL GEN. WUKASSOVICK
DA QUESTO PAESE MOVENDO
DATA FIERA PUGNA AL GEN. SERRURIER
CHE DUCE DI MILIZIE REPUBBLICANE FRANCESI
ERASI NEL VICINO VERDERIO FORTIFICATO
A CAPITOLARE L'INDUSSERO CEDENDO SE'
E I SUOI COLLE ARMI LORO.
A SEGNAR TAL EPOCA
A RICORDARE LA PRECE PEI TANTI ESTINTI
QUESTA LAPIDE SI POSE


La lapide conservata in Villa Annoni

Il Conte Ambrogio Annoni, non pago d'avere tale lapide nella propria casa, ad eternare la memoria del valore austriaco, innalzò al Francolino un monumento sulla tomba di un capitano, e vi pose l'iscrizione seguente (14):


XII 

QUI GIACCIONO LE OSSA
DEL PRODE GIOVANE CAPITANO
SAMUELE SCHEDIUS
NOBILE UNGHERESE DI MODRA
CHE NELLA BATTAGLIA ARDENTE IN VERDERIO
AI 28 DI APRILE DEL 1799
FRA LE ARMATE AUSTRIACHE E FRANCESI
SEGNALO' COL SUO SANGUE
LA PIENA VITTORIA DELLE PRIME.
IL CONTE AMBROGIO ANNONI
FECE INNALZARE
ALLA MEMORIA DEL VALORE DI LUI
E DEI COMMILITONI
QUESTO MONUMENTO


Lapide posta in località Francolino

Peccato che a completare le notizie sulla battaglia di Verderio non sia più vivo il padre del nostro Giobbe, detto il Nano (15), che ne fu testimonio oculare, quantunque nascosto non solo in cantina ma in una botte e che faceva raccapricciare al racconto delle sevizie dei Russi; oppure il famoso Sacchi (16) già fattore di casa Confalonieri, il quale posteriore all'epoca della battaglia, ne conosceva per filo e per segno i particolari fra i quali uno solo ricorderò senza garantirlo.
Parrebbe che la tomba dei caduti dovesse essere al posto ove venne innalzata prima la croce di legno e poi la Colonna che li ricorda; invece no, raccontava il Sacchi, i morti furono seppelliti assai più sapientemente in modo da far onore agli industri agricoltori del paese, e in ispecie al nostro antenato o per meglio dire antico proprietario della nostra casa e feudatario di Verderio, il quale prese li morti ad uno ad uno e li collocò ciascuno sotto un gelso, evitando così anche il pericolo di miasmi e di malattie contagiose alla popolazione.
Se si fosse pensato a tenere una nota esatta e si fosse compilata una statistica comparativa, si potrebbe oggi sapere quanta potenza fecondativa fosse contenuta in un francese, in un tedesco o in un russo.
Questi ultimi però sembra che principalmente a quei tempi fossero eccellenti per quella bisogna, e alcuni gelsi secolari e colossali si additavano ancora pochi anni sono dalla tradizione popolare /vox populi vox Dei?/ come prodotto della decomposizione di un russo!

***

A Paderno troviamo una prima iscrizione nella casa già Piantanida poi Giglio (17), e attualmente nostra, iscrizione di non grande importanza è vero, ma che pure conserva un ricordo relativo alla storia della casa stessa. E' quella messa al nuovo Pozzo:

XIII 
FRANCESCO GIGLIO
APERSE QUESTA SORGENTE
L'ANNO 1875







Nei calori estivi sapremo a chi essere riconoscenti di quel balsamo refrigerante!
 

Traversando tutta la meschina viuzza che forma l'arteria principale di Paderno eccoci alla chiesa sul frontone della quale leggiamo:

XIV
 
D.O.M.
A DESPARE ASSUMPTAE
DICATUM

Non ho mai potuto digerire quel termine da storia naturale che mi ha l'aria di volere stabilire una nuova classe di esseri da collocarsi fra gli ovipari e i vivipari; ma in compenso Paderno ci offre due altre iscrizioni l'una di un merito poetico e l'altra storico.
 
La prima è nel piccolo giardino della villa Oriolo, proprietà del Signor Robecchi (18)

XV

MUTA E SOLINGA INTERPRETE
DI QUEL MESTO PENSIER CHE QUI MI POSE
NON IO CONTEMPLO IL SORGERE
MA IL TRAMONTAR DELLE UMANE COSE
MDCCCLVII

Queste parole sono l'espressione del sentimento di una bella figura di donna in marmo posta in un ameno boschetto e volta a guardare il tramonto. Solo io non avrei voluto quella trasposizione (Non io) nel terzo verso. Mi parrebbe assai più piano, naturale e forse anche più giusto:
IO NON CONTEMPLO IL SORGERE /MA IL TRAMONTARE DELLE UMANE COSE.

La seconda è nel giardino della Villa Respiro (ora proprietà del Barone Airoldi) collocata dal Prof. Barni già proprietario di quel luogo sotto un bel pezzo di fregio... ma l'iscrizione dice tutto ed ogni commento è superfluo...(19)

XVI

SONO UN FRAMMENTO DI CORNICE DEL FAMOSO TEATRO ERETTO A MILANO A TEMPI CHE ESSA ERA SEDE IMPERIALE.
MI RAVVISARONO GLI ESPERTI E MI DISSERO MARMO PATRIO. ABBATTUTA QUELLA ENORME MOLE NEL DUODECIMO SECOLO GIACQUI SOTTERRA PIU' BRACCIA PER CIRCA 700 ANNI. FUI RIMESSO ALLA LUCE NEL 1849 QUANDO RIFABBRICARONO LA CASA ALL'ANGOLO DI LEVANTE DE' VICOLI DI SANTA MARIA FULCORINA E DI S.VITTORE: QUI MI HA SITUATO NEL 1854 IL PADRONE DI QUESTO LUOGO VENERATORE DI OGNI RESTO DELLA PATRIA GRANDEZZA.


A Robbiate due iscrizioni latine, di cui una può figurare senza arrossire in una raccolta lapidaria, ed è quella che fece scrivere sulla facciata della Chiesa l'attuale parroco Don Alessandro Villa (20) e che ritrae l'animo belligero del Santo cui il tempio è dedicato, e ci fa quasi udire insieme la voce tonante del focoso parroco.

