mercoledì 5 giugno 2019

SANTUARIO DELLA MADONNA DELLA ROCCHETTA - UNA VISITA GUIDATA DA FIORENZO MANDELLI di Marco Bartesaghi
















2 giugno 2019, Festa della Repubblica. 
Fiorenzo Mandelli, il protagonista dell’articolo che sto impaginando, sarà insignito oggi del titolo di Cavaliere della Repubblica, per il suo impegno a favore del santuario della Madonna della Rocchetta. Penso sia un riconoscimento meritato e lo applaudo con molto piacere. M.B.






SANTUARIO DELLA MADONNA DELLA ROCCHETTA - UNA VISITA GUIDATA DA FIORENZO MANDELLI

Il Santuario della Madonna della Rocchetta




l Santuario della Madonna della Rocchetta è senz'altro uno dei luoghi più notevoli che si trovano lungo il corso del fiume Adda. Come lo si raggiunge? Percorrendo l'alzaia, per circa tre chilometri  partendo dal ponte di Paderno; dal cimitero di Porto d'Adda, scendendo per la strada a ciottoli che arriva proprio  ai piedi della scalinata che sale alla chiesa; dal mulino di Paderno d'Adda, imboccando la strada a ciottoli che conduce al fiume e prendendo a destra, dopo qualche decina di metri, il sentiero  che attraversa i boschi e passa dall'acquedotto di Paderno d'Adda. Queste le tre possibilità che conosco.
Il santuario è aperto tutti i sabati e tutte le domeniche. Ma anche negli altri giorni della settimana è facile trovarlo aperto. Per maggiore sicurezza basta telefonare a Fiorenzo Mandelli e chiedere informazioni.

 
Fiorenzo Mandelli

E Fiorenzo è sempre disponibile ad accompagnarvi nella visita e a raccontarvi tutto quello che sa del luogo e dei suoi dintorni.
Quello che segue è il racconto che ci ha fatto durante l'ultima visita:
 

“La nostra chiesa è costruita sui resti di una torre di controllo. Un dottore di Milano, di nome  Bertrando, un benestante che aveva dato un’ingente somma per la costruzione  del Duomo di Milano, aveva  voluto costruire  per sé un luogo sacro. Così, sulle fondamenta di una preesistente torre di controllo, ha fatto edificare questa chiesa e l’ha data ai frati agostiniani. Era l’anno 1386, lo stesso della fondazione del Duomo: sono gemelli”.
 

“Il lunedì di Pasqua – Pasquetta - è la festa del santuario. Tradizionalmente viene celebrata la messa con molti sacerdoti.  Un tempo, al momento dell’Elevazione, dal piazzale esterno partiva un segnale di fumo, in seguito al quale, dall’altra parte del fiume, venivano sparati tre colpi. Era un avviso. Chi era nei dintorni, magari nei terreni a lavorare, sapeva che doveva inginocchiarsi perché era il momento più solenne della Messa”.
 

“Qui siamo al confine fra tante province: la scalinata è provincia di Lecco, qui – ossia la chiesa – ora è  Monza Brianza, prima era Milano, oltre l’Adda è Bergamo.
Questo  santuario, che è stato costruito ancor prima di quello della Madonna del Bosco, era oggetto di molta devozione.  Tanti anni fa la gente, nel periodo estivo, non andava al mare o in montagna: veniva lungo il fiume, il luogo dove passavano le barche. Il fiume era la vita, poiché dava lavoro,  dava da mangiare. Per questo motivo qui c’era tanta devozione, anche se non è una cattedrale, è una chiesa piccolina, costruita con i sassi. Però, se guardate sull’altare, ci sono tante grazie ricevute.”


La visita all’interno del santuario inizia con la descrizione del Crocifisso posto sulla parete destra. È un crocifisso inconsueto che Fiorenzo ci presenta così:
 

“ Al posto del corpo sofferente del Cristo vediamo i fiori, le stelle, la luna. Come mai non ci sono i chiodi nei piedi e nelle mani? IL Cristo, indipendentemente dal colore della pelle delle persone o dalla religione di provenienza , abbraccia tutti. Dunque il significato di questo  Crocifisso, che può anche non piacere,  è la nostra vita. Che poi essa abbia un inizio e una fine, questo vale per tutti noi. Per il credente però muore il corpo e non l’anima”. 