XVII

D.O.M.
LITANTIBUS ADSIT
PATRONUS OPIFER
DIVUS ALEXANDER
ADSIT COLLUCTANTIBUS
PROE FULGENS
CELAESTIBUS ARMIS
MILES MARTYR
OROBIAE APOSTOLUS


***

La seconda si legge su una meschina cappelletta, e tanto è meschino il monumento quanto l'iscrizione:

XVIII

HOC OPUS FACTUM FUIT
ANNO 1698
ET INSTAURATUM
ANNO 1790
EX ORDINE
COMITIS DE BARILLIS
QUOD IPSE FIERI
MANDAVIT


Fascicolo N.° 723, 12 febbraio 1882
 

Se invece di passare per Paderno e Robbiate prendiamo la strada militare che va in linea diretta dalle Cascine Sernovella e Colombina (21) fino alla così detta Forcella, poco prima del quadrivio
 

 
A destra, in primo piano, la Cascina Colombina; a sinistra la cascina Sernovella



formato dall'intersecazione della strada Robbiate Merate, troviamo un piccolo Santuario dedicato alla Madonna del pianto (22), e ristaurato nel 1873, nella quale occasione due iscrizioni furono

Il santuario della Madonna del Pianto

collocate dal cappellano Don Cesare Bonfanti (23) e meritano d'esser qui riprodotte per quanto ciò non possa tornare a grande encomio del compositore sia sotto il rapporto dello stile lapidario, sia - e questo è il peggio - sotto quello della grammatica.
La prima latina è scritta in una piccola lapide di marmo collocata in terra in principio al Sancta Sanctorum e dice



XIX

QUAM SUSPICIS ARAM CUM MATRE DOLOROSA HEIC EXTABAT AD ANNUM MDCCCLXXIII

Aggrottate il ciglio in cerca del soggetto della proposizione? Vi pare impossibile che possa essere in caso accusativo? Pare così anche a me, eppure il soggetto è proprio quell'ARAM, ciò che con buona pace di Don Cesare è un errore che meriterebbe un cinque ad uno scolaretto di prima grammatica. C'è poi anche quell'extabat ad annum, che per lo meno lascia molto a desiderare. Vi si sottintende un usque, ma in tal caso sarebbe stato più corretto dire extitit, in passato remoto.
Ma non facciamo i pedanti e ripassiamo = Glissons, n'appuyons pas!
 

Nell'interno del santuario sopra la porta d'ingresso è scritta a caratteri cubitali l'altra... che non saprei chiamare iscrizione essendo la vera negazione di tutto ciò che costituisce il bello nello stile epigrafico:



XX

ALLA REGINA DEI MARTIRI QUI VENERATA E PREGATA DINNANZI A RUSTICA IMMAGINE DI CELESTI FAVORI LARGITRICE TAUMATURGICA I TERRAZZANI COMMOSSI E GRATI ERGEVANO I PRIMORDI DI VASTO SONTUOSO TEMPIO CHE PER DUE SECOLI CON LE NUDE SPORGENTI MORSE CHIAMO' INVANO IL SUO COMPIMENTO NEL 1873 L'ANTICO VOTO ADEMPIENDOSI FRA I LIMITI IMPOSTI DALLE SOPRAVVENUTE CIRCOSTANZE LOCALI S'ARRETRO' A PIU' CONVENIENTE POSIZIONE L'ABBELLITO ALTARE S'AGGIUNSE QUESTO VESTIBOLO TUTTO IL VETUSTO EDIFIZIO FU RESTAURATO, ADORNATO, RIDOTTO A DECOROSA COMPLETA FORMA

Tale è l'iscrizione, nella quale avrete rimarcate diverse gemme, prima fra le quali le SPORGENTI MORSE e le SOPRAVVENUTE CIRCOSTANZE LOCALI. Quanto al vasto sontuoso tempio ridotto a completa forma temo che nelle molte volte che gli sarete passati accanto non vi sarete mai accorti di nulla di simile; ma di ciò la colpa non è mia. Neppur io non m'ero accorto mai, prima che mi venisse il ticchio d'entrarci onde prender nota delle due citate iscrizioni, dopo le quali mi sentii allargare il fiato uscendo e leggendo due versi di Manzoni e tre di Dante scritti sulle due finestre laterali alla porta d'ingresso. Fu per dirla con Galileo come il gustare un saporito popone dopo d'aver mangiato degli insipidi citrioli. E se volete con me raggiustarvi il palato dopo le due indigeste e citriolesche iscrizioni che vi ho fatto ingoiare, eccovi gli accennati pochi versi di Dante e Manzoni


XXI

DONNA SE' TANTO GRANDE E TANTO VALI
CHE QUAL VUOL GRAZIA E A TE NON RICORRE,
SUA DISIANZA VUOL VOLAR SENZ'ALI
Dante - Paradiso

 


XXII

TU PUR BEATA UN DI' PROVASTI IL PIANTO
NE' IL DI' VERRA' CHE D'OBLIANZA IL COPRA
Manzoni


Ad Imbersago e precisamente scalfita sul muro di una delle prime case a destra c'è questa piccola iscrizione oggi quasi illeggibile ad occhio nudo


 XXIII

LI 2 MAGGIO 
L'ANNO 1741 DU....
ORENDA PRINA
GARZOLI VE NE
RESTA NESSUNO

Come vedete lo scrittore non si mostra molto letterato, ma ad ogni modo tale primitiva iscrizione conserva le memoria d'un fatto che altrimenti avreste ignorato; vale a dire (per chi non avesse potuto squarciare il velame delle parole strane) che nel 1741 un'orrenda brina distrusse tutta la vegetazione e produsse poi una carestia come ne succedevano in quei tempi, tanto che, ancora se ne conserva la tradizione.
Nulla potei trovare che si riferisce al nostro argomento nella Chiesetta dell'antico convento. Era un convento di Cappuccini e i cappuccini scrivevano poco (24).


Il paese di Imbersago termina col muro di cinta del giardino Castelbarco (25) e dalla strada che corre lungo quel muro si vede un tempietto che si eleva sopra una collinetta nel detto parco. Sotto quel tempietto si conserva come prezioso sasso un più che rozzo sedile in forma di poltrona, che un Cardinale Simonetta (26) ebbe la spiritosa idea di scolpire in un pezzo di granito. 

 
Il sedile che sarebbe stato scolpito dal Cardinale Simonetta



La seguente leggenda conserva la preziosa memoria del fatto:


 

XXIV

SELLAM HANC
A CARD. HIPPOL. SIMONETTA
RUDI SAXO EXCISAM
CAESAR COM DE CASTROBARCO
ALTIUS ADVEXIT AMOENIORI LOCO POSUIT
TEMPLO ETSORNAVIT
AN MDCCCXXXII

Il retro del sedile. Si intravede l'iscrizione

Quale sia stato il movente che indusse il sullodato Cardinale a farsi tagliapietra, giacché spero non avrà aspirato con tale opera ad acquistarsi il nome di scultore, veramente non saprei indovinare; ma per lo meno è riuscito a fare un'opera che pel suo stile, per la materia e per la mole è certo unica nel suo genere, e sarà anche duratura!...
Lasciando il muro del parco, e continuando la via, eccoci dopo breve cammino, ai piedi della lunghissima scala che conduce al Santuario della Madonna del Bosco, eretto nel 1600, come tutti i santuari del medesimo genere, in seguito ad una apparizione della Vergine in quel bosco. La tradizione racconta che un lupo aveva addentato un bambino figlio di pastori quando alle preghiere di questi ecco la Madonna comparire su d'un castano nel bosco, e il lupo immediatamente abbandonava la sua preda. Si aggiunge poi che l'albero per la gioia fiorì e fruttificò immediatamente, essendo il nove di maggio, e al suo piede sgorgò una sorgente. Non potrei offrirvi di quelle castagne, ma posso invitarvi a bere l'acqua buona e fresca che ancora scende dal Santuario fino ai piedi della scalinata (27).


 
La fontana ai piedi della scalinata di Madonna del Bosco, in una fotografia di fine ottocento, appartenente a Cristina Carlotti

 
Sull'avello che offre appunto quest'acqua all'assetato passeggero troviamo una prima iscrizione per nulla storica ma semplicemente ascetica, la quale però letterariamente non parla molto in favore di chi la scrisse, l'attuale direttore e custode del Santuario (28)
XXV

ASCENDIAMO
CON FEDE ED AMORE
ALLA CASA DELLA GRAN MADRE
DISPENSIERA DELLE GRAZIE








Tutta bella, ma quel DISPENSIERA è un vero gioiello.
I devoti salgono la scalinata ginocchioni recitando un Ave Maria ad ogni gradino. Noi, avendo ancora molto cammino da percorrere, ci permetteremo di salirla a piedi o meglio di volo e arriveremo addirittura al Santuario a leggere la lapide che ricorda il fatto



XXVI

DI MAGGIO IL NONO
L'ANNO
MILLE SEICENTO DICIASSETTE
VIDERO QUI MARIA
ANIME ELETTE




Due gemme invece di una sola, quel "DI MAGGIO IL NONO" e la bella rima di ELETTE con DICIASSETTE!...
Di fronte a questa lapide ne fu posta un'altra che non trascrivo per amor di brevità, non essendo che una lunghissima litania poco dissimile dalle litanie che potete trovare su qualunque libro di divozione (29).
Né partiremmo così presto dalla Madonna del Bosco se volessi qui trascrivervi tutte le iscrizioni più o meno storiche, belle o spiritose che lasciano i numerosi visitatori a seconda dell'umore della giornata o dell'impressione avuta dalla visita del luogo e del Santuario; e peggio ancora se dovessi prendere nota delle centinaia e migliaia di nomi che ingombrano tutti i muri all'interno e all'esterno del Santuario, nomi dei visitatori ancora più numerosi i quali non essendo abbastanza letterati per fare un'epigrafe, pure non sanno rassegnarsi ad abbandonare quel luogo senza lasciare una traccia del loro passaggio, e un segno che ricordi il fatto ai successori...


Giornale di Famiglia, Fascicolo N.°725, 26 febbraio 1882
 

 
La chiesa parrocchiale di Arlate

 
Ci sarebbero ancora le molte iscrizioni che illustrano i quadretti rappresentanti i miracoli operati da quella madonna. Ma vista la soverchia prolissità a cui mi condurrebbe la riproduzione di tanti capolavori, e la poca varietà nei moltissimi casi, salto tutto di piè pari e, proseguendo la via alla volta di Brivio, faccio una piccola sosta ad Arlate, dove nella chiesetta che domina la strada, troviamo una piccola lapide colla seguente iscrizione:
 


XXVII

SACELLUM HOC
LIBERALIS ARLATI PIETAS
D.V. MARIAM CARMELI
VENERATUR A
ANNO MDCCXXIV
PROPRIIS SUMPTIBUS
SIBI COSTRUXIT

Ed eccoci a Brivio, paese che si specchia nelle limpide, e in questo punto, tranquille acque dell'Adda, e per conseguenza è ricco di iscrizioni acquatiche...
Ne cito alcune per saggio, perché quantunque ve ne siano molte mi sembra che gli scrittori furono troppo sfacciatamente plagiatori gli uni degli altri e le medesime belle frasi si trovano ripetute ad ogni momento.



XXVIII

..... A AL CIELO ALLA TERRA AL MAR
..... AR AL SUONO ED ASTRO CHE APPAR
..... IL SEGNO DOVE L'ACQUA ARRIVO'
NEL 18 LUGLIO 1855


Per quanto doloroso che questa preziosa lapide sia in parte mutilata pure non è meraviglia se si riflette alla sua data remota.... relativamente alla materia su cui è scritta, ossia un muro cadente, e più ancora se si considera la sua posizione, alla portata di qualunque monello che desideri farvi aggiunte o mutilazioni. Ma tale posizione era obbligata dal livello dell'acqua, la quale non ebbe il buon senso di portarsi un paio di metri più in su.
Eccone due altre di data più recente e quindi in perfetto stato di conservazione


XXIX

IL CIELO MANIFESTAVASI TURBOLENTO
LE CATARATTE SI APERSERO UNA
DIROTTA E CONTINUA PIOGGIA GONFIO'
LE ACQUE DELL'ADDA FINCHE'
GIUNSERO A QUESTO SEGNO
LI 6 OTTOBRE 1868
XXX