 
Il Crocifisso del Santuario della madonna della Rocchetta
“Se dovessimo parlare tra di noi della vita e della morte –continua proponendoci alcune sue idee molto personali -  ci sediamo e ne discutiamo. Ma ai bambini piccoli non parlo della morte. È la loro vita che va avanti, è la mia vita che invece va a finire. Gliene parlerò quando sarà il momento opportuno. Mi capita di vedere nel periodo pasquale alcuni genitori o nonni che obbligano i bambini a baciare il Cristo morto. Ma se hanno paura perché li devi obbligare? Aspetta un momentino, gliene parlerai quando sarà il momento. Questo Crocifisso rappresenta la vita, non la morte”.

Le pareti a sinistra dell’entrata della chiesa sono addobbate con rami spinosi di robinia, ritorti per fargli assumere particolari forme e intrecciati con fili di lana rossi, in parte ancora avvolti a formare una matassa.







“Il santuario è circondato da boschi di robinia, una pianta spinosa con cui sono state fatte queste corone che formano l’albero della vita. Il rosso – dei fili – rappresenta il sangue, ma rappresenta anche l’amore. Il santuario si chiama Rocchetta, perché è su una rocca, e questa matassa, che viene usata in tessitura per fare le maglie, è un rocchetto. Il filo è ciò che ci tiene tutti insieme, ci tiene uniti. Qualcuno mi chiede: <>.  Gli spiego che nell’arco della vita la nostra strada non è sempre piacevole a volte troviamo difficoltà, che però si possono superare. Così dico: <>. Qui c'è chi intravvede un pesce, chi una barca: il santuario si trova vicino al fiume, quindi  all’acqua. Addirittura, se girato, qualcuno vede uno scudo: l’Adda è sempre stato un confine fra lo stato veneto e quello milanese. In questo contesto di luogo sacro, è stata creata questa opera con materiale del posto"






Lungo l’alzaia, sia arrivando da Lecco che da Milano,  si trovano dei simboli segnavia, una freccia o una cintura. Qual è il loro significato?

“Sono i segnali del Cammino di Sant’Agostino, di cui il Santuario della Rocchetta fa parte. La cintura ricorda la Madonna della Cintura a cui Agostino era particolarmente devoto. Sua mamma, Monica, che poi è diventata  santa, pregava sempre la Madonna. Alla fine Lei  le è apparsa, si è tolta la cintura e gliel’ha data affinché l’indossasse.
Monica pregava la Madonna soprattutto per suo figlio Agostino, che si è convertito a 33 anni e da giovane non era per niente un santo. Ai ragazzi delle scuole dico che era un po’ un birichino, in realtà era un donnaiolo”.

 

Il Cammino di Sant’Agostino è un  percorso che, nel nome del santo dottore della chiesa tocca vari santuari mariani disegnando idealmente, una rosa stilizzata le cui radici sono in Africa, nei luoghi della gioventù del santo, il gambo unisce le città di Monza, Milano, Pavia e Genova, le foglie si estendono verso est e ovest , lungo le province di Monza e Brianza, Milano, Varese e Bergamo.
In Brianza il Cammino inizia e finisce  a Monza, è lungo 415 chilometri e tocca 25 santuari. Il Santuario della Madonna  della Rocchetta lo si raggiunge il 14° giorno di cammino, nella tappa di circa 32 Km che inizia da Madonna del Bosco  e termina al Santuario della Madonna del Lazzaretto a Ornago.


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Terminata la descrizione dell’interno del santuario, ci avviamo verso la cisterna tardo-romana.
“Qui, fino a qualche anno fa, era tutto bosco. A un certo punto, proprio al centro, il terreno ha cominciato a cedere. Il parco Adda Nord, che ha messo gran parte della cifra, e i comuni di Paderno e Cornate hanno stanziato 240 mila euro per finanziare il lavoro di due archeologhe che hanno portato alla luce la cisterna. Io ho avuto il piacere di seguire la loro ricerca giorno per giorno”.