1868
IDDIO APERTE LE
CATERATTE DEI CIELI
SOPRA LA TERRA E LADA(°)
RIVO' A QUESTO SEGNO
LI 6 OTTOBRE


 Non avendo mai potuto scoprire cosa fossero le cataratte del Cielo domandai all'autore di una di quelle iscrizioni se mi avesse saputo dare una spiegazione. Il poveraccio dopo averci pensato parecchio tempo mi rispose che quella parola l'aveva sentita dire dal parroco nella predica del diluvio universale (30)
Se si volesse chiamare col nome d'iscrizione tutto ciò che è scritto in pietra, a Brivio, e precisamente nel castello del porto esistono due belle lapidi sulle quali, a comodo del pubblico, è inciso il sistema decimale (31). Mi credo però dispensato dal trascriverlo, perciò vi invito a salire sul preistorico porto, visto che finché non si farà il ponte, non c'è altro mezzo per passare nella terra di S. Marco (32).
Da due anni fu costruito un nuovo tronco di strada che conduce da Brivio a Cisano, girando intorno alla collinetta, che sta veramente di mezzo, e per la quale quei di Cisano
"VEDER BRIVIO NON PONNO"
Ma non era così altre volte e conveniva salire l'erta ascesa detta di Mura per poi ridiscendere dall'altra parte, mettendo alla prova prima i polmoni poi le ginocchia dei cavalli. Se così non fosse stato non vi potrei ora dire che su uno degli speroni del muraglione che costeggia la riva accennata si legge scolpita in una pietra la data 1784, verosimilmente quella della costruzione del muro (33).


 
La data individuata da Gnecchi ai piedi di una casa della frazione "Mura"


 
La frazione Mura a Cisano Bergamasco. La data rinvenuta da Gnecchi si trova ai piedi della prima casa a destra

 
Eccoci giunti alla meta del nostro viaggio, ecco Cisano in vista ed ecco un'iscrizione latina prima d'entrare in paese.




XXXI

CHRISTOPHORI SUTII RUS
AERE ACQUISITUM
INDUSTRIA AUCTUM
ASSIDUITATE PERFECTUM
ANNO D. N. 1643

 
Queste parole di colore grigio vidi io scritte al sommo di una porta e precisamente scolpite nell'arco di pietra d'una porticina, lungo il muro di cinta di un campo che fiancheggia la postale di Bergamo. A primo aspetto quelle parole hanno un certo non so che di imponente....forse perché latine e assestate con una certa euritmia epigrafica, ma se ci proviamo ad analizzarle, perderanno molto della loro imponenza. CHRISTOPHORI SUTII RUS...Campo di Cristoforo Sozzi...Confesso che ho durato un po' di fatica a interpretare quel Sutii e forse non vi sarei riuscito se non avessi conosciuto e saputo essere comunissimo in quei paesi il nome di Sozzi.
Sorpassata questa prima difficoltà l'interpretazione letterale del resto è molto facile; ma non così l'interpretazione morale. Il proprietario v'avverte prima di tutto d'aver acquistato quel campo col denaro, AERE ACQUISITUM. Oh, che! non è la cosa più naturale del mondo l'acquistare col denaro, e valeva proprio d'incidere si bella novità nel sasso?
Amici miei scusatemi, ma gli è che voi non conoscete la storia di Cisano e forse anche un po' dell'epoca. Cisano fino a non molti anni fa era il paese dei ladri per eccellenza, la terra classica dei contrabbandieri, manutengoli, truffatori, assassini e simil razza di gente (figuriamoci poi nel 1600!..) al punto che qualunque disgraziato che avesse avuto la malaventura di nascere a Cisano, viaggiando in paesi forastieri, vale a dire fuori di casa sua, era obbligato a rinnegare la propria patria e ad annunciarsi di tutt'altra provenienza, ché altrimenti nessun oste l'avrebbe alloggiato. Dopo tali nozioni storiche resta chiaro come potesse essere cosa notevole e degna di lapide che quel campo fosse stato acquistato col mezzo allora straordinario del denaro.... (34)
Del resto pare che in quei tempi anche in altri paesi la si pensasse a un dipresso come a Cisano, e trovo ancora su un mio vecchio libretto di note la seguente lapide posta su di una casa restaurata a Lovere


PETRUS
RUGERIUS
S.T.T.
P.V.F.
DOMN LABENTEM
INSTAURAVIT
AERE SUO
 


Ma seguitiamo la nostra analisi. INDUSTRIA AUCTUM; Aumentato coll'Industria... Qui più che mai se la lettera è chiara, lo spirito è molto oscuro. Si può aumentare o ingrandire un palazzo; ma non vedo come tale operazione si possa fare a un campo! Lo si potrà migliorare finché si vuole, ma ingrandirlo sia un pochino difficile. L'unica spiegazione possibile quindi è questa, che quel campo fosse in origine e per una parte qualunque acquistato col denaro; ma che poi il proprietario in seguito, pentito forse d'aver fatta cosa sì poco normale, e nell'intento di meglio far fruttare il capitale impiegato, vi avesse fatto un'aggiunta coll'industria ...dei tempi!
In tal caso però non vedo che valesse la pena d'incidere il fatto a caratteri indelebili.
ASSIDUITATE PERFECTUM, perfezionato colla perseveranza, questo si capisce e si spiega meglio che il resto. Se poi fosse vero una volta che quello era un campo modello io non lo so; quello che posso attestare è che attualmente è come tutti gli altri circostanti, vale a dire assai assai lontano dalla perfezione. Disfatta così quella infelice sì, ma sventurata iscrizione, ci rimane però sempre la data, ed è qualche cosa.



***






Speravo trovare qualche cosa di interessante pel mio argomento fra le rovine del vecchio Castello che domina Cisano e la valle della Sonna, ma dopo aver rovistato dappertutto sapete cosa sono riuscito a trovare? Una sola M gotica incisa in una pietra in cima alla torre, un'M di cui non potei trovare il significato (e forse anche non ne ha alcuno) e per trovare la quale ho arrischiato di fiaccarmi l'osso del collo. Andai all'ispezione della torre in compagnia del giovane Ponti che era al nostro stabilimento. Avevamo fissato di salire in cima alla torre, ma l'impresa non era tanto facile. Di scale non ne esistevano più, solo rimanevano alcuni avanzi delle tre impalcature che dividevano i piani, ossia i pezzi più vicini agli angoli e che il tempo non era riuscito a corrodere abbastanza per farli cadere, come era già caduto il resto. Con una piccola scala a piuoli si salì sul primo ripiano, lì convenne tirar su la scala, trovarle un punto d'appoggio contro il resto del tavolato superiore e dopo assaggiatane la solidità vi si salì; si fece la medesima operazione per arrivare al terzo, e poi finalmente si giunse alla cima, ove in compenso di tanta fatica e tanto pericolo si trovò quella magra M!- Ma l'impresa ancor più ardua fu la discesa e non so quale santo o qual angelo custode ci protesse! Fatto sta che arrivammo sani e salvi tutti e tre (noi due, e la scala) al punto di partenza ma giurammo che mai più avremmo commesso una simile sciocchezza! (35) 

 
In questa cartolina, che ha viaggiato nel 1901, si notano il castello, il ponte dei Sospiri e i fabbricati delle filande che appartenevano alla famiglia Gnecchi
 
Gli Stabilimenti di Cisano dovrebbero avere qualche iscrizione che ricordasse la loro antica origine e poi i successivi cambiamenti, miglioramenti e ampliamenti fatti dai Sozzi prima e poi da noi, ma tali iscrizioni non esistono, e neppure furono scritte, quindi sono dolente di non poterle citare. Caso mai si facessero un giorno, faremo un'apposita aggiunta al presente articolo.
Qualche cosa che in qualche modo si riferisce agli stabilimenti venne ricordato nella seguente lapide posta alla chiusa che raccoglie le acque della Sonna vicino al terzo mulino.



XXXII

HOC OPUS
CONDITUM
A RATIONE
F.M.Q.I
ANNO MDCCLXXXV

Quest'opera fu eseguita dalla ditta Francesco Mallegori quondam Giovanni l'anno 1785.
E con questo cortesi lettrici e cari lettori ringraziandovi della gentile compagnia che mi avete fatto nel mio lungo e un po' noioso viaggio, prendo commiato da voi, e, sperando di avervi nuovamente compagni in qualche prossima peregrinazione artistica antiquaria di tutto cuore vi saluto.

Francesco Gnecchi

Giornale di Famiglia, Fascicolo N.° 735, 14 maggio 1882 - Appendice

Amabili lettrici e gentili lettori che foste tanto cortesi da seguirmi nel tortuoso e lungo giro da Verderio a Cisano, sarebbe indiscrezione se io vi chiedessi di volermi essere ancora compagni in una piccola escursione?
Da Cisano la via è breve, non più di 15 minuti e troverete di che compensarvi della piccola fatica. Voglio portarvi meco a Pontida, a visitare gli avanzi dell'antico e famoso convento; e così chiuderemo le note antiquarie con una iscrizione che vale abbondantemente tutte quelle che vi ho citate fin qui, prese insieme.
La strada da Cisano a Pontida è in leggera e continua salita, ma è sempre amena e mi spiace che ora dobbiate farla solamente col pensiero.
Il nome di quel paese rimase e rimarrà famoso nella storia lombarda pel fatto della congiura che ebbe luogo nel 1166 nel convento dei benedettini di S. Giacomo, quando i deputati delle città di Bergamo, Brescia, Cremona, Mantova, Ferrara e Verona, raccolti intorno a Pinamonte da Vimercate giurarono quella Lega Lombarda che poi doveva condurre alla vittoria di Legnano e alla riedificazione di Milano distrutta dal Barbarossa.
Di fianco alla Chiesa sorgono le alte e nere muraglie che costituirono già parte dell'antico convento ormai in buona parte distrutto.
 
 
La chiesa del monastero di Pontida


Dalla grandiosità degli avanzi si può argomentare l'immensa vastità dell'antico convento, il quale, abitato da soli 14 monaci possedeva vastissimi poderi, aveva in sua dipendenza moltissimi vassalli, e possedeva apposite cave di pietra e apposite fornaci per le proprie fabbriche.
Nel mezzo del bel giardino annesso, collocato in bellissima posizione su un poggio che domina tutta l'amenissima vallata, gli attuali proprietari di quel luogo i Signori Gallina eressero una filanda cui servono da galetteria le celle e i corridoi dei frati, e da fondaco una delle molte sale dell'appartamento già abitato dal padre priore (36).
La locomotiva traversando tutta quella vallata nel percorso Mapello - Cisano, e passando in una galleria scavata precisamente sotto il poggio accennato rompe col suo rumore e col suo fischio quei luoghi già stati scelti come sede di quiete, di silenzio e di ozio....
Ma veniamo alla bella iscrizione che si legge sotto l'atrio della chiesa. Ometto qualunque commento perché qualche cosa già dissi in proposito, e poi la detta iscrizione parla abbastanza chiaramente: 

IL
VII APRILE 1567
I DELEGATI DELLE CITTA' INIZIATRICI
DELLA
LEGA LOMBARDA
GIURAVANO
IN
PONTIDA
LA
RIEDIFICAZIONE DI MILANO
NELLA COMMEMORAZIONE
DEL
SETTIMO CENTENARIO
DI
QUEL GRANDE ATTO DI PATRIA CONCORDIA
LA MILANESE
ACCADEMIA STORICO ARCHEOLOGICA
AUSPICE LA LIBERTA'
A SOLENNE RICORDO
A PERPETUO AMMAESTRAMENTO
PONEVA.

NOTE di Marco Bartesaghi
(1) Si riferisce probabilmente a Theodor Mommsen (1817/1903), epigrafista tedesco che diresse, per l'Accademia di Berlino, il Corpus inscriptionum latinarum e nel 1902 fu insignito del Premio Nobel per la letteratura.

(2) Carlo Gnecchi Ruscone (1816/1886); Amalia Decio (1823/1904).