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In primo piano, la cisterna tardo romana

Come si è proceduto?
“Per prima cosa, a distanza di circa un metro e mezzo dal perimetro della cisterna, sono stati infilati nel terreno 70 pali, alti tre metri, per evitare che il terreno franasse. Poi è stata costruita la struttura metallica, che richiama la volta che copriva il grande invaso. All’estremità vediamo il segno dei mattoni della corona”




La posa dei pali antifrana intorno all'area dello scavo (Arch. F. Mandelli)
“I romani quando occupavano un territorio come primissima cosa  realizzavano una riserva d’acqua, perché l’acqua è la sopravvivenza. Possiamo stare anche giorni senza mangiare, ma senza bere… Per esserci una  cisterna così grande doveva esserci un “castrum”, ovvero un insediamento, una popolazione. Ne è testimonianza la fortificazione esterna, dopo la recinzione vediamo le mura che affiorano”

Resti della fortificazione dell'area della Rocchetta
Non era inutile una fossa per l’acqua, avendo il fiume che scorre qui sotto?
“I romani non erano stupidi. In caso di attacco dovevano essere sicuri di avere acqua pura a sufficienza . Acqua che il nemico non poteva inquinare, come avrebbero potuto fare ad esempio abbandonando dei cavalli morti nel fiume, a monte dell’insediamento. Nei momenti tranquilli invece scendevano al fiume a prendere l’acqua e anche il pesce. 
Parlando di cisterna tardo romana, parlo di un’opera del IV/V secolo dopo Cristo”




I lavori di scavo della cisterna (Arch. F. Mandelli)
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Torniamo alla chiesa. Sul retro c’è un piazzalino panoramico.
“Cerchiamo dei punti di riferimento: in quella vallata, dove mancano le piante, c’è il ponte di Paderno, non so se ne avete sentito parlare. È un ponte in ferro  molto importante, che unisce Paderno d’Adda con Calusco d’Adda".






"La parte di là dal fiume è provincia di Bergamo. Il primo campanile che vediamo è quello di Solza, l’altro è di Medolago, più avanti c’è Suisio”.




“Qui, proprio sotto i vostri piedi, sono state trovate alcune tombe con scheletri che sono stati portati all’istituto di medicina e studiati. Le tombe sono state ricoperte perché il finanziamento è stato utilizzato per recuperare la cisterna tardo romana. Quando ci saranno altri fondi verrà sistemata e resa visibile anche tutta questa area”.


Sepolture rtrovate sul retro del santuario della Rocchetta /Arch. F. Mandelli)
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Proseguiamo e ci spostiamo nei locali sotto la chiesa, un tempo abitati dai frati. C’è un lungo tavolo, noi visitatori ci sediamo da una parte. Fiorenzo, dall’altra, continua il suo racconto e ci mostra le fotografie appese al muro. Quella del naviglio di Paderno quando era ancora in funzione gli dà l’occasione di spiegarci perché fu necessario costruirlo e come funzionavano le chiuse. 





Navigazione sul naviglio di Paderno d'Adda (Arch. F. Mandelli)

“Guardiamo Milano su una cartina: alla sua destra, ossia a est, c’è il fiume Adda, che esce dal lago di Como; a sinistra, ovest, il Ticino,  che esce dal lago Maggiore. I “fiumi”, o meglio i canali,  che arrivavano a Milano erano il Naviglio Grande e il Naviglio Pavese, il primo derivato dall’Adda, il secondo dal Ticino. Attraverso i canali, con le barche, venivano trasportate le merci. Tanti anni fa i fiumi e i canali corrispondevano alle autostrade del giorno d'oggi.
Il fiume Adda nasce in Valtellina, è lungo 313 chilometri e va a finire nel Po. È tutto bello, largo e piatto, tranne per circa tre chilometri a valle di Paderno. Qui ci sono le rapide, che sono affascinanti, ma le barche che provenivano da Lecco, una volta arrivate a Paderno non potevano più proseguire. Immaginiamoci la situazione: si doveva scaricare tutto il materiale, caricarlo sui muli, superare le rapide e ricaricarlo dove l’Adda torna piatta. È per questo che, parallelamente al corso  del fiume,  è stato costruito un canale che serve a baypassare il tratto  non navigabile, il cosiddetto Naviglio di Paderno”



Le rapide. Immagine ripresa dalla sponda bergamasca
















Le rapide.