(3) Nella mappa del Catasto Cessato di Verderio Sup., "piazza grande" corrisponde all'attuale piazza Roma e comprende un tratto di via la cui denominazione è incerta fra "piazza grande" e via Angolare. Tre edifici, già proprietà Gnecchi nel 1861, vi si affacciano; i numeri 106 (ora aperto solo su via Principale), 107 e 122 che sono oggi ricordati rispettivamente come "curt del Fiuranel", "di Barbìs" e "di Bura". Si è invece persa la denominazione "corte dei Besana", che dovrebbe però corrispondere ad una delle tre. Una famiglia Besana (non l'unica di Verderio) detta "dei Besanetti" abitava in via Angolare n.10 (ora n.2), corrispondente alla "curt di Barbìs"(vedi anche nota 14).

(4) Nessun edificio di Verderio è più ricordato come "casa del Lazzaretto" ed i pochi indizi del testo non sono stati sufficienti al suo riconoscimento. Per un'eventuale futura indagine, oltre alla traccia proposta da Gnecchi - Lazzaretto come luogo di ricovero per gli ammalati di peste - potrebbe essere preso in considerazione il riferimento ad una famiglia Cassago "detta dei Lazzaretti", così soprannominata, probabilmente, per il nome Lazzaro che compare sovente fra i suoi componenti.

 
Francesco Gnecchi Ruscone in un ritratto eseguito da Mosé Bianchi

(5) Si tratta della battaglia combattuta il 28 aprile 1799, fra le truppe napoleoniche e quelle austro - russe. Sull'avvenimento il testo si dilungherà più avanti (vedi anche nota 2 dell'introduzione).

(6) A Verderio Superiore esistono due grandi ville padronali, fra loro confinanti. Nel 1881, data a cui risale il testo, gli Gnecchi possedevano quella più a oriente, ereditata dallo zio Giacomo Ruscone. Nel 1888 acquistarono l'altra, conosciuta oggi come "Villa Gnecchi", dalla famiglia Confalonieri.
 
(7) Gli Arrigoni proprietari a Verderio appartengono all'antica famiglia ghibellina originaria della Valtaleggio e della Valsassina, precisamente al ramo che si insediò a Esino verso la metà del XV secolo. Dopo la vendita dei beni di Verderio, avvenuta nel 1824, il rapporto tra il paese e la famiglia ebbe un seguito grazie a due legati che il Marchese Decio dispose per testamento: il primo, cosiddetto "di culto", prevedeva la celebrazione di un certo numero di S. S. Messe nell'arco dell'anno; il secondo, "di beneficenza", forniva un sussidio per la dote alle "nubende "appartenenti a famiglie che avevano lavorato sui fondi degli Arrigoni e un altro a "tre famiglie più miserabili del comune". Per ottemperare a questo legato, nel 1866 fu fondata a Verderio l'Opera Pia Arrigoni.
 
(8) Lazaro Ambrogio Fortunato Villa nasce a Verderio l'11 febbraio 1744 da Giuseppe e Margarita Burgo. Il 27 febbraio 1768 riceve l'ordinazione sacerdotale e il 18 febbraio 1792 - presentato da Vitaliano Confalonieri, "Patroni et Avocati Canonicatus" - assume, a Carate Brianza, il canonicato del titolo dei Santi Giuseppe, Domenico e Bernardo. Testimonianza del lungo periodo di servizio sacerdotale che trascorse a Verderio, forse come Cappellano di S. Ambrogio (vedi nota 10), si trova nei registri dei Battesimi, spesso da lui amministrati in assenza del parroco: la celebrazione più remota fra quelle rintracciate risale al 17 settembre 1772, la più recente al 29 aprile 1817.

(9) Si tratta probabilmente del "sacerdote cappellano" Angelo Vitale Villa, nato a Verderio il 18 luglio 1804 da Luigi e Rosa Riva, morto a Paderno d'Adda il 15 maggio 1893. Nel 1843 è "confessore" a Verderio e, nel 1881, cappellano a Paderno (cfr. Milano Sacro ossia stato del clero della città e della Diocesi di Milano, anni 1843 e 1881).

(10) Antica chiesina, un tempo posta sotto il patronato delle famiglie Confalonieri e Arrigoni. Un legato del 1603, di Giovanni Battista Airoldi, stabiliva che ogni giorno vi venisse celebrata una S. Messa. Fu riedificata nel 1738 e completamente restaurata nel 1876. Nel 1890 le famiglie Confalonieri e Gnecchi rinunciarono ad ogni diritto di intervento nella scelta del cappellano (notizie ricavate dagli appunti di Don Giampiero Brazzelli, "Archivio Parrocchiale di Verderio .Superiore").

(11) Nel 1512 Rainaldo Airoldi acquistò i fondi posseduti a Verderio dalla Monache di S. Agostino di Milano. La proprietà passò poi al figlio Giovanni Battista ed in seguito alle nipoti Lucrezia e Caterina. Gli eredi di Caterina, sposata Piola, il 22 marzo 1651cedettero la loro parte a Pietro Paolo e Giuseppe Confalonieri. I discendenti di Lucrezia, moglie di Giovanni Angelo Porro, vendettero la loro ad Emilio Arrigoni l'1 febbraio 1661. (cfr. Verderio, autori vari, Verderio, 1985).
Gli Airoldi proprietari di Verderio rappresentavano, con ogni probabilità, un ramo della nobile famiglia degli Airoldi di Robbiate. Confalonieri è l'antica famiglia patrizia milanese in cui, nel 1681, Federico assunse il titolo di conte. Un altro Federico (1785/1846) fu importante protagonista del Risorgimento. Dal 1774, in seguito alla morte della moglie del conte Ansperto, Margherita, i discendenti aggiunsero a Confalonieri, il cognome di lei: Strattman.

(12) Vedi nota 4 dell'introduzione.

(13) Il testo di questa iscrizione si trova nel racconto La Battaglia di Verderio di Cesare Cantù ", pubblicato con altri di vari autori, in Non ti scordar di me, Milano,1842, Vallardi: l'autore afferma di aver letto l'iscrizione, "forse per la ventesima volta", nel 1833. Ignazio Cantù invece riporta l'altro testo (quello copiato anche da Gnecchi) nella sua "Guida pei monti della Brianza", pubblicata nel 1837. Fra queste due date, 1833 e 1837, si deve quindi situare la sostituzione fra le due iscrizioni.