Le rapide. Il fiume durante la piena del giugno 2016.


















 

Fiorenzo con i modellini di una conca e di un barcone



“Il problema per le barche non era però solo quello di superare le rapide. Dovevano anche superare un dislivello di 27 metri. Come? Ai ragazzi delle scuole lo spiego in modo semplice perché devono capire bene. Gli dico: << a casa riempite una delle vaschette del lavandino  della cucina  e metteteci dentro una spugna che galleggia come se fosse una barchetta. Se volete farla passare nell’altro lavello, senza farla cadere, dovete riempire anche  l’altro lavello. Quando è pieno la barca deve superare solo un breve tratto fra i due lavandini. Le chiuse sono dei lavandini grandi. Guardate la fotografia, le persone aspettavano il carico, come alle fermate del pulman o della metropolitana. La conca più bassa veniva riempita d'acqua. Quando il livello dell'acqua nelle due conche era uguale si apriva il portone e la barca veniva avanti;  quando poi veniva fatta defluire l'acqua, la barca raggiungeva un livello più basso e poteva andare avanti. Nel lavandino di casa superiamo un piccolissimo  tratto, con una chiusa superiamo un tratto molto più lungo, nei tre chilometri abbiamo tante chiuse che ci permettono di superare il dislivello di 27 metri”.

La chiusa nei pressi della Rocchetta, in una foto dell'Archivio F. Mandelli e, sotto, come si presenta attualmente



“I primi studi per la costruzione del naviglio sono di Leonardo da Vinci, che muore il 2 maggio 1519 ad Ambois, in Francia.  Il  naviglio è terminato nel 1777. Come mai c’è voluto così tanto tempo? Per le guerre, che fermavano tutto, per la  mancanza di soldi, perché si scavava con piccone e pala, non esisteva la ruspa. Questo  naviglio è stato portato a termine dall’ingegner Meda e dal comasco Mosetti ed è terminato sotto il periodo di Maria Teresa d’Austria. A Milano il Naviglio Grande era in funzione già dal 1200. Qual è stato allora il contributo innovativo di Leonardo?  Lui aveva notato che a volte la pressione dell’acqua vinceva la resistenza delle porte che quindi si aprivano quando non dovevano. Allora pensò di chiudere le porte a cuneo, per opporre  più resistenza all’acqua.  Ha poi introdotto dei piccoli portelli, comandati da chiavistelli, che regolavano l’acqua. I gradoni che voi vedete solamente qua, servono a rallentare la forza dell’acqua. Sono tutte migliorie di Leonardo.
“Questo naviglio ha funzionato fino al 1930, qualche persona un po’ più anziana di me può averlo visto. Le barche che partivano da Lecco arrivavano a Milano in 23 ore; da Milano poi risalivano, trainata da due cavalli, e trasportavano controcorrente metà carico in dieci giorni. Dove adesso c’è il ristoro, “lo stallazzo”, c’era il ricovero dei cavalli: lì si trattavano meglio i cavalli degli uomini. Naturalmente di questi luoghi ce n’erano anche altri.
Lungo il fiume ci sono tanti piccoli edifici che ora sono completamente abbandonati, malridotti e invasi dalla vegetazione. È un peccato perché qua veramente c’è tanta storia”.


 
Lo stallazzo (Arch. F. Mandelli)




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In un’altra fotografia è rappresentato il Ponte di Paderno …
 “Questo ponte, a tre chilometri da qui, è più importante della Torre Eiffel  e tanti non lo sanno. Non me lo sto inventando io. Nessuno ci crede perché  la Torre Eiffel è a Parigi, in piazza, la vedono tutti. Questo ponte è stato progettato dall’ingegnere svizzero  Röthlisberger nel 1889. Non aveva il computer per fare i calcoli. Aveva solo matita, gomma e tanta testa. Cosa ha progettato? Un’enorme arcata che sovrasta completamente il fiume. La cosa grandiosa, che dovete osservare,  è che non ha piloni centrali di sostegno , nonostante debba reggere due vie di comunicazione una per i veicoli e una ferroviaria. A volte vediamo il treno che ha la locomotiva già dall'altra parte e non è ancora terminato. Il ponte è lungo 266 metri. Ora è fermo per la manutenzione, ma solitamente passano ogni giorno 55 treni. Perché ha retto fino adesso? Perchè l'ingegnere non l'ha costruito dentro l'alveo del fiume, ma esternamente e ha scelto di appoggiarlo dove ci sono le rocce, il ceppo dell'Adda.
È stato costruito da due squadre di lavoratori che hanno lavorato contemporaneamente, partendo una di qua e l'altra di là del fiume e i due tronconi si sono congiunti perfettamente. Con le tecnologie che ci sono adesso ci fanno vedere alla televisione che costruiscono tratti di strada che non riescono a congiungersi: ma dico? Siamo fuori di testa? Il ponte non ha bulloni, che non avrebbero tenuto alle vibrazioni provocate dal treno: al loro posto hanno scaldato, fino ad essere incandescenti, 100.000 chiodi di ferro che infilati nei fori sono meglio delle saldature. Tutta questa grande opera è stata costruita in due anni. Adesso in due anni non ti fanno una rotonda in strada”.


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La galleria che porta l'acqua alla centrale Bertini, svuotata per la manutenzione


“L'uomo ha pensato di deviare una parte dell'acqua del fiume, incanalandola per produrre energia pulita e rinnovabile. Chi arriva da Paderno vede l'imbocco dei canali sotterranei che vanno ad alimentare le centrali elettriche che sono a valle. Secondo te come sono grossi questi canali? Sono gallerie attraverso le quali l'acqua viene portata in un bacino posto sopra la centrale. Dopo essere stata pulita dalle schifezze che buttiamo noi (bottiglie di plastica, di vetro, sacchetti, eccetera) l'acqua entra nella condotta forzata e va a far girare la turbina che a sua volta fa girare l'alternatore che produce energia elettrica. Immediatamente dopo l'acqua rientra nel letto del fiume.
La  centrale Bertini, del 1898.  è stata la prima che ha portato l'energia elettrica a Milano. Due chilometri più in basso c'è la Esterle, costruita 15 anni dopo, che è molto più bella”.


La centrale Bertini.
La centrale Esterle
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È il momento dei “trofei”: Fiorenzo ci mostra le fotografie dei visitatori celebri a cui ha fatto da Cicerone:“Claudio Bisio, l'attore, che stupito della storia di questo luogo, ha fatto in modo che la scuola dei suoi figli venisse in gita; il rettore dell'Università Pontificia, il vescovo che fa gli esercizi spirituali a papa Francesco; Philippe Leroy, l'attore francese che ha interpretato Leonardo nello sceneggiato andato in onda su RAI 1”; il console generale d'Austria; il cardinale Scola; la cantante Rosanna Fratello; Vittoria  Haziel, una studiosa di Leonardo , che ha parlato di Fiorenzo in uno dei suoi libri; il figlio di Mike Bongiorno. Visitatore abituale è il duca Melzi d'Eril, di Vaprio d'Adda, un cui antenato aveva ospitato Leonardo da Vinci.


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La visita sembra conclusa ma Fiorenzo si ricorda di non averci ancora “ spiegato i due dipinti della Vergine delle rocce”.  Così torniamo in chiesa  dove il racconto continua:
“ La confraternita della chiesa di San Francesco Grande a Milano aveva commissionato a Leonardo  una pala d'altare raffigurante la Madonna . Lui doveva fare la figura centrale, per quelle ai lati avrebbero preso parte altri. La data di consegna sarebbe dovuto essere l'8 di dicembre, festa dell'Immacolata. Leonardo ha firmato il contratto, ha iniziato il dipinto ma poi ha cominciato a studiare il volo delle farfalle. Non avendo rispettato il termine della consegna è andato sotto processo e condannato a pagare una forte penale. Però in suo aiuto è intervenuto Luigi XII, re di Francia, che ha pagato tutto. Leonardo per sdebitarsi verso il re cosa ha fatto? Ha terminato il dipinto e glielo ha regalato . Ecco perché l'originale è al Louvre. Per la confraternita ha fatto un nuovo dipinto, che però è stato completato dai suoi allievi. Questa seconda “Vergine delle rocce” ora si trova alla National Gallery di Londra.   Come faccio io a capire qual è la versione completata da Leonardo e quella con la mano dei suoi allievi? Guardate bene, c'è una differenza che balza immediatamente all'occhio  …. Cedete? In uno ci sono le aureole e una croce, nell’altro no. Ricordatevi che in nessun dipinto di Leonardo ci sono simboli religiosi. È stata la confraternita a volerli aggiungere per poterli presentare in chiesa”.