(14) Un Conte Ambrogio Annoni, figlio di Giovanni e di Maddalena dei Conti Opizzoni, nacque nel 1787 e morì il 15 marzo 1875. Aveva solo 12 anni al momento della battaglia, ma era adulto nel periodo della "Restaurazione" quando, come ipotizza A.Benini nel suo articolo sull'argomento (vedi nota 2 dell'introduzione), la lapide fu probabilmente realizzata: potrebbe quindi essere lui il personaggio cui l'iscrizione fa riferimento. Il testo dell'iscrizione è riportato anche in Guida pei monti della Brianza, Ignazio Cantù, 1837: qui l'autore afferma che la lapide fu eretta da un Conte Ambrogio Annoni, "dipintore di quadri sacri" poco dopo la "funesta giornata": sembrerebbe trattarsi di un antenato del precedente. Gli Annoni proprietari a Verderio appartenevano alla nobile famiglia dei Conti di Gussola con Martignana. In paese possedevano una villa padronale, edifici rurali, terreni. In particolare erano proprietari del fondo denominato "Bergamina", per la cui irrigazione veniva utilizzato un canale risalente al XV secolo, proveniente dal laghetto di Sartirana. Tale canale, ora in disuso prese il nome di "Roggia Annoni".

(15) L'unico Giobbe che compare in quegli anni nei registri dei defunti del Comune di Verderio Superiore, quindi dopo il 1860, a parte un bambino scomparso a pochi giorni dalla nascita, è Giobbe Besana, morto all'età di 73 anni, il 17 novembre 1886. Suo padre era Fiorano Besana, di Giovanni e Angela Barelli, morto a 84 anni, l'11 ottobre 1874: all'epoca della battaglia di cui sarebbe stato testimone aveva quindi tra i nove e i dieci anni. Facevano parte della famiglia detta "dei Besanetti": nello "Status animarum" del 1854 (Archivio Parrocchiale di Verderio Sup.) figurano nell'elenco delle famiglie soggette a "casa Gnecchi". Abitavano in via Angolare 10 (vedi nota 3) e in seguito si trasferirono a Cascina Isabella.

(16) Giuseppe Sacco nacque a Cinisello da Maurizio e Maria Corbetta. Fu fattore di Casa Confalonieri; morì a 66 anni, il 27 ottobre 1861. La sua stele tombale è murata sul lato ovest del cimitero di Verderio Superiore.

(17) La casa, tuttora appartenente agli Gnecchi, fu acquistata dalla famiglia, intorno al 1880, dalla signora Angiolina Martinelli, vedova di Francesco Giglio. Questi l'aveva a sua volta comprata, insieme ad altri beni, fra cui alcuni terreni in territorio di Verderio, dalla famiglia Piantanida.

(18) Della cascina Horiolo esiste traccia documentaria fin dal XII secolo. Nel 1653 faceva parte del feudo del conte Alessandro Annone; nel Catasto Cessato del XIX secolo era al n.498. Fino al 1876 proprietario fu Pietro Robecchi di Gioacchino; in seguito la proprietà fu ereditata dai figli Giuseppe e Angela. Pietro Robecchi (1792/1872) fu insigne giurista: dopo le 5 Giornate di Milano, il governo provvisorio lo nominò Giudice Supremo del Tribunale Lombardo. Giuseppe Robecchi (1825/1898) fu combattente del Risorgimento e Senatore del Regno dal 1894 (cfr. Una famiglia italiana: i Robecchi, di Erminio Robecchi Brivio, 1938, Milano).

(19) "Villa Respiro", n.1 nel Catasto Cessato di Paderno d'Adda, nel 1854 era proprietà di Luigi Barni. In seguito passò, per eredità, al figlio, Don Gaetano, poi al nipote di questi, Giovan Battista Barni, che nel 1868 la vendette, insieme a un fondo di Robbiate, a Luigi Airoldi, figlio del barone Paolo. Su quest'ultimo passaggio di proprietà, ampia documentazione è conservata all'Archivio di Stato di Milano, nella cartella 9 del "Fondo Airoldi di Robbiate".

(20) Don Alessandro Villa, originario di Robbiate, nacque il 23 marzo 1816; fu "eletto" parroco il 21 agosto 1848 e morì il 21 novembre 1889.
 
(21) Strada militare con inizio al traghetto di Imbersago, costruita negli anni venti dell' '800 dall'amministrazione austriaca. Oggi viene identificata con le sigle Sp. 56 in territorio lecchese e Sp.03 in quello milanese, pur mantenendo in entrambi anche la denominazione "d'Imbersago". Le cascine Sernovella e Colombina sono situate in territorio di Robbiate, in via Sernovella: corrispondono, la prima ai numeri civici 3 e 5, la seconda al numero civico 2.

(22) Costruito nel 1670/71 dove un'antica cappelletta era da tempo oggetto di culto popolare, sorse su un terreno destinato per testamento a questo scopo dal Conte Carlo Corio. L'edificio non corrisponde al progetto originario, ben più ambizioso, poiché verso la metà dell'ottocento, quando la comunità poté finalmente permettersi di completare l'opera, la strada militare (vedi nota precedente) aveva eroso lo spazio necessario (cfr. La beata Vergine del Pianto. Santuario nella Parochia di Robbiate. Memorie e preghiere, Don Alessandro Villa, 1873, Milano)

(23) Don Cesare Bonfanti (1832/1915) fu coadiutore di Don Alessandro Villa (1816/1889) e del suo successore, Don Enrico Panzeri (1856/1924). Suo fratello Ercole (1834/1923), medico, svolse l' attività professionale a Robbiate, che gli ha dedicato una via, e nei paesi vicini.

(24) Potrebbe riferirsi all'antico convento di S.Rocco, sorto intorno al 1580 in Merate, al confine con il territorio di Imbersago, luogo che servì da Lazzaretto durante le epidemie di peste del 1524 e del 1567. Il convento, soppresso definitivamente nel 1810, fu trasformato in casa di villeggiatura che ebbe diversi proprietari: l'area da esso occupata ospita dal 1923 l'Osservatorio Astronomico (cfr. Storia di Merate, Luigi Zappa, Merate).