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Fiorenzo con i suoi familiari  il giorno della nomina a Cavaliere della Repubblica
Il racconto ora è proprio finito e non vi ho ancora presentato Fiorenzo come si deve. Lo lascio fare da lui:
“Il mio nome è Fiorenzo Mandelli, sono nato a Concorezzo e risiedo a Mezzago, sono felicemente sposato, ho una figlia adulta e una nipotina di 2 anni. Ho lavorato per molti anni per un'importante industria di microelettronica finché è arrivato, anche per me, il momento di andare in pensione. Ho quindi potuto allacciare nuove amicizie  e conoscere meglio i luoghi che prima avevo visto solo di sfuggita. Fra questi il Santuario della Madonna della Rocchetta.
Notavo però che il Santuario veniva aperto solamente una volta all'anno (gli anziani di Porto d’Adda che se ne occupavano ora hanno più di 90 anni e tanti sono tornati alla casa del Padre), le erbacce e i rovi stavano prendendo il sopravvento. Così, dal 2006, con alcune persone di età avanzata sempre di Porto d'Adda, ho iniziato a fare qualche taglio delle erbe infestanti e di pulizia dell'area esterna attorno alla chiesa della Rocchetta e delle conche sottostanti del naviglio di Paderno d’Adda. Successivamente l’ex parroco don Egidio Moro, parroco di Cornate d'Adda, mi ha designato curatore e responsabile del Santuario, costruzione a ridosso della quale esiste un'area archeologica con una cisterna tardo romana e questo mi consente di parlare di questa chiesina ai numerosi pellegrini e visitatori che passano lungo il fiume Adda".

 

Fiorenzo ci regala una cartolina che oltre all’immagine della Rocchetta, ha il suo numero di telefono (3382800822)  e l’indirizzi e-mail ( fiorema22@tiscali.it )  . Chiamandolo prima della visita  si può sapere se il santuario è aperto.

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Lo Stallazzo visto dal piazzale della Rocchetta
Ora scendiamo per il pranzo allo stallazzo. Questo edificio, che un tempo, come ha ricordato Fiorenzo, fungeva da ricovero per i cavalli, oggi è un punto di ristoro per i “viandanti”, pedoni o ciclisti.





Gestito dalla cooperativa Solleva, è aperto tutti i giorni, dalle 8 alle 19 (anche 20) il sabato e la domenica, dalle 9 alle 17 gli altri giorni. Il sabato e la domenica si può sempre consumare un pasto caldo, preferibilmente su prenotazione: zuppe e altri primi piatti; “casóla”, brasato e spezzatino nelle stagioni fredde; grigliata in estate. Se prenotati, i piatti caldi possono essere consumati anche negli altri giorni della settimana. Sempre disponibili invece i panini imbottiti e i taglieri di formaggi o salumi.



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P.S. È passato qualche mese dalla visita alla Rocchetta che vi ho raccontato. Giorni fa, quando sono tornato per far controllare il testo a Fiorenzo, ho trovato una novità: la statua di Leonardo che, accostato al muretto che delimita il sagrato, guarda il fiume che scorre in basso, lo indica con una mano mente nell’altra tiene dei disegni arrotolati.
 



L’idea di dotare il piazzale di un segno che ricordasse Leonardo da Vinci a 500 anni dalla sua morte è stata di Fiorenzo. In un lettera al sindaco di Paderno d’Adda, Renzo Rotta, si era offerto di mettere a sue spese una targa in ricordo. Il sindaco accogliendo lo spirito della proposta ha però optato per una scultura a spese del comune.
Ma il ruolo di Fiorenzo non si è esaurito con la proposta poiché  suo è stato anche il suggerimento per la postura del soggetto. 


Fiorenzo mentre suggerisce la posa per la statua di Leonardo da Vinci



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