(25) La famiglia Castelbarco è originaria della Val d'Adige e della Val Logarina, dove, intorno all'anno mille, aveva vasti possedimenti, controllava diversi castelli ed esercitava un notevole potere politico e militare. La villa di Imbersago, insieme ad un'altra posseduta a Vaprio, fungeva da casa di campagna dopo il trasferimento della famiglia in Lombardia: il fabbricato, che risale alla seconda metà del seicento, e stato oggetto di diversi ampliamenti fino ad assumere l'aspetto attuale verso la metà del XIX secolo (cfr. www.villacastelbarco.it)

(26) Due sono i Cardinali provenienti dalla nobile famiglia dei Simonetta: Giacomo, nominato da Paolo III nel 1535, fu Vescovo di Pesaro, morì a Roma nel dicembre del 1539; Ludovico, nipote di Giacomo, nominato da Pio IV nel febbraio 1561, morì a Roma il 30 aprile del 1568 (cfr. www.araldicavaticana.com)

(27) Il Santuario è situato a 287 metri s.l.m. in una località conosciuta nel '600 come Valle o Sorgente dei Lupi, per la presenza di una sorgente in una zona infestata dai lupi. Qui, il 9 maggio del 1617, la Madonna sarebbe apparsa a tre fanciulli e avrebbe compiuto il miracolo di far maturare un riccio di castagna fuori stagione. L'episodio riferito da Gnecchi del bambino salvato dal lupo sarebbe invece, secondo la tradizione, avvenuto più tardi, quando il luogo era già diventato meta di devozione. Il Santuario fu costruito nel 1641 sopra una precedente (1632) cappella, lo "scurolo", mentre la Scala Santa fu realizzata tra il 1817 e il 1824 (cfr. Fides per Millenium - Il decanato di Brivio storico erede dell'antica pieve, Commissione Cultura del Decanato, 2000, Oggiono) .

(28) Si riferisce probabilmente al sacerdote Giuseppe Rossari che nel 1882 era Assistente Confessore e Maestro del Coro presso il Santuario ed era già stato citato (1852) da Cesare Cantù nella sua Grande Illustrazione del Lombardo Veneto, Volume 3, 1858, Milano.

(29) La lapide, ancora oggi posta di fronte a quella citata da Gnecchi, così recita: A TE/ L'ONOR LA LODE/ VOLGE DAI NOSTRI CUORI/ INCLITA/ MADRE DEL VERBO/ DI LUI/ CHE IL FIGLIALE AFFETTO/ PONE A SALVARE/ TUTTI CHE TI RENDON GLORIA/ O SANTA SIGNORA NOSTRA/ MADRE DI DIO/ A NOI/ I MERITI DI TUA SANTITA'/ PIETOSA COMPARTI. Prima del testo è scolpita l'annotazione: RESTAURO OPERATO NEL 1851.
 
(30) "Eruppero tutte le sorgenti del grande abisso e le cateratte del cielo si aprirono", Genesi 7,11. L'ironia che traspare dalle parole di Gnecchi sembra ingiustificata in quanto l'immagine dell' "aprirsi delle cateratte del cielo" per indicare pioggia a dirotto o diluvio era d'uso comune. Cfr. Grande Dizionario della Lingua Italiana, Vol. II, Salvatore Battaglia, 1962, Utet, Torino.

(31) "Castello del porto" è un espressione ambigua, essendoci allora a Brivio sia un castello che un porto. Comunque né sul primo, né sugli edifici che circondavano il secondo esistono ancora le due lapidi con il sistema decimale.

(32) Per attraversare il fiume con un ponte si dovette aspettare fino al 2 giugno 1917, quando fu inaugurato quello che attualmente congiunge a Brivio le due rive dell'Adda.

(33) "Mura" è un antico nucleo sviluppatosi sulla strada, forse di origine romana, che conduceva da Cisano a Brivio.
Nel 1392 faceva parte del comune rurale di Brivio Bergamasco, situato sulla sponda bergamasca dell'Adda. Nella frazione di Mura può forse essere identificato il Castello di questa località citato per la prima volta in un documento del 1281 (cfr. Cisano Bergamasco alle soglie del terzo millennio, Pro Loco di Cisano Bergamasco, 2002, Cisano Bergamasco). Su una pietra, ai piedi del muro della casa che nella mappa del Catasto Lombardo Veneto è contrassegnata dal numero 1567, è ancora leggibile il numero 1784 segnalato da Gnecchi.
 
(34) Si ha l'impressione che Gnecchi abbia calcato eccessivamente la mano e voluto generalizzare alcuni dati reali relativi al banditismo e al contrabbando, fenomeni tradizionalmente presenti nelle località di confine. Su questo tema alcune notizie e qualche indicazione bibliografica si trovano in Cisano Bergamasco alle soglie del terzo millennio, op. cit., pag.127.

(35) Nessuna traccia rimane della lettera M notata da Gnecchi. Il castello, che in un documento del 1095 risultava appartenere alla famiglia dei Conti Vimercati Sozzi de Capitani, era posto a difesa della strada romana proveniente da Aquileia. Dell'antico fortilizio rimane una muraglia e una torre con resti di merlature e feritoie con sedili laterali. Dagli anni cinquanta del secolo scorso il castello appartiene all'ingegner Enrico Magnetti, che nel 1993 ne ha promosso il restauro.

(36) Il monastero fu soppresso il 13 maggio 1798: l'edificio monastico venduto a privati (primi acquirenti i nobili Sozzi di Caprino) fu adibito alla lavorazione della seta e ad altri usi commerciali; la chiesa fu inglobata nella Diocesi di Bergamo e divenne sede parrocchiale. Il 14 gennaio 1910 fecero ufficialmente ritorno i monaci benedettini, don Raffaele Del Papa (1877/1960) fu il primo abate del rinato monastero (cfr. San Giacomo di Pontida, nove secoli di storia, arte, cultura, Giovanni Spinelli (a cura di), 1996, Pontida).



ATTENZIONE: IL POST SUCCESSIVO, CHE NON HA TROVATO SPAZIO IN QUESTA PAGINA, E' LA TERZA PARTE DI QUESTO ARTICOLO E RIGUARDA LO STTAO ATTUALE DELLE ISCRIZIONI DESCRITTE DA FRANCESCO GNECCHI RUSCONE













